Soffro da sempre, con rispetto parlando per chi davvero soffre, di
bruciori allo stomaco. Almeno, così son sempre stati chiamati a casa
mia, anzi, forse più frequentemente, fortori.
In termini
medico-linguistici penso tratterebbesi di gastrite.
E infatti è il mio gaster che patisce acide pene.
Senza disturbare la psicosomatica, mi sa che il mio stomaco si è evoluto. Di AI stomacale si tratta.
Al supermercato
non mi posso avvicinare a
nessuna bottiglia di vino scadente, peggio che mai pigliarla in mano per valutare. Lui, il capitano del mio
apparato digerente, sua maestà lo stomaco, vigila. Prendo in mano la
bordolese in offerta a 2 e 75 e mi rilascia una scarica aspra, sulle prime penso a
un caso, ma si può? La poso, tuttapposto. La tiro di nuovo su, acidosi
immediata. La lascio definitivamente sullo scaffale. Mi sposto, considero un Castello di Pomino del 2009 e il mio sommelier interno approva e
mi libera all'istante dai buoni vecchi fortori.
C'è voluto un po' per identificare gli alimenti che mi provocano
il fastidio gastrico, su tutti vino scadente, conferenze stampa di TuSaiChi, caffè della moka e
pomodori ma, adesso che il mio stomaco lo sa, può scegliere per me. Io non devo far altro che lasciarmi guidare negli acquisti di cibarie
da lui, come un docile Linguini nelle sapienti mani del suo Remy.
28 ottobre 2012
25 ottobre 2012
Cimici
La prima cimice l’ho trovata sul piano della cucina, ma non ci ho dato peso.
L’ho trasbordata con cautela in un sacchettino da freezer che, una volta chiuso, ho schiacciato e gettato. Pare che puzzino da schiacciate, almeno l’ho sempre sentito dire, un vago sentore di uova marce.
La seconda l’ho beccata in salotto, poche ore dopo. L’ho fatta salire su una cartolina, l’ho gentilmente portata in giardino e poi scaraventata in mezzo alla strada.
Con il terzo incontro ho cominciato a preoccuparmi, solo un filo. Però ho consultato wikipedia.
Intanto scopro che ce ne sono milioni di tipi, ma a me interessa la Cimice verde, nome scientifico: Palomena prasina, catalogata da Linneo nel 1761.
È un insetto eterottero, che comunque non so cosa vuol dire, né m’interessa in questa fase. Poi scopro che appartiene a una specie comune e polifaga, attacca piante erbacee ed arboree.
Polifaga, per quella spruzzata di greco che so, sta a significare che si nutre di diverse cose, e questo mi piace decisamente poco, anche se sembrerebbe vegetariana.
Il quarto ritrovamento mina la mia stabilità mentale. Per ritrovare serenità parlo degli incontri cimicieschi a Walter, un mio vicino di casa, il quale, giustamente, mi guarda storto, mi asseconda per un po’ standomi a sentire, ma mi prende per matto.
“E allora?” è la sua conclusione.
La quinta l’ho trovata sulle stecche di una sedia pieghevole, che era stata in giardino, niente di più facile che l’abbia portata in casa proprio io, con la sedia stessa.
In una vita di 50 anni avrò visto sì e no 100 cimici, forse neanche. Adesso con cinque esemplari in un giorno e mezzo mi chiedo se devo preoccuparmi. La risposta è ancora “no”. In fondo sono descritti come esserini innocui per l’homo sapiens.
Per avvalorare il mio status di sapiens torno al computer e approfondisco la conoscenza: il colore della Palomena prasina varia dal verde (maggior parte degli individui) al marrone-rossastro. Da adulto, raggiunge in media la lunghezza di 15 mm.
È una specie comune in gran parte dell'Europa. In Italia è presente in tutta la penisola e nelle isole maggiori. E su questo, dubbi non ce n’erano.
Si rinviene su diversi tipi di piante erbacee, arbusti e alberi, con una spiccata predilezione per Corylus e Quercus; non so se in giardino ho dei Corylus o dei Quercus, ma a occhio penso di no. Come gran parte delle cimici, se disturbata emette sostanze maleodoranti, secrete da ghiandole poste sul torace.
Dunque è vero che puzzano le maledette. I nostri padri non ci hanno vanamente messo in guardia. Ma che mi ammazzi se le ho disturbate. Scopro che la femmina depone le uova in piccoli ammassi dalla caratteristica forma esagonale, ma davvero non riesco ad appassionarmi alla vita di questa fetida creatura.
La cimice verde è molto dannosa per diverse specie di piante erbacee e alberi. Con le sue punture, infatti, causa la morte delle gemme fiorali e il deperimento della pianta che diventa giallastra. Il danno si manifesta sulle foglie e sui frutti.
I frutti attaccati dalle cimici assumono uno sgradevole sapore e non possono essere commercializzati. Indirettamente la cimice può trasmettere, attraverso le ferite lasciate dagli stiletti boccali, alcune malattie secondarie, come la batteriosi.
Eccoci dunque, questa batteriosi non ha un bel nome e non promette niente di buono.
È notte e sto dormendo, respiro rumorosamente e, come sempre, a bocca aperta. Quando mi sento come raschiare in gola mi sveglio di soprassalto, un corpo estraneo mi s’è infilato giù per la gola. Tossisco, cerco di vomitare l’intruso che in cuor mio ho già battezzato come la dannata sesta cimice. Non riesco ad espellerla, mi resta in gola la sensazione di un graffio devo sciacquarmi. Magari è stata solo una suggestione o un cazzo di incubo.
Mi alzo per andare in bagno ed è allora che sento sotto ai miei piedi un fastidioso scricchiolare, anche se il sonno ancora mi annebbia e m’impedisce di comprendere bene cosa stia succedendo. Passano un paio di secondi, faccio un altro mezzo passo in direzione della luce e sento un formicolìo sotto e attorno ai piedi e di nuovo quel rumore di schiacciamento unito ad un lieve frullare di ali.
E quando il tanfo m’arriva al naso capisco di avere un problema.
Penso all'aspirapolvere, ma andando a prenderla capisco che non sarebbe risolutiva. Le cimici sono ovunque: attaccate alla porta laccata bianca si muovono lente e instancabili disegnando immaginari e terribili ideogrammi. Apro la porta e vado verso il ripostiglio, ne schiaccio a centinaia semplicemente camminando, mi fa schifo ma non come avrei potuto pensare. Sono determinato a combattere e non sento più nemmeno la puzza. E se la sento la utilizzo come stimolante alla battaglia, inalo e accumulo forza distruttiva. Cimici, arrivo.
Non ho neppure il tempo di pensare all'assurdità della situazione, ieri a questa stessa ora dormivo il sonno beato del bimbo in culla a due ore da una sveglia che mi avrebbe portato, dopo una bella tazza di caffellatte e biscotti al miele, dritto dritto all’autobus, destinazione ufficio. E adesso, 24 ore dopo, sto cercando di uscire vivo e sano di mente da un'invasione bestiale e malefica.
Le scale brulicano, centinaia o migliaia di piccole cimici verdastre svolazzano sui gradini e vengono su, nella parte notte della casa, alla ricerca di non so bene cosa, direi di me, cazzo.
Esco di casa in pigiama, suono il campanello a Walter, gli spiego e lui capisce o finge di capire, assonnato com'è, sta di fatto che mi va a prendere la sua fiamma ossidrica. L'avevo già usata una volta per un dannato alveare spuntato da nulla nel sottotetto.
Rientro in casa e inizio a sparare le fiamme. Lancio lingue di fuoco rasoterra cercando di preservare i mobili e la casa. Le cimici arrostiscono che è un piacere, sfrigolano scricchiolano, forse urlano pure, non saprei, si accartocciano in un minuscolo rifiuto tossico nero, il fumo che sprigionano produce odore dolciastro e acre, vorrei fermarmi a vomitare, ma l'adrenalina che ho in corpo non mi dà tregua e via col fuoco. Arrostisco le scale e salgo su, camerina, poi camerona, spalanco le porte e purifico.
Quando prende fuoco la prima tenda non cerco nemmeno di spegnerla, capisco che il sacrificio è necessario e allora non mi controllo più, non serve. Fiammeggio all'impazzata in qualunque direzione veda una cimice zampettare o su ogni traiettoria vedo disegnata nell'aria. Incendio così letti e librerie, e poi mobili e poi tutto quello che rimane. Anche i miei vestiti vanno a fuoco, riesco a sfilarli via appena in tempo per non crepare arrosto.
Poi finalmente esco, mi allontano un po' e mi siedo in strada ad ammirare il rogo fumante che si porta via la casa della mia vita ma, soprattutto, i fetidi insetti verdi.
Sono pochi secondi in cui me ne sto lì, nudo e nero come un tizzone, sono io il vincitore.
Poi arriva il mio vicino che mi chiede che ho fatto, se sono impazzito. Forse, gli dico. Ma forse no, penso. Poi i pompieri, e tutto il circondario. Poi mi portano via, sono fradicio, affumicato e soddisfatto.
Sono ancora in auto, diretto non so bene dove, quando un leggero formicolìo all'avambraccio mi insospettisce. Non avrei nemmeno bisogno di guardare, già so.
Un piccolo rilievo di forma rotondeggiante, quasi oblunga, si nota sottopelle, sta risalendo il mio braccio, come una talpa fa in giardino. Destinazione cervello.
E dall’esofago, risale verso la gola e pervade le mie cavità nasali dall’interno, un’insopportabile puzza di uovo marcio.
__________________________________________________________
Questo testo partecipa ancor più proditoriamente all'EDS spousev paura.
Come anche:
0.10.35
Vite malate
Guerrieri del caos
Il collega
La guardiana di oche
Morgue
L’ho trasbordata con cautela in un sacchettino da freezer che, una volta chiuso, ho schiacciato e gettato. Pare che puzzino da schiacciate, almeno l’ho sempre sentito dire, un vago sentore di uova marce.
La seconda l’ho beccata in salotto, poche ore dopo. L’ho fatta salire su una cartolina, l’ho gentilmente portata in giardino e poi scaraventata in mezzo alla strada.
Con il terzo incontro ho cominciato a preoccuparmi, solo un filo. Però ho consultato wikipedia.
Intanto scopro che ce ne sono milioni di tipi, ma a me interessa la Cimice verde, nome scientifico: Palomena prasina, catalogata da Linneo nel 1761.
È un insetto eterottero, che comunque non so cosa vuol dire, né m’interessa in questa fase. Poi scopro che appartiene a una specie comune e polifaga, attacca piante erbacee ed arboree.
Polifaga, per quella spruzzata di greco che so, sta a significare che si nutre di diverse cose, e questo mi piace decisamente poco, anche se sembrerebbe vegetariana.
Il quarto ritrovamento mina la mia stabilità mentale. Per ritrovare serenità parlo degli incontri cimicieschi a Walter, un mio vicino di casa, il quale, giustamente, mi guarda storto, mi asseconda per un po’ standomi a sentire, ma mi prende per matto.
“E allora?” è la sua conclusione.
La quinta l’ho trovata sulle stecche di una sedia pieghevole, che era stata in giardino, niente di più facile che l’abbia portata in casa proprio io, con la sedia stessa.
In una vita di 50 anni avrò visto sì e no 100 cimici, forse neanche. Adesso con cinque esemplari in un giorno e mezzo mi chiedo se devo preoccuparmi. La risposta è ancora “no”. In fondo sono descritti come esserini innocui per l’homo sapiens.
Per avvalorare il mio status di sapiens torno al computer e approfondisco la conoscenza: il colore della Palomena prasina varia dal verde (maggior parte degli individui) al marrone-rossastro. Da adulto, raggiunge in media la lunghezza di 15 mm.
È una specie comune in gran parte dell'Europa. In Italia è presente in tutta la penisola e nelle isole maggiori. E su questo, dubbi non ce n’erano.
Si rinviene su diversi tipi di piante erbacee, arbusti e alberi, con una spiccata predilezione per Corylus e Quercus; non so se in giardino ho dei Corylus o dei Quercus, ma a occhio penso di no. Come gran parte delle cimici, se disturbata emette sostanze maleodoranti, secrete da ghiandole poste sul torace.
Dunque è vero che puzzano le maledette. I nostri padri non ci hanno vanamente messo in guardia. Ma che mi ammazzi se le ho disturbate. Scopro che la femmina depone le uova in piccoli ammassi dalla caratteristica forma esagonale, ma davvero non riesco ad appassionarmi alla vita di questa fetida creatura.
La cimice verde è molto dannosa per diverse specie di piante erbacee e alberi. Con le sue punture, infatti, causa la morte delle gemme fiorali e il deperimento della pianta che diventa giallastra. Il danno si manifesta sulle foglie e sui frutti.
I frutti attaccati dalle cimici assumono uno sgradevole sapore e non possono essere commercializzati. Indirettamente la cimice può trasmettere, attraverso le ferite lasciate dagli stiletti boccali, alcune malattie secondarie, come la batteriosi.
Eccoci dunque, questa batteriosi non ha un bel nome e non promette niente di buono.
È notte e sto dormendo, respiro rumorosamente e, come sempre, a bocca aperta. Quando mi sento come raschiare in gola mi sveglio di soprassalto, un corpo estraneo mi s’è infilato giù per la gola. Tossisco, cerco di vomitare l’intruso che in cuor mio ho già battezzato come la dannata sesta cimice. Non riesco ad espellerla, mi resta in gola la sensazione di un graffio devo sciacquarmi. Magari è stata solo una suggestione o un cazzo di incubo.
Mi alzo per andare in bagno ed è allora che sento sotto ai miei piedi un fastidioso scricchiolare, anche se il sonno ancora mi annebbia e m’impedisce di comprendere bene cosa stia succedendo. Passano un paio di secondi, faccio un altro mezzo passo in direzione della luce e sento un formicolìo sotto e attorno ai piedi e di nuovo quel rumore di schiacciamento unito ad un lieve frullare di ali.
E quando il tanfo m’arriva al naso capisco di avere un problema.
Penso all'aspirapolvere, ma andando a prenderla capisco che non sarebbe risolutiva. Le cimici sono ovunque: attaccate alla porta laccata bianca si muovono lente e instancabili disegnando immaginari e terribili ideogrammi. Apro la porta e vado verso il ripostiglio, ne schiaccio a centinaia semplicemente camminando, mi fa schifo ma non come avrei potuto pensare. Sono determinato a combattere e non sento più nemmeno la puzza. E se la sento la utilizzo come stimolante alla battaglia, inalo e accumulo forza distruttiva. Cimici, arrivo.
Non ho neppure il tempo di pensare all'assurdità della situazione, ieri a questa stessa ora dormivo il sonno beato del bimbo in culla a due ore da una sveglia che mi avrebbe portato, dopo una bella tazza di caffellatte e biscotti al miele, dritto dritto all’autobus, destinazione ufficio. E adesso, 24 ore dopo, sto cercando di uscire vivo e sano di mente da un'invasione bestiale e malefica.
Le scale brulicano, centinaia o migliaia di piccole cimici verdastre svolazzano sui gradini e vengono su, nella parte notte della casa, alla ricerca di non so bene cosa, direi di me, cazzo.
Esco di casa in pigiama, suono il campanello a Walter, gli spiego e lui capisce o finge di capire, assonnato com'è, sta di fatto che mi va a prendere la sua fiamma ossidrica. L'avevo già usata una volta per un dannato alveare spuntato da nulla nel sottotetto.
Rientro in casa e inizio a sparare le fiamme. Lancio lingue di fuoco rasoterra cercando di preservare i mobili e la casa. Le cimici arrostiscono che è un piacere, sfrigolano scricchiolano, forse urlano pure, non saprei, si accartocciano in un minuscolo rifiuto tossico nero, il fumo che sprigionano produce odore dolciastro e acre, vorrei fermarmi a vomitare, ma l'adrenalina che ho in corpo non mi dà tregua e via col fuoco. Arrostisco le scale e salgo su, camerina, poi camerona, spalanco le porte e purifico.
Quando prende fuoco la prima tenda non cerco nemmeno di spegnerla, capisco che il sacrificio è necessario e allora non mi controllo più, non serve. Fiammeggio all'impazzata in qualunque direzione veda una cimice zampettare o su ogni traiettoria vedo disegnata nell'aria. Incendio così letti e librerie, e poi mobili e poi tutto quello che rimane. Anche i miei vestiti vanno a fuoco, riesco a sfilarli via appena in tempo per non crepare arrosto.
Poi finalmente esco, mi allontano un po' e mi siedo in strada ad ammirare il rogo fumante che si porta via la casa della mia vita ma, soprattutto, i fetidi insetti verdi.
Sono pochi secondi in cui me ne sto lì, nudo e nero come un tizzone, sono io il vincitore.
Poi arriva il mio vicino che mi chiede che ho fatto, se sono impazzito. Forse, gli dico. Ma forse no, penso. Poi i pompieri, e tutto il circondario. Poi mi portano via, sono fradicio, affumicato e soddisfatto.
Sono ancora in auto, diretto non so bene dove, quando un leggero formicolìo all'avambraccio mi insospettisce. Non avrei nemmeno bisogno di guardare, già so.
Un piccolo rilievo di forma rotondeggiante, quasi oblunga, si nota sottopelle, sta risalendo il mio braccio, come una talpa fa in giardino. Destinazione cervello.
E dall’esofago, risale verso la gola e pervade le mie cavità nasali dall’interno, un’insopportabile puzza di uovo marcio.
__________________________________________________________
Questo testo partecipa ancor più proditoriamente all'EDS spousev paura.
Come anche:
0.10.35
Vite malate
Guerrieri del caos
Il collega
La guardiana di oche
Morgue
24 ottobre 2012
La vita agra
Ho qualcosa d'irrisolto coi limoni.
Ne compro a fiotti, ho sempre il cassetto verdura del frigo zeppo di limoni, e pure fuori dal frigo.
Non lo so da cosa dipende, fatto sta che vado a far la spesa e mi s'attaccano alle mani peggio di TuSaiCosa ®. Mi si tuffano nel carrello proprio.
Posso restare senza prezzemolo, senza cipolla, senza patate (anche senza patata, per quello) ma non resto mai senza limoni.
Struffiavo quando mio padre mi diceva che c'erano da spostare le piante di limoni, prendi, tira, striscia, solleva, spingi, porta in serra; prendi, tira, striscia, solleva, spingi, leva di serra. Eran due volte l'anno, in fin dei conti, ma nella mia oziosità adolescenziale pure troppe. E quando serviva un limone? Non t'azzardare a prenderlo dalla pianta che ti taglio le manine, non è maturo, è troppo maturo, è verde, è giallo, è rosso, rovini la pianta. Se giocando a pallone tanto tanto stroncavi una ciocca conveniva ingurgitarla intera, farla sparire e negare sempre quando poi s'accorgeva (perché sempre s'accorgeva) ch'era rotta.
Mi c'incazzavo con mia mamma quando mi propinava d'ufficio la camomilla, eccolo un altro passo lemonfreudiano che forse spiega qualcosa, forse.
Certo non posso incolpare la mia mentoressa di fiducia che mi ha consigliato la lettura de L'inconfondibile tristezza della torta di limone (*), perché il fatto è troppo recente anche se, forse, subliminalmente, al super, davanti al banco frutta e verdura, entra in gioco pure questo.
Chissà, chissà che m'hanno fatto i limoni?
(*) 3,3 Carver.
Ne compro a fiotti, ho sempre il cassetto verdura del frigo zeppo di limoni, e pure fuori dal frigo.
Non lo so da cosa dipende, fatto sta che vado a far la spesa e mi s'attaccano alle mani peggio di TuSaiCosa ®. Mi si tuffano nel carrello proprio.
Posso restare senza prezzemolo, senza cipolla, senza patate (anche senza patata, per quello) ma non resto mai senza limoni.
Struffiavo quando mio padre mi diceva che c'erano da spostare le piante di limoni, prendi, tira, striscia, solleva, spingi, porta in serra; prendi, tira, striscia, solleva, spingi, leva di serra. Eran due volte l'anno, in fin dei conti, ma nella mia oziosità adolescenziale pure troppe. E quando serviva un limone? Non t'azzardare a prenderlo dalla pianta che ti taglio le manine, non è maturo, è troppo maturo, è verde, è giallo, è rosso, rovini la pianta. Se giocando a pallone tanto tanto stroncavi una ciocca conveniva ingurgitarla intera, farla sparire e negare sempre quando poi s'accorgeva (perché sempre s'accorgeva) ch'era rotta.
Mi c'incazzavo con mia mamma quando mi propinava d'ufficio la camomilla, eccolo un altro passo lemonfreudiano che forse spiega qualcosa, forse.
Certo non posso incolpare la mia mentoressa di fiducia che mi ha consigliato la lettura de L'inconfondibile tristezza della torta di limone (*), perché il fatto è troppo recente anche se, forse, subliminalmente, al super, davanti al banco frutta e verdura, entra in gioco pure questo.
Chissà, chissà che m'hanno fatto i limoni?
(*) 3,3 Carver.
23 ottobre 2012
Anvedi oh
'Sto weekend ce ne semo annati a Roma.
Il meteo è stato straordinario e, a parte che non ho trovato i tanto decantati tramezzini dell'orsa (*), non l'amo certo scoperta noi l'ottobrata romana.
Belle strippate, passeggiate infinite, cacioepepe e vaffanculi assortiti.
Incantevole la sistemazione in B&B a Roma Borgo91: una vera chicca a 2 passi da San Pietro in una zona silenziosissima e molto romana. Trovato quasi per caso si è rivelato una vera è propria scelta vincente.
Non mi produrrò nelle descrizioni delle meraviglie dell'Urbe, ma certo è uno spettacolo muoversi per le sue strade e respirare quell'aria così pregna di cesari e CO2.
Una dritta per mangiare me l'ha data un collega e sono finito da Cuoco e Camicia a farmi deliziare dal menu degustazione.
Ma prima che il post s'incancrenisca in una deriva pubblicitaria devo dire la mia sull'ATAC.
Ci siamo mossi con i bus e i casi sono due: o siamo stati maledettamente iellati noi, oppure il servizio è pessimo.
Una cosa banale, semplice, su tutti i mezzi è installato un monitor o una lavagna luminosa... ma me lo vuoi dire dove mi stai portando e qual è la prossima fermata?
Cristosanto non semo tutti de Roma.
Sui monitor passavano solo deprimenti spot in stile telelibere anni '80, non un'info sul traffico o sul percorso, mentre le lavagne luminose se ne stavano inutilizzate su un indecifrabile e fisso "EXPRESS". Ma express cosa?
Pure a Firenze le cose girano meglio... il che è tutto dire.
p.s. Andateci a San Luigi dei Francesi a vedere il buon Merisi, c'è solo da inserire un nichelino quando si spegne la luce.
(*) è colpa mia che mi son scordato di chiederle info di dettaglio.
Il meteo è stato straordinario e, a parte che non ho trovato i tanto decantati tramezzini dell'orsa (*), non l'amo certo scoperta noi l'ottobrata romana.
Belle strippate, passeggiate infinite, cacioepepe e vaffanculi assortiti.
Incantevole la sistemazione in B&B a Roma Borgo91: una vera chicca a 2 passi da San Pietro in una zona silenziosissima e molto romana. Trovato quasi per caso si è rivelato una vera è propria scelta vincente.
Non mi produrrò nelle descrizioni delle meraviglie dell'Urbe, ma certo è uno spettacolo muoversi per le sue strade e respirare quell'aria così pregna di cesari e CO2.
Una dritta per mangiare me l'ha data un collega e sono finito da Cuoco e Camicia a farmi deliziare dal menu degustazione.
Ma prima che il post s'incancrenisca in una deriva pubblicitaria devo dire la mia sull'ATAC.
Ci siamo mossi con i bus e i casi sono due: o siamo stati maledettamente iellati noi, oppure il servizio è pessimo.
Una cosa banale, semplice, su tutti i mezzi è installato un monitor o una lavagna luminosa... ma me lo vuoi dire dove mi stai portando e qual è la prossima fermata?
Cristosanto non semo tutti de Roma.
Sui monitor passavano solo deprimenti spot in stile telelibere anni '80, non un'info sul traffico o sul percorso, mentre le lavagne luminose se ne stavano inutilizzate su un indecifrabile e fisso "EXPRESS". Ma express cosa?
Pure a Firenze le cose girano meglio... il che è tutto dire.
p.s. Andateci a San Luigi dei Francesi a vedere il buon Merisi, c'è solo da inserire un nichelino quando si spegne la luce.
(*) è colpa mia che mi son scordato di chiederle info di dettaglio.
16 ottobre 2012
Dammi un segno
Il picco della mia religiosità in questo periodo della vita lo raggiungo quando vado per funghi.
Quando comincio a infrattarmi sotto alle scope e quando m'arrampico per erte selve di castagni o faggi allora mi piglia un disperato bisogno di trovare un fungo.
(laddove fungo = porcino)
Dopo un po' che girello e che fatico senza incappare nel seme di un boletus manco pagando, ecco che inizio a pregare dio, o chi per lui, di farmene trovare uno.
Giusto uno, mica novanta.
Perché poi quell'uno mi consentirebbe di affrontare il bosco e scandagliare il fogliame con tutt'altro spirito e convinzione.
E se il porcino tarda a palesarsi e magari vedo il bosco che è in tiro e, diamine, se lo voglio trovare quel cazzo di fungo, ecco che la preghiera sale di livello - o scende, chissà? - e va a configurarsi in una sorta di prova stessa dell'esistenza di dio, o di chi per lui.
Una deriva eretico-micologica inarrestabile.
Cioè, cavolo, potrai ben farmi trovare un porcino, cosa ti costa? Non ti chiedo di stravolgere la realtà, di far riaffiorare il Titanic o di far vincere il terzo scudetto alla Fiorentina.
Siamo chiari, se esisti mi fai trovare un porcino. Altrimenti capisco quello che c'è da capire, e tiro le mie conclusioni.
Insomma, al di là di quello che trovate vergato a spray sui ponti autostradali, io posso dirvi con assoluta certezza se dio esiste oppure no: basta che vado(*) a cercare funghi.
Per la cronaca giovedì scorso non esisteva, ma sabato sì.
(*) Aut. Min. Conc.
Quando comincio a infrattarmi sotto alle scope e quando m'arrampico per erte selve di castagni o faggi allora mi piglia un disperato bisogno di trovare un fungo.
(laddove fungo = porcino)
Dopo un po' che girello e che fatico senza incappare nel seme di un boletus manco pagando, ecco che inizio a pregare dio, o chi per lui, di farmene trovare uno.
Giusto uno, mica novanta.
Perché poi quell'uno mi consentirebbe di affrontare il bosco e scandagliare il fogliame con tutt'altro spirito e convinzione.
E se il porcino tarda a palesarsi e magari vedo il bosco che è in tiro e, diamine, se lo voglio trovare quel cazzo di fungo, ecco che la preghiera sale di livello - o scende, chissà? - e va a configurarsi in una sorta di prova stessa dell'esistenza di dio, o di chi per lui.
Una deriva eretico-micologica inarrestabile.
Cioè, cavolo, potrai ben farmi trovare un porcino, cosa ti costa? Non ti chiedo di stravolgere la realtà, di far riaffiorare il Titanic o di far vincere il terzo scudetto alla Fiorentina.
Siamo chiari, se esisti mi fai trovare un porcino. Altrimenti capisco quello che c'è da capire, e tiro le mie conclusioni.
Insomma, al di là di quello che trovate vergato a spray sui ponti autostradali, io posso dirvi con assoluta certezza se dio esiste oppure no: basta che vado(*) a cercare funghi.
Per la cronaca giovedì scorso non esisteva, ma sabato sì.
(*) Aut. Min. Conc.
12 ottobre 2012
Paniniani si nasce
Son giornate d'incazzature, che ci volete fare?
Avete letto qua?
Ad ogni modo, vi faccio un sunto io: è scaduta l'esclusiva della Panini, con la Lega e l'Associazione Italiana Calciatori, per la riproduzione tramite figurine dei volti degli eroi delcalcioscommesse nostro calcio.
Non la sto a fare tanto palloccolosa, lo dico a Topps (azienda di figu USA papabile come erede della gloriosa ditta modenese), a qualunque altra impresa ci volesse provare, ma soprattutto lo dico alla Lega e all'Aic: già vi state dando un gran daffare per affossare il calcio italiano, non dategli questo colpo di grazia definitivo.
Ah, e noi (*) non compreremo manco una fottuta bustina che non sia targata Panini, questo è pacifico.
(*) - paniniani
___________________________
edit del 23 ottobre 2012 - pericolo scampato. Grazie Panini.
Avete letto qua?
Ad ogni modo, vi faccio un sunto io: è scaduta l'esclusiva della Panini, con la Lega e l'Associazione Italiana Calciatori, per la riproduzione tramite figurine dei volti degli eroi del
Non la sto a fare tanto palloccolosa, lo dico a Topps (azienda di figu USA papabile come erede della gloriosa ditta modenese), a qualunque altra impresa ci volesse provare, ma soprattutto lo dico alla Lega e all'Aic: già vi state dando un gran daffare per affossare il calcio italiano, non dategli questo colpo di grazia definitivo.
Ah, e noi (*) non compreremo manco una fottuta bustina che non sia targata Panini, questo è pacifico.
(*) - paniniani
___________________________
edit del 23 ottobre 2012 - pericolo scampato. Grazie Panini.
11 ottobre 2012
Allora, per favore, uccidete la mia mamma
LETTERA APERTA AI PARTORIENTI LA LEGGE DI STABILITA'
Nel disegno di LEGGE DI STABILITA' approvato dal governo si parla di "Dimezzamento della retribuzione per i giorni utilizzati dai dipendenti pubblici per l'assistenza a familiari con disabilità. La retribuzione rimarrebbe piena solo se il permesso ex lege 104/92 è dovuto a patologie del dipendente o all'assistenza a figli e coniuge"
Mamma. Alzheimer da 12 anni, ultimo stadio, invalida 100%, badante fissa. E come lei, migliaia di altre situazioni simili.
Io, essendo tra quelli - fortunati - che ha un lavoro, usufruisco (o, meglio, posso usufruire) di tre giorni al mese di permesso per assistere mia mamma.
Queste ore sono necessarie, tra l'altro, a far rifiatare la badante che, potete credermi, ne ha davvero bisogno.
Bene, pare che non potrò più permettermelo, perché mi sarà corrisposto solo il 50% del rimborso e alla fine del mese sarebbero soldi che vengono a mancare. Non solo, al danno si assomma altro danno con il necessario impiego di un'ulteriore persona disponibile a sostituire la badante al giovedì, per esempio. E questo senza andare nemmeno a questionare sulle ore necessarie per le visite mediche, purtroppo frequenti.
Restano le ferie, userò quelle, così poi s'aggraveranno giocoforza anche le ricadute sulla mia di famiglie.
Dovessimo davvero fare tutti dei sacrifici per uscire da questo periodo nero, potrebbe essere comprensibile, invece questi colpi ai poveri cristi si vanno a inquadrare nel solito affresco di furbetti che, se non sono quelli del quartierino, sono quelli del partitino e della regioncina. C'è sempre quello che ruba i milioni e quello che gli scappa di bestemmiare.
È vergognoso, e lo dico adesso perché tra un paio di mesi tutto sarà dimenticato, fagocitato da nuovi scandali e nuove spending rewiev che, hai voglia a rinfiocchettarle con l'anglofonia del caso, sempre tagli, spesso fatti a cazzo, restano.
Mia mamma è ormai completamente assente dal mondo, l'unica solfa che ancora le frulla in testa, e che ogni tanto sciorina, è l'Ave Maria, ma, pure la Madonna (o chi per lei) pare che di questi tempi abbia più a cuore l'IMU della Chiesa che non i suoi devoti.
Certo, la modifica ai permessi salva l'integrità del rimborso per chi accudisce i figli o il coniuge, e va pure bene, ma chi ha deciso di operare questo distinguo, allora, visto che induce a sbarazzarsi dei genitori, mi fa il favore di prendersi un'altra responsabilità: che venga a dare una buona morte a mia mamma, così chiudiamo il cerchio.
p.s. il post è personale, certo anche un po' retorico, perdonatemi, da domani si torna al cazzeggio e la fuffa ci salverà. Forse.
_________________________
edit del 17 ott 2012 - già, pare proprio che ci abbiano ripensato: è una buona cosa. Va da sé che chi approfitta dell'istituto è un pezzo di mota che mette a rischio le reali necessità dei poveri cristi.
Nel disegno di LEGGE DI STABILITA' approvato dal governo si parla di "Dimezzamento della retribuzione per i giorni utilizzati dai dipendenti pubblici per l'assistenza a familiari con disabilità. La retribuzione rimarrebbe piena solo se il permesso ex lege 104/92 è dovuto a patologie del dipendente o all'assistenza a figli e coniuge"
Mamma. Alzheimer da 12 anni, ultimo stadio, invalida 100%, badante fissa. E come lei, migliaia di altre situazioni simili.
Io, essendo tra quelli - fortunati - che ha un lavoro, usufruisco (o, meglio, posso usufruire) di tre giorni al mese di permesso per assistere mia mamma.
Queste ore sono necessarie, tra l'altro, a far rifiatare la badante che, potete credermi, ne ha davvero bisogno.
Bene, pare che non potrò più permettermelo, perché mi sarà corrisposto solo il 50% del rimborso e alla fine del mese sarebbero soldi che vengono a mancare. Non solo, al danno si assomma altro danno con il necessario impiego di un'ulteriore persona disponibile a sostituire la badante al giovedì, per esempio. E questo senza andare nemmeno a questionare sulle ore necessarie per le visite mediche, purtroppo frequenti.
Restano le ferie, userò quelle, così poi s'aggraveranno giocoforza anche le ricadute sulla mia di famiglie.
Dovessimo davvero fare tutti dei sacrifici per uscire da questo periodo nero, potrebbe essere comprensibile, invece questi colpi ai poveri cristi si vanno a inquadrare nel solito affresco di furbetti che, se non sono quelli del quartierino, sono quelli del partitino e della regioncina. C'è sempre quello che ruba i milioni e quello che gli scappa di bestemmiare.
È vergognoso, e lo dico adesso perché tra un paio di mesi tutto sarà dimenticato, fagocitato da nuovi scandali e nuove spending rewiev che, hai voglia a rinfiocchettarle con l'anglofonia del caso, sempre tagli, spesso fatti a cazzo, restano.
Mia mamma è ormai completamente assente dal mondo, l'unica solfa che ancora le frulla in testa, e che ogni tanto sciorina, è l'Ave Maria, ma, pure la Madonna (o chi per lei) pare che di questi tempi abbia più a cuore l'IMU della Chiesa che non i suoi devoti.
Certo, la modifica ai permessi salva l'integrità del rimborso per chi accudisce i figli o il coniuge, e va pure bene, ma chi ha deciso di operare questo distinguo, allora, visto che induce a sbarazzarsi dei genitori, mi fa il favore di prendersi un'altra responsabilità: che venga a dare una buona morte a mia mamma, così chiudiamo il cerchio.
p.s. il post è personale, certo anche un po' retorico, perdonatemi, da domani si torna al cazzeggio e la fuffa ci salverà. Forse.
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edit del 17 ott 2012 - già, pare proprio che ci abbiano ripensato: è una buona cosa. Va da sé che chi approfitta dell'istituto è un pezzo di mota che mette a rischio le reali necessità dei poveri cristi.
9 ottobre 2012
Panda gialla - per PS3
Finalmente la Sony colma il gap accumulato con Nintendo e Microsoft e lancia il più popolare gioco d'avvistamento anche sulla PS3 che va ad affiancarsi alle uscite estive per Wii e XBox.
Panda gialla è un arcade di ultima generazione che causa dipendenza, per questo la casa produttrice ne raccomanda una fruizione controllata, specie ai più grandi.
Funziona così, prendete la vostra consolle, staccate tutti i fili, ficcatela in un cassetto e uscite. Meglio se con un amico, la fidanzata, la famiglia, un figlio o anche un collega. Certo, si può giocare anche da soli, ma alla fine continuare a battere il proprio record può diventare noioso.
Dunque, si diceva, siete a passeggio, oppure viaggiate in auto, in bus o in bici con il vostro amico e parlate del più e del meno fino a che uno dei due, a seguito dell'avvistamento di una Panda zafferana, dal nulla, urla "Panda gialla" e tocca l'altro, come quando da ragazzi ci si passava una suora o una prinz verde.
Ma iella non ne gira, tranquilli, si tocca solo per confermare il punto, perché di questo si tratta: l'avvistatore sale a 1 e l'altro resta al palo. E poi continuate la vostra attività primaria, tipo vi pigliate il caffè, parlate dell'ennesimo rigore dubbio concesso alla Juve, v'incazzate coll'assessore di turno che s'è fregato il tesoretto, vi sedete in piazza a leccare un gelato e tutto ha un'apparenza di normalità. Ma in background gira il software di Panda gialla che sì, occuperà poco più d'uno sputo della vostra memoria, ma non crasha mai. E quando l'alone meccanico e giallognolo comparirà da uno stop o da una curva il vostro urlo sarà pronto a squarciare il cielo come un lampo "Panda gialla", cazzo, e 1 a 1.
Tutto questo va avanti in una sessione che termina solo quando vi separate dal vostro compagno di gioco. Se ello insisterà per trascorrere altro tempo con voi, non illudetevi che si sia innamorato, sta solo in svantaggio a Panda gialla e imbastisce un misero tentativo di recupero.
E anche in famiglia mia son lontani i tempi di Schiaccia il Sofficino (se dio, o chi per lui, vuole).
E un'ultima cosa... Marchionne? 'Scolta, che tanto s'è capito che tu vuoi portare tutta la baracca oltreoceano, non fare i' furbo, almeno la Panda, almeno quella gialla, lasciala in Italia.
Panda gialla è un arcade di ultima generazione che causa dipendenza, per questo la casa produttrice ne raccomanda una fruizione controllata, specie ai più grandi.
Funziona così, prendete la vostra consolle, staccate tutti i fili, ficcatela in un cassetto e uscite. Meglio se con un amico, la fidanzata, la famiglia, un figlio o anche un collega. Certo, si può giocare anche da soli, ma alla fine continuare a battere il proprio record può diventare noioso.
Dunque, si diceva, siete a passeggio, oppure viaggiate in auto, in bus o in bici con il vostro amico e parlate del più e del meno fino a che uno dei due, a seguito dell'avvistamento di una Panda zafferana, dal nulla, urla "Panda gialla" e tocca l'altro, come quando da ragazzi ci si passava una suora o una prinz verde.
Ma iella non ne gira, tranquilli, si tocca solo per confermare il punto, perché di questo si tratta: l'avvistatore sale a 1 e l'altro resta al palo. E poi continuate la vostra attività primaria, tipo vi pigliate il caffè, parlate dell'ennesimo rigore dubbio concesso alla Juve, v'incazzate coll'assessore di turno che s'è fregato il tesoretto, vi sedete in piazza a leccare un gelato e tutto ha un'apparenza di normalità. Ma in background gira il software di Panda gialla che sì, occuperà poco più d'uno sputo della vostra memoria, ma non crasha mai. E quando l'alone meccanico e giallognolo comparirà da uno stop o da una curva il vostro urlo sarà pronto a squarciare il cielo come un lampo "Panda gialla", cazzo, e 1 a 1.
Tutto questo va avanti in una sessione che termina solo quando vi separate dal vostro compagno di gioco. Se ello insisterà per trascorrere altro tempo con voi, non illudetevi che si sia innamorato, sta solo in svantaggio a Panda gialla e imbastisce un misero tentativo di recupero.
E anche in famiglia mia son lontani i tempi di Schiaccia il Sofficino (se dio, o chi per lui, vuole).
E un'ultima cosa... Marchionne? 'Scolta, che tanto s'è capito che tu vuoi portare tutta la baracca oltreoceano, non fare i' furbo, almeno la Panda, almeno quella gialla, lasciala in Italia.
8 ottobre 2012
Wonderwall
Non lo dovevo fare l'artificiere.
Tanto lo sapevo che andava a finire così.
Sono in cinquemila nel palazzatto che acclamano il buon vecchio Noel Gallagher, finalmente solo, che sbraita
ostinato di non so quale presunto muro delle meraviglie.
Io sto proprio sotto le assi del palco, in tenuta d'assalto, tempo per far evacuare non ce n'è, resta meno di un minuto.
Trovo l'ordigno dove deve essere, in una valigetta nera rigida, accanto a un muro scrostato che di meraviglioso non ha manco l'idea. Il timer dice 28 secondi.
Non c'è tempo per soluzioni alternative.
Devo soltanto tagliare il filo rosso, mettere fine a questo bombononbomba, e tornarmene a casa, con un cartone di pizza, a spataccarmi sul divano.
Resta solo da recidere il fottuto, bastardo, cavo color cremisi.
Daltonismo del cazzo.
ZAC
BOOOOM
Abbiamo trasmesso: Confondo rosso.
_____________________________
Questo testo partecipa proditoriamente all'EDS spousev paura.
Vedi anche:
0.10.35
Vite malate
Guerrieri del caos
Il collega
La guardiana di oche
Tanto lo sapevo che andava a finire così.
Sono in cinquemila nel palazzatto che acclamano il buon vecchio Noel Gallagher, finalmente solo, che sbraita
ostinato di non so quale presunto muro delle meraviglie.
Io sto proprio sotto le assi del palco, in tenuta d'assalto, tempo per far evacuare non ce n'è, resta meno di un minuto.
Trovo l'ordigno dove deve essere, in una valigetta nera rigida, accanto a un muro scrostato che di meraviglioso non ha manco l'idea. Il timer dice 28 secondi.
Non c'è tempo per soluzioni alternative.
Devo soltanto tagliare il filo rosso, mettere fine a questo bombononbomba, e tornarmene a casa, con un cartone di pizza, a spataccarmi sul divano.
Resta solo da recidere il fottuto, bastardo, cavo color cremisi.
Daltonismo del cazzo.
ZAC
BOOOOM
Abbiamo trasmesso: Confondo rosso.
_____________________________
Questo testo partecipa proditoriamente all'EDS spousev paura.
Vedi anche:
0.10.35
Vite malate
Guerrieri del caos
Il collega
La guardiana di oche
5 ottobre 2012
Il bambino ciccio in fondo al pullmino
Quando mi tocca porto France alla fermata dello scuolabus.
Eccolo che arriva, ciao ciao, niente bacino in pubblico che lo vedono peccarità.
Sale sopra e, diretto come un fuso e a testa bassa, va a fiondarsi su un sedile dall’altro lato del mezzo.
Non c’è pericolo che mi risaluti da sopra, oltretutto raramente proferisce parola o interagisce con altri esemplari della sua razza prima che siano trascorse un paio d’ore dalla sveglia.
E così saluto la Sarina e Nicco, che sono i figli di una mia amica, che stanno già sopra, che magari non avrebbero neppure tutti questi motivi per essere allegri, ma che hanno un’espressione da vita ti amo che ti fa srotolare il primo passo della giornata nella direzione giusta.
Poi lo scuolabus comincia a sfilarmi piano che ancora sorrido, e qui lo vedo. Se ne sta seduto nell’ultima fila, lato strada, è il bambino ciccio che nessuno di noi vorrebbe essere.
Mi guarda, lo sa che ho salutato dei bambini, probabile che si sia accorto pure che non mi scambiavo i sorrisi con il mio, ha gli occhi attenti. Non implora, non chiede niente, eppure ha scorto uno spiraglio in quella porta dove può infilarci un piede.
Lo guardo anch’io, e poi succede che all’unisono alziamo la mano e ci salutiamo. Senza conoscersi, almeno fino ad allora.
Mi commuovo con poco.
Tornando verso casa sorrido, ho la mia ratatouille a cui pensare: quando, bambino, pedalavo sull'Airone gialla 26 fino al cavalcavia sull’autostrada e lì, aggrappato alla rete, attendevo la macchina giusta, pescata in quel fiume di veicoli sulla Milano-Roma, la macchina con dentro un adulto che puntasse lo sguardo oltre il suo cruscotto e che mi potesse regalare un saluto con la mano. E un sorriso.
I sassi ancora non erano stati inventati.
_____________________________
edit del 17 ott 2012 - è diventato un piccolo rito adesso, ogni volta ci salutiamo, come due vecchi amici che sono stati a bersi una birra.
Eccolo che arriva, ciao ciao, niente bacino in pubblico che lo vedono peccarità.
Sale sopra e, diretto come un fuso e a testa bassa, va a fiondarsi su un sedile dall’altro lato del mezzo.
Non c’è pericolo che mi risaluti da sopra, oltretutto raramente proferisce parola o interagisce con altri esemplari della sua razza prima che siano trascorse un paio d’ore dalla sveglia.
E così saluto la Sarina e Nicco, che sono i figli di una mia amica, che stanno già sopra, che magari non avrebbero neppure tutti questi motivi per essere allegri, ma che hanno un’espressione da vita ti amo che ti fa srotolare il primo passo della giornata nella direzione giusta.
Poi lo scuolabus comincia a sfilarmi piano che ancora sorrido, e qui lo vedo. Se ne sta seduto nell’ultima fila, lato strada, è il bambino ciccio che nessuno di noi vorrebbe essere.
Mi guarda, lo sa che ho salutato dei bambini, probabile che si sia accorto pure che non mi scambiavo i sorrisi con il mio, ha gli occhi attenti. Non implora, non chiede niente, eppure ha scorto uno spiraglio in quella porta dove può infilarci un piede.
Lo guardo anch’io, e poi succede che all’unisono alziamo la mano e ci salutiamo. Senza conoscersi, almeno fino ad allora.
Mi commuovo con poco.
Tornando verso casa sorrido, ho la mia ratatouille a cui pensare: quando, bambino, pedalavo sull'Airone gialla 26 fino al cavalcavia sull’autostrada e lì, aggrappato alla rete, attendevo la macchina giusta, pescata in quel fiume di veicoli sulla Milano-Roma, la macchina con dentro un adulto che puntasse lo sguardo oltre il suo cruscotto e che mi potesse regalare un saluto con la mano. E un sorriso.
I sassi ancora non erano stati inventati.
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edit del 17 ott 2012 - è diventato un piccolo rito adesso, ogni volta ci salutiamo, come due vecchi amici che sono stati a bersi una birra.
2 ottobre 2012
C'è un avvocato in sala? (*)
Il mio servomuto m'ha fatto causa.
Doveva accadere prima o poi. L'immagine di repertorio lo ritrae anni fa, l'ultima volta che l'ho visto spoglio.
Ho cercato di giungere a una conciliazione proponendogli un'indennità lavori gravosi ma il tentativo è fallito.
Ello mi guarda torvo, soverchiato dal carico di 3 paia di jeans (due blu e uno grigio) 4 maglie a manica lunga (nera, verdina, azzurra, blu) una fruit bianca, una maglietta a manica corta color ruggine e una camicia viola a righe bianche un po' da pappone.
Il fine settimana è trascorso ma pare proprio che io non abbia avuto neanche una briciola di tempo da dedicargli per alleggerirlo del peso, da qui la denuncia.
Come biasimarlo?
(*) astenersi taormini e giuliebongiorni.
Doveva accadere prima o poi. L'immagine di repertorio lo ritrae anni fa, l'ultima volta che l'ho visto spoglio.
Ho cercato di giungere a una conciliazione proponendogli un'indennità lavori gravosi ma il tentativo è fallito.
Ello mi guarda torvo, soverchiato dal carico di 3 paia di jeans (due blu e uno grigio) 4 maglie a manica lunga (nera, verdina, azzurra, blu) una fruit bianca, una maglietta a manica corta color ruggine e una camicia viola a righe bianche un po' da pappone.
Il fine settimana è trascorso ma pare proprio che io non abbia avuto neanche una briciola di tempo da dedicargli per alleggerirlo del peso, da qui la denuncia.
Come biasimarlo?
(*) astenersi taormini e giuliebongiorni.
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