10 dicembre 2019

Rapporto di lettura: Tre libri simili e diversissimi

Non li ho scelti apposta, è stato un caso che li abbia avuti per le mani uno dopo l'altro, in sequenza. La trama grossa li accomuna parecchio, vi si narra di minoranze, di persone in lotta, di esclusione e di rivalse. Quella fina li distingue e li distanzia, sul mappamondo ma non solo.

La bastarda di Istanbul (Elif Shafak - trad. Laura Prandino - 3.2 carver) Non mi ha convinto in pieno, ma è un romanzo tosto che comunque consiglierei. Pochi fronzoli, colorati e profumati spaccati di vita.

Nato fuorilegge (Trevor Noah - trad. Andrea Carlo Cappi - 4.0 carver) Leggetelo, date retta a un bischero, anzi prima, potreste dare un'occhiata su Netflix agli spettacoli di Trevor Noah (ce ne sono un paio), così intanto vi fate un'idea sul personaggio (il libro è la sua autobiografia) e poi vi immergete nel libro per arrivare alla scoperta delle sue radici.

Patria (Fernando Aramburu - trad. Bruno Arpaia - 4.3 carver) È IL LIBRO del mio anno 2019 di lettore. Un romanzo forte e coraggioso che ti scava dentro come fosse un aratro, fin dalle prime pagine. Un libro che ti lascia tanto. Un libro che scatena quello che io chiamo "l'effetto Sardegna" (*).

(*) - Dicesi effetto Sardegna la risultanza che avrà su di te la vacanza al mare successiva a una in Sardegna. Non ti potrà piacere, per questo è consigliabile proprio cambiare genere, si può andare in montagna o in giro per il mondo, ma è da evitare qualsiasi forma di bacino salato con spiaggia. Così per il libro che leggerete dopo Patria è meglio cambiare genere o, per stare proprio tranquilli, non leggere proprio niente per un mesetto. Magari andate al cine o vi guardate Chernobyl, io ho fatto così.

15 ottobre 2019

101 LP che devi avere (#vinile)

Beh, niente, se capitate a leggere queste righe nella speranza di trovarci una lista di vinili immortali non ci siamo.
Tuttavia se volete collaborare a rendere più pregevole la mia collezione, siete nel posto giusto.
Lasciate un commento con il vostro 33 giri mito (uno e solo uno però) e giuro lo ascolterò e lo vaglierò per l'acquisto (fortunatamente siamo in un'epoca in cui si può fare).
E sì sono un neofita musicalmente, ma mi sto impegnando seriamente per colmare questa vergognosa lacuna.
Per adesso ho cominciato con quelli della foto.

101 il numero decimale dei vinili da avere per una collezione basica, e 101 il numero binario di quelli che ho adesso.

p.s. che scoperta i lynyrd skynyrd!

14 ottobre 2019

Avocado difensore

Se, come me, siete dipendenti dalla salsa guacamole vi capiterà di maneggiare diversi di questi bei fruttarelli esotici.
Ebbene, se c'è una cosa che mi scoccia buttare via, seppure nell'umido, è il nocciolo dell'avocado, quello sì.
La natura sa essere meravigliosa e, oltre a regalarci fragole e fiori di zucca, che fa? Crea una vera opera d'arte e la ricopre di polpa d'avocado.
Non provateci, nessun nocciolo è così perfetto. L'avrei voluto da piccolo quando i giocattoli scarseggiavano, chissà a quanti utilizzi ludici l'avrei potuto destinare.
Quando preparo la salsa e lo libero devo gettarlo via all'istante, prima di affezionarmi e magari dargli un nome.

23 maggio 2019

Il paese di dio, o di chi per lui

"... ma la vita è così, piena di selle e di sconosciuti."

Percival Everett, del quale dovremmo tutti leggere anche Ferito e Cancellazione, mi ha parecchio divertito e coinvolto con il suo pseudo-western Il paese di Dio (3,8 carver), traduzione di Marco Rossari.
Se ne volete, ecco un assaggino:

...
Ho cavalcato fino al centro del paese e sono capitombolato sull’arida terra tutta crepe, che all’urto è sembrata anche polverosa. Nessuno è accorso in mio aiuto e ho pensato che forse era l’afa a rallentare i corpi, ma mi ha messo tristezza pensare che alla gente non gliene importava più un fico secco del prossimo.
Poi, in piedi sopra di me, è apparso Terkle, il piccolo barman dai capelli rossi, che ha detto qualcosa.
“Curt Marder, buono a nulla, scroccone, peccatore incallito, bestemmiatore, figlio d’un cane che non sei altro, mi devi tre dollari!”, ecco cosa ha detto.
Io l’ho fissato a bocca aperta, poi mi sono guardato, impolverato e disteso lì per terra e gli ho detto:
“I banditi mi hanno bruciato la casa”.
“Tre dollari, non ti ho addebitato un centesimo d’interessi. Se c’avessi un briciolo di buonsenso, non ti farei più credito. Nossignore”.
“Mi hanno bruciato pure il fienile”.
“E anche Petersen giù all’emporio ha qualcosina da dirti”.
“Hanno pure rapito mia moglie”.
“Stavolta non ti approfitterai della nostra carità cristiana”.
“Mi hanno fatto fuori il cane”.
“Ti hanno fatto fuori il cane?”.
“Con questa freccia qui”.
Ho alzato quello strumento di morte e gliel’ho mostrato.
“Il cane era infilzato qui, ma me lo sono perso per strada”.
Lui s’è seduto accanto a me. “T’hanno accoppato il cane?”.
Ha scosso la testa. “Che razza di selvaggi girano dalle nostre parti?”.
...

Era tanto tempo che non leggevo un libro in tre giorni.


21 maggio 2019

Niki Lauda aveva la sua barzelletta

E faceva anche di molto ridere.

Di notte un coniglio e un serpente corrono nel bosco e finisce che sbattono l'uno contro l'altro. Il serpente dice: "Chi sei?" Il coniglio risponde: "Indovina..." Il serpente allunga la lingua e dice: "Orecchie grandi e pelose, denti sporgenti...sei un coniglio!"
Il coniglio risponde: "Bravo! Adesso vediamo chi sei tu!", allunga le zampe e dice: "Dunque...pelle squamosa, senza orecchie, tu venivi come una sassata... tu sei Niki Lauda!".

Mi posso permettere di riportarla perché io Niki l'ho amato proprio.
Negli anni infami della mia adolescenza quando le ragazze mi terrorizzavano (non sono cambiato molto sotto quest'aspetto) e il mio secondo sfogo favorito era lo sport in tivù il mio io politeista aveva non uno ma bensì quattro idoli.
Di Gigi Riva abbiamo ampiamente disquisito sulla Linea, gli altri tre erano Thoeni, Panatta e giustappunto Lauda.
E sulle mie scarpe da ginnastica supertarocche in tela ci avevo fregiato a biro le loro iniziali: LPRT.
Se ne va Niki, ma io voglio cogliere l'occasione di mandare un pensiero ad Arturo Merzario, uno che di coraggio ne aveva da vendere, uno che ha osato correre su una Formula 1 sponsorizzata da un'impresa di pompe funebri (ma non ora, allora quando i morti tra i piloti erano un paio a stagione) e soprattutto, l'ardire di buttarsi nel rogo del Nurburgring e tirare fuori Niki Lauda, o ciò che ne restava.

20 maggio 2019

Pregare dio, o chi per lui

Non prego più, nessun dio.
E dire che ho pregato tanto, per me, per i miei cari, per tutti i miei affetti.
L'unica volta che ha funzionato davvero è stato quando la Madonna, o chi per lei, una cinquantina d'anni fa mi fece ritrovare la checca, la mia adorata gallina mugellese che era sparita da tre/quattro giorni.
Un vero miracolo.
Poi la checca se la pigliò in prestito mio zio che le diede l'opportunità di diventare mamma anche se, sul più bello, una volpe mise fine alla checca e alla sua prole pulcinesca.
Ho pregato tanto anche per non bocciare a scuola o per non farmi interrogare in certi giorni.
Ho pregato per far innamorare di me certe bambine.
Ho pregato perché i miei genitori restassero insieme.
Ho pregato per non perdere la fede, anche se in questo caso si genera una sorta di circolo vizioso che temo invalidi l'esito.
Ho pregato in chiesa e a letto.
Ho pregato anche solo per mantenere una routine tranquillizzante.
Adesso non prego più, dicevo, ma non sono sicuro che dovrei festeggiare come se avessi smesso di fumare.
Però pregare mi aiuta, questo devo riconoscerlo, quando non puoi fare nulla, quando non sei più l'artefice del tuo destino o di qualunque altra faccenda, quando ragionare non basta più, ecco che rispunta fuori da qualche recesso una preghiera anche fatta solo di pensieri e di brevi lampi da lanciare, come razzi da una zattera in mezzo all'oceano.
Che ne so, magari qualcuno li vede.

17 maggio 2019

Ti ho vista che coglievi le more


Non è colpa tua se mi sono innamorato di te. Non è colpa di nessuno.
Forse il tuo vestito a fiori accarezzato dal vento, forse la tua determinazione, forse il continuo alzarti sulle punte per arrivare ai rovi più alti.
Niente sapevo di te e in quell'attimo ho compreso che avrei amato tutto, tutto quello che mi era ignoto mi si sarebbe piano piano svelato e l'avrei accolto come mio.
Lo sapevo e basta.
Sapevo anche che quando ti avrei raccontato questa storia tu avresti sorriso, lusingata ma scettica, e io ti avrei amato ancora di più.
Le more, è buffo no?
All'improvviso mi sembra tutto così banale da raccontare, da leggere.
È talmente difficile srotolare un ricordo capace di scioglierti il cuore e darlo in pasto allo scritto.
Tu che cogli le more è la mia scena della fontana in Espiazione, ricordi? Che meraviglia.
Potessi dare un millesimo di quella forza descrittiva alle parole che spennellano la tua silhouette protesa verso le more più mature, con il tuo braccio nudo che sfida le spine.
Ma non riesco, seppure quell'attimo è stato il seme da cui è germinato il nostro mondo.

15 maggio 2019

In biblioteca come al bordello

Non che ci sia mai stato, ma m'immagino un fiorire d'emozioni simile.
Entrare senza un'idea precisa e lasciarsi affascinare dal bendiddìo.
Semmai chiedere alla signora anziana all'ingresso.
Guardarsi intorno, camminare, tocchicchiare, aprire un lembo e prendersi un assaggino.
Scegliere? O lasciar fare al caso?
Perdersi tra gli scaffali, abbandonarsi alla voglia di conoscere tutte le avventure del luogo, così nascoste e così a portata di mano.
Basta poco in fondo... una tessera, così come sarebbe bastata una lira.
Infine prendersi quello che la nostra passione e il nostro amore ci hanno riservato e uscire soddisfatto per essere venuto.

7 maggio 2019

C'è pure un cruciverba

Sono stato al mercatino della scuola media di mio figlio.
Carini tutti questi ragazzi che si danno un gran daffare per risollevare le sorti della loro malmessa scuola.
Noi abbiamo fornito una cinquantina di vasetti di piantine grasse che sono andati via come il pane.
Mi ha colpito un ragazzino molto sveglio che mi ha appioppato il giornalino della scuola, probabilmente leggendomi nell'intimo, convincendomi con lo sguardo ammiccante che accompagnava un "Oh, c'è pure un cruciverba".
La riflessione è che un cruciverba possa avere ancora un effetto positivo sulla tiratura di uno stampato, anche sulla generazione dei nativi digitali. Bon, dai, mi pare positivo.
Anche se in realtà quello che ho apprezzato di più è stato l'oroscopo, con frasi del tipo: Sei dei Pesci? Spero che tu sappia nuotare perché affogherai nei compiti. Piccoli umoristi crescono.
E comunque ho contribuito anche con il contante acquistando un'intera annata di Topolino (53 numeri) al prezzaccio di venti euri.
Li tengo al cesso dopo che ho sentito Bebe Vio chiosare: Chi è che non ha un Topolino in bagno?
E sì, leggetelo Topolino, fa cultura.

19 aprile 2019

La preghiera della settimana santa



In onore della mia mamma che ci ha messo tanto impegno per farmela imparare a memoria, voglio ricordare questa cosa perché, bene o male, ogni anno mi viene in mente e me la ripasso.
Ultimo e notevole risvolto il fatto che non ci sia nell'internet, da nessuna parte, in nessun anfratto.
Adesso potete trovarla qui, direttamente dai miei sensi di colpa degli anni settanta.
Pensateci a come venivano tirati su certi bambini.
Trattasi di un dialogo tra la Madonna e Gesù, come potete agilmente desumere.

Dilettissimo mio caro Figliolo dove sarete il Lunedì Santo?
Beatissima Vergine e Creatissima Madre il Lunedì Santo sarò preso e legato.

Dilettissimo mio caro Figliolo dove sarete il Martedì Santo?
Beatissima Vergine e Creatissima Madre il Martedì Santo sarò martirizzato.

Dilettissimo mio caro Figliolo dove sarete il Mercoledì Santo?
Beatissima Vergine e Creatissima Madre il Mercoledì Santo sarò venduto per trentatré denari falsi.

Dilettissimo mio caro Figliolo dove sarete il Giovedì Santo?
Beatissima Vergine e Creatissima Madre il Giovedì Santo sarò condotto al macello come un agnellino perfetto.

Dilettissimo mio caro Figliolo dove sarete il Venerdì Santo?
Beatissima Vergine e Creatissima Madre il Venerdì Santo sarò nel Santo sepolcro.

Dilettissimo mio caro Figliolo dove sarete il Sabato Santo?
Beatissima Vergine e Creatissima Madre il Sabato Santo lieviterò come un formento su quella terrolina fresca.

Dilettissimo mio caro Figliolo dove sarete il giorno di Pasqua?
Beatissima Vergine e Creatissima Madre il giorno di Pasqua risusciterò al cielo, diventerò padrone di tutto il mondo e se ci fossero cristiani e cristiani che avessero detto questa preghierina tre volte al giorno nella settimana Santa, gli vorrei perdonar più peccati che non c'è fili d'erba su pei prati, chicchi di rena giù nel mare e tre grazie a suo piacere.

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Dai, confortatemi, ditemi che qualcuno di voi la conosce... o sua madre, o sua nonna, non lasciatemi solo in quest'abisso.

9 aprile 2019

L'eterna lotta tra l'anziano e il salvatempo


Ormai è una guerra di strategia, spietata, continua. Una battaglia psicologica fine.
Con nessuno che abbia voglia di tirarsi indietro: né l'anziano che non anela tornare a farsi tiranneggiare dalle cassiere, né tantomeno l'algoritmo che governa il salvatempo che è nato proprio per grandefratellare l'anziano o il ladruncolo matricolato.
L'anziano ha sviluppato una sopraffina tecnica d'approvvigionamento settimanale, riempie tre borsoni tre con un puzzle perfetto degli articoli derivante dalla pluriennale esperienza sui banchi del tetris.
Capite bene che arrivare alla cassa e doversi sciroppare una rilettura può risultare devastante.
Il fatto è che l'anziano, in quanto tale, è soggetto a sbagliare. Magari va a fare una spesetta di 10 articoli e se ne scorda uno. È la fine.
Viene marchiato peggio di una vacca in Texas, pure se non ha battuto una scatoletta del gatto da 35 centesimi. E poi son riletture, una ok. Due ok.
Alla terza, quando la purificazione sta per compiersi, durante una spesa da 150 euri, l'anziano manca clamorosamente 2 euro e 20 di zucchine e precipita di nuovo nell'abisso.
Probabilmente non si riprenderà più e dovrà tornare a farsela con le cassiere, anche se quella con gli occhi da cerbiatta è da mo' che l'hanno trasferita.

22 marzo 2019

Una fetta di vita semplice ma buona

Torni a casa e trovi un cane che scodinzola
Prepari una torta di mele semplice ma buona (*)
Ceni con le persone che vorresti avere accanto quando morirai
Ti alzi all'alba
Corri all'alba
Corri all'alba per sentieri
Corri all'alba per sentieri con un cane accanto
Corri all'alba per sentieri con un cane accanto ed è primavera
Torni a casa e trovi un avanzo di torta di mele che scodinzola.



(*) Torta di mele semplice ma buona
150 gr di farina
100 gr di zucchero
100 gr. di burro fuso
2 uova
4 mele medie
1 cucchiaio di maraschino (o rum)
½ cucchiaio di lievito
scorza grattugiata di 1 limone
un pizzico di sale
Tagliare le mele a cubetti e metterle da parte. Sbattere in una terrina le uova con lo zucchero e il sale, aggiungere la farina, il rum, la scorza grattugiata di un limone, il burro e il lievito (se troppo denso aggiungere 1 cucchiaio di acqua o latte). Aggiungete le mele all’impasto, la consistenza dovrà essere molto ‘melosa’. Mettere l’impasto nella tortiera coperta di carta forno. Infornare a 180 gradi finché dorata e asciutta alla prova stecchino (30-35’ min circa).

19 marzo 2019

La calma è la virtù dei genitori che hanno un figlio che studia


Oggi mi sono incazzato come una scimmia alterato ancora una volta con figlio due ch'è in terza media.
Non lo so come, ma te le leva dalle mani, o te le leverebbe diciamo.
Un pomeriggio zeppo di cazzeggio e fissaggio muri per arrivare al dopocena con 3 materie dico tre ancora da affrontare con tipo: 3 paginate di inglese, tutto il programma di artistica finora fatto, le equazioni dalla a alla x e circa diciottomila piani cartesiani da realizzare graficamente e da farcirli di rette passanti per l'origine.
Alle 22 ho sclerato e sono scappato a portare fuori il cane per evitare pestaggi al minore.
Adesso c'è su dolcemetà che lo rampogna per bene, ormai sono mesi che l'unica tattica che siamo in grado di adottare con lui è: poliziotto cattivo e poliziotto cattivissimo.
Ma niente, a lui gli scivola tutto addosso, poco gli frega di un bercio, di 15 gg senza la Play o di cosa cambia o non cambia segno in un'equazione.
C'ha ragione lui? È avanti? È adolescente?
No, è solo stronzo.
E dire che è pure la festa del papà e che al mio rientro a casa mi ha accolto con un "BU" da dietro uno stipite e un regalino (che non ha manco aspettato che scartassi e se l'è filata).
Ora son qui con una sagoma di Silvan alta due metri (il magone) e sinceramente penso che quando sfilerò davanti alla sua porta per andare a nanna (vado presto che ho un capolavoro di libro per le mani, ma ve ne parlerò poi) non l'aprirò per il solito bacino della buonanotte, tirerò dritto. Orgoglione lui, orgoglione io.
E staremo incazzosi per un po'.
Ma poi tutto s'appianerà, tipo tra dieci anni, ecco.

11 marzo 2019

Yellow Green Book

"Te guidi, io ti do 125 $ a settimana"
Per la serie: Cosa non si fa con un Trova Sostituisci.

Avellino City, 2016. Gigi di Maio, detto Giggino, fa il buttafuori allo stadio, ma quando gli scade il contratto a termine deve trovare il modo di sbarcare il lunario. L'occasione buona si presenta nella forma del dottor Donald Salviny, un politico che sta per partire per un tour di comizi attraverso le regioni del Sud. Peccato che Salviny sia leghista, in un'epoca in cui la Lega non è la benvenuta, soprattutto nel Sud. Ma nonostante Giggino sia italonapoletano cresciuto con l'idea che i leghisti siano animali, e abbia sviluppato verso di loro una buona dose di razzismo, va a finire che la strana coppia formata da due persone che più diverse non si può questo viaggio insieme lo fa davvero.


4 marzo 2019

La mia bambina

Non tutti ce l'hanno avuta un'infanzia felice.
Prendete me, ad esempio, mica mi avrebbe fatto schifo, ma nulla.
Se mi guardo indietro non mi commuovo e non mi sciolgo, come pare funzioni ripensando agli anni da bambini.
E pure Gesù non le ascoltava le mie preghiere notturne, anche quando io ero costretta ad ascoltarmi di tutto.
Quando andava bene sentivo mio padre che rientrava tardi e mia madre che lo buttava fuori.
Quando andava meno bene non sentivo rientrare proprio nessuno.
E a quella madre mezzo abbandonata, tradita, urlata e offesa, a quella madre posso fare una colpa se non aveva voglia di venirmi ad abbracciare?
Potevo crepare in attesa di un bacino sfiorato nel buio o di una coperta rimboccata.
Fortuna che c'era una via laterale, una stradina senza sfondo, dove scorreva senza scorrere la mia esistenza a puntate, quella però felice e che non poteva rubarmi nessuno, quella dei temi dati a scuola.
Lì sì c'era un fiorire di vita da mandare a memoria, pieno di mamme che ti portano ai giardini a giocare, di vacanze al mare con i cugini e di babbi presenti e pieni d'attenzioni. Quei babbi che ti riempiono di regali e ti soffocano di abbracci al sussurro di "la mia bambina, la mia bambina...".
Ma fuori dai temi era un'altra storia.
C'erano baci da non desiderare, c'erano frasi da non sentire e facce da non vedere.
E così la notte, rannicchiata nel letto e abbracciata al cuscino, chiudevo gli occhi e li premevo forte con i polpastrelli delle dita, fino a quando dal buio non comparivano vivide, a ritinteggiare il mio mondo, le copertine dei quaderni.

26 febbraio 2019

Non chiamatelo pesto se è trito

 Non bisogna per forza di cose essere nati a Genova per capire la differenza.
Basta conoscere un minimo l'italiano, anche senza che uscite (*) il dizionario.
Che poi non c'è niente di male nel mettere tutti gli ingredienti nel mixer e premere ON - l'ho fatto anch'io -, talvolta per la fretta o per la comodità, vuoi mettere, o perché non ci siamo mai posti il problema.
Però, benedetti figlioli, quando usate il tritatutto, quell'impasto che viene fuori non solo NON è il fottuto pesto, ma non è nemmeno un lontano parente.
Ad ogni modo continuate a tritare che va bene anche così, ma non dite in giro e soprattutto non mentite ai vostri figli spacciando "C'è la pasta al pesto!". Rischiate che un giorno vi rincorrano con un pestello davvero.
Non lo so se avete mai provato a pestare il basilico... le sue foglie sprigionano un succo antico di un verde sovrano, un'ambrosia densa e profumata, qualcosa di molto simile all'amore.
Condire con il trito di basilico aglio e pinoli alla fine è un po' come servire a un emiliano i tortellini della coop, magari con il ragù.

(*) Aut.Accad.Crusc.Conc.

17 febbraio 2019

Il mio migliore amico era un sasso


Poi stupitevi se parlo poco o se sono un po' orso marsicano.
Il fatto è che non ho visto un bambino fino ai sei anni, tranne giusto uno che venne per sbattermi la faccia su uno scalino e rompermi il naso.
Però c'era questo sasso, mezzo interrato in mezzo alla strada, era giallognolo e spuntava quel tanto che bastava per farsi notare da un bambino bisognoso d'affetto e di amici.
Me ne stavo seduto in mezzo alla strada, che di auto non ne passavano, lì presso quel sasso un po' scivoloso. Era articolato, aveva tipo due ripiani, una sorta di gradino e un lato concavo. Solo anche lui, in un selciato disseminato di pietre rossastre.
Era il campo di una battaglia, era il mare in tempesta. Era la radura di un bosco, una piazza, una chiesa.
Era la luna prima dell'uomo sulla luna, era il mondo visto dalle stelle.
Per quanto gli volessi bene - e lui a me - non era certo un gran chiacchierone e averlo frequentato per tanto tempo può non avermi essenzialmente giovato.

12 febbraio 2019

Non è l'attesa di giugno essa stessa giugno?

E così dopo la merla è passato pure Sanremo.
Pensavo al mio anno solare e a come sia scandito da tanti piccoli sbuffi d'attesa, che magari non sono sempre stati questi e saranno senz'altro diversi in futuro.

Gennaio - La Befana, gli Australian Open di tennis e la merla.

Febbraio - Sanremo, il bollo e la potatura della siepe.

Marzo - Il primo GP della stagione di F1 e le frittelle.

Aprile - La vacanzetta di fine mese e la camminata di Pasquetta (sì lo so che a volte vien di marzo).

Maggio - Compleanni e anniversari, il Giro e le rose.

Giugno - A giugno non si aspetta nulla, siamo a giugno e non c'è niente di meglio. Non è l'attesa di giugno essa stessa giugno?

Luglio - Le ferie, il cocomero e Wimbledon.

Agosto - Compleanni, cene in giardino e il campionato.

Settembre - La fine di tutto, la ripresa forsennata del lavoro, le giornate che striminziscono.

Ottobre - L'olio nuovo, finalmente.

Novembre - I morti e il mio periodo fertile (vedi compleanni d'agosto).

Dicembre - Banalmente la cena del 24, Natale e l'ultimo.

9 febbraio 2019

Anch'io voglio fare il Cutugno-Sanremo


Premetto per i musicisti e gli esperti a sette note che io in materia sono una cippa.
Ma se si parla del Festival, signori, non sono secondo manco a Marino Bartoletti.
Tutti me li son visti, tutti da quando ho l'età della ragione (e no, non è da ieri :P)
Io c'ero ai tempi bui di Gilda o Mino Vergnaghi. C'ero per i Jalisse e perfino per Tiziana Rivale.
Beh, signori della corte, quello di quest'anno è il più bello di sempre. Lo dico senza ironia.
E forse è proprio perché è l'edizione numero 69 che Baglioni ha ribaltato tutto. Bravo il Claudio, o chi per lui ha selezionato i pezzi e gli artisti.
Beh, sì, non mi piacciono proprio tuttissimi ma ho visto, seppure a spizzichi e bocconi, delle performance davvero notevoli. Almeno accattivanti. Passabili via. Boh.
Ed eccola la mia classifica (sabato 9 febbraio 2019 - ore 16:00)

1 - Daniele Silvestri / Rancore - Argentovivo
Un capolavoro. Fine.

2 - Ultimo - I tuoi particolari
(La tua voce al mattino che grida BU)

3 - Arisa - Mi sento bene
(top Tony Hadley - che idea portare l'ex Spandau!)

4 - Mahmood - Soldi
(top Gué Pequeno)

5 - Loredana Berté - Cosa ti aspetti da me
(Voglio sempre bene a Loredana, anche in omaggio ai miei lavoretti adolescenziali dedicati a lei ed ai suoi succinti costumini su per i paginoni centrali di Sorrisi e Canzoni)
(top Irene Grandi)

Se vince uno di questi son contento.

Poi mi piacciono pure, in ordine più che sparso:

Achille Lauro - Rolls Royce
(Non vorrei, ma...)

Ghemon - Rose viola
(eh oh)

Negrita - I ragazzi stanno bene
(stanno benone)

Motta - Dov'è l'Italia
(Motta assomiglia un po' alla mi' cognata, ma a parte questo è a posto)

Nek - Mi farò trovare pronto
(Unnè male dai)

Boomdabash - Per un milione
(ma Per un miliardo proprio)

Zen Circus - L'amore è una dittatura
(Una scoperta, un'altra!)

Paola Turci - L'ultimo ostacolo
(Una sicurezza. Non vincerà mai ma è come se vincesse sempre)

Irama - La ragazza con il cuore di latta
(Sì ci sta che vinca lui, l'è bellino e l'è ruffiano. Per me però c'ha messo un po' troppa trama, bastava meno. Bello il "due" che rima con "due", magari inaugura un nuovo filone: autori sveglia! abbiamo finalmente trovato la rima per fegato)
(top Noemi)

Nigiotti ed Ex-otago non sentiti.

Il resto, no, non mi garbano.

5 febbraio 2019

Tizi che mi stanno sui coglioni senza un apparente motivo

Ma magari c'è.
Diciamo che non è questione di idee, né di tratti somatici o di espressioni facciali, più una roba di pelle. Di chimica, direbbe qualcuno.
Preciso che l'elenco non prevede quei personaggi che mi stanno sui coglioni ma per i quali conosco bene il motivo barra i motivi (era tanto che non scrivevo il "barra"). Non c'è Joffrey Baratheon di Game of Thrones, non c'è Capezzone, non c'è Mazzarri e non c'è Trump tanto per essere chiari
Li ho divisi un po' per settori, non volevo non sopportare troppa gente dello stesso ambiente, ecco, altrimenti poi non mi invitano più alle feste.

Letteratura:
Erri de Luca
Michela Murgia
Andrea de Carlo

Ospitoni:
Mauro Corona
Beppe Severgnini
Massimo Cacciari

Spettacolo:
Luca Laurenti
Lady Gaga
Fabio Fazio

Sport:
Gian Piero Gasperini
Gianluigi Buffon
Gonzalo Higuain

Musica:
Il Volo
Luciano Ligabue
Tiromancino

Cinema:
Gwyneth Paltrow
Russell Crowe
Colin Farrell

Politica:
Theresa May
Massimo D'Alema
Emmanuel Macron

Tivù:
Enrico Bertolino
Giancarlo Magalli
Alessia Marcuzzi

Personaggi tivù:
Phoebe di Friends
Virgilio ne La Divina Commedia
Richie Cunningham di Happy days

Letteratura:
Lucia Mondella da I Promessi Sposi
Livia quel che è da Il commissario Montalbano
Aliena da I Pilastri della terra

Fumetti:
Tex Willer
Topolino
Superman

Vita vera:
Quello che in piscina occupa sempre la corsia due
Quello più simpatico di tutti a mensa
Quella che canta come Mina, ha la testa della Montalcini e i figli di Cornelia

30 gennaio 2019

Quello che ti leva la voglia di scrivere

Forse l'ho già detto, ma Don DeLillo a me, per prima cosa, prima ancora di stupirmi, appassionarmi e guadagnarsi la mia stima a vagonate, prima di tutto mi fa passare la voglia di scrivere.
Uscire da un romanzo di DeLillo e rifiutarsi financo di vergare giù la lista della spesa - tornando poi a casa coi sofficini e i bastoncini di pesce findus e pigliandosi il peggio cazziatone da dolcemetà - è un attimo.
Proprio c'hai la nausea se pigli la penna in mano o ti avvicini a una tastiera.
Tant'è vero che L'uomo che cade (4 carver pieni - trad. Matteo Colombo) l'ho terminato un mesetto fa ma mi sento di buttar giù due righe solo adesso.
E no non lo commenterò, mi limiterò a riportarne dei pezzi. Che poi non c'è nemmeno bisogno di segnarli, aprite una pagina, leggete, e trovate sempre del bello e del buono.

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Apter era un uomo slanciato e riccio di capelli, che sembrava progettato per dire cose spiritose ma non lo faceva mai.
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Per un po' Keith smise di radersi, qualunque cosa significasse.
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Il padre era un cattolico tradizionalista non praticante, affezionato alla messa in latino a patto di non dovervi assistere.
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Le carte scivolavano sulla superficie in panno verde del tavolo rotondo. Utilizzavano l'intuito e tecniche di analisi del rischio da guerra fredda.
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Alla settantasettesima partita di hold'em cominciò a percepire una forma di vita in tutto ciò, che non apparteneva a lui ma agli altri, una piccola alba di significato all'interno di un tunnel.
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...si rese conto che il bambino aveva ripreso a utilizzare soltanto monosillabi e bisillabi.
Gli disse: - Dacci un taglio.
- Eh?
- Vedi che non sei l'unico a saper parlare massimo in bisillabi?
- Eh?
- Dacci un taglio, - ripeté lui.
- Ma perché? Dici sempre che non parlo.
- È tua madre che lo dice, non io.
- E quando parlo mi dici di darci un taglio.
Stava diventando bravo, Justin, ormai tra una parola e l'altra quasi non si fermava. All'inizio era stata una forma di gioco istruttiva, ma adesso nella sua pratica era subentrato un elemento nuovo, un'ostinazione solenne, quasi rituale.
- Guarda, a me non importa. Puoi parlare nella lingua degli inuit, se vuoi. Impara l'inuit. Loro hanno un alfabeto fatto di sillabe, anziché di lettere. Puoi parlare una sillaba alla volta. Ci metterai un minuto e mezzo per dire un'unica parola lunga. Io di fretta non ne ho. Puoi prenderti tutto il tempo che vuoi. E fare anche delle pause lunghe tra una sillaba e l'altra. Cominceremo a mangiare carne di tricheco, e tu potrai parlare inuit.
- Non so se mi va la carne di foca.
- Ho detto tricheco, non foca.
- È lo stesso.
- Di' "tricheco".
- È lo stesso. È come la foca. Carne di foca.
Testardo come un mulo.
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28 gennaio 2019

Vecchi dischi che nessuno avrebbe più ballato


Venne anche il momento di guardarsi attorno con occhi nuovi.
Non era una scelta, le arrivò in faccia come fa uno schiaffo.
Finite le lacrime, finite le visite parentali, finite le belle parole, restava un vuoto denso che riempiva la casa. Fin dentro i mobili.
Si lasciò andare sul divano azzurro privo di vita, perduto teatro di lotta tra i bambini, dimenticato e improvvisato nido di amplessi frettolosi, ricovero caldo per culi da teledipendenza passiva.
Vide i libri pigiati sugli scaffali, vecchi romanzi che nessuno avrebbe più aperto e che nessuna bancarella avrebbe voluto.
Vecchi dischi che nessuno avrebbe più ballato.
Vecchi testi di scuola di figli perduti fuori, in un mondo sfacciato e srotolato oltre la porta finestra.
Eppure il sole faceva il lavoro suo, ingravidava la stanza della luce dell'est mattutina, ma a lei mancava la forza per cimentarsi in un'altra spaventosa giornata.
La credenza di arte povera era stipata di piatti che avrebbero atteso invano una nuova festa, un pranzo numeroso e rigonfio di risa. Milioni di tazzine da caffè vi stavano annidate come pipistrelli dormienti in attesa di un grido, di un invito che sprigionasse il loro volo.
Insalatiere sbreccate e sepolte circondate da bicchieri male impilati, posate nuove mai usate e posate vecchie mai usate. Tutto era testimonianza silente di esistenze disilluse o finite.
Solo il quadro, la casa di contadino in mezzo alla neve, la casa con la colombaia che le ricordava quella in cui era nata, solo il quadro dai riflessi bianchi e rosati, solo il quadro le infuse uno scampolo di forza.
Allora si alzò, imprecando un dio che non c'era, e si trascinò in cucina a mettere su l'acqua per un tè.

25 gennaio 2019

Un rumore di trolley nella testa

A tratti sentiva questo rumore, come di trolley, nella testa.
Un trolley trascinato in giro per la stazione.
Ma forse non era proprio nella sua testa, di certo non era all'esterno del suo corpo e non era percepito da chi stava con lei. È che lei lo sentiva, anche se non era proprio una faccenda uditiva, era complesso e difficile da spiegare. Si trattava più di uno stato di fatto. Rumoroso.
- Lo senti anche tu questo rumore?
- Che rumore?
- Come di un trolley strascicato...
- Ah, no, nessun trolley, nessun rumore, forse il frigo.
Lui non capiva, non che fosse facile, doveva dargliene atto.
Non era nei momenti ansiosi, di paura, di fame o di stanchezza che lo sentiva, era più un manifestarsi a casaccio. Lo sentiva da qualche parte e lo vedeva quasi, un trolley nero, lucido, tirato in giro da una sagoma indistinta, uomo donna bambino boh, probabilmente il suo inconscio aveva bollato come trascurabile l'elemento trascinatore.
Ne parlò con le amiche, più per ravvivare una conversazione vecchia di anni che per la speranza di trovare conforto o soluzione.
- Un trolley? Di Louis Vuitton?
E questo fu il commento più intelligente.
Si era poi ricordata di un libro, o forse era un film, dove un tipo aveva una lastra nel cervello, o era una scheggia di bomba, comunque roba metallica, grazie alla quale prendeva la radio e si sciroppava canzoni, notiziari e spot senza possibilità di spegnere se non rintanandosi in cantina o in un crepaccio non accessibile alla modulazione di frequenza.
Ma no, non aveva protesi all'anca o viti nel femore, manco una catenina. Si tolse la fede, ma non risolse nemmeno così. Non lo sentiva arrivare piano piano come un treno, ma d'improvviso, senza avvisaglie, iniziava e basta. Come se un viaggiatore in una qualche striscia di mondo partisse con il suo trolley al seguito e lei potesse sentirlo, chissà come, sì forse era così.
Andò anche dal dottore alla fine.
- Va tutto bene. Come si dice? Sana come un pesce. Sarà un po' di stress accumulato, ti segno queste. Poi riposati e vedrai che tutto si risolve.
Ma se l'unica bega che partecipava all'accumulo del suo stress era proprio il fastidioso rumore del trolley portato a zonzo non esattamente su una moquette!
E quando la medicina fallisce non ti resta che l'internet e la speranza che della tua paranoia se ne sia parlato in uno sperduto forum o su una qualsiasi piattaforma paramedica.
Digitò su Google "rumore di trolley nella testa" virgolettato, trovò una ricorrenza e cominciò a leggere:
A tratti sentiva questo rumore, come di trolley, nella testa.

23 gennaio 2019

Il libro più sottovalutato di sempre

Erano i tempi della nicchia.
Stavamo ad Harleem, presso Amsterdam, da un amico, Fede. Un amico così caro che pur di ospitarci si ridusse a dormire in un accrocchio tra due divani a due posti accostati uno contro l'altro, ci entrava dall'alto e ci stava solo in diagonale e con le gambe un po' piegate. Questo per 5 giorni.
Per ripagarlo presi pure un libro a caso da una mensola, solo perché era giallo.
(Bestie, 4 carver, trad. Massimo Bocchiola)
Beh, ragazzi, ne è valsa la pena.
Letto in apnea, come poche altre volte (Il Giovane Holden, L'ombra dello scorpione, Lolita)
Amo e ricordo ancora i nomi dei due poveri cristi padroni della storia in un'ambientazione molto kenloachiana ma con più ironia: Tam e Richie, Tam e Richie, Tam e Richie. Tamerici, come scordarli.
Non è più tanto facile nemmeno trovarlo il tomo, per chi volesse, certo non in libreria.
È che anch'io dovrei procurarmelo (perché io i libri che prendo in prestito li restituisco, io) perché è una di quelle opere che ho nella lista di rilettura (Cent'anni di solitudine, Se questo è un uomo, Il calendario e l'orologio).

Non ce l'ho le citazioni tratte dal romanzo, ma magari vi metto il link ad un paio di rece.
C'è del sano spoiler qui sotto, evitate se volete per caso leggere il romanzo.

Bestie - Il foglio letterario
Bestie - Mangialibri

L'anno scorso poi mi sono preso anche un altro romanzo di Magnus Mills: Niente di nuovo sull'Orient Express (3,3 carver) e seppure mi pareva non mi avesse così coinvolto, lo ricordo con una tale nitidezza che sta di certo a dimostrare altro.


21 gennaio 2019

Un bambino da insegnargli ad andare in bici

I genitori di lei erano usciti per andare a lavoro e lui, che era ospite, amichetto della figlia, era andato in camera di lei per svegliarla, ma poi non l'aveva fatto.
Se lei dormisse davvero, o facesse finta di, non si capiva.
Lui le si era accoccolato accanto al letto: finalmente poteva guardarla, poteva osservare non visto ogni frammento del suo viso.
Lei giaceva su un fianco, dai capelli addormentati faceva capolino un orecchio. Sapeva di sonno e primavera.
Lui le guardava il nasino perfetto con sulla punta il neo, centrato e preciso, come dipinto.
- Mi stai guardando? - gli chiese lei quando aprì gli occhi e si tirò su appoggiandosi a un gomito.
Sì, le avrebbe voluto rispondere lui. Sì, ti stavo guardando.
Ti stavo solo guardando.
Sì, stavo guardando il disegno rosa delle tue labbra, e stavo annusando il tuo respiro. Guardavo una strada da camminarci con te, un'onda che potesse portarci a riva, inzuppati di cose da fare insieme.
Sì, riuscivo a immaginare una vita di nostri incontri, di baci, di mani intrecciate.
Una vita di fare la spesa, di sole rubato al mare, di corse sull'argine di un fiume, una vita con un bambino da insegnargli ad andare in bici.
Vedevo il rincorrersi dei nostri destini di ragazzi in una vita sognata e vicinissima che la potevi toccare, come i tuoi capelli addormentati, eppure lontanissima come una terra di ghiacci e di sale.
- Eh, mi stavi guardando? - sorrideva, l'aveva sgamato.
- No - le fece lui, e abbassò gli occhi.

18 gennaio 2019

Il libro più sopravvalutato di sempre

È andata così, io ti parlo di Lolita, immenso capolavoro, e tu te ne esci con una personalissima associazione di idee che ti porta a consigliarmi - in analogia - Il maestro e Margherita.
Orpo, faccio io, che culo! Finisco uno e attacco l'altro, oso pensare, in una mancata soluzione della continuità narrativa di livello alto
E invece niente, la storia non mi piace (anzi), la scrittura non mi colpisce (anzi), va che lo lascio a metà. E poi lo metto proprio via per non rischiare che mi ricapiti in mano per sbaglio.
Il voto in carver non glielo do, per correttezza visto che non l'ho finito.
Dolcemetà, che l'aveva letto in passato, interrogata sul romanzo ha sentenziato: Mi ricordo c'era un gatto, forse citando involontariamente Woody Allen con il suo  Parla della Russia riferito a Guerra e Pace.
Che poi il libro abbia una sua valenza, posso anche concederlo, ma ritrovarmelo ad ogni pie' sospinto tra i classici della letteratura o tra le liste dei 10, 100, libri che dovete assolutamente leggere prima di crepare... boh, mi sembra una collocazione immeritata.

Poi ho pensato a cosa ti abbia fatto saltare da Lolita a Il Maestro e Margherita. No, non credo la rima dei titoli, ma la rima dell'autore, quello sì.
Hai pensato Nabokov, ti è venuto in mente Bulgakov, ci sta, non dico di no, e Taac me l'hai propinato.

A supporto della mia tesi, leggo una frase nell'internet che mi lascia ancora più stupefatto:

Secondo il parere di molti lettori Il maestro e Margherita è il miglior romanzo russo del secolo.

O, più semplicemente, sono un coglione io.

15 gennaio 2019

No grazie, non posso mangiar dolci (*)

C'era questo tipo, un vecchio collega di mia moglie, una vera sagoma a sentire lei.
Ne aveva avute per tutti ai tempi del loro comune lavoro e ora entrava in parecchi aneddoti della vita precedente di lei.
Il Bigi di qua, il Bigi di là, sapete com'è.
Non c'è cosa che il Bigi non avesse fatto, risposta salace che non avesse dato o spiegazione dotta che non avesse elargito.
Così va che salta fuori in più di un racconto nei dopo cena tra i cantucci e il vin santo.
Poi io non me le ricordo davvero le innumerevoli perle del Bigi, anche perché, fosse stato bello tira via, ma il fatto che fosse simpatico un po' di gelosia me la instillava.
Ma una cosa sì, l'ho memorizzata: aveva un modo unico di tirarsi fuori dalle situazioni spiacevoli, dalle proposte non gradite, dalle domande scomode.

- Ehi, Bigi, si va a pranzo insieme oggi?
- No grazie, non posso mangiar dolci.

- Domenica mi porti all'Ikea?
- No grazie, non posso mangiar dolci.

- Quest'anno in ferie, andiamo in Yemen?
- No grazie, non posso mangiar dolci.

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(*) marchio registrato Bigi.

14 gennaio 2019

Tutti abbiamo dei segreti

Era da un po' di tempo che la risata di Adele gli urtava i nervi.
Non che lei avesse colpa, pensava, forse è tutto nella mia testa.
E dire che l'aveva conquistato con la sua risata.
Lui ci sguazzava a fare il simpatico e lei rideva, rideva di gusto, e gli si conficcava dentro a martellate. La risata di Adele, in quel tempo antico e sbiadito, aveva una duplice natura supplichevole che andava dallo smetti ti prego al darmene finché puoi.
Adesso lui la temeva quasi, e non s'impegnava certo a stimolarla, se non per verificare con una ulteriore prova se era davvero così cambiata.
Non avrebbe saputo dire cosa o come, ma di certo era cambiata. Il timbro forse, la densità, il suo modo di aprirsi un corridoio nell'aria, la lunghezza, l'eco, il suo peso... c'era un frammento che ne usciva sempre stonato, la risata di Adele era un cavallo zoppo.
Come non bastasse, si era poi convinto che l'alterazione genetica della risata di Adele fosse la spia di un segreto nuovo da non rivelare, una nuvola di vapore fuori dal loro cielo.
Che diamine, tutti abbiamo dei segreti! Anche lui ne aveva avuti, ne aveva e altri ne avrebbe accatastati.
Tutti abbiamo dei segreti, anche Adele aveva il diritto di chiudere a chiave un cofanetto di cose sue, ma era ingiusto che glielo sbattesse in faccia. Questo in generale, ancora di più manipolando la chimica di quella risata che li aveva uniti, giusto un milione di anni prima.
Ma forse è tutto nella mia testa.
E sì che avrebbe dovuto chiamare la NASA, convincerli a studiare la modificazione della risata di Adele. Loro avrebbero saputo abbinarci un fenomeno cosmico, magari era legata alla nascita di una nuova stella, alla moltiplicazione dell'universo o a un'invasione aliena imminente.
Ma di lei, della sua vecchia risata, quell'armoniosa perfezione di cui si era innamorato, non esisteva un filmato, non una registrazione.
Gli restava soltanto quella vecchia foto.

10 gennaio 2019

Essere Gesù oggi

In fondo cosa sono duemila anni nella storia dell'uomo passata e futura? Un intervallo di tempo trascurabile.
Ergo Gesù poteva sì (scegliere di) nascere, com'è stato, nell'anno 753 ab Urbe condita o, se preferite, nell'anno zero, ma è un caso.
Poteva benissimo scendere sulla terra nel 2000, magari sempre a Natale.
Nonostante i due millenni di differenza non avrebbe nemmeno dovuto cambiare mestiere, falegnami e predicatori ce ne sono ancora un bel po' in giro.
Magari faceva pure l'artigiano della qualità.
E poi poteva nascere in Italia - non c'è il Papa in definitiva? - che ne so, invece che in Palestina a Palestrina, vatti a fidare del T9!
Ve l'immaginate alle prese con whatsapp?
- Ecco qua, gruppo creato, i dodici, ora ci metto una bella immagine di un'apericena, magari l'ultima e poi è fatta. Giuda ha abbandonato il gruppo, boia di già?
Oppure alla falegnameria... Senti ragazzo non ti possiamo pagare più in contanti ti devi aprire un conto corrente. Sai ganzo il conto corrente di Gesù a zero spese, in fondo l'è un po' il tipo da conto arancio.
E l'agenzia delle entrate? Mica si riguardano quelli, un codice fiscale glielo affibbiano di sicuro: DNZGSE00T25G274S.
E avrebbe un'auto o magari una moto, io lo vedrei bene su una Renault 4 o su un Cagiva mentre arringa le folle in derapata. Ma forse anche scarrozzato su un NCC dai vetri oscurati.
E che miracoli potrebbe fare per far aprire quattro nuovi blog/vangelo?
Potrebbe trasformare l'acqua in spritz, rendere stabile windows, saltare la file per comprare il nuovo iPhone o trovare parcheggio a Roma.
State certi che il Ministro dell'Interno lo metterà dentro per vagabondaggio, ve lo vedete che chiede al popolo se vuole liberare Gesù o Amanda Knox?
Quella è già fuori, gli urleranno.
Vabbè allora teniamo dentro lui... la storia non si stanca mai di ripetersi.

8 gennaio 2019

pa pa pa paaa

Erano a letto, sdraiati pancia in su, ognuno con il suo libro.
Lei leggeva qualcosa di De Carlo, Due di due, Tre per due, Uno di noi due, Tre fratto due o comunque una roba del genere.
Lui era su L'uomo che cade.
Lei cercava di incamerare un paio di capitoli per poi mettersi giù e crollare prima di lui e del suo rumoroso addormentarsi.
Lui cercava di portare a casa un paio di capitoli giusto per il progredire, anche se faceva un'inconsueta fatica. Nonostante il libro fosse scritto da dio, o da DeLillo che è un po' la stessa cosa, c'era spesso bisogno di rileggere dei pezzi, per meglio comprendere o apprezzare, per dare al testo tutta l'attenzione che meritava.
Poi lei stacca gli occhi dal libro e si volta verso di lui:
"Come fa la nona di Beethoven?"
"Pa pa pa paaa".
"Sicuro?"
Beethoven a lui gli fa sempre venire in mente un'interrogazione delle medie con il suo professore argentino, Diego si chiamava, o forse Lopez, o magari Diego Lopez. Di sicuro era argentino.
Della vita di Ludwig van doveva parlare e raccontò anche che da vecchio, quel gran genio della musica, diventò cieco.
Non lo corresse subito, solo alla fine, quando lo rimandò a posto con un sei:
"Ricorda di non dire più a nessuno che Beethoven divenne cieco da vecchio", questo gli disse Diego, o Lopez, o quel che era.
Eppure l'aveva visto quel ritratto del musicista piegato sul piano con il corno all'orecchio, o forse se l'era solo immaginato poi, vabbè, ormai era fatta.
Non è proprio sicuro che sia la nona sinfonia quella del pa pa pa paaa, l'indomani avrebbe googlato, ma quasi.
"Ma quasi" precisò.
Continuò a pensare al professore argentino e gli vennero in mente certi disegni che Diego buttava giù con gran maestria durante le interrogazioni dei ragazzi. Disegnava moto viste davanti, solo così, ma erano perfette.
Le disegnava con la penna, senza uno sbaffo, un'errore, non ci voleva uno scienziato per capire che era la sua specialità vera.
Fottute moto viste davanti, che invidia.

7 gennaio 2019

L'amore ai tempi della demenza senile

Bisogna ricominciare a scrivere.
Sforzarsi se necessario.
In qualche modo e per qualche motivo.
Fosse anche solo perché non c'è molto altro da fare.
Perché le storie che non verranno scritte non saranno mai di nessuno.
C'è da trovare il coraggio per attraversare la strada e andare a dare un'occhiata dall'altra parte.
Seppure rischiando di fare la fine del rospo.

Ho letto L'amore ai tempi del colera (3.4 carver), l'ho cominciato un po' così, dubbioso. E non ho evidenziato le prime frasi che mi colpivano, così poi ho evitato di segnare anche le successive perché non volevo fare un lavoro zoppo. Ma ne ho mandata a memoria una, non ho fatto poco.

Lo constatò con la compassione dei figli che la vita ha trasformato a poco a poco in padri dei loro padri...
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