21 maggio 2014

Una volta qui era tutta campagna elettorale

Detto a voi una chance al Beppe, o a chi per lui, gliela vorrei pure dare, certo se non avessi un grillino in stanza a farmi shakubuku pentastelluto ogni santissimo giorno.
Poi mi trattengono i toni grilleschi, ovviamente, le offese a prescindere anche quelle che scaturiscono da sprazzi di ragione.
Però bisogna avere anche il coraggio di guardarsi in casa, da quella parte di casa che finora è stata la mia parte e non importa alzare il tappeto per vedere del gran sudicio.
A parte che la tempistica sbandierata da Renzi in fase d'insediamento, in quello stile sobrio e tipico di TuSaiChi, risulta clamorosamente smentita dal più elementare dei fact checking, il malessere si estende se si dedicano dieci minuti alla lista dei candidati per l'Europa che il Partito - e quella P maiuscola ci vuole tutta, ahimè - ci propone e ci propina nella circoscrizione Centro (sulle altre magari ditemi voi).
Ci abbiamo dei volti nuovissimi, con tutto il rispetto che posso avere per le persone, quali David Sassoli e Leonardo Domenici, per esempio, che non incarnano certo lo spirito innovativo che era stato il motore propagandistico principale del buon Renzi nella scalata alla popolarità.
Ci abbiamo poi anche Claudio Bucci, signori miei, un uomo che Francia o Spagna purché se magna, un uomo che cambia partito ogni volta che si alza la mattina, un uomo che sinceramente accogliere tra le fila dei candidati è un autogol alla Niccolai.
Un uomo che però si sposa come nessun altro al Cambiare Verso tanto caro a oettaM.

E niente, mi piace come parla Di Battista e mi piace Civati, ecco, sto in questa nassa qua.

19 maggio 2014

Chrbprzghrstrbrzwursttrghz Jesus

Qualche mese fa France è tornato a casa con la custodia di un violino.
Era la prima volta che un affare del genere metteva piede in casa nostra, ce la siamo vista brutta.
Ho sperato quasi che ci fosse un fucile da killer smontato nella custodia, ma niente, c'era un violino davvero, e mai che ne avessimo preso in mano uno, né io né dolcemetà.
Aprendo la custodia avevamo la faccia di John Travolta e Samuel Jackson davanti al contenuto della valigetta in Pulp Fiction.
Quindi, anche solo per capire come si tiene in mano l'archetto ci siamo catapultati su youtube.
Da allora l'ha riportato a casa altre tre volte al fine di esercitarsi per il saggio di fine anno del progetto musica.
Quando France suona le gatte si agitano, non s'è capito se perché le note, spesso straziate, urtano la loro educazione musicale o se perché i suoni vanno a dipanarsi su una frequenza felina a noi non nota.
Io e dolcemetà con quell'affare in mano siamo un po' dei grandi invalidi e France non pare possedere nulla d'innato che lo avvicini a volfango amedeo o a chi per lui.
Ieri, durante le ultime esercitazioni, gli abbiamo chiesto se almeno conosceva il nome del brano per poter mirare la ricerca sul web e ascoltare cosa doveva venire fuori.
E no, ci ha detto che il brano ha un titolo impossibile, tipo: "Chrbprzghrstrbrzwursttrghz Jesus, insomma qualcosa d'impronunciabile Jesus... mi ricordo solo Jesus".
Uhm... che sia un pezzo da Jesus Christ Superstar?
Il prossimo anno ha detto che sceglierà pianoforte, voglio proprio vedere quando lo porterà a casa!

15 maggio 2014

Gita a Roma con delitto

Che se i miei compagni non fossero stati previdenti e forniti di crema solare a questo punto sarei già stato bello che venduto a fette al banchino della porchetta.
- Dai Serenaaa! -
Ad ogni modo, vedere Federer ieri non è che sia stata tutta quell'esperienza religiosa che il buon DFW aveva anche giustamente preconizzato pescando in altri contesti. Se qualcosa di religioso c'è stato, si è trattato di sofferenza: un cilicio zuppo di caldo terrifico e di strabuzzo d'occhi alla non può giocare così.
- Dai Serenaaa! -
Poi alla fine l'ha quasi vinta Roger - quasi -, ma il francesino Jeremy Chardy (Ciardi per lo speaker non propriamente francofono), coi suoi missili in battuta, non ha rubato nulla e ha servito il delitto in salsa brandy.
Può capitare, del resto Federer sul rosso ha perso da ben più noti carneadi, nell'ossimorica accezione/eccezione che un carneade possa essere più noto.
- Dai Serenaaa! -
All'arrivo, al mattino sul Pietrangeli, abbiamo assistito al match della meraviglia delle meraviglie Camila Giorgi, che - ve lo dico adesso e lo ripeto da un anno - è l'unica italiana che può raggiungere il livello delle Top 5 e rimanerci a lungo.
- Dai Serenaaa! -
Camila dopo la partita, peraltro persa, ha dichiarato: "Non snaturo il mio gioco, non è che se non mi entrano mi metto a fare la pallettara". Mitica. Mi ricorda lo "sbaglia meglio"(*) che Wawrinka dev'essersi tatuato su qualche parte del corpo e che guarda un po' dove l'ha portato.
- Dai Serenaaa! -
Ah, abbiamo assistito anche a una partita dello scozzese Murray che ha strapazzato lo spagnolo Granollers. Era la prima volta che mettevo piede al Centrale, una bella emozione: e ho sentito odor di Panatta. L'avete mai sentito l'odor di Panatta? È un aroma di sudore, terra rossa e nostalgia.
- Dai Serenaaa! -
Prima di ripigliare la strada di casa ci siamo goduti anche un set di Flavia Pennetta contro la talentina Bencic (è svizzera, manco a dirlo).
- Dai Serenaaa! -
Ma a metà pomeriggio abbiamo avuto anche la fortuna di assistere a un match di una delle sorelle Williams, ora però mi sfugge il nome, ma comunque è quella più piazzata, la numero uno del mondo, quella con le tettone, insomma. E proprio dietro di noi c'era la sua fan numero 1 a livello planetario che, con un timbro di voce in stile suora di The Voice, l'ha sostenuta e incoraggiata in ogni singolo punto giocato.
E niente, è come se mi fosse rimasto un fastidoso ritorno in cuffia.
- Dai Serenaaa! -

 (*) È una citazione di Samuel Beckett: "Ho provato. Ho fallito. Non importa. Riproverò. Fallirò meglio"

11 maggio 2014

Il Professore delle Favole

Me la son sempre vista coi numeri, a scuola principalmente, correggendo le espressioni dei ragazzi delle medie e nutrendoli di incognite. Archimede il mio mito e Fermat il mio incubo.
Ma con il pensionamento, quella tensione che mi teneva in piedi, avvitata e contorta attorno ai milioni di cifre vergate col gesso alla lavagna, si è sciolta d’incanto, in un battibaleno, e mi ha lasciato svuotato, senza un risultato sulla destra da far tornare.
Ed è stato per non morire ingoiato da una poltrona in velluto bordò, davanti a un finto reality, che mi sono dato uno scopo nuovo e ho iniziato a leggere libri. Libri che avessero numeri solo a indicazione della pagina, libri che prendessero le distanze dalla troppa concretezza che mi aveva imprigionato in un quadrato costruito sull’ipotenusa.
E così ho scoperto le fiabe: un mondo meraviglioso dove si addensano i colori, i profumi e i rumori dei tuoi più incredibili sogni. Un mondo dove alla fine il male è sconfitto e dove si vive per sempre felici e contenti.
E l’ho cercato davvero questo mondo, deciso a trasferirmi per sempre nell’universo beato delle favole. L’ho cercato fisicamente a Stonehenge e a Petra, l’ho cercato tra i ruderi di Schliemann a Troia e anche sulle pendici alpine; avessi potuto l’avrei cercato anche alle porte di Tannhauser.
Ho cercato un varco fisico, reale, che mi consentisse di lasciare il mondo degli uomini e finire nel mondo delle fiabe tra l’azzurro dei principi, il verde dei fagioli, il rosso dei cappucci e il giallo dell’oro.
Mi sono procurato tutti i film e i cartoni animati che potevo e che parlassero di favole, ho letto libri a ripetizione, spesso gli stessi, fino a notte fonda, fino a impararne a memoria ogni passo, ogni dialogo, e sono sprofondato, piano e inesorabilmente, nelle sabbie mobili della mente, l’unico luogo e l’unico modo per raggiungere davvero la vita per sempre, da felice e da contento.
Pochi giorni fa ho capito che il varco mentale stava aprendosi attorno a me quando all’edicola è stato un orco a vendermi il giornale e poi tornando a casa, tra i bambini al parco giochi ho riconosciuto quella birbantella di Gretel dondolarsi sull’altalena come una forsennata. Oh, se era lei!
Sintomi della pazzia o frutto di duro lavoro? Ormai c’ero dentro e ho tirato dritto. Non sono uscito di casa per una settimana rileggendo migliaia di favole e sottomettendomi a visioni di centinaia di film. Ho dormito con A mille ce n’è sparato dalle cuffiette.
E finalmente posso dire di avercela fatta. Stamani sono uscito e la razza umana era bella che svanita lasciando spazio a folletti, principesse e animali parlanti. Scomparsa anche la città: niente asfalto e auto, ma prati smeraldini e carrozze e alberi che camminano.
Dio che meraviglia, la felicità e la contentezza finalmente sono parte di me, una nuova vita mi aspetta in un mondo senza tempo, senza numeri e senza dolore.
Ballo come riesco a fare e canto, ho una voglia incontenibile di cantare e di mostrare la mia gioia a tutti, anche se vedo laggiù - ohibò - un principino (piccino piccino) che tutto mi pare fuorché allegro, che diamine! Mi avvicino, magari potrò consolarlo un po’.
   «Buongiorno» gli urlo, sorridendo a ventimila denti.
   «Buongiorno un cazzo! Ma tu chi sei, scusa, cos’è tutta questa verve, questa gioia. Da dove ti viene?»
Devo aver fatto una faccia un po’ svanita.
   «Ah ok ok, ho capito, sei il vecchietto di una nuova favola, sei arrivato adesso e ancora non hai capito come gira il fumo».
   «Ma veramente, io…»
   «Senti me, psss, avvicinati. Sai quello slogan del vissero tutti felici e contenti? È ‘na mmerda!»
   «Ma come? Ma non siete sempre felici qui?»
   «Ma sì, certo».
   «E allora?»
   «È proprio quello, non capisci? L’infinita prospettiva di vita e la monotonia di una felicità senza fine t’ammazzano proprio».
   «…»
   «Io-voglio-morire. Voglio una vita di cui assaporare ogni singolo giorno perché so che finirà e che non ne avrò un’altra mai più».
   «…»
   «Ma hai visto come me ne devo andare vestito? Voglio una felpa nera con un cappuccio, voglio un paio di jeans strappati. Ma soprattutto: basta principesse odorose, pettinate e spazzolate, basta cavalli bianchi; voglio innamorarmi di un’infermiera, voglio respirare il sudore di una barista dopo un turno di lavoro e voglio una fottuta Ducati Monster».
   «…»
È qui che abbassa la voce, si guarda in giro e assume l’aria del cospiratore.
   «Ad ogni modo, nonnetto, resta nei paraggi perché sto studiando un modo infallibile per filarmela e per catapultare la mia trista esistenza nel mondo degli uomini. E se fai il bravo ti porto con me».
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Contributo all'EDS arcobaleno by TuttiNoiSappiamoChi
Partecipano anche:

5 maggio 2014

Parole Crociate

Una sorta di Gino Cervi per raffigurare il Maresciallo Spataro nel racconto Parole Crociate.
Ganzo, sarebbe stato adatto, ed era nato lo stesso giorno mio.
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