31 ottobre 2014

La notte di Aulin

È una polemica sterile quella che ogni anno si scatena attorno alla notte delle streghe.
Non la conosco la tradizione della festa usa imported ma poco imported. I bambini si divertono, o almeno ci provano. Salgono qualche piolo sulla scala dell'esorcizzazione delle proprie paure? E allora ben vengano i dolcetti e i fottuti scherzetti.
Spiace solo che tra i miei vicini di casa, tutta gente coi figli grandi e già a vivere per conto proprio, pochi ne sappiano qualcosa di questo 31 ottobre e più di uno corra il rischio di scambiarla per la notte degli antinfiammatori, a loro certo più noti.
È già tanto se si ricordano di Babbo Natale (che poi anche sull'origine di quel vestito rosso quanti fiumi di parole jalissiani, nini mio!) e della Befana, e i dolci in casa non se li tengono ché sennò se li mangiano.
E allora i vicini li abbiamo riforniti noi di sacchettini dolciumosi, ieri, e speriamo almeno che aprano la porta ai nostri cuccioli.

29 ottobre 2014

True Detective spoiler free

Quando finisce una serie
(di Cocciante-Hart-Cohle)

Quando finisce una serie così com'è finita "True"
senza una ragione né un motivo senza niente
ti senti un nodo senza Rust
ti senti un buco senza Marty
ti senti un vuoto nella tivvù e non capisci niente
e non ti basta più Salem e non basta The Walking Dead
e non ti basta bere come Marty Hart
e non ti basta fumare come Cohle
e in fondo pensi, ci sarà un motivo
e cerchi a tutti i costi una ragione
eppure non c'è mai una ragione
perché una serie debba finire
e vorresti un'altra puntata
e vorresti un'altra stagione
e vorresti vivere in Louisiana
e vorresti essere Marty e vorresti essere Cohle
ma sai perfettamente che non ti servirebbe a niente
perché c'è lei, perché c'è lei
perché c'è lei, perché c'è lei
perché c'è lei nelle tue ossa
perché c'è lei nella tua mente
perché c'è lei nella tua vita
e non potresti più mandarla via
nemmeno con un'altra puntata
nemmeno con un'altra stagione
nemmeno a vivere in Louisiana
nemmeno se tu fossi Marty nemmeno se tu fossi Cohle
però, se potessi ragionarci sopra
saprei perfettamente che domani sarà diverso
lei non sarà più lei
io non sarò lo stesso uomo
magari esce Better call Saul
magari mi riguardo tutto Breaking Bad
e se potessi ragionarci sopra
ma non posso, perché...
quando finisce una serie...


La storia ha un abbrivio potente ma, alla fine dei salmi, scivola via quasi in secondo piano rispetto alla fotografia e alla raffinata cura dei personaggi.
Poi, sentire la voce di Matthew McConaughey che dice anche solo "Dora Lange" beh, quella è libidine pura, altro che Adriano Giannini (il doppiatore italiano), magari anche bravo, ma assolutamente inadatto al ruolo specifico.
Mentre Pino Insegno ce la sfanga perché Marty ha, e deve avere, una voce più classica, Giannini junior proprio non rende un grammo dell'idea della tormentata anima di Rustin Cohle, The Taxman.
Un vero delitto per chi se la ciuccia o ciuccerà in italiano.

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Penso che l’autocoscienza sia un tragico passo falso nell’evoluzione umana. Siamo diventati troppo consapevoli di noi stessi, la natura ha creato un aspetto della natura separato da se stessa.
(Rustin Spencer Cohle - True Detective Serie01-ep.01)

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27 ottobre 2014

Tre uomini in barca (per tacer dell'Effetto Tutto Qui?)

L'effetto te ne parlo talmente bene che va a finire ti aspetti troppo e resti deluso, classificato in psicologia come Effetto Tutto Qui? ® (o ETQ) è il rischio che si corre quando ci si decide ad affrontare un elemento - sia esso di natura umana, artistica o puramente materiale - del quale tutti coloro che te ne hanno parlato lo hanno fatto in termini entusiastici.
L'Effetto Tutto Qui? è la deriva fisiologica, sul piano del riscontro di gradevolezza, della ben nota spinta uguale e contraria fisicamente individuata e definita da Archimede, e si misura su base della Scala Jagger in gradi Satisfaction.
L'ETQ opera fatalmente in riduzione sulla probabilità che tu rimanga soddisfatto dall'esperienza. Ma ricordiamoci anche che:
Felicità = Realtà - Aspettative
pertanto, meno aspettative si creano più facilmente la realtà dei fatti le potrà superare, realizzando un saldo attivo, un utile, di felicità.
Va da sé che la conoscenza della teoria stessa e la crescente consapevolezza che l'Effetto Tutto Qui? sia applicabile al rapporto specifico che intendi valutare (tipo quanto ti piaccia davvero quel film o quella persona o quel libro) ne attenua sensibilmente la spinta originaria fino a tenderla allo zero.
Tutta 'sta sbobinatura per dirvi che dedicandomi al libro di Jerome Klapka Jerome, Tre uomini in barca (per tacer del cane), era logico che potessi cadere vittima dell'ETQ a valle di una serie indefinita di personaggi più o meno noti e/o raccomandabili che ne consigliavano spassionatamente la lettura.
Ma conoscendo bene, io, la teoria dell'Effetto, essendo uno dei firmatari dell'enciclica che lo ha sancito, ho potuto annullarne il moto repulsorio e apprezzare l'opera, anziché no (3,2 carver).

Jerome/Gerolamo risale il Tamigi su un barcone con il suo cane e due amici realmente esistiti e traslati più o meno fedelmente nel romanzo, Giorgio e Harris. Questo in soldoni.
Commentare un classico, o tentare di farlo, è difficile, quindi non lo farò, non questa volta.
Ma un estratto sì, mi piace sempre riportare qualche riga che possa indurre nei non lettori residuali la voglia di prenderselo in ebook (0,89 centesimi), o di ravanare nella libreria di casa (dovrebbe esserci) o di scaricarlo in pidieffe (si trova).
Non è semplice neppure appuntarsi le righe da proporre perché le situazioni brillanti, così mirabilmente elaborate in puro stile english, hanno spesso un respiro ampio che mal si addice alla brevità di un post. Quindi, al di là di due lampi...

Il lavoro mi piace, mi affascina. Potrei starmene seduto per ore a guardarlo.

George va a dormire in una banca tutti i giorni dalle 10 alle 16, tranne il sabato quando lo cacciano fuori alle 14.

...peraltro molto noti, sono costretto a scegliere un solo brano, per non arrecarvi tedio e per non sminuire in voi il gaudio di assaporare poi di persona l'intiero tomo.

Questo è tutto Harris — così pronto ad assumersi l’onere di ogni cosa e poi di addossarlo agli altri.
Egli mi fa venire sempre in mente il mio povero zio Podger. In vita mia non avevo visto mai tanto trambusto in una casa, come nel momento che mio zio Podger si accingeva a far qualche cosa. Un quadro era ritornato dal negoziante di cornici, ed era stato lasciato ritto contro una parete della sala da pranzo aspettando d’essere appeso.
La zia domandava che cosa si doveva farne, e lo zio diceva:
— Lascia fare a me. Nessuno di voi s’impicci del quadro. Farò tutto io.
E allora si cavava la giacca, e cominciava. Mandava, la fantesca a comprare cinquanta centesimi di chiodi, e poi uno dei bambini che la raggiungesse per dirle di che dimensione dovevano essere, e dopo imprendeva gradatamente a mettere in moto tutta la casa.
— Ora, tu, Guglielmo, va a pigliarmi il martello — gridava — e tu Tommasino, va a pigliarmi la squadra; e m’occorrerà anche la scaletta, e forse sarà meglio una sedia di cucina. Tu, Gianni, fa due salti dal signor Goggles; digli: — Tanti saluti da parte di papà, e come state con le gambe? — e se mi vuol prestare il livello. E tu, Maria, non te ne andare, perchè ho bisogno che qualcuno mi tenga la candela; e quando ritorna la fantesca, deve andare a comprare un pezzo di cordone; e, Tommasino!... dov’è Tommasino?... Tommasino, vieni qui; piglia il quadro e dammelo!
E allora il quadro sollevato gli cadeva di mano, e saltava dalla cornice, ed egli, per salvare il vetro, si tagliava un dito; e allora si metteva a saltare per la stanza, cercando il fazzoletto. Non poteva trovare il fazzoletto, perchè l’aveva nella tasca della giacca, e non sapeva dove aveva lasciata la giacca, e tutti di casa dovevano interrompere la ricerca degli strumenti e cominciare a cercar la giacca, mentr’egli intanto seguitava a saltare in giro, impacciandoli.
— Sa nessuno in tutta la casa dov’è la mia giacca? Non m’è capitato mai di vedere gente simile! Siete in sei!... e non siete capaci di trovare una giacca che mi son cavata, cinque minuti fa!...
Quant’è vero... In quel momento era seduto, e scoprendo di star sopra la giacca, gridava:
— È inutile che andiate in giro. L’ho trovata da me. Rivolgermi a voi perchè troviate qualche cosa, è come dirlo al gatto.
E, dopo ch’aveva impiegato mezz’ora a legarsi l’indice, ed era stato trovato un altro vetro, e gli strumenti, e la scala, e la sedia e la candela erano lì pronti, cominciava un altro divertimento: chè tutta la famiglia, compresa la fantesca e la donna a giornata, doveva assistere in semicerchio, pronta a dare una mano. Due persone dovevano reggere la sedia, una terza doveva consegnargli un chiodo, una quarta passargli il martello; e lui, pigliando in consegna il chiodo, lo lasciava cadere.
— Ecco — diceva, in tono d’offesa — è caduto il chiodo!
E tutti dovevamo inginocchiarci a cercarlo, mentr’egli se ne stava ritto sulla sedia a brontolare, e a domandarsi se doveva rimaner lì tutta la sera. Il chiodo veniva finalmente scovato, ma intanto lui aveva perduto il martello.
— Dov’è il martello? Che n’ho fatto del martello? Giusto cielo! Ve ne state lì in sette a bocca aperta, e non sapete che cosa n’ho fatto del martello!
Gli trovavamo il martello; e intanto aveva perso di vista il segno da lui fatto sulla parete, per configgervi il chiodo; e ciascuno doveva a turno salire accanto a lui sulla sedia per cercar di trovare il segno; e ciascuno lo scopriva in un punto diverso; e lui ci chiamava stupidi, l’uno dopo l’altro, ordinandoci di scendere. E prendeva la squadra, per prender le misure un’altra volta, e trovando che gli occorreva la metà di ottantuno centimetri e tre settimi di centimetro dall’angolo, tentava di fare il calcolo a memoria e gli pareva d’impazzire. E tutti tentavamo a memoria, e tutti giungevamo a risultati diversi, e ci davamo l’un l’altro la beffa. Nel trambusto generale, era dimenticato il numero originale e zio Podger doveva rimettersi a prender le misure. Questa volta egli usava un pezzo di corda, e, nel momento critico che lo zio era inclinato sulla sedia a un angolo di quarantacinque, provando di raggiungere un punto un decimetro più di quanto si potesse sporgere, gli scappava la corda, ed egli s’abbatteva sul pianoforte, con un effetto musicale veramente bello, prodotto dalla velocità con cui la testa e il corpo avevano colpito contemporaneamente tutte le note. E zia Maria esclamava che non voleva che i bambini stessero lì presenti a sentire le espressioni di mio zio. Finalmente, zio Podger fissava di nuovo il punto, mettendovi su l’estremità aguzza del chiodo con la sinistra, e prendeva il martello nella destra. E, al primo colpo, si schiacciava il pollice, e con un urlo, lasciava cascare il martello sui piedi del più vicino. Zia Maria osservava con dolcezza che la prossima volta che zio Podger avrebbe dovuto ficcare un chiodo nel muro, le facesse la finezza di avvertirla in tempo, perchè essa potesse disporre le cose in modo da andare nel frattempo a passare una settimana con la madre.
— Oh! le donne fanno sempre un mondo di difficoltà per niente — rispondeva zio Podger, riprendendosi.
— Ebbene, a me piace di lavorare un po’ a questo modo.
E allora ci si provava di nuovo, e, al secondo colpo, il chiodo entrava tutto quanto nell’intonaco, trascinandosi dietro mezzo martello, mentre zio Podger veniva proiettato contro la parete con forza quasi sufficiente da appiattirgli il naso. Allora gli dovevamo trovar di nuovo la squadra e la corda, e si doveva fare un buco nuovo; e, verso mezzanotte, il quadro era appeso — storto e alquanto instabile, con la parete che per dei metri in giro sembrava grattata da un rastrello, e tutti stanchi morti e infelici — tranne lo zio Podger.
— Ecco qui — diceva, balzando pesantemente dalla sedia sui calli della donna a giornata, e dando uno sguardo a tutta quella confusione in giro con orgoglio evidente.
— Molti avrebbero avuto bisogno d’un operaio per fare un lavoretto come questo.

25 ottobre 2014

Del diario vissuto di Giovanna (6)


Domenica 3 maggio 1953
Essendo una domenica senza divertimenti, perché quando non c'è la partita di calcio manca tutto, andammo a fare una girata a il Leccio del Ginori dove abbiamo inciso le nostre iniziali in un cuore, e se qualche volta ritornassimo ricorderemo i nostri sogni. Poi mi cogliesti un fiore di biancospino e me lo donasti con un gran sorriso.

Fior di biancospino
non sono una farfalla
che va da fiore a fiore
ma sono come l'edera
dove s'attacca muore.
Io son l'ulivo e l'edera sei tu
i nostri cuori s'intrecciano
e non si lasceranno più.

Davanti allo specchio nella mia sala, la chiamiamo così perché è grande, dove quello specchio ci a visti fin dal primo giorno che venisti da me sempre felici e sorridenti, e dove ci vedrà sempre, mentre ci siamo avvicinati e ci siamo visti tu mi ai abbracciata e tu mi ai detto:
"Giovanna, guarda le nostre facce senza rughe, come si accostano e si sfiorano, ma anche quando saremo vecchi, che all'ora avremmo le rughe e che la nostra pelle non è bella fresca come ora, dovremo riaccostare insieme le nostre facce e risognare i sogni di oggi.
Sì amore lo faremo perché ci si deve volere il bene che ci si vuole oggi.
Questo non nè un romanzo questa è la vera vita dove qui non ci sarà avventure e ne frottole, qui c'è solo amore che nessuno potrà capire, soltanto chi lo leggerà, o quelli che si ameranno come ci si ama noi.
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- Quaderno del diario vissuto di Giovanna
- Anema e Core
- Dove si va signorine?
- Qui vedi dove dormo e ti sogno
- Se un giorno mi avverasse
- Mi bacia sulla bocca e baci e baci

23 ottobre 2014

Odio - sinfonia n. 4 (le persone)

Ho sempre odiato poco, e male.
Ho odiato dentro e invece. Invece merita esternare, non è normale e non è sano sempre smussare o tollerare oltre i limiti umani o preferire le silenti implosioni.
Invece ho amato, tanto, non solo persone anche altro, ho amato percorrendo una strada senza dossi rallentatori.
Sì, me la son cavata meglio con l'amore, con l'odio non sono andato bene. Se fosse stata materia di studio sarei andato di certo a settembre, in odio.
Odio cose, gesti, situazioni ma necessariamente odio anche persone o, meglio, tipologie, classi di persone.
Così odio i mangiatori di patatine al cinema, e con loro chi gliele vende o chi gli permette di portarsele in sala.
Odio coloro che dimorano davanti al bancomat, si piazzano lì e pare che fanno fare l'ammmore alla loro cartina con la bocchetta. Metti e leva leva e metti, e poi stampa il riepilogo ultimi movimenti, dopo un passo per andare ma niente, tornano indietro e rimbucano, allora prelevano poi stampano il saldo e poi di nuovo tutto daccapo. Ho visto le loro donne arrivare a metà pomeriggio con il cestino della merenda.
Odio quelli che quando apre la cassa quattro si precipitano a pigliare la posizione al nastro, pure se stanno in coda in ottava posizione alla cassa numero due, e si sentono in pieno diritto per farlo. Per questi ci vorrebbe la gambizzazione.
Odio quelli che t'interrompono e che asfaltano i tuoi discorsi inascoltabili con le loro mirabili gesta. T'è morta la nonna? Non hai scampo perché a loro è sicuramente morto il nonno, il bisnonno, un cugino di primo grado, il figlio militare e il fottuto pesce rosso vinto al lunapark dalle bambine.
Odio chi semina cattiverie gratuite, chi infierisce sui deboli sapendo di essere forte, chi spara sugli assenti.
Odio anche quelli che svengono in vista della cassa del bar, tirano il freno a mano, controllano lo smartcoso, salutano un tizio, si voltano nella speranza di trovare un tizio da salutare, si fanno salutare da un tizio, e mai una volta offrire. O tentare di farlo, con dignità. Per questi la flagellazione.
E odio gli impiccioni, quelli che ti frugano nei cassetti, quelli che ti sbirciano il telefono, quelli che cercano tra i tuoi fogli, quelli che leggono la tua agenda. Questi li odio anche se sono malati.

20 ottobre 2014

All'ultimo respiro

Ho partecipato a un corso di formazione sulla comunicazione, una spolverata di concetti incentrata sulla gestione dell'ansia e sulla respirazione nel quadro della comunicazione verbale/paraverbale/non verbale.
Mi s'è aperto un mondo.
La due giorni è stata condotta da questa donna qui in maniera davvero splendida, chiara ed esaustiva nelle tematiche trattate.
Lo so, detto così non rende, anzi non rende nemmeno se lo si racconta a voce, ma davvero ho trovato tutto dannatamente utile.
Anche se, in effetti, un po' tardivo. Voglio dire, ho una vagonata di anni sulle spalle e le mie occasioni per parlare in pubblico me le son già belle che giocate, almeno le più importanti. A scuola, a tutti i livelli della nostra scuola, mai si accenna a quanto sia determinante essere tranquilli, oltreché preparati, per l'esposizione di un concetto. Mai si insegna con esempi o esercizi a recuperare il battito o il respiro. Mai si mostra come sia deleterio esprimersi in apnea.
Non mi dilungherò perché non ho le competenze per farlo né la padronanza del linguaggio tecnico, chi vuole può approfondire cercando in rete info sulla respirazione diaframmatica.
Incredibilmente poi, scopro che a scuola (non nella nostra sezione però) è arrivata una maestra nuova e che, all'inizio della lezione, fa respirare i bambini. Magari è l'iniziativa di un singolo oppure qualcosa si sta muovendo, chissà... e se fosse proprio il diaframma?

18 ottobre 2014

Del diario vissuto di Giovanna (5)

In noi donne quanti desideri e fantasie passa per la mente, di trovare un uomo bello ricco oppure che abbia una posizione buona invece. Io no!
Non lo nepure mai sognato, qualche volta qualche inlusione, ma passava presto.
Io sognavo sempre di trovare un uomo che mi volesse bene in eterno sì!
O visto anche dei cinematografi di due sposi che si volevano bene veramente e io dicevo se anch'io trovassi un uomo che mi volesse bene così.
Il 22 marzo '53 sono a far la conoscienza a casa sua, quante gioie per me quel giorno. Tante volte mi ripeto che non merito tutta questa felicità.
Ero allegra oggi chi sa il perché forse ni vedere tutte le sue cose che per me sono state tanto belle, quando salii in camera da lui per lasciare il cappotto di mia madre.
Io indossavo un taier grigio chiaro, mi disse così: "Come sei bella Giovanna!" me la vrebbe detta anche prima quella parola io lo legevo negli occhi. Ma non fummo mai soli.
Ogni sera mi ripete queste parole, che gli devono dare un gran peso sul cuore: "Giovanna ti voglio sposare presto capisci"
Sì Neno tu ai mille ragione perché anchio sono tanto contenta di vivere insieme a te per tutta la vita.
Ogni sera mi prende sulle sue ginocchia e stringendomi nelle sue braccia mi dice che sono la sua bambina, anche quando sarò mammina.
Poi mi stringe e mi bacia sulla bocca e baci e baci che non mi stancherei mai è come bere ad una fontana d'acqua fresca che non si staccherebbe mai la bocca, e così sono i suoi baci.
Mi è venuto un pensiero alla mente dei nostri anni ebbene lo scriverò:

Nicodemo
Fino a 23 anni non o
conosciuto che pensieri
e tristezze amare. Ma un
giorno tutto questo verrà
cambiato in gioie, dove a 24
anni o conosciuto l'amore
Amore in eterno così con
la mia bambina accanto
non la posso scordar
mi piace tanto...

Giovanna
Fino a 21 anni non ò
conosciuto solo bene
anche per me c'è stato
delle pene, ma però
non mi posso lamentare
la mia vita o fatto
che scavallare, e si fermò
quando conobbe il
vero amore. A 22 anni
il cor fece tremare e
come il vento gli sento
volare, e sono gli anni
dell'amore che passan presto
e un giorno sposi
si penserà al il resto.
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17 ottobre 2014

Tre x dieci

Dalle serie Tv improbabili...
1 - Happy dei - Giorni felici sul monte Olimpo.
2 - Furia cavallo del Wess - Perché prima dell'eurofestival con Dori Ghezzi, Wess cavalcava.
3 - The Bigben Theory - Pende? Non pende? Chissà...
4 - Baking Bread - Let's coook: pane per i tuoi denti.
5 - Sex and the siti - Non solo youporn nell'universo a luci rosse della rete.
6 - Games of Trony - I videogame a offerta speciale alla fine li trovi lì.
7 - L'host - Splendida storia sui Server a supporto del web: i dvd della serie vanno aruba.
8 - Bwin peaks - Viene dagli anni ottanta, è la serie tv per antonomasia: ci puoi scommettere.
9 - Uil e Grace - Scazzi tra un sindacalista gay e la sua compagna di stanza.
10 - Cold case - Serie italo-americana ambientata in "case" senza riscaldamento.

... ai film auspicabili...
1 - Dieci piccoli indiani - con Augh Grant (nella foto)
2 - Scusi dov'è il west - con TomTom Cruise
3 - A Letto con il nemico - con Marlon Branda
4 - Moulin Rouge - con Meryl Strip
5 - I predatori dell'acca perduta - con Arrison Ford
6 - Il grido di pietra - con Urlando Bloom
7 - La Settimana bianca - con Sciaron Stone e Scian Connery
8 - Prêt-à-Porter - con Brad Pitti
9 - Piccole volpi - con Edwige Fennec
10 - Mutande pazze - con Nicolas Cagi

... per finire con i romanzi impossibili  (già su faccialibro)
1 - La storia di quando son andato con Virgilio prima e con Beatrice poi a spasso per Inferno Purgatorio e Paradiso incontrando tante e variegate anime morte - Ridondante Alighieri
2 - L'ombra del Dragone - Stephen Ching
3 - Per chi suona la campana - Din Dan Don DeLillo
4 - L'amore ai tempi della collera - Ira Fürstenberg
5 - Infinite Jet - David Foster TWAllace
6 - La Giovane Holding - S.A. Linger
7 - Il ritratto di Sonia Gray - Oscar Why?
8 - Dieci piccoli comandamenti - Agatha Cristi
9 - Alla ricerca del Senna perduto - Marcel Prost
10 - La denominazione sociale della rosa - Umberto & Co


15 ottobre 2014

Non passa Lo Straniero

Sono in una fase di vita in cui ho pescato del tempo libero a causa di due infortuni due che mi impediscono a) di correre b) di giocare a tennis e c) talvolta di camminare senza zoppicare.
Ora, considerando le ore libere da scarpine/scarpette/runkeeper/racchette che mi ritrovo, pur impiegandone una parte in nuovi e stimolanti impegni familiari (leggasi sport filiali e pulizie straordinarie da peluria felina) mi avanzano degli sprazzi buoni per leggere.
Ma come quello che trova mille euro per terra e decide di spenderli in maniera insolita senza farli passare dal bilancio familiare, così io incappo in libri che non mi ero mai davvero ripromesso di leggere.
È andata così con I Promessi Sposi e sta andando così con Tre uomini in barca. In mezzo ci è scappato Lo Straniero di Albert Camus (2,9 carver), letto perché trovato in una qualche dotta lista dei famigerati dieci libri che ti hanno cambiato la vita nella catena virale di faccialibro del mese scorso.
Che dire? Non lo metterei nella mia lista dei 10, né mi sentirei di consigliarlo a cuor leggero se non, forse, a una mia vecchia profe d'Italiano che si auspicava scrivessimo così, alla Camus, direi ora. Senza che lei lo sapesse, suppongo, di sicuro senza che lo sapessi io.
Periodi corti, questo il mantra da ripetere fino all'assimilazione, con un paniere di punti da disseminare nel testo per spezzare frasi e rendere più comprensibile e meglio leggibile il testo.
No, non è tutto qui il libro. C'è una costruzione mirabile che mette in una relazione decisiva due eventi formalmente non legati, c'è un'atmosfera indolente nelle descrizioni e nei dialoghi che sposa l'indifferenza e la mancanza di sensibilità del Meursault, l'io narrante.
Alla fine il distacco dai sentimenti, dal mondo e dalla vita stessa di Meursault, straniero ad Algeri, ha contagiato il me lettore rendendo freddo e pigro il mio trasporto verso il romanzo, così che non ho salvato frasi, non ho fatto orecchiette.
Ma l'ho letto velocemente, pur nella sua brevità, senza aver mai la sensazione o la voglia di abbandonarlo, e questo va annoverato tra i meriti. Ho ritrovato un'essenzialità (non una semplicità) narrativa, un'ineluttabilità nell'accadimento dei fatti che mi ha ricordato Niente da capire di Luigi Bernardi, così.
Certo la sensazione di fastidio, di nausea, d'impotenza che la lettura de Lo Straniero ti lascia è sintomo di coraggio da parte dello scrittore, che non fa compromessi con i desiderata del reparto lettori facili.
Con questo, non lo scopro io Camus, ci mancherebbe.
E ora a caccia del film perché Marcello e Luchino una certa garanzia la danno.

11 ottobre 2014

Del diario vissuto di Giovanna (4)

La notte del 4-5 marzo '53.
O fatto un bellissimo sogno, e mi è piaciuto di meterlo su queste pagine, perché se un giorno mi avverasse sarei la donna più felice della terra.
Mi svegliai col il cuore in gola dalla felicità.
                    Sognai così:
Eravamo sposati e avemmo due bimbi il maschio e la femmina tutte due biondi come il babbo con tanti ricciolini, io ero in cucina e i bimbi circondati alle mie sottane poi andammo incontro al babbo, che camminando per la strada che conduceva a casa nostra.
Eri tutto sudato e in mano avevi un fiore, il bimbo era il più piccolo (*) mi si staccò dalle mie sottane per andare incontro al babbo e cadde inciampando (**), il babbo fece più presto della mamma per alzare il bimbo e lo prese imbraccio e guardò non sera fatto niente (***) e poi lo coprì di baci.
Che gioie per una madre, e avvicinandosi a me mi donò quel fiore.
"Chi dona il fiore dona l'Amore"
E all'ora il nonno che se ne stava seduto davanti alla porta disse così: "Vieni dal nonno poverino vieni" (****) e il bimbo fece un attimo per scendere dalle braccia del babbo per andare dal nonno.
E tu mi mettesti il tuo braccio in torno al collo e mi sorridesti portandomi in casa felici e tanto contenti.
Il sogno finì qui perché mi svegliai di soprasalto perché sentii suonare le sette. Però il nostro sogno che stiamo organizando non finirà mai.
La sera quando veniva da me mi fischiava e mi canterellava sempre Anema e Core e che le parole dicevan così:
Teniamoci così Anema e Core
Non ci lasciammo più nemmeno un'ora
Questo desiderio in me mi fa paura
Paura, per non murì...
Non ce dicemmo più parole amare
Io vivo sol per te del tuo respiro
Restiam sempre così Anema e Core!
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(*) - Orpo, ma sono io.
(**) - Allora sì, non v'è alcun dubbio.
(***) - Fiùùùùù
(****) - Questo è invece un vero e proprio falso onirico: di' mi' nonno io ricordo solamente dei gran nocchini brucianti (che pure mi hanno fatto del bene, ritengo).
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10 ottobre 2014

Del diario vissuto di Giovanna (3)

Certo si fece presto arrivare al giorno 17 gennaio il desiderato giorno. "Che cos'era quel giorno?" Ve lo dirrò subito: "Era il giorno del mio fidanzamento".
Venendo a casa mi disse che tutta la settimana non aveva fatto che pensare a me perché gli pareva un sogno e invece era proprio realtà perché anch'io avevo fatto lostesso.
Io sorrisi e picchiai alla porta, lui mi baciò con un bacio caldo e pieno demozzione e la porta fu aperta dal mio Padre, entrammo nella grande sala e tu fosti presentato a tutti i miei famigliari.
Ti rivolgesti a mio padre un po' arrossendo e tu dicesti: "Noi ci si vuol bene, se vusiete contento io sarei..."
Ed il mio babbo disse così, ragazzi costì tocca a voi quando vi volete bene, vuol dire se c'è gioia la spartirete insieme, se c'è i dolori lostesso.
Quella sera parlammo poco entrambi, eravamo confusi, solo qualche sguardo però anche questo preso un po' a malizia.
Il 17 febbraio dopo solo un mese del nostro fidanzamento mi portò il dono che noi donne tutte preferiamo. L'anello mi piacque tanto e lo accettai con tanto amore.
Il 22 febbraio andai per la prima volta a casa sua con la mia sorella, camminando per la strada lui mi diceva che era un po' lunga e che era un posto brutto ma a me non mene importava del posto, solo lui mi importava con lui piace tutto. Quando entrammo in casa fui presentata a sua sorella e a suo padre e gli dissi: "Spero vu sia contento di me" "E come no, perché non dovrei esserlo?"
Poi mi fece vedere le stanze e mi disse: "Questa è la mia camera, qui vedi dove dormo e ti sogno".
All'ora solo all'ora compresi tante cose che non lavrei mai capite. _________________________
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8 ottobre 2014

I Promessi Spoiler

Ci son cose che si tengono lì, in testa, per un bel po' di anni.
Progetti da realizzare, attività da sviluppare, cantieri da aprire quando sarà il momento, questioni per cui non ci sentiamo ancora pronti.
Nel mio caso la camera oscura per sviluppare le foto (mi sa che è superato), mettersi di buzzo buono a fare nuoto, stravaccarsi sul divano col tivù fisso sulla Premier League e rileggere i Promessi Sposi.
Nell'ultimo mese ho spuntato l'ultima.
Mentre leggevo il romanzo di Manzoni avevo una sensazione strana, probabilmente prodotta dall'attesa pluridecennale dell'esperienza. Sentivo una sorta di vibrazione dentro, diversa da quella provocata solo da un ottimo libro: una scossa irrequieta e irrisolta.
C'avevo voglia di dirlo a tutti, ecco. Speravo che mi si leggesse in faccia e che mi si chiedessero notizie su Renzo, su Lucia, sulla conversione dell'Innominato o sulla Peste.
Avevo voglia di fermare la gente per strada, di agguantarla per il bavero e di urlargli in faccia "GUARDA CHE STO LEGGENDO I PROMESSI SPOSI!"
E ora qualche estratto, sono modi di dire, frasi mozze, pensieri che mi hanno attizzato e poi la chiusa.

Lorenzo o, come dicevan tutti, Renzo.

Ho dovuto far da Marta e Maddalena (1);

In somma è diventato quel castello una Tebaide (2);

Radunò i servitori che gli eran rimasti, pochi e valenti, come i versi di Torti (3);

Si racconta che il principe di Condé dormì profondamente la notte avanti la giornata di Rocroi;

E lei s’andava schermendo, con quella modestia un po’ guerriera delle contadine;

Giacché è uno de’ vantaggi di questo mondo, quello di poter odiare ed esser odiati;

E avesse anche paura di portare il soccorso di Pisa (4);

Si contentavano di guardargli in viso, con un’aria, come si dice, di me n’impipo;

Si mise a sedere in fondo della tavola, vicino all’uscio: il posto de’ vergognosi;

Potrebbe far l’arte di Michelaccio; no signore: vuol fare il mestiere di molestar le femmine (5);

Questo si chiama giocare un uomo a pari e caffo (6);

A pensare, dico, che un signore di quella sorte, e un uomo tanto sapiente, che, a quel che dicono, ha letto tutti i libri che ci sono, cosa a cui non è mai arrivato nessun altro, né anche in Milano; a pensare che sappia adattarsi a dir quelle cose in maniera che tutti intendano;

Ah! allora un uomo dà soddisfazione a sentirlo discorrere; non come tant’altri, fate quello che dico, e non fate quel che fo;

Il tempo il suo mestiere, e io il mio;

Io in vece, sono alle ventitré e tre quarti (7);

Allora s'accorse che le parole fanno un effetto in bocca, e un altro negli orecchi; e prese un po' piú d'abitudine d'ascoltar di dentro le sue, prima di proferirle;

E furon tutti ben inclinati; e Renzo volle che imparassero tutti a leggere e scrivere, dicendo che, giacché la c'era questa birberia, dovevano almeno profittarne anche loro;

Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, conclusero che i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione; ma che la condotta piú cauta e piú innocente non basta a tenerli lontani; e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore. Questa conclusione, benché trovata da povera gente, c'è parsa così giusta, che abbiam pensato di metterla qui, come il sugo di tutta la storia. La quale, se non v'è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l'ha scritta, e anche un pochino a chi l'ha raccomodata. Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s'è fatto apposta.
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(1) Fare da Marta e da Maddalena
Sapere o dover fare molte cose disparate o contrastanti; anche darsi molto da fare ma in modo incoerente, dispersivo, senza seguire un filo logico. Allude ai rispettivi simboli assunti nel tempo da questi due personaggi evangelici: Marta è quello della vita attiva, Maddalena quello della vita contemplativa.
(2) Tebaide
Per antonomasia, con iniziale maiuscola o anche minuscola, luogo solitario, di grande quiete e silenzio, soprattutto in quanto ci siano persone ivi ritiratesi per vivere in preghiera e in solitudine: in somma, è diventato quel castello una Tebaide (Manzoni, con riferimento al castello dell’Innominato dopo la sua conversione).
(3) Torti Giovanni
Poeta (Milano 1774 - Genova 1852). Allievo di Parini, lo esaltò in una Visione (1802); nel 1808 scrisse L'epistola sui sepolcri confrontando Foscolo con Pindemonte. Più tardi, divenuto amico di Manzoni (che lodò i suoi versi).
(4) Portare il soccorso di Pisa
Soccorso che non serve più, poiché arriva quando il pericolo è ormai scongiurato, a volte con l'intento di ricavare un vantaggio senza aver rischiato nulla. Nel 1099 Pisa prese parte alle Crociate, sotto la guida dell'arcivescovo Dagoberto, ma giunse in Terra Santa quando Gerusalemme era ormai stata conquistata dai Genovesi e dai Veneziani capeggiati da Goffredo di Buglione, troppo tardi quindi per dare un aiuto concreto alla presa della città. Nonostante questo, si aggiudicò la sua parte di vantaggi, tra cui diversi importanti scali commerciali.
5) L'arte di Michelaccio
Lo stare in ozio, evitando lavoro, fatiche e impegni. Il detto completo dice che “l'arte di Michelasso è mangiare, bere e andare a spasso”. Una probabile origine lo riconduce al Miquelet, soprannome anticamente usato in Francia e in Spagna per i fedeli che si recavano in pellegrinaggio al santuario di San Michele, e più tardi anche le varie persone che facevano loro da guida e che ne fecero presto una vera professione. Con il tempo il termine assunse un significato negativo e passò a definire il vagabondo intenzionato il più possibile a evitare il lavoro.
(6) Giocare a pari e caffo
Scommettere sul numero pari o dispari delle dita, in un gioco simile alla morra.
(7) Essere alle ventitré
Essere in là con gli anni, essere vecchio. Essere alle ventitré e tre quarti, essere prossimo alla fine, essere al termine.

6 ottobre 2014

Il punto Gmail

Avrete sentito parlare di “How Google works” (“Come funziona Google” ed. Rizzoli Etas) dove Eric Schmidt, l’ex Ceo di Google (con Jonathan Rosenberg coautore), tra le altre cose, ci dispensa 9 consigli sulla gestione delle mail. Argomento che mi ha sempre coinvolto.
I consigli dei due soloni digitali non avevano però fatto i conti con la Linea che, per parte sua, li smonta pezzo a pezzo.

Regola 1: Rispondi velocemente. Per Eric Schmidt, “Ci sono persone su cui si può contare perché rispondono rapidamente, mentre altre no. La maggioranza delle migliori persone nonché delle più impegnate che conosciamo, agiscono velocemente e rispondono subito non solo a noi o a un gruppo ristretto di persone importanti, ma a tutti”.
Linea 1 – Non rispondere proprio. La richiesta che ti fanno, specialmente se urgente, sarà obsoleta nel giro di ore o di un giorno o due al massimo. Rispondi solo in caso di sollecito, che avviene una volta su dieci. Le altre 9 volte si saranno mossi diversamente, specialmente se era urgente.

Regola 2 - Quando scrivi un messaggio di posta elettronica, ogni parola è importante. L’obiettivo è non perdersi nella prosa e risultare chiari e cristallini. C’è un problema da esporre? È necessario definirlo con chiarezza.
Linea 2 – Una sacrosanta supercazzola ti potrà salvare il culo in più d’una occasione. Dai retta a un bischero: non disdegnare vacui paroloni e giri di parole astrusi.

Regola 3 - Fare pulizia è fondamentale. La casella di posta va tenuta pulita e ordinata, proprio come una scrivania. “Quanto tempo perdi davanti alla inbox cercando di scegliere quale mail leggere per prima? Quante volte apri e rileggi una mail che invece hai già guardato?
Linea 3 – Ricordi a 16 anni dove e come tenevi le scarpe, dove lanciavi i vestiti prima d’una doccia? L’ordine estremo è sintomo di vecchiaia, lascia che le tue mail si perdano in un archivio arruffato e adolescenziale e avrai risparmiato tutto il tempo necessario per metterle a posto. Poi, se serve, ci sarà sempre il pignolo di turno pronto a girarti copia della mail che non ritrovi.

Regola 4 - La legge del “LIFO”. LIFO è l’acronimo di “Last In, first out”, il mantra del perfetto gestore di caselle email. Iniziare dunque dalla mail in cima a tutte, quella più recente, e andare indietro una per volta, cercando di leggerle e risolverle (oltre che archiviarle) tutte. Il “LIFO” fa coppia con “OHIO” che significa “Only Hold It Once”, ovvero, ogni messaggio va visto e gestito una volta sola.
Linea 4 - Con una buona gestione dei mittenti riuscirai ad indirizzare in caselle d’archivio, o di spam meglio ancora, una bella fetta delle mail in arrivo. E se proprio non puoi rinunciare a un vezzoso acronimo spacciati per cultore dell’AIFO: All In Finally Out.

Regola 5 – Sei un router. E proprio come l’apparecchio che smista, spacchetta e instrada i dati, anche chi legge una email dovrebbe essere in grado di girare subito le informazioni in essa contenute a chi è interessato all’argomento.
Linea 5 - Quando chi ti scrive avrà imparato a conoscerti, capirà da solo che sarà meglio inserire anche altri per cc affinché il lavoro venga svolto o l’attività seguita. Al momento in cui i cc passeranno destinatari principali e tu in cc avrai vinto.

Regola 6 – Se usi il ccn chiediti perché. Mettere destinatari in “copia nascosta” significa avere qualcosa da nascondere. Dunque prima di farlo, rifletti. Sostiene Schmidt, è controproducente in una cultura professionale che deve basarsi sulla trasparenza. E questo vale anche per i messaggi email.
Linea 6 - Usa solo il copia nascosta quando mandi a decine di colleghi l’ultima barza, o la catena dell’invia questa mail ad altri 5 amici, o anche solo le renne cantanti a Natale.

Regola 7 - Vietato urlare. Se devi farlo, è meglio agire di persona, o al telefono. È troppo semplice farlo in un messaggio scritto.
Linea 7 - Quando scrivi un messaggio in maiuscolo a qualcuno che ti ha fatto innervare davvero ricorda, in fondo, di aggiungere “scusa avevo il caps lock inserito”.

Regola 8 - Mettiti sempre in condizione di seguire lo sviluppo di un compito segnalato via mail. Per non dimenticarti di un compito, rimanda a te stesso il messaggio in cui questo veniva descritto o la mail a cui rispondere.
Linea 8 - Fai capire appena puoi che non stai seguendo l’attività di cui ti chiedono e non per colpa tua. “Quale mail?”; “A me non l’hai girata” e “Ero per cc” le frasi più gettonate per uscirne. Dimenticati di un compito e il compito si dimenticherà di te.

Regola 9 - Lavora affinché le tue mail possano essere rintracciate rapidamente. Primo consiglio se c’è qualcosa di davvero importante che pensi ti servirà in futuro, rispediscilo a te stesso aggiungendovi qualche parola chiave che ti potrà essere utile quando userai il motore per ricercarla.
Linea 9 - Se proprio devi rispondere sii trasparente nelle tue mail, usa parole semplici e di uso frequente, come gestione, monitor, report, analisi operativa, tabella, file. Dopo una settimana saranno perdute per sempre come le cazzose lacrime nella fottuta pioggia. E sarai ragionevolmente salvo.

3 ottobre 2014

Del diario vissuto di Giovanna (2)

E così il primo dell'anno in piazza ritrovai tutti gli amici della serata allegra.
E tra questi cera anche quel giovanotto che mi aveva insegnato il varser. Mi salutò con un bel sorriso e dicendoci "Dove si va Signorine?"
Siamo dirette per il cinema, ero con mia sorella.
"Veniamo anche noi".
E così con quel firme sullo stomaco finì la giornata con un saluto e una Buona Notte.
La domenica di poi era il 4 gennaio e ritornammo a vedere un altro filmen "Le ragazze di piazza di Spagna".
Rincontrai il giovanotto biondo con il sorriso da incantatore e mi disse che sarebbe ritornato con noi al cinema, e in tempo del cine mi disse "Signorina se non gli dispiace la vorrei accompagnare a casa".
Ed io acconsentii e difatti fu così!
Mi disse che io gli piacevo e se io avessi acconsentito sarebbe venuto presto in casa e mi avrebbe fatto sua sposa.
Poi mi parlò di lui e mi disse che nella sua vita non era mai stato felice, se io avessi acconsentito l'avrei fatto tanto felice.
Ebbene il suo modo di parlare mi piaceva, vi dirrò la verità che mi piacque subito ma non da quella sera, dalla prima sera che lo incontrai quando mi strinse nelle sue braccia.
Non gli potetti dare la parola difinitiva ma sentivo in me trasformarmi in un'altra, sentivo forse che stando vicino a te sarei stata davvero felice.
E così di mia spontania volontà e senza domandare nulla a nessuno, il giorno 6 Gennaio pe Le Pifania, ci rivedemmo e gli dissi la cosa che entrambi desiderammo, il Sì che ero disposta a viver con lui tutta la vita.
Lui mi parlò del suo passato triste e delle avventure che aveva fatto andando a caccia e poi mi disse prendendomi per un braccio "Tu Giovanna mi devi far smettere di andare a caccia" e io gli dissi che sarei riuscita a farlo smettere, ed all'ora mi prese tra le braccia e mi abbracciò e mi baciò per la prima volta. Quando le sue labra toccarono le mie mi parvero che mi sigillassero la bocca e non potetti dire più una parola.
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- Quaderno del diario vissuto di Giovanna
- Anema e Core

1 ottobre 2014

Del diario vissuto di Giovanna (1)

31 Dicembre 1952
Apro di qui la mia vita, perché propio da questo giorno è iniziata, conoscendo il Vero Amore.
Forse sembrerò un po' stupida ma a me piace così, per avere un piccolo ricordo della mia vita.
E quando sarò nel sonno delle tenebre rimarrà almeno un pezzo di foglio dove legendolo parlerà di una vita vissuta, anzi due vite legate insieme per tutta la vita.
E se avessi dei miei figli e legessino questo diario capiranno anche loro cosa vuol dire Amore.
Con Gioie, Dolori e Sacrificio.

L'ultimo dell'anno del 1952 era un giorno grigio, pioveva, io quel giorno ero incqueta nervosa perché avevo da rifinire il lavoro e anche lavorando arrabbiandomi non ci sarei riuscita a finirlo.
Era le 10 del mattino quando sentii bussare alla porta. Fu aperta la Milia del Catelani e ci disse che avrebbe fatto una veglia essendo l'ultimo dell'anno, se avessimo voluto partecipare avrebbe avuto tanto piacere "dato che di donne ne abbiamo poche".
Ebbene fu acconsentito di andarci.
La sera andammo e la serata cominciò subito bene, partì di volo la malinconia che avevo avuto durante la giornata.
Così subito amica di tutti, così giocammo, ballammo e mi divertii tanto.
Però ero intusiasta di ballare un varser. Ma non lo sapevo ballare e allora che fare? A sedere.
Ma in quel momento mi venne incontro uno dei giovanotti e mi disse:
"Signorina vuole ballare un varser, gne lo insegnerò io se lei è contenta così vuol dire che sarò contento di avere insegnato qualcosa anch'io".
Alzando gli occhi vidi che era un giovanotto biondo con gli occhi neri e una bella bocca di denti bianchi che il suo sorriso faceva toccare il cuore.
Dopo il varser un tango, e che tango era! Un tango che non lo dimenticherò mai, una musica dolce, gentile come le braccia dell'uomo che mi cingevano la vita.
La mia faccia con la sua, sentivo che qualcosa cambiava in me.
Era Anema e Core quel tango che non ho potuto scordare.
E così scoccò la mezzanotte, stapparono le bottiglie e risate, in quel momento eravamo tutti quanti felici.
Ma fuori che cosa faceva fuori? Pioveva ma come pioveva!
Ma noi eravamo tanto felici che nessuno pensava alla stagione.
E così si fece l'ora di andarsene, erano le 3 del mattino.
Quella notte non dormii poco o punto pensando alla serata che avevo passata felice e contenta.
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- premessa

Quaderno del diario vissuto di Giovanna

Mia mamma non ha studiato ma ha sempre amato scrivere, in versi e in prosa.
Sono scritti di nessun valore letterario o poetico ma di un valore sentimentale per me, come potete capire, immenso.
Ha scritto la sua storia, come poteva, senza preoccuparsi troppo degli errori, su di un quaderno nero di quelli che trovavi negli anni cinquanta.
Con dedizione e amore ha riversato se stessa sulle pagine del diario vissuto di Giovanna.
Immaginate la mia emozione quando, frugando tra le sue cose in cerca di non so più quale foglio, quale documento, mi è capitato tra le mani, qualche anno fa, con lei già distaccata dalla nostra realtà.
L'ho letto d'un fiato e, vabbè, è straordinario. Sono un ragazzo fortunato.
Ci ho pensato su parecchio se poteva essere giusto riportarne qualche brano qui sulla Linea, se poteva avere una valenza anche per qualcuno che non fossi io. Alla fine ho optato per il sì, ma solo perché secondo me farebbe piacere anche a lei, certo rispettando e proteggendo i dettagli più intimi, ché quelli non sono nemmeno miei, restano solo suoi, e io li ho già dimenticati.
I post li riconoscerete dal titolo e potrete evitarli con facilità. E non fatevi un cruccio se preferite La Linea cazzeggiona, ella ritornerà più bella e più superba che prìa.
- Bravo.
- Grazie.
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