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26 settembre 2016

Molti partecipano, uno vince

Quando arriviamo in ufficio al mattino ognuno canta o fischietta la sua canzone, o magari la fa in lallallà.
Chi l'ha sentita in radio, chi ce l'ha in testa dal giorno prima, chi la suoneria d'un telefono, chi sa solo quella e chi vattelappesca perché, ognuno la sua.
Poi, man mano durante la giornata, si avvia uno scontro durissimo, una sorta di cempionslìg a eliminazione diretta.
I motivi si sfidano in battaglie sanguinose.
A nostra insaputa.
Già verso l'ora di pranzo le arie riprodotte in giro saranno due o tre, ma alla fine della giornata ne resterà solo una.
Non c'è una volontarietà in questo, a volte ti si appiccica quella del collega e a volte gli attacchi te la tua, così senza un motivo razionale.
Poi capita che dalla finestra senti un povero diavolo per strada che squarciagola un bella senz'anima, che lo capisci non è Cocciante manco pe' gnente, epperò c'ha un fascino suo e mette i brividi, irresistibile tra i rumori mezzo affogati e noiosi di un lunedì mattina in città.
E alla sera son tutti lì che adesso spogliati!

6 febbraio 2014

Una risposta esauriente

Esauriente viene dall'ebraico, da Esaù nello specifico che rispose in modo talmente preciso e circostanziato a una domanda di suo fratello da originare addirittura un eponimo.
Giacobbe: Fratello, le vuoi le lenticchie?
Esaù: Orpo, sì.
(cfr. Genesi 25,29-34)

Ora tu ti chiederai che accorgimenti devi adottare per dare una risposta esauriente al tuo interlocutore, a parte infarcirla di orpo ovviamente... bon, te lo dico io.
Se ti faccio una domanda, e io lo so che tu sei il massimo esperto in materia e magari meriteresti il Nobel o anche un centinaio di lauree honoris causa, ma se io ti faccio una domanda non puoi rispondermi sempre iniziando dal Big Bang, giù giù con la Pangea per seguitare con la deriva dei continenti e poi blabblà e poi blabblà e mi sforni la risposta che mi serviva dopo 5 minuti, vale a dire dopo 4 minuti e 50 da quando io mi sono scollegato.
Al mio quanto fa tre per tre? non puoi partire argomentando a tuo piacere sui palucci, sui numeri arabi, su Fibonacci e sulla figliolanza della smorfia napoletana.
Scusa, rispondimi nove e poi recitami pure a memoria il Nuovo prontuario per calcoli attuariali e finanziari e se sarai in grado di tenere desta la mia attenzione io ti ascolterò, ma se sarai incapace di incollarmi alle tue parole, per una mancanza che è solo tua, io comunque avrò avuto la mia risposta, tu avrai blaterato e stiamo apposto entrambi.
E se alla terza volta che ti chiedo se fuori piove tu mi parti ancora dal cazzoso Big Bang allora vattene pure affanculo con tutti i continenti derivati.

10 dicembre 2012

Delle virgolette fatte con le dita

Non c'è riunione alla quale partecipi da un paio d'anni a questa parte in cui il relatore non citi una frase, una parola, una locuzione virgolettandola a dovere con l'arcinoto gesto di doppio piegamento di dito indice e medio di entrambe le mani.
Spesso a sproposito, senza alcuna correlazione sintattica a motivare la mimica enfatizzante. Spesso abusando di un gesto volatile che non avrebbe tale frequenza se il testo fosse scritto invece che recitato. Spesso credendosi stevejobs.
Pare che se non le usi 'ste virgolette digitali (da dito) non sei nessuno.
Devo dirlo, è una cazzata. Anzi, è proprio passato di moda, siete out con quei ditini flessi ai lati del vostro faccione.
Forse un tempo, nel Pleistocene magari, è stato fico andare in giro a vantarsi: Ehi, Grunf, oggi ho acceso (virgolette con le dita) il fuoco. Ma dopo no, la pratica s'è talmente diffusa che ha incarnato il dozzinale e il prevedibile.
Pure la badante boliviana di mia mamma si pavoneggiava non poco con l'entre comillas, in quello che a me appariva soltanto come un allarmante segno di degrado dei tempi.
Sembra che senza il corsivo, le virgolette, le sottolineature o le parentesi (io son malato di parentisi) non siamo più in grado nemmeno di scrivere, non completiamo l'opera rendendoci ridicoli nel (virgolette con le dita) parlare.
La semplicità è il marchio di chi è forte, di chi non deve ricorrere a mezzucci o a trucchi da quattro soldi e quelle virgolette mimate a chi vi ascolta ricordano tanto le opinabili colorazioni degli scarpini dei calciatori moderni laddove, spesso, si tenta di supplire alla carenza di classe con un accessorio da fighetto.

9 ottobre 2012

Panda gialla - per PS3

Finalmente la Sony colma il gap accumulato con Nintendo e Microsoft e lancia il più popolare gioco d'avvistamento anche sulla PS3 che va ad affiancarsi alle uscite estive per Wii e XBox.
Panda gialla è un arcade di ultima generazione che causa dipendenza, per questo la casa produttrice ne raccomanda una fruizione controllata, specie ai più grandi.
Funziona così, prendete la vostra consolle, staccate tutti i fili, ficcatela in un cassetto e uscite. Meglio se con un amico, la fidanzata, la famiglia, un figlio o anche un collega. Certo, si può giocare anche da soli, ma alla fine continuare a battere il proprio record può diventare noioso.
Dunque, si diceva, siete a passeggio, oppure viaggiate in auto, in bus o in bici con il vostro amico e parlate del più e del meno fino a che uno dei due, a seguito dell'avvistamento di una Panda zafferana, dal nulla, urla "Panda gialla" e tocca l'altro, come quando da ragazzi ci si passava una suora o una prinz verde.
Ma iella non ne gira, tranquilli, si tocca solo per confermare il punto, perché di questo si tratta: l'avvistatore sale a 1 e l'altro resta al palo. E poi continuate la vostra attività primaria, tipo vi pigliate il caffè, parlate dell'ennesimo rigore dubbio concesso alla Juve, v'incazzate coll'assessore di turno che s'è fregato il tesoretto, vi sedete in piazza a leccare un gelato e tutto ha un'apparenza di normalità. Ma in background gira il software di Panda gialla che sì, occuperà poco più d'uno sputo della vostra memoria, ma non crasha mai. E quando l'alone meccanico e giallognolo comparirà da uno stop o da una curva il vostro urlo sarà pronto a squarciare il cielo come un lampo "Panda gialla", cazzo, e 1 a 1.
Tutto questo va avanti in una sessione che termina solo quando vi separate dal vostro compagno di gioco. Se ello insisterà per trascorrere altro tempo con voi, non illudetevi che si sia innamorato, sta solo in svantaggio a Panda gialla e imbastisce un misero tentativo di recupero.
E anche in famiglia mia son lontani i tempi di Schiaccia il Sofficino (se dio, o chi per lui, vuole).
E un'ultima cosa... Marchionne? 'Scolta, che tanto s'è capito che tu vuoi portare tutta la baracca oltreoceano, non fare i' furbo, almeno la Panda, almeno quella gialla, lasciala in Italia.

26 luglio 2012

Siamo tutti Tessalonicesi

C'era questa nostra compagna di classe, la Mattola, che quando veniva interrogata cambiava voce.
Il mio amico, nonché compagno di banco e di mille avventure, Leo, che andava a messa nella stessa chiesa, mi diceva che quella voce lì era la medesima con cui lei leggeva la lettera ai Tessalonicesi alla funzione della domenica.
Era un registro di voce odioso, nasale e acuto, e faceva star male anche solo ascoltarlo, noi che conoscevamo la Mattola che di solito parlava normale.
Ora, anche a noi capitava di parlare con una voce emozionata e diversa dalla nostra, specialmente quando andavamo all'imbrocco.
E dopo gli approcci con le sventurate di turno, quando tornavamo a parlare io e Leo ci chiedevamo l'un l'altro quanto fossimo stati Tessalonicesi, utilizzando l'antipatico e innaturale registro.
C'era molto da lavorare per arrivare a rivolgersi a una sconosciuta con una voce normale, e invidiavamo parecchio i ragazzi che non la cambiavano la voce.
Anche a telefono succede, per esempio quando a casa mia chiamava la signora Corbacci, che era una importante, capivano che parlavo con lei solo dalla voce impostata che usavo, e non c'era verso di fare diversamente.
Il problema permane anche da adulti, ad esempio nei giri di tavolo in ufficio, ma alla fine son contento del livello di naturalezza nel tono che ho acquisito, al di là del subbuglio interno.
A scrivere non c'è un tale fastidio emotivo, si va via lisci e per i timidi è un toccasana.
Noi timidi sui blog e gli sfacciati fuori a far conquiste, va così.

23 luglio 2012

The soccia network

Sono un paio d'anni che sto su facebook e in genere lo difendo.
Quando capita di parlarne cerco di esporre i suoi lati positivi ché qualcuno ce n'é, anche se io mi sono iscritto solamente per battere il record di Giacomo a biotronic ( - 387.210).
Ho visto filmati, inseguito link, letto storie, scambiato parole con persone che stimo, ritrovato amici d'infanzia, ho seguito le avventure dei più girelloni e, da non sottovalutare, mi presento sempre informatissimo alle cene tra parenti: sono l'unico che conosce gli ultimi passaggi amoroso-professional-vacanzieri dei miei nipoti, degli amici di mio figlio, dei miei cugini e delle zie di dolcemetà (sic).
Epperò, il famigerato The soccia network, si porta dietro risvolti di insopportabile invadenza. Un po' per colpa intrinseca sua, ma molto per l'acriticità degli iscritti, i quali si ritengono liberi di agire a cazzo solo perché schermati dall'interfaccia web. Non vi vedo, è vero, ma mi ricordo.
Tutte le richieste, gli inviti, gli aiuti per farmville et similia, le iscrizioni forzate ai gruppi... vi prego, non coinvolgetemi, fate conto che io non esista.
Prima chiedetevelo, se c'è un solo motivo perché dobbiate inchiodare il mio nome alla vostra agendina sociale. E, se c'è, non fatelo lo stesso.
Tu amico semisconosciuto e lontano, lasciami fuori dalla lista dei tuoi compleanni, ma non perché io sia uno riservato, ce l'ho scritto in chiaro quando cazzo sono nato. Se proprio vuoi, annotatelo. Ma perché mi devi rompere i coglioni con una richiesta diretta e mirata per "Il mio calendario - compleanni". Ma cosa te ne fregherà mai? Oltretutto, mi avessi mai fatto un regalo!
Lascia perdere, dice Osasco (il mio ineguagliabile muratore)... lascia perdere, davvero.

10 luglio 2012

Giro di tavolo


Una delle frasi che più odio sul lavoro è "facciamo un giro di tavolo", specialmente se non è una battuta che prelude a una vassoiata di pasticcini.
Sapete, quell'abitudine insulsa che dovrebbe agevolare il conoscersi meglio tra i presenti.
Se sono stato preavvisato è probabile che abbia trascorso la notte in bianco e mi sia pure prima scritto e poi studiato un copione, che poi son sempre le solite cinque cazzate messe in fila, e che comunque mi scordo nel preciso istante in cui tocca a me. Peggio che a scuola.
Se non sono stato preavvisato forse è meglio, patisco meno, ma può succedere che non riesca a buttare giù un elenco sensato delle mie attività attuali, delle mie esperienze passate o delle mie aspirazioni future.
Di fatto, ognuno, durante il giro di tavolo, pensa e si risbobina in testa la parte che dovrà dire lui estraniandosi dall'ascoltare gli altri e trascinando a zero l'utilità presunta del giro stesso. In ogni caso, nessuno ascolterà nessuno oltre il terzo che si presenta.

T'immagini se Gesù avesse proposto un giro di tavolo durante l'ultima cena?
- Sì, sono Simone detto Pietro, ho una pluriennale esperienza pre-cristianica in un'azienda ittica. Sono lo sviluppatore del word processor per digitalizzare gli atti degli apostoli.
- Salve, sono Giovanni il prediletto, sono figlio di Zebedeo e sono il controller della Giudea e della Galilea.
- Io sono Giuda Iscariota, gestisco le vendite di un prodotto nuovo importato dalla Perugina, il bacio, e sono rappresentante esclusivo per la Samaria.
- Buongiorno, io sono Tommaso, uno dei dodici, detto Didimo. Sono il copy che ha lanciato lo slogan "Se non vedo non credo", ci ho studiato sopra per settimane e solo dio o chi per lui sa quanto mi sia costato.
- Io mi chiamo Bartolomeo, sono nella cristianità da pochissimo tempo, e blabblabblà blabblabblà blabblabblà.
Ma nessuno ascolta già più...
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