Svolgimento dell'Esercizio di Scrittura di Halloween, come proposto da La Donna Camèl.
Tutti in coda per l’iPond, l’ultimo ritrovato tecnologico della Eppòl.
I primi sono arrivati la notte precedente con sacchi a pelo e provviste, hanno bivaccato sul marciapiede. C’è chi giura di aver sentito sfrigolare le salsicce. Altri hanno aperto le Moretti da 66 cl coi denti.
Hanno passato la giornata così, appoggiati alla grande vetrata e distribuendo i numeri, vergati con un tratto-pen nero punta fine, di un artigianale turn-o-matic.
Alle 10 del mattino la fila scompariva dietro l’angolo dell’isolato, a mezzogiorno erano già stati distribuiti 1723 numeri. Alle 16 la coda è sbucata dall’altra parte affiancando e doppiando i ragazzi della mattina. L’idea della Eppòl di lanciare un prodotto rivoluzionario grazie a un messaggio post mortem del buon Stiv Giòbs ha colto tutti di sorpresa. Certo qualcuno ha dubitato, ma il video non sembrava certo taroccato.
Il buon Stiv, ancora in discreta forma spiegava: «Siate affamati!». E qui ci stiamo dentro, infatti non tutti avevano avuto la lungimiranza di portarsi dietro le salsicce.
«Siate folli!». E qui pure, visto che la spirale di 14.658 persone in coda la diceva lunga su quanto il popolo Mac seguisse fino alla follia i consigli del guru riconosciuto.
Pezzi contati, si diceva, pochi dannati pezzi contati si temeva.
Ci s’interrogava su quali fossero le funzioni di quest’iPond perché Stiv certo non l’aveva spiegato, e nessun esemplare - stranamente – era stato dimenticato al bar dal solito progettista distratto, quello con la testa nell’iCloud.
Nel gruppo di quelli in coda dalla prima ora ci stava Don Cielo, un calciofilo della Milano bene, o di quella da bere, o di una qualche cazzo di Milano, fate voi.
«Con l’iPond, ho sentito dire che ci vedi le partite in diretta, quelle della tua squadra…».
«Sai che spasso! Mica è una novità!».
«Già, ma con il touch potrai sospingere i calciatori della tua squadra oppure rallentare gli avversari, tutto in diretta. Roba da pazzi, anzi da Pazzini!».
«Sarebbe la fine del calcio, lasciatevelo dire da chi lo insegna… no no, io ho altre notizie su questa macchina infernale…» disse, sussurrando Don Kappa, un nobile dalle maniere gentili, non foss’altro per il fatto che si girava di lato quando doveva ruttare a Moretti.
Proseguì: «So per certo che l’attrezzo, questo aipond o come diamine s’appella, contiene un software sbalorditivo dove tu immetti una frase di poche parole e lui ti sputa fuori una perifrasi di sei volumi scritti in piccolo: immane godimento».
La contestazione arrivò da un tipo che stava dal lato dove Don Kappa si voltava per ruttare. Forse per vendicarsi delle fetide arie e forse per bastianismo innato, quest’uomo, Don Acca fece risentito:
«Tutt’altro, invece, io so del contrario. Il software sintetizza i concetti, pare che a Cupertino ci abbiano buttato dentro l’intera Divina Commedia e sia uscita solo questa frase: Viaggi dell’altro mondo. Citofonare Dante».
Don Never, che fingeva un’artrosi bilaterale in fase di maturazione avanzata e che invece stava pronto a scattare dentro, con una falsa partenza in perfetto stile Bolt, per accaparrarsi il primo iPond, nonostante avesse il numero 50, disse: «Ragazzi non scherziamo, l’iPond ha su un videogioco del menga, cioè del manga, volevo dire: Yu-Gi-Oh in 3d che ti immedesimi a tal punto che quando hai finito ti vai a mangiare i pesci rossi crudi al luna park. E poi, comunque, questo numero 50 che cazzo è? Probabilmente è Fahrenheit, io dovrei avere il 10, il 10!»
Don José, che aveva uno zainetto con gli effetti personali e collaterali precisò che l’iPond per quanto ne sapeva lui era in grado di fare dei fotomontaggi vocali, dicevi “monitor” e dicevi “Napolitano” e lui scaricava dalla rete quello che gli serviva e ti sparava il jpg cotto e mangiato. Tempo di elaborazione 0,3 secondi.
Gli altri lo guardarono strabuzzando gli occhi, un tizio del secondo giro della coda, al sentire queste voci se li strappò via proprio e li diede a Don José che disse: «Questa cosa non ha senso. Mi piace».
Ormai era quasi mezzanotte, l’ora prevista per la straordinaria apertura del Supemercamél quando, nel cielo si vide un bagliore e un lampo frastagliato si conficcò proprio davanti all’ingresso lasciando lapilli e una nuvoletta di fumo dalla quale emerse una figura umana, magra e scura.
«Ehi, dolcezza, c’eravamo prima noi, non è che qui siamo a San Siro coi biglietti omaggio!».
Poi lo guardarono meglio e lo videro… anzi lo iVidero. Era proprio lui, un angelico e redivivo Stiv Giòbs.
«Seguitemi» disse Stiv. E lo seguirono, solo in cinque però, tutti gli altri non parevano vederlo.
Don Cielo, Don Acca, Don José, Don Never e Don Kappa presero a seguire il re della Eppòl che li rassicurò:
«Venite ragazzi, venite. In realtà mi potete vedere solo voi perché siete uguali a me».
E qui Don Kappa, che era sicuramente il più scafato chiese:
«Vuoi forse dirci che abbiamo un tumore al pancreas?».
«Mannò, mi riferivo al maglioncino nero».
In effetti, togliendosi le mani dalle tasche e abbandonando gli sfrucugliamenti testicolari, si accorsero solo in quel momento d’indossare praticamente una divisa, blujeans e maglioncino nero.
Poco più in là Stiv tirò fuori 6 iPond nuovi di pacca, ne elargì uno per ciascuno ai cinque Don e prese ad illustrarne le funzionalità grazie a quello che tenne per sé.
«Avevate tutte le ragioni a pensare che il prodotto fosse rivoluzionario. Lo è. Lo è a tal punto che oggi sarà ricordato come il giorno del non ritorno. Vedete Google? Lanciatelo… Non va. E wiki? andate su wiki… niente, morto stecchito».
«Forse non c’è uaifai…» azzardò Don Never.
«Uaifai lo dici a tu’ sorella» lo rimbrottò Don Kappa.
«No, la rete c’è, è proprio l’iPond che è progettato per funzionare così» continuò Stiv «vedete? Andate su quella straordinaria enciclopedia che avete, la ThreeDogs, non va nemmeno questa. E i database sul cinema? Sulla musica? Inaccessibili. Ma, badate bene, tutto questo bendiddìo sarà NON consultabile solo sull’iPond».
«Qui ci starebbe un “porco cazzo”, se non fosse un marchio registrato» chiosò Don José.
Qualcuno stava cominciando a capire.
«Quindi, su quest’affare non ci sarà niente di consultabile, nessun motore di ricerca funzionante, non un help in linea, né un forum, né un blog?»
«No, i blog non sono riuscito a tirarli via, quelli ve li dovete ciucciare, almeno fino all’uscita dell’iPond 2, mi spiace…».
Stiv a questo punto guardò i cinque negli occhi: «Era l’unico modo, ragazzi, per costringervi di nuovo a pensare, a ragionare, a usare la vostra testa, ad essere attivi, a ponderare… a ponderare…»
Poi se ne andò, scivolando via dentro a un alone lumiscente e addentando una pera.
«In verità in verità vi dico: le mele mi hanno sempre fatto schifo!»
31 ottobre 2011
30 ottobre 2011
Dei Pokémon e di quello stronzo di Pikachu
Che dire? I Pokémon mi perseguitano. Sedici anni tra un figlio e l'altro si sono rivelati un lasso di tempo insufficiente per la scomparsa del fenomeno. Carte Pokémon come se piovesse sedici anni fa, e carte Pokémon pure adesso. Con tutti quei numeri e quelle frasi che dovrebbero permettere di sviluppare giochi intelligenti ma che restano incomprensibili per la mia mente. E forse c'è un motivo.
Meno male che adesso per l'acquisto c'è ebay ché all'edicola è il salasso proprio.
In sedici anni e con la tecnologia al galoppo è cambiato il mondo, c'era una PS1 appena sfornata e oggi consolle tipo la Wii dove tu sei dentro al videogioco, c'erano delle scatolone di piccì con monitor catafalco e oggi ci stanno i netbook, i cellulari avevano le pile da portarsi dietro colle valige ed era grassa se telefonavano e adesso sono ultraslim e touch e vanno in internet e videochiamano. La domenica alle 15 le radioline su Tutto il calcio minuto per minuto ti portavano via da quante erano e adesso ti vedi tranquillamente la diretta sul cellulare oppure lo streaming, anche se si tratta dell'ultima partita del campionato di seconda divisione inglese.
C'era Berlusconi e adesso c'è... no questa la taglio.
Insomma in questo universo gattopardiano è cambiato tutto affinché non cambiassero i Pokémon del cazzo, con le loro fottutissime evoluzioni.
Leggo su wikipidia (giuro!): L'evoluzione di un Pokémon è diversa dalla evoluzione di Darwin. È più simile ad una metamorfosi.
Stamani France mi parlava di questo fenomeno evolutivo grazie al quale il noto Pikachu pare diventi un certo Raichu (dico pare ma lo so bene, son almeno 16 anni che lo so!), al che io ho cercato di buttare il discorso sulla scienza, visto che è in prima e magari non gli fa male.
- Sai, France, che anche noi uomini abbiamo un'evoluzione?
- Certo, lo so... sei nei pensieri, sei in pancia, sei un po' cresciuto, sei fuori, sei un neonato, sei un bambino, sei un cugino, sei un ragazzo, sei un uomo, sei un padre, sei uno zio, sei un nonno, sei vecchio, ancora più vecchio, sei morto e poi morto stecchito.
Ehi, Pikachu, ne devi mangiare di pappa!
Meno male che adesso per l'acquisto c'è ebay ché all'edicola è il salasso proprio.
In sedici anni e con la tecnologia al galoppo è cambiato il mondo, c'era una PS1 appena sfornata e oggi consolle tipo la Wii dove tu sei dentro al videogioco, c'erano delle scatolone di piccì con monitor catafalco e oggi ci stanno i netbook, i cellulari avevano le pile da portarsi dietro colle valige ed era grassa se telefonavano e adesso sono ultraslim e touch e vanno in internet e videochiamano. La domenica alle 15 le radioline su Tutto il calcio minuto per minuto ti portavano via da quante erano e adesso ti vedi tranquillamente la diretta sul cellulare oppure lo streaming, anche se si tratta dell'ultima partita del campionato di seconda divisione inglese.
Insomma in questo universo gattopardiano è cambiato tutto affinché non cambiassero i Pokémon del cazzo, con le loro fottutissime evoluzioni.
Leggo su wikipidia (giuro!): L'evoluzione di un Pokémon è diversa dalla evoluzione di Darwin. È più simile ad una metamorfosi.
Stamani France mi parlava di questo fenomeno evolutivo grazie al quale il noto Pikachu pare diventi un certo Raichu (dico pare ma lo so bene, son almeno 16 anni che lo so!), al che io ho cercato di buttare il discorso sulla scienza, visto che è in prima e magari non gli fa male.
- Sai, France, che anche noi uomini abbiamo un'evoluzione?
- Certo, lo so... sei nei pensieri, sei in pancia, sei un po' cresciuto, sei fuori, sei un neonato, sei un bambino, sei un cugino, sei un ragazzo, sei un uomo, sei un padre, sei uno zio, sei un nonno, sei vecchio, ancora più vecchio, sei morto e poi morto stecchito.
Ehi, Pikachu, ne devi mangiare di pappa!
28 ottobre 2011
This must be the place – ma anche no
Post da NON leggere se non avete visto il film e alimentate ancora il pensiero di farlo.
Premesso che ammiro Sorrentino per i suoi film e anche per come scrive, mi va di levare una voce dissonante dal coro di sperticati elogi che questa pellicola sta riscuotendo in giro.
Lo svolgimento è lento, e va bene, Cheyenne (il protagonista), una specie di Boy George ai giorni nostri, è lento nel muoversi e nel parlare, e va bene. Ma, cristosanto, pure le scene al rallentatore mi devi girare, manca solo il fotogramma per fotogramma.
Poi c’è l’America, decisamente troppo America e troppa America. Troppo, perché i luoghi comuni ci son tutti (ce n’è qualcuno anche extra America, tipo il caffè di Napoli, ma questo mi sa che dobbiamo passarglielo al Sorre’) dal God bless America al pickup, dalle armi facili al genio inventore, dalla comunità ebraica di new York all'amerindio. Troppa, perché l’itinerario che Cheyenne percorre, pur non essendo propriamente un giro turistico, va a toccare un po’ le mete classiche dei tour negli States. Bastava meno.
Mancavano soltanto il tacchino e il monte Rushmore, ma suppongo che per il fatto che non compaiono dobbiamo SOLO ringraziare il montatore.
C’è una banalità estrema in alcuni stralci della trama, anche nei dettagli, degna del peggior B-movie, tipo la mano che pesca nella tasca della pistola e se n’esce con una fotocamera, l’agognata vendetta che si trasforma in uno scontato perdono o la sciroccata alla finestra che aspetta a gloria il figlio Tony per tutto il tempo e alla fine questo arriva, eccolo là col suo giacchetto fico e il capello a omino, solo che non è lui, e questo a metà film s’era già bello che capito.
E poi ci son le stronzate, quelle che con particolare magnanimità – o meglio snobismo – potrebbero anche essere definite perle visionarie alla Tim Burton o, perché no, citazioni felliniane, ma che restano stronzate. Chessò, il pattinatore che batte la musata, il bisonte alla finestra o – su tutte – il demente che passa vestito da Batman in quella notte di pioggia fitta e che si saluta con Cheyenne.
Alla fine il film è un colorato collage di personaggi borderline presi e messi lì al solo scopo di utilizzarli perché ci illuminino su determinate questioni. Aforismi, pensieri e teorie che fioriscono come tulipani a maggio nella composita cervellotica di Sorrentino e che lui desidera fortemente propinarci. Potrei pure apprezzarle, ma in un contesto diverso.
No, non deve essere questo il loro posto.
E comunque, prendete Sean Penn, conciatelo a quel modo e calatelo in una qualsiasi storia del cazzo e lui la terrà su, pure dovesse solo portare la merenda alla nonna.
p.s. Paolo... ti prego: Torna a Sorrentino.
Premesso che ammiro Sorrentino per i suoi film e anche per come scrive, mi va di levare una voce dissonante dal coro di sperticati elogi che questa pellicola sta riscuotendo in giro.
Lo svolgimento è lento, e va bene, Cheyenne (il protagonista), una specie di Boy George ai giorni nostri, è lento nel muoversi e nel parlare, e va bene. Ma, cristosanto, pure le scene al rallentatore mi devi girare, manca solo il fotogramma per fotogramma.
Poi c’è l’America, decisamente troppo America e troppa America. Troppo, perché i luoghi comuni ci son tutti (ce n’è qualcuno anche extra America, tipo il caffè di Napoli, ma questo mi sa che dobbiamo passarglielo al Sorre’) dal God bless America al pickup, dalle armi facili al genio inventore, dalla comunità ebraica di new York all'amerindio. Troppa, perché l’itinerario che Cheyenne percorre, pur non essendo propriamente un giro turistico, va a toccare un po’ le mete classiche dei tour negli States. Bastava meno.
Mancavano soltanto il tacchino e il monte Rushmore, ma suppongo che per il fatto che non compaiono dobbiamo SOLO ringraziare il montatore.
C’è una banalità estrema in alcuni stralci della trama, anche nei dettagli, degna del peggior B-movie, tipo la mano che pesca nella tasca della pistola e se n’esce con una fotocamera, l’agognata vendetta che si trasforma in uno scontato perdono o la sciroccata alla finestra che aspetta a gloria il figlio Tony per tutto il tempo e alla fine questo arriva, eccolo là col suo giacchetto fico e il capello a omino, solo che non è lui, e questo a metà film s’era già bello che capito.
E poi ci son le stronzate, quelle che con particolare magnanimità – o meglio snobismo – potrebbero anche essere definite perle visionarie alla Tim Burton o, perché no, citazioni felliniane, ma che restano stronzate. Chessò, il pattinatore che batte la musata, il bisonte alla finestra o – su tutte – il demente che passa vestito da Batman in quella notte di pioggia fitta e che si saluta con Cheyenne.
Alla fine il film è un colorato collage di personaggi borderline presi e messi lì al solo scopo di utilizzarli perché ci illuminino su determinate questioni. Aforismi, pensieri e teorie che fioriscono come tulipani a maggio nella composita cervellotica di Sorrentino e che lui desidera fortemente propinarci. Potrei pure apprezzarle, ma in un contesto diverso.
No, non deve essere questo il loro posto.
E comunque, prendete Sean Penn, conciatelo a quel modo e calatelo in una qualsiasi storia del cazzo e lui la terrà su, pure dovesse solo portare la merenda alla nonna.
p.s. Paolo... ti prego: Torna a Sorrentino.
26 ottobre 2011
Brigate Anti CaptcHa
Un'ora segnata dal destino batte nel cielo della blogosfera. L'ora delle decisioni irrevocabili. La dichiarazione di guerra al captcha è stata consegnata. La trovate nei migliori blog.
Il captcha, l’insieme sbilenco e asimmetrico di lettere che, non solo non ci rende più umani ma, come ha recentemente stabilito un’equipe di ricercatori cechi, provoca pure danni permanenti alla vista.
Vi chiedo: siete con noi? Scegliete il vostro destino! Non sono ammesse mezze misure, niente compromessi, in quale scarpa volete infilare il vostro piede. Siete Marta o Maddalena, limonata o camomilla? Siete da potta o siete da culo?
Istruzioni per i combattenti - da seguire quando postate un messaggio e la piattaforma vi richiede il captcha.
(indossare la fascia sulla fronte come da foto)
1. Digitare la sequenza di lettere corretta nell’apposito spazio
2. NON inviare il vostro commento (non ancora)
3. Copiare il captcha appena digitato
4. Entrare in Modifica sul vostro messaggio
5. Incollare l’assurda sequenza di lettere in coda al vostro testo, a mo’ di firma
6. Inviare
BACH (Brigate Anti CaptcHa)
In fuga dalla verifica parole.
(nella foto Ansa-Cimmino il capo dei brigatisti: Il Captchatore)
Il captcha, l’insieme sbilenco e asimmetrico di lettere che, non solo non ci rende più umani ma, come ha recentemente stabilito un’equipe di ricercatori cechi, provoca pure danni permanenti alla vista.
Vi chiedo: siete con noi? Scegliete il vostro destino! Non sono ammesse mezze misure, niente compromessi, in quale scarpa volete infilare il vostro piede. Siete Marta o Maddalena, limonata o camomilla? Siete da potta o siete da culo?
Istruzioni per i combattenti - da seguire quando postate un messaggio e la piattaforma vi richiede il captcha.
(indossare la fascia sulla fronte come da foto)
1. Digitare la sequenza di lettere corretta nell’apposito spazio
2. NON inviare il vostro commento (non ancora)
3. Copiare il captcha appena digitato
4. Entrare in Modifica sul vostro messaggio
5. Incollare l’assurda sequenza di lettere in coda al vostro testo, a mo’ di firma
6. Inviare
BACH (Brigate Anti CaptcHa)
In fuga dalla verifica parole.
(nella foto Ansa-Cimmino il capo dei brigatisti: Il Captchatore)
25 ottobre 2011
Icona scatologica
Per anni ci siamo preoccupati delle figure di merda alle quali il presidente del consiglio ha esposto il nostro Paese, anche SOLO per il fatto di esserne il suo più quotato rappresentante.
E non parlo di processi, di condanne, di corruzione… voglio ricordare le corna nelle foto, le barzellette, le sbirciate ai culi o ai decollete, le tesi su Obama abbronzato, i baciamano ai dittatori, l’imperversare dei bunga-bunga, il lettone di Putin, le D’addario di turno, i crocifissi fra le tette, le definizioni coprologiche dell’Italia appunto, gli apprezzamenti alla culona inchiavabile o alla bellezza/intelligenza della Bindi.
Per anni ci siamo preoccupati dell’immagine che la nostra Italia stava proiettando all’estero, un’immagine sbiadita, sfocata di un Paese in declino economico, politico ma soprattutto morale. Per anni abbiamo visto l’Italia involvere sempre più verso la macchietta di un Paese.
E adesso che alla Merkel e a Sarkozy, viene servita su un vassoio d’argento la possibilità di prendersi una piccola rivincita, di far capire al mondo a quanta pazienza e compassione debbano ricorrere per trattare con il nostro, adesso ci stupiamo? O, peggio ancora, ci irritiamo o ci sentiamo offesi o toccati nel nostro sentimento patriottico? Ci sentiamo umiliati?
Ma per favore! Ma di cosa stiamo parlando?
Devo leggere che Prodi si è sentito “Irritato dalle risate di Sarkozy”?
Anch’io sono irritato dalle risate di Sarkozy.
Troppo poche.
E non parlo di processi, di condanne, di corruzione… voglio ricordare le corna nelle foto, le barzellette, le sbirciate ai culi o ai decollete, le tesi su Obama abbronzato, i baciamano ai dittatori, l’imperversare dei bunga-bunga, il lettone di Putin, le D’addario di turno, i crocifissi fra le tette, le definizioni coprologiche dell’Italia appunto, gli apprezzamenti alla culona inchiavabile o alla bellezza/intelligenza della Bindi.
Per anni ci siamo preoccupati dell’immagine che la nostra Italia stava proiettando all’estero, un’immagine sbiadita, sfocata di un Paese in declino economico, politico ma soprattutto morale. Per anni abbiamo visto l’Italia involvere sempre più verso la macchietta di un Paese.
E adesso che alla Merkel e a Sarkozy, viene servita su un vassoio d’argento la possibilità di prendersi una piccola rivincita, di far capire al mondo a quanta pazienza e compassione debbano ricorrere per trattare con il nostro, adesso ci stupiamo? O, peggio ancora, ci irritiamo o ci sentiamo offesi o toccati nel nostro sentimento patriottico? Ci sentiamo umiliati?
Ma per favore! Ma di cosa stiamo parlando?
Devo leggere che Prodi si è sentito “Irritato dalle risate di Sarkozy”?
Anch’io sono irritato dalle risate di Sarkozy.
Troppo poche.
24 ottobre 2011
Alle poste
C’era questo cuginetto tirato su in una famiglia snobbizzata, cioè erano dei coglioni tipo noi ma volevano passare per quelli che l'invitano nei salotti bene a sparar cazzate.
Il bambino, tale Danilo, doveva sottostare suppergiù alle nostre regole educative solo un gradino più stringenti.
Noi si pranzava a mezzogiorno e mezzo e Danilo alle due, noi si masticava a bocca chiusa lui doveva pure respirare a bocca chiusa, noi si leggeva Diabolik e lui Il Giornalino, noi ci s’aveva le scarpe da ginnastica anche per andare alla messa e lui le scarpe da avvocato pure per giocare a pallone.
A casa nostra non si potevano dire parolacce e a casa sua non si potevano dire paroline. Il vocabolo “parolaccia” con quel brutto suffisso dispregiativo era bandito, perché rappresentava un insieme di parole vietate nelle famiglie plebee. Dagli snob l’insieme di quei vocaboli indicibili che, di riffa o di raffa, il buon Danilo importava dalla scuola materna erano etichettati come “paroline”.
Danilo, questa è una brutta parolina / Non si dicono le paroline / Guai a te se ti sento ancora che ripeti le paroline.
Un mattino di un giorno qualunque mamma snob va alle Poste a pagare un bollettino recando seco il piccolino che canticchia a voce alta, come fanno i bambini. Chessò, immaginiamoci il motivetto di Furia Cavallo del West.
- LA LA LALLALLALLALLA’ LA LALLALLALLALLA’ LALLALLALLALLA’ LALLA’ LALLALLA’’ LALLALLA’…
L’impiegata delle Poste ascolta rapita la performance canora di Danilo e guarda ammirata la mamma snob la quale, in quel momento, si sente ripagata di tutte le camicie che il suo ruolo di educatrice intransigente le ha fatto sudare, e si scioglie. Proprio. Quasi.
Finché l’impiegata fa:
- Che bellino! Ma come canti bene, piccolino. Proprio una bella canzoncina. Ma le paroline, le paroline, non le sai?
- Certo: bucaiola, merdaiola, vaffanculo!
p.s. snobbi si nasce.
Il bambino, tale Danilo, doveva sottostare suppergiù alle nostre regole educative solo un gradino più stringenti.
Noi si pranzava a mezzogiorno e mezzo e Danilo alle due, noi si masticava a bocca chiusa lui doveva pure respirare a bocca chiusa, noi si leggeva Diabolik e lui Il Giornalino, noi ci s’aveva le scarpe da ginnastica anche per andare alla messa e lui le scarpe da avvocato pure per giocare a pallone.
A casa nostra non si potevano dire parolacce e a casa sua non si potevano dire paroline. Il vocabolo “parolaccia” con quel brutto suffisso dispregiativo era bandito, perché rappresentava un insieme di parole vietate nelle famiglie plebee. Dagli snob l’insieme di quei vocaboli indicibili che, di riffa o di raffa, il buon Danilo importava dalla scuola materna erano etichettati come “paroline”.
Danilo, questa è una brutta parolina / Non si dicono le paroline / Guai a te se ti sento ancora che ripeti le paroline.
Un mattino di un giorno qualunque mamma snob va alle Poste a pagare un bollettino recando seco il piccolino che canticchia a voce alta, come fanno i bambini. Chessò, immaginiamoci il motivetto di Furia Cavallo del West.
- LA LA LALLALLALLALLA’ LA LALLALLALLALLA’ LALLALLALLALLA’ LALLA’ LALLALLA’’ LALLALLA’…
L’impiegata delle Poste ascolta rapita la performance canora di Danilo e guarda ammirata la mamma snob la quale, in quel momento, si sente ripagata di tutte le camicie che il suo ruolo di educatrice intransigente le ha fatto sudare, e si scioglie. Proprio. Quasi.
Finché l’impiegata fa:
- Che bellino! Ma come canti bene, piccolino. Proprio una bella canzoncina. Ma le paroline, le paroline, non le sai?
- Certo: bucaiola, merdaiola, vaffanculo!
p.s. snobbi si nasce.
22 ottobre 2011
C'è potta pottino?
L'ho fatto, ho adottato anch'io una parola e ringrazio Mauro Zucconi per aver segnalato l'iniziativa nel suo blog come diventare il mio cane.
Appena ho letto mi sono precipitato sul sito La Dante per farmi affidare il mio lemma da custodire, da proteggere, da divulgare.
Mi ritengo un appassionato della parola, ho profondo rispetto e attenzione per la mia lingua e sono spesso alla ricerca di spunti divertenti che affondano le radici nella parola giocata (modificata, distorta, assonante, troncata, zeppata).
Amo le sequenze di lettere dalle memorabili sfide con gli amici a Paroliamo, davanti a TMC e a Lea Pericoli, fino alle evoluzioni enigmistiche in generale e rebussistiche in particolare.
Quindi, propormi di adottare una parola era un po' come invitare la lepre a correre.
Ho provato a scegliere delle parole sfiziose dalla lista che il sito stesso proponeva, ma risultavano tutte già adottate e, per esse, potevo diventare solo un sostenitore. No, non lo so cosa dovessi fare come sostenitore di "fisima" o "ghirigoro", ma non lo voglio nemmeno sapere. Volevo essere protagonista.
È stato allora che ho notato la casella con il cerca (ultimamente non ho un buon rapporto con queste caselle) e mi son messo a cercare parole strambe che mi venivano in mente. Dopo pochi tentativi sono arrivato a digitare una parola feticcio che usavamo io e Leo ai tempi della scuola, per noi era un aggettivo in stile jolly, la si diceva affinché gli altri non capissero e strabuzzassero gli occhi per la nostra impressionante cultura. Sì, eravamo dei coglioni.
La parola in questione è "pottiniccio" e, come si può facilmente immaginare era adottabilissima. Stavo per nuntiare vobis gaudium magnum quando mi sono reso conto che non conoscevo il suo reale significato, apro lo Zingarelli e leggo intanto che è un sostantivo e non un aggettivo e che significa fanghiglia, oltretutto è pure un toscanismo.
Ma l'occhio si sa è ballerino (se non si sa lo dico io) e il mio decide di fare due salti più in alto dove s'imbatte in un diverso lemma di tutt'altro spessore emotivo e organico: potta.
Seguo il segnale, per dirla alla Coelho, clicco su potta e prego: libera, libera, libera.
Potta risulta libera e adottabile. In un battibaleno, prima che me lafregnino freghino, confermo il tutto e riempio il modulo d'iscrizione. Per un anno è mia, almeno questa, e me la gestisco io.
Con l'adozione, tra l'altro mi impegno a segnalare al sito, quando eventualmente ne venga a conoscenza, i casi in cui la parola viene usata in modo non adeguato e, inoltre, mi impegno ad usare la parola scelta tutte le volte che se ne presenterà l'occasione.
Una vera pacchia!
Per chi non ne fosse a conoscenza, il significato della mia parola (volg.) è vulva.
Ora siccome ho preso gli impegni di cui sopra per l'uso adeguato della stessa, mi sbizzarrisco un minimo qui nelle variazioni sul tema, prima di farmi coscienzioso alfiere del vocabolo a me affidato.
Potta
Appena ho letto mi sono precipitato sul sito La Dante per farmi affidare il mio lemma da custodire, da proteggere, da divulgare.
Mi ritengo un appassionato della parola, ho profondo rispetto e attenzione per la mia lingua e sono spesso alla ricerca di spunti divertenti che affondano le radici nella parola giocata (modificata, distorta, assonante, troncata, zeppata).
Amo le sequenze di lettere dalle memorabili sfide con gli amici a Paroliamo, davanti a TMC e a Lea Pericoli, fino alle evoluzioni enigmistiche in generale e rebussistiche in particolare.
Quindi, propormi di adottare una parola era un po' come invitare la lepre a correre.
Ho provato a scegliere delle parole sfiziose dalla lista che il sito stesso proponeva, ma risultavano tutte già adottate e, per esse, potevo diventare solo un sostenitore. No, non lo so cosa dovessi fare come sostenitore di "fisima" o "ghirigoro", ma non lo voglio nemmeno sapere. Volevo essere protagonista.
È stato allora che ho notato la casella con il cerca (ultimamente non ho un buon rapporto con queste caselle) e mi son messo a cercare parole strambe che mi venivano in mente. Dopo pochi tentativi sono arrivato a digitare una parola feticcio che usavamo io e Leo ai tempi della scuola, per noi era un aggettivo in stile jolly, la si diceva affinché gli altri non capissero e strabuzzassero gli occhi per la nostra impressionante cultura. Sì, eravamo dei coglioni.
La parola in questione è "pottiniccio" e, come si può facilmente immaginare era adottabilissima. Stavo per nuntiare vobis gaudium magnum quando mi sono reso conto che non conoscevo il suo reale significato, apro lo Zingarelli e leggo intanto che è un sostantivo e non un aggettivo e che significa fanghiglia, oltretutto è pure un toscanismo.
Ma l'occhio si sa è ballerino (se non si sa lo dico io) e il mio decide di fare due salti più in alto dove s'imbatte in un diverso lemma di tutt'altro spessore emotivo e organico: potta.
Seguo il segnale, per dirla alla Coelho, clicco su potta e prego: libera, libera, libera.
Potta risulta libera e adottabile. In un battibaleno, prima che me la
Con l'adozione, tra l'altro mi impegno a segnalare al sito, quando eventualmente ne venga a conoscenza, i casi in cui la parola viene usata in modo non adeguato e, inoltre, mi impegno ad usare la parola scelta tutte le volte che se ne presenterà l'occasione.
Una vera pacchia!
Per chi non ne fosse a conoscenza, il significato della mia parola (volg.) è vulva.
Ora siccome ho preso gli impegni di cui sopra per l'uso adeguato della stessa, mi sbizzarrisco un minimo qui nelle variazioni sul tema, prima di farmi coscienzioso alfiere del vocabolo a me affidato.
Potta
- Dall'etimo incerto, pare che Adamo quando scoprì che Eva la faceva vedere in giro, l'apostrofò con un "Pottana Eva".
- Possedere e saper usare la potta dà un indiscusso potere: il pottére. Da cui "Il pottére logora (la mano di) chi non ce l'ha".
- Al Cinema: Il giovane attore inglese interprete del maghetto della Rowling è assediato dalle fan e viene scritturato per un film sulla sua nuova vita: Harry Potta.
21 ottobre 2011
Come eliminare il captcha da Blogspot
Ovvero farsi commentare anche da chi è troppo pigro per digitare un captcha o troppo stupido per capirlo.
Amici di blogspot... se amate dedicarvi ad attività difficili da pronunciare, dopo aver conquistato la Kamchatka, vi consiglio di cassare il captcha dai vostri blog.
Sì, lo so, non tutti ce l'hanno attivo, ma siccome io c'ho messo una giornata per trovare il modo di toglierlo nonostante le preziose informazioni reperite in alberto cane blog voglio andare incontro a tutti i blogger che magari non c'hanno ancora pensato, o hanno rimandato per mancanza di voglia di documentarsi, o per quelli che magari ci pensano adesso.
Togliamo 'sto captcha, che come dice il buon vecchio Fornax non serve a nessuno, in ogni caso io l'ho fatto. Semmai state pronti e al primo ideogramma cinese nei commenti correte ai ripari e reinseritelo il captcha oppure fuggite in Kamchatka, fate voi, basta che non vi nascondiate in una buca, ecco.
Per farlo, visto che non riuscivo, ho cercato in rete, ma nessuno pareva avere il problema, nessun forum a spiegare passo passo cosa inventarsi per cavare via la fastidiosa verifica parole. Troppo facile perfino per scrivere due righe.
Sì, era chiaro che ci si doveva sbattere tra le impostazioni e i commenti, ma del verifica parole nessuna traccia. Sarà che l'hanno messo obbligatorio, penso io, sarà per difendersi dagli spider informatici sguinzagliati da Julian Assange!
Poi, l'intuizione, la cazzo di "Interfaccia aggiornata di blogger" è lei la sola e unica responsabile, altro che wikileaks. Infatti, nella nuova interfaccia MANCA la possibilità di disattivare la funzione captcha che pure c'era prima.
Quindi, in soldoni, prima tornare all'interfaccia classica e poi seguire il percorso bacheca-impostazioni-commenti e andare a sbaffare il "No" nell'opzione "Mostra la verifica parole per i commenti".
p.s. se qualcuno trova la funzionalità anche nell'interfaccia aggiornata pregasi non sputtanarmi in pubblico, almeno non troppo, ecco. E comunque, nel caso, l'hanno reinserita a valle del mio post. Paura, eh?
-----------------------------------------------------------
Edit febbraio 2013:
In effetti adesso c'è la possibilità anche dall'interfaccia nuova (probabilmente perché non è più possibile tornare alla vecchia).
Andare in Impostazioni -> Post e commenti e posizionarsi sul "No" alla voce Mostra test di verifica.
Amici di blogspot... se amate dedicarvi ad attività difficili da pronunciare, dopo aver conquistato la Kamchatka, vi consiglio di cassare il captcha dai vostri blog.
Sì, lo so, non tutti ce l'hanno attivo, ma siccome io c'ho messo una giornata per trovare il modo di toglierlo nonostante le preziose informazioni reperite in alberto cane blog voglio andare incontro a tutti i blogger che magari non c'hanno ancora pensato, o hanno rimandato per mancanza di voglia di documentarsi, o per quelli che magari ci pensano adesso.
Togliamo 'sto captcha, che come dice il buon vecchio Fornax non serve a nessuno, in ogni caso io l'ho fatto. Semmai state pronti e al primo ideogramma cinese nei commenti correte ai ripari e reinseritelo il captcha oppure fuggite in Kamchatka, fate voi, basta che non vi nascondiate in una buca, ecco.
Per farlo, visto che non riuscivo, ho cercato in rete, ma nessuno pareva avere il problema, nessun forum a spiegare passo passo cosa inventarsi per cavare via la fastidiosa verifica parole. Troppo facile perfino per scrivere due righe.
Sì, era chiaro che ci si doveva sbattere tra le impostazioni e i commenti, ma del verifica parole nessuna traccia. Sarà che l'hanno messo obbligatorio, penso io, sarà per difendersi dagli spider informatici sguinzagliati da Julian Assange!
Poi, l'intuizione, la cazzo di "Interfaccia aggiornata di blogger" è lei la sola e unica responsabile, altro che wikileaks. Infatti, nella nuova interfaccia MANCA la possibilità di disattivare la funzione captcha che pure c'era prima.
Quindi, in soldoni, prima tornare all'interfaccia classica e poi seguire il percorso bacheca-impostazioni-commenti e andare a sbaffare il "No" nell'opzione "Mostra la verifica parole per i commenti".
p.s. se qualcuno trova la funzionalità anche nell'interfaccia aggiornata pregasi non sputtanarmi in pubblico, almeno non troppo, ecco. E comunque, nel caso, l'hanno reinserita a valle del mio post. Paura, eh?
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Edit febbraio 2013:
In effetti adesso c'è la possibilità anche dall'interfaccia nuova (probabilmente perché non è più possibile tornare alla vecchia).
Andare in Impostazioni -> Post e commenti e posizionarsi sul "No" alla voce Mostra test di verifica.
20 ottobre 2011
Caccia al ladro
Quando mi sono entrati i ladri in casa, due anni fa, sono corso ai ripari installando un bel sistema di allarme. Fatto sta che questo affare suona a ogni piè sospinto. Passa un camion troppo grosso e suona, passa un'auto troppo forte e suona, passa uno stormo d'uccelli scagazzando sulla sirena e suona, passa un citto che dice "Bu" e suona, passa uno con una faccia strana e suona, passa Paperino colla pipa in bocca e suona.
E quando scatta l'allarme parte tutta una procedura, oltre al sibilo assordante della sirena. Telefonata al cellulare mio, poi a quello di mia moglie, poi ancora al mio e al suo, poi al mio e al suo, tre volte prima che il gallo canti insomma. E perché abbiamo avuto l'intuizione di non coinvolgere carabinieri o vigilanti privati, ché costano una sassata.
Ora, a casa da me da rubare non c'è niente, tanto per rendervi l'idea si son fregati 150 euro dal portafoglio e tre paia di scarpe nuove mie, due adidas e uno timberland, però quando degli sconosciuti ti entrano in casa può dare noia, è un po' come i cugini a Natale.
I carabinieri mi rassicurarono e mi dissero che avrebbero fatto il possibile per prenderli, quanti uomini potranno mai esserci con il 43 di piede?
Il problema dei falsi allarmi viene sempre minimizzato dagli installatori che, come da copione, quando vengono a controllare non trovano niente di anomalo e tu fai la figura dello stronzo.
I vicini invece tendono a massimizzarlo. Mentre all'inizio la rogna era quella di venire via dall'ufficio, dopo che c'eri appena arrivato, e filare a casa a caccia dei ladri, col passare del tempo e il ripetersi del fenomeno i problemi principali sono diventati due: sopportare gli squilli ripetuti del telefono che magari attacca a chiamarti mentre sei al caffè e, soprattutto, la sera, le lamentele dei vicini.
- Non è che dia noia, ma sai quest'allarme è partito anche oggi, due volte.
- Eh, sì lo so, scusi Milena.
- Ma mica per me eh? Che vuoi, ma il mi' marito è debole di cuore e questo coso parte a sorpresa.
- Sì dovrò farlo verificare dagli elettricisti, scusi.
- Li ho visti sì l'altra volta, gli elettricisti... tira via il barbuto, ma quello pelato mah, mi sembrava bono solo a sfumacchiare.
- No ma stavolta chiamo quelli bravi, sento una ditta specializzata.
- Bene. No perché abbiamo guardato anche noi e non c'era nessuno in giro, ma proprio nessuno, né oggi, né l'altro giorno, né la volta prima...
- Ho capito, scusi Milena.
- Sì, perché insomma questa sirena...
Sono arrivato al punto che quando mi arriva la chiamata sul cellulare da parte di "casa allarme" devo sperare che siano i ladri.
E quando scatta l'allarme parte tutta una procedura, oltre al sibilo assordante della sirena. Telefonata al cellulare mio, poi a quello di mia moglie, poi ancora al mio e al suo, poi al mio e al suo, tre volte prima che il gallo canti insomma. E perché abbiamo avuto l'intuizione di non coinvolgere carabinieri o vigilanti privati, ché costano una sassata.
Ora, a casa da me da rubare non c'è niente, tanto per rendervi l'idea si son fregati 150 euro dal portafoglio e tre paia di scarpe nuove mie, due adidas e uno timberland, però quando degli sconosciuti ti entrano in casa può dare noia, è un po' come i cugini a Natale.
I carabinieri mi rassicurarono e mi dissero che avrebbero fatto il possibile per prenderli, quanti uomini potranno mai esserci con il 43 di piede?
Il problema dei falsi allarmi viene sempre minimizzato dagli installatori che, come da copione, quando vengono a controllare non trovano niente di anomalo e tu fai la figura dello stronzo.
I vicini invece tendono a massimizzarlo. Mentre all'inizio la rogna era quella di venire via dall'ufficio, dopo che c'eri appena arrivato, e filare a casa a caccia dei ladri, col passare del tempo e il ripetersi del fenomeno i problemi principali sono diventati due: sopportare gli squilli ripetuti del telefono che magari attacca a chiamarti mentre sei al caffè e, soprattutto, la sera, le lamentele dei vicini.
- Non è che dia noia, ma sai quest'allarme è partito anche oggi, due volte.
- Eh, sì lo so, scusi Milena.
- Ma mica per me eh? Che vuoi, ma il mi' marito è debole di cuore e questo coso parte a sorpresa.
- Sì dovrò farlo verificare dagli elettricisti, scusi.
- Li ho visti sì l'altra volta, gli elettricisti... tira via il barbuto, ma quello pelato mah, mi sembrava bono solo a sfumacchiare.
- No ma stavolta chiamo quelli bravi, sento una ditta specializzata.
- Bene. No perché abbiamo guardato anche noi e non c'era nessuno in giro, ma proprio nessuno, né oggi, né l'altro giorno, né la volta prima...
- Ho capito, scusi Milena.
- Sì, perché insomma questa sirena...
Sono arrivato al punto che quando mi arriva la chiamata sul cellulare da parte di "casa allarme" devo sperare che siano i ladri.
19 ottobre 2011
Per Elisa
Ovvero Il padrino parte seconda.
Una volta, quando ancora la Chiesa non mi aveva scomunicato per la mia improvvida adesione alle aperture della legge Fortuna, ero molto richiesto sul fronte battesimale. Così sono stato richiamato la prima volta da mia sorella, per mia nipote, ed è stato quando sono arrivato alla cerimonia in anticipo su tutti perché ero nella fase Il Padrino parte prima.
Le mie figliocce salirono a due, quando il buon Giacomo (sì quello che mi chiama Ciccio) mi precettò per il ruolo di padrino, anzi semipadrino perché c'era pure la Betta, per la sua primogenita, l'Elisa appunto. Era il 1996 e la pupa aveva finalmente visto la luce dopo una gravidanza da non prendere sotto tacco.
Approfitto quindi per fare un uso privato del blog pubblico e postare i miei più cari auguri alla mia figlioccia Elisa (vedi foto).
Di una cosa, Elisa, mi scuso... di averti costretto in quel di Tarquinia a sciropparti 15 puntate di Dragonball con quella cazzo di sfera di energia che veniva dal cielo e giù e giù senza arrivare mai, quando invece tu avevi espresso chiaramente la tua volontà: "Epperò io volevo colorare!".
Spero che poi ti sia potuta sfogare colorando uno, dieci e mille fogli così come hai colorato vivacemente le vite di Giacomo e Lucia.
E scusami anche per Pietro, lo so quanto possano essere fastidiosi i fratelli minori, probabilmente se non andavo a tirarlo via io stava ancora impalato là, nel corso di Massa Marittima. Capita a tutti di sbagliare, non farmene una colpa.
Certo, con i genitori che ti ritrovi, il mio ruolo è svilito assai, per dirla tutta mi sento mobbizzato come padrino. Mai una volta che ci sia stato un bisogno chessò di portarti a pallavolo o di venirti a pigliare davanti a una discoteca. Ti giuro che l'avrei fatto volentieri, scommetto che hai un sacco di amiche con le mamme bone.
Vabbè, seddarcaso fischia e io arriverò al galoppo, manco fossi il cavallo di Zorro.
The last but not the least I want to say goodbye in English so I'm sure your father will not undestand these words although exists Google Translate. I embrace you and send you a big kiss. Your godfather.
Ti lascio con un testo dei Vicini di casa, trattasi non di Cinesi di via di Peretola e nemmeno dei miei dal cantiere sempiterno, sono un gruppo musicale degli anni '70 che si eran presi la briga di descrivere quest'età (15 anni) che non ritorna. A dirlo a te, a me non sono tornati indietro nemmeno i sedici, i trentotto o i quarantaquattro. Tienilo a mente.
Ti ricordi più i nostri quindic'anni
sulla strada della scuola
ci s'incontrava
e parlando del più e del meno
dei nostri affanni con la radio sull'orecchio
si sentiva:
"I'm so young and you're so old
this my darling I've been told"
e quando uscivamo dal liceo
prendevamo insieme il primo tram al volo
e scandalizzando un prete mi baciavi
e guardandomi negl'occhi sussurravi:
"oh Carol I am but a fool
darling I love you though you treat me cruel"
quindic'anni quindic'anni quindic'anni
poesia di un'età che non ritorna
sulla bicicletta in due senza mani
matti come due cavalli io e te..
ogni sabato io ti aspettavo in casa
ma la geografia era una scusa
tu sapevi che correvi certi rischi
quando al buio sentivamo il giradischi:
"forever love me forever
forever say you'll be mine"
quindic'anni quindic'anni quindic'anni
poesia di un'età che non ritorna
una sigaretta un prato e le canzoni
i padroni del domani io e..
..anni quindic'anni quindic'anni
poesia di un'età che non ritorna
sulla bicicletta in due senza mani
matti come due cavalli io e te...
E se li volete riascoltare 'sti 15 anni...
Una volta, quando ancora la Chiesa non mi aveva scomunicato per la mia improvvida adesione alle aperture della legge Fortuna, ero molto richiesto sul fronte battesimale. Così sono stato richiamato la prima volta da mia sorella, per mia nipote, ed è stato quando sono arrivato alla cerimonia in anticipo su tutti perché ero nella fase Il Padrino parte prima.
Le mie figliocce salirono a due, quando il buon Giacomo (sì quello che mi chiama Ciccio) mi precettò per il ruolo di padrino, anzi semipadrino perché c'era pure la Betta, per la sua primogenita, l'Elisa appunto. Era il 1996 e la pupa aveva finalmente visto la luce dopo una gravidanza da non prendere sotto tacco.
Approfitto quindi per fare un uso privato del blog pubblico e postare i miei più cari auguri alla mia figlioccia Elisa (vedi foto).
Di una cosa, Elisa, mi scuso... di averti costretto in quel di Tarquinia a sciropparti 15 puntate di Dragonball con quella cazzo di sfera di energia che veniva dal cielo e giù e giù senza arrivare mai, quando invece tu avevi espresso chiaramente la tua volontà: "Epperò io volevo colorare!".
Spero che poi ti sia potuta sfogare colorando uno, dieci e mille fogli così come hai colorato vivacemente le vite di Giacomo e Lucia.
E scusami anche per Pietro, lo so quanto possano essere fastidiosi i fratelli minori, probabilmente se non andavo a tirarlo via io stava ancora impalato là, nel corso di Massa Marittima. Capita a tutti di sbagliare, non farmene una colpa.
Certo, con i genitori che ti ritrovi, il mio ruolo è svilito assai, per dirla tutta mi sento mobbizzato come padrino. Mai una volta che ci sia stato un bisogno chessò di portarti a pallavolo o di venirti a pigliare davanti a una discoteca. Ti giuro che l'avrei fatto volentieri, scommetto che hai un sacco di amiche con le mamme bone.
Vabbè, seddarcaso fischia e io arriverò al galoppo, manco fossi il cavallo di Zorro.
The last but not the least I want to say goodbye in English so I'm sure your father will not undestand these words although exists Google Translate. I embrace you and send you a big kiss. Your godfather.
Ti lascio con un testo dei Vicini di casa, trattasi non di Cinesi di via di Peretola e nemmeno dei miei dal cantiere sempiterno, sono un gruppo musicale degli anni '70 che si eran presi la briga di descrivere quest'età (15 anni) che non ritorna. A dirlo a te, a me non sono tornati indietro nemmeno i sedici, i trentotto o i quarantaquattro. Tienilo a mente.
Ti ricordi più i nostri quindic'anni
sulla strada della scuola
ci s'incontrava
e parlando del più e del meno
dei nostri affanni con la radio sull'orecchio
si sentiva:
"I'm so young and you're so old
this my darling I've been told"
e quando uscivamo dal liceo
prendevamo insieme il primo tram al volo
e scandalizzando un prete mi baciavi
e guardandomi negl'occhi sussurravi:
"oh Carol I am but a fool
darling I love you though you treat me cruel"
quindic'anni quindic'anni quindic'anni
poesia di un'età che non ritorna
sulla bicicletta in due senza mani
matti come due cavalli io e te..
ogni sabato io ti aspettavo in casa
ma la geografia era una scusa
tu sapevi che correvi certi rischi
quando al buio sentivamo il giradischi:
"forever love me forever
forever say you'll be mine"
quindic'anni quindic'anni quindic'anni
poesia di un'età che non ritorna
una sigaretta un prato e le canzoni
i padroni del domani io e..
..anni quindic'anni quindic'anni
poesia di un'età che non ritorna
sulla bicicletta in due senza mani
matti come due cavalli io e te...
E se li volete riascoltare 'sti 15 anni...
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18 ottobre 2011
Rosa Rosae
La droga pesante produce effetti sul sistema nervoso centrale ed ha la capacità di determinare dipendenza fisica e psichica. Il fantacalcio è una droga pesante. Il fantacalcio produce effetti – GRAVI – sul sistema nervoso centrale e ha la capacità di determinare dipendenza – FORTE – fisica e psichica.
Alle 17,30 si chiude, mezz’ora prima dell’anticipo del sabato. È adesso che tutto si compie e il destino della tua squadra si separa dalla tua volontà.
- Furio, ci sei? (mia moglie)
- Quasi, dammi dieci minuti.
La Gazzetta, accanto al piccì, alla pagina delle formazioni: rosa, e infallibile. Due finestre del browser su siti sportivi a caccia di news. In un’altra c’è la tua rosa di fantacalciatori in modifica, pronta per il ritocco decisivo alla formazione. E poi, a vista, nei preferiti/fantacalcio una sfilza di siti, ufficiali e non, legati alle squadre di serie A con scoop e pettegolezzi. Tutto fa!
Basta poco per trascinare il tuo weekend nel buco nero di un’autorete o di un rigore sbagliato, occorre agire di fino.
Il fantacalcio devia il tuo modo di pensare di tifoso e di uomo, e lo ficca in un pertugio angusto privo di logica e spesso avulso dai più sani principi di convivenza e di buonsenso. La domenica non è più quella di PRIMA. Se sei bravo, riesci ancora a muoverti nei percorsi familiari e sociali velato da una normalità sottile e fittizia, ma sotto quel velo freme il desiderio perverso che i tuoi uomini comincino a segnare a raffica e tu possa scalare la classifica.
Mi metto al lavoro. Leggo di guai muscolari, di serate in discoteca, di nuove fidanzate e di bioritmi di un mazzo di calciatori e definisco gli undici nomi. E compro e vendo, sposto in panca e mando in tribuna: ci siamo.
Guardo la mia squadra, seducente sul video, maliziosa, pare ancheggiare. Premo INVIO e la sparo nei meandri di gazzettapuntoittì!
Solo domani saprò se mi ha davvero sedotto o seppure, semplicemente abbandonato.
- Furiooo, allora?
- Sì, arrivo…
Il più è fatto, per quello che mi frega, si può pure andare all'IKEA.
p.s. ah, ne sono uscito.
Alle 17,30 si chiude, mezz’ora prima dell’anticipo del sabato. È adesso che tutto si compie e il destino della tua squadra si separa dalla tua volontà.
- Furio, ci sei? (mia moglie)
- Quasi, dammi dieci minuti.
La Gazzetta, accanto al piccì, alla pagina delle formazioni: rosa, e infallibile. Due finestre del browser su siti sportivi a caccia di news. In un’altra c’è la tua rosa di fantacalciatori in modifica, pronta per il ritocco decisivo alla formazione. E poi, a vista, nei preferiti/fantacalcio una sfilza di siti, ufficiali e non, legati alle squadre di serie A con scoop e pettegolezzi. Tutto fa!
Basta poco per trascinare il tuo weekend nel buco nero di un’autorete o di un rigore sbagliato, occorre agire di fino.
Il fantacalcio devia il tuo modo di pensare di tifoso e di uomo, e lo ficca in un pertugio angusto privo di logica e spesso avulso dai più sani principi di convivenza e di buonsenso. La domenica non è più quella di PRIMA. Se sei bravo, riesci ancora a muoverti nei percorsi familiari e sociali velato da una normalità sottile e fittizia, ma sotto quel velo freme il desiderio perverso che i tuoi uomini comincino a segnare a raffica e tu possa scalare la classifica.
Mi metto al lavoro. Leggo di guai muscolari, di serate in discoteca, di nuove fidanzate e di bioritmi di un mazzo di calciatori e definisco gli undici nomi. E compro e vendo, sposto in panca e mando in tribuna: ci siamo.
Guardo la mia squadra, seducente sul video, maliziosa, pare ancheggiare. Premo INVIO e la sparo nei meandri di gazzettapuntoittì!
Solo domani saprò se mi ha davvero sedotto o seppure, semplicemente abbandonato.
- Furiooo, allora?
- Sì, arrivo…
Il più è fatto, per quello che mi frega, si può pure andare all'IKEA.
p.s. ah, ne sono uscito.
17 ottobre 2011
Cerca con Google
Ovvero, cose che mi mandano ne’ pazzi!
Qui a destra, questa finestra del Cerca, mi fa impazzire da quando ho aperto il blog.
Parlo con quelli di blogspot, gli altri magari son messi diversamente, non so.
Se prendiamo il gadget originale messo a disposizione da blogspot ci accorgiamo che funziona a cdc (*).
Casella di Ricerca si chiama e, appunto, dice che Ricerca nel tuo blog, blogroll e qualsiasi elemento a cui sei collegato.
Mi basterebbe il blog, non t'allargare, ma purtroppo proprio non va, cerca quello che vuole e trova poco o nulla, indipendentemente dall’anzianità di un post, dalle etichette e da tutto ciò che volete.
Ed è un bug conclamato, persino il buon Fabrizio Castelli alza le mani, interrogato sull'argomento.
Ora io dico, Google è Google! Fanno della roba a Google che t’ammazza proprio. Fanno le buche in terra a Google. Il loro core-business, non guardiamo che ora stanno divagando, è cercare nella rete giusto? Anzi direi, con cognizione di causa, trovare nella rete.
E’ facile? Direi di no. Io per esempio non saprei da che parte cominciare.
Ma loro lo fanno da quando esistono, e lo fanno bene (ok è il mio parere).
La domanda è: come fa un gadget progettato da Google, firmato da Google, su una piattaforma Google che deve cercare una parola in una manciata di post a non trovarla? Come diamine fa a non trovare nulla?
Sarebbe come se la Ferrari ti vendesse una vettura senza motore, o se la Perugina non mettesse più la nocciola nei Bacio se l'Italia non avesse un governo.
Non ci credo dai. Dev'esserci lo zampino dei servizi segreti deviati, altrimenti come si spiega?
Con il DOS vent'anni fa si usava uno stupido programmino che si chiamava ff.exe e che ti metteva a soqquadro il disco fisso del piccì, ravanando nell'intimo, e se nell'ultimo cazzo di file dell'ultima directory nascosta tu avevi scritto la stramaledetta parola che cercavi lui, l'ff.exe, lui la trovava, ci potevate giocare la vostra mamma adorata che lui la trovava. E in tempi ragionevoli, si parla di secondi.
Son passati 20 anni, che in informatica corrispondono a 7000 anni canini, e siamo ancora a questo punto?
Francamente non me lo spiego. Sono basito.
Alla fine risolvo? Nient'affatto, sono costretto a utilizzare un artefizio e mettere del codice per inserire una casella di ricerca, sempre di Google, ma non apposita per blog, che fa cose diverse, apre una nuova pagina con i risultati della ricerca, uscendo dal blog... brutto, anche se è l'unico modo per trovare le ricorrenze cercate.
Badate bene, tutto quest'ambaradan è perfettamente inutile perché nessuno viene su Linea d'Hombre e si mette lì a far ricerche, magari pensando che anch'io possa aver detto la mia su stivgiobs, su amanda e raffaele o sul tunnel of love di Maristella cara.
Nessuno, epperò a me mi comodava.
(*) acronimo della più rude espressione assimilabile a "pene di segugio"
Qui a destra, questa finestra del Cerca, mi fa impazzire da quando ho aperto il blog.
Parlo con quelli di blogspot, gli altri magari son messi diversamente, non so.
Se prendiamo il gadget originale messo a disposizione da blogspot ci accorgiamo che funziona a cdc (*).
Casella di Ricerca si chiama e, appunto, dice che Ricerca nel tuo blog, blogroll e qualsiasi elemento a cui sei collegato.
Mi basterebbe il blog, non t'allargare, ma purtroppo proprio non va, cerca quello che vuole e trova poco o nulla, indipendentemente dall’anzianità di un post, dalle etichette e da tutto ciò che volete.
Ed è un bug conclamato, persino il buon Fabrizio Castelli alza le mani, interrogato sull'argomento.
Ora io dico, Google è Google! Fanno della roba a Google che t’ammazza proprio. Fanno le buche in terra a Google. Il loro core-business, non guardiamo che ora stanno divagando, è cercare nella rete giusto? Anzi direi, con cognizione di causa, trovare nella rete.
E’ facile? Direi di no. Io per esempio non saprei da che parte cominciare.
Ma loro lo fanno da quando esistono, e lo fanno bene (ok è il mio parere).
La domanda è: come fa un gadget progettato da Google, firmato da Google, su una piattaforma Google che deve cercare una parola in una manciata di post a non trovarla? Come diamine fa a non trovare nulla?
Sarebbe come se la Ferrari ti vendesse una vettura senza motore, o se la Perugina non mettesse più la nocciola nei Baci
Non ci credo dai. Dev'esserci lo zampino dei servizi segreti deviati, altrimenti come si spiega?
Con il DOS vent'anni fa si usava uno stupido programmino che si chiamava ff.exe e che ti metteva a soqquadro il disco fisso del piccì, ravanando nell'intimo, e se nell'ultimo cazzo di file dell'ultima directory nascosta tu avevi scritto la stramaledetta parola che cercavi lui, l'ff.exe, lui la trovava, ci potevate giocare la vostra mamma adorata che lui la trovava. E in tempi ragionevoli, si parla di secondi.
Son passati 20 anni, che in informatica corrispondono a 7000 anni canini, e siamo ancora a questo punto?
Francamente non me lo spiego. Sono basito.
Alla fine risolvo? Nient'affatto, sono costretto a utilizzare un artefizio e mettere del codice per inserire una casella di ricerca, sempre di Google, ma non apposita per blog, che fa cose diverse, apre una nuova pagina con i risultati della ricerca, uscendo dal blog... brutto, anche se è l'unico modo per trovare le ricorrenze cercate.
Badate bene, tutto quest'ambaradan è perfettamente inutile perché nessuno viene su Linea d'Hombre e si mette lì a far ricerche, magari pensando che anch'io possa aver detto la mia su stivgiobs, su amanda e raffaele o sul tunnel of love di Maristella cara.
Nessuno, epperò a me mi comodava.
(*) acronimo della più rude espressione assimilabile a "pene di segugio"
15 ottobre 2011
Eternauta - La Sindrome
Ho scoperto a 15 anni di essere affetto dalla sindrome dell'Eternauta, anche se pure prima dell'uscita in Italia di questo capolavoro argentino del fumetto ne presentavo tutti i sintomi. Però non ero riuscito a darle un nome.
Succede che quando mi trovo in un ambiente per lo più chiuso, magari in attesa di qualcosa, in coda, e con il cervello non troppo impegnato, mi capita di pensare che fuori da lì, in quel preciso istante potrebbe cominciare a nevicare.
Bello, direte voi, romantico. Col cavolo! Sto parlando della neve aliena dell'Eternauta, un'arma micidiale utilizzata proprio all'inizio della storia (e così non svelo niente per quei tre che ancora non avranno letto il fumetto di Oesterheld).
Dunque potrebbe nevicare, fiocchi che uccidono al solo contatto, una situazione che ti costringe a barricarti all'interno del luogo in cui ti trovi in quel momento per salvare la pellaccia. Dentro, chiuso, in coatta compagnia dei tuoi simili che casualmente si trovavano lì con te in quel preciso istante.
Sull'autobus, ero spesso vittima di attacchi della sindrome dell'Eternauta. Altre volte nella sala d'attesa del dottore, in discoteca, in un bar, in un negozio. E mi succede anche adesso.
Immagino poi, che il gruppo eterogeneo rinchiuso in un ambiente per difendersi dalla letale nevicata debba iniziare a fare i conti con i bisogni primari dell'uomo e, non ultimo, a preoccuparsi della riproduzione per la salvaguardia della specie.
Più banalmente si può pensare che dopo qualche giorno in clausura venga voglia di sbrigare qualche pratica di natura sessuale. E che pure le donne, in tale situazione, non se la tirino come al solito.
È qui che si sviluppano dei pensieri porcini e si scatena la valutazione dei componenti del gruppo. Nella mia testa si formano due graduatorie distinte, quella maschile e quella femminile, che mettono in fila per fascino e bellezza tutti i presenti. Io dove mi piazzo fra gli uomini? Vediamo quello è un apollo, quello guarda che fisico, due giovanotti di vent'anni, sono quinto dai, quinto non è male. Allora poi scorro le femmine presenti e vedo com'è messa la quinta in classifica perché è quella che toccherebbe a me per le incombenze scoperecce.
Dal dottore di solito la sindrome mi attanaglia la gola perché giovani donne poche se ne vedono, ma già dal pediatra la situazione si presenta spesso interessante e più di una volta mi sono sorpreso a scrutare il cielo fuori dalle finestre, nella speranza che arrivi giù questa cazzo di neve radioattiva. O quello che è.
Juan Hombre Galvez
Succede che quando mi trovo in un ambiente per lo più chiuso, magari in attesa di qualcosa, in coda, e con il cervello non troppo impegnato, mi capita di pensare che fuori da lì, in quel preciso istante potrebbe cominciare a nevicare.
Bello, direte voi, romantico. Col cavolo! Sto parlando della neve aliena dell'Eternauta, un'arma micidiale utilizzata proprio all'inizio della storia (e così non svelo niente per quei tre che ancora non avranno letto il fumetto di Oesterheld).
Dunque potrebbe nevicare, fiocchi che uccidono al solo contatto, una situazione che ti costringe a barricarti all'interno del luogo in cui ti trovi in quel momento per salvare la pellaccia. Dentro, chiuso, in coatta compagnia dei tuoi simili che casualmente si trovavano lì con te in quel preciso istante.
Sull'autobus, ero spesso vittima di attacchi della sindrome dell'Eternauta. Altre volte nella sala d'attesa del dottore, in discoteca, in un bar, in un negozio. E mi succede anche adesso.
Immagino poi, che il gruppo eterogeneo rinchiuso in un ambiente per difendersi dalla letale nevicata debba iniziare a fare i conti con i bisogni primari dell'uomo e, non ultimo, a preoccuparsi della riproduzione per la salvaguardia della specie.
Più banalmente si può pensare che dopo qualche giorno in clausura venga voglia di sbrigare qualche pratica di natura sessuale. E che pure le donne, in tale situazione, non se la tirino come al solito.
È qui che si sviluppano dei pensieri porcini e si scatena la valutazione dei componenti del gruppo. Nella mia testa si formano due graduatorie distinte, quella maschile e quella femminile, che mettono in fila per fascino e bellezza tutti i presenti. Io dove mi piazzo fra gli uomini? Vediamo quello è un apollo, quello guarda che fisico, due giovanotti di vent'anni, sono quinto dai, quinto non è male. Allora poi scorro le femmine presenti e vedo com'è messa la quinta in classifica perché è quella che toccherebbe a me per le incombenze scoperecce.
Dal dottore di solito la sindrome mi attanaglia la gola perché giovani donne poche se ne vedono, ma già dal pediatra la situazione si presenta spesso interessante e più di una volta mi sono sorpreso a scrutare il cielo fuori dalle finestre, nella speranza che arrivi giù questa cazzo di neve radioattiva. O quello che è.
Juan Hombre Galvez
14 ottobre 2011
Interviste al coperto by Indoor Montanelli
- E così Hombre, lei ha deciso di aprire un blog.
- Garantito al limone.
- Il suo blog ci risulta tra i più seguiti del condominio.
- Veramente abito in una bifamiliare, e di là ci sta mia madre colla badante.
- Appunto, subito dopo il blog della badante di sua madre "Perù, c'è sempre un Perù", viene il suo.
- Grazie, ben gentile.
- Tutto questo successo... ma lei resta una persona semplice e anche un po' una testa di cazzo.
- Una deprecabile fuga di notizie.
- Quale obiettivo si prefigge? Vorrebbe raggiungere migliaia di lettori?
- Sarei già contento se mi leggesse mia moglie.
- Il suo motto "Bambini si nasce" ricorda il nick di uno dei più grandi blogger in attività, Mai Maturo.
- Fa' solo che l'agguanti e gli spezzi le braccine che lo trasformo in uno dei più grandi blogger e basta.
- E' nota la sua polemica sulla lunghezza delle email e dei post, potrebbe ospitare in segno di pace un post di Kisciotte detto anche il Mogol della Mancia.
- Certo, basta che me lo invii scritto in Gabelsberger.
- La Linea d'Hombre compie 3 mesi, si sente in dovere di ringraziare qualcuno?
- Sicuramente il mio più grande estimatore Graziano do Brasil, senza di lui che ha lasciato il primo commento ("Ma smetti!" diceva), non ce l'avrei fatta.
- Preferisce scrivere o leggere?
- Un po' e un po', questo è assodato.
- Pensa un giorno di raggiungere le valanghe di contatti?
- L'unica speranza mia so' i Cinesi, anche se sono capeggiati da un sobillatore di masse e perciò ne temo gli Effetti Collaterali.
- Quando saprà d'avere davvero raggiunto il successo?
- Quando alzerò i miei okkietti al cielo e vedrò l'Orsa Minore, l'Orsa Maggiore e l'Orsa Bipolare.
- Le hanno dato del folle (no, affamato no, abbassi pure la crestina), del pazzo scatenato, ci chiediamo se lei beve?
- Solo Spritz all'Aperol, roba buona, uno la mattina e uno la sera, quello mi dà davvero la carica.
- Lei è fiorentino, ma dalla parlata non si direbbe, ha studiato dizione?
- No, per codesta hosa hostì devo solo ringraziare una ragazza parte napoletana e parte nopea he lei la mi ha dato un aiutino per ordinare anche la hoha hola in un barre senza far figuruccia.
- Ci può parlare di questo metodo? Come funziona?
- Vado al bancone, guardo negli occhi il barista, fletto la faringe a 45 gradi e fo: "Una Pepsi per favore" "Abbiamo solo la Coca" "Va bene lo stesso, grazie."
- Ha imparato altro da questa esperienza col blog?
- Certo, che precarietà e felicità possono andare a braccetto, Che Camèl si scrive con l'accento sulla èl e che Sì Viaggiare di Battisti, confrontato alla Giovy, doveva intitolarsi Sì fare due passi.
- Si mormora che il suo pubblico sia prettamente femminile, ci pregano di chiederle dove lei collochi il sesso in un'ipotetica scala di valori?
- Solo al 3° posto. Dopo le tette e la figa.
- Infine c'è qualcosa che vorrebbe dire ai nostri lettori, ha una formula di saluto?
- Non ce l'ho, ma prendo a prestito una delle più belle chiusure per un post che si trovino in giro, un'invenzione di questo Speaker qui.
Questa è Radio Antella Libera, io sono Hombre e sto ascoltando Eve of Destruction di P.F. Sloan nella versione interpretata da Barry McGuire. Voi fate come cazzo vi pare.
- Garantito al limone.
- Il suo blog ci risulta tra i più seguiti del condominio.
- Veramente abito in una bifamiliare, e di là ci sta mia madre colla badante.
- Appunto, subito dopo il blog della badante di sua madre "Perù, c'è sempre un Perù", viene il suo.
- Grazie, ben gentile.
- Tutto questo successo... ma lei resta una persona semplice e anche un po' una testa di cazzo.
- Una deprecabile fuga di notizie.
- Quale obiettivo si prefigge? Vorrebbe raggiungere migliaia di lettori?
- Sarei già contento se mi leggesse mia moglie.
- Il suo motto "Bambini si nasce" ricorda il nick di uno dei più grandi blogger in attività, Mai Maturo.
- Fa' solo che l'agguanti e gli spezzi le braccine che lo trasformo in uno dei più grandi blogger e basta.
- E' nota la sua polemica sulla lunghezza delle email e dei post, potrebbe ospitare in segno di pace un post di Kisciotte detto anche il Mogol della Mancia.
- Certo, basta che me lo invii scritto in Gabelsberger.
- La Linea d'Hombre compie 3 mesi, si sente in dovere di ringraziare qualcuno?
- Sicuramente il mio più grande estimatore Graziano do Brasil, senza di lui che ha lasciato il primo commento ("Ma smetti!" diceva), non ce l'avrei fatta.
- Preferisce scrivere o leggere?
- Un po' e un po', questo è assodato.
- Pensa un giorno di raggiungere le valanghe di contatti?
- L'unica speranza mia so' i Cinesi, anche se sono capeggiati da un sobillatore di masse e perciò ne temo gli Effetti Collaterali.
- Quando saprà d'avere davvero raggiunto il successo?
- Quando alzerò i miei okkietti al cielo e vedrò l'Orsa Minore, l'Orsa Maggiore e l'Orsa Bipolare.
- Le hanno dato del folle (no, affamato no, abbassi pure la crestina), del pazzo scatenato, ci chiediamo se lei beve?
- Solo Spritz all'Aperol, roba buona, uno la mattina e uno la sera, quello mi dà davvero la carica.
- Lei è fiorentino, ma dalla parlata non si direbbe, ha studiato dizione?
- No, per codesta hosa hostì devo solo ringraziare una ragazza parte napoletana e parte nopea he lei la mi ha dato un aiutino per ordinare anche la hoha hola in un barre senza far figuruccia.
- Ci può parlare di questo metodo? Come funziona?
- Vado al bancone, guardo negli occhi il barista, fletto la faringe a 45 gradi e fo: "Una Pepsi per favore" "Abbiamo solo la Coca" "Va bene lo stesso, grazie."
- Ha imparato altro da questa esperienza col blog?
- Certo, che precarietà e felicità possono andare a braccetto, Che Camèl si scrive con l'accento sulla èl e che Sì Viaggiare di Battisti, confrontato alla Giovy, doveva intitolarsi Sì fare due passi.
- Si mormora che il suo pubblico sia prettamente femminile, ci pregano di chiederle dove lei collochi il sesso in un'ipotetica scala di valori?
- Solo al 3° posto. Dopo le tette e la figa.
- Infine c'è qualcosa che vorrebbe dire ai nostri lettori, ha una formula di saluto?
- Non ce l'ho, ma prendo a prestito una delle più belle chiusure per un post che si trovino in giro, un'invenzione di questo Speaker qui.
Questa è Radio Antella Libera, io sono Hombre e sto ascoltando Eve of Destruction di P.F. Sloan nella versione interpretata da Barry McGuire. Voi fate come cazzo vi pare.
12 ottobre 2011
Decalogo anti-TuSaiCosa
Già abbiamo accennato a TuSaiCosa ®, la temibile crema spalmabile della Ferrero che anche solo a rammentarla metti su un paio d’etti.
Beh, per chi vuole combatterla, c'è un decalogo che aiuta a farlo.
· Non mangiare Tu Sai Cosa
· Non tenere Tu Sai Cosa in casa
· Se ce l’avete in casa (tipo che l’acquista uno di famiglia o ve la regalano i suoceri nel cesto di Natale), occultatela in un anfratto della dispensa, possibilmente raggiungibile solo con uno scaleino, meglio se irraggiungibile
· Non comprarla. Mai. Nemmeno come antidepressivo
· Andare in supermercati dove non la tengono
· In alternativa, studiare percorsi virtuosi all’interno dei negozi che non prevedano passaggi davanti allo scaffale di Tu Sai Cosa
· Se la struttura del supermercato non consente di evitare il passaggio, una volta individuato il punto, proseguire dritto come se indossaste un cazzo di paraocchi in cuoio nero.
· Se davvero vostra madre ve la dava a merenda, la prossima volta che la vedete ditele che a pensarci bene vi faceva schifo, e insultatela
· Non pronunciarne mai il nome, se non in presenza del vostro avvocato. Non vale assoldare avvocati obesi
· Selezionare il contenuto di questo post, ctrl+c aprire word ctrl+v e stampare su carta pergamenata, incorniciare e appendere in cucina.
Beh, per chi vuole combatterla, c'è un decalogo che aiuta a farlo.
· Non mangiare Tu Sai Cosa
· Non tenere Tu Sai Cosa in casa
· Se ce l’avete in casa (tipo che l’acquista uno di famiglia o ve la regalano i suoceri nel cesto di Natale), occultatela in un anfratto della dispensa, possibilmente raggiungibile solo con uno scaleino, meglio se irraggiungibile
· Non comprarla. Mai. Nemmeno come antidepressivo
· Andare in supermercati dove non la tengono
· In alternativa, studiare percorsi virtuosi all’interno dei negozi che non prevedano passaggi davanti allo scaffale di Tu Sai Cosa
· Se la struttura del supermercato non consente di evitare il passaggio, una volta individuato il punto, proseguire dritto come se indossaste un cazzo di paraocchi in cuoio nero.
· Se davvero vostra madre ve la dava a merenda, la prossima volta che la vedete ditele che a pensarci bene vi faceva schifo, e insultatela
· Non pronunciarne mai il nome, se non in presenza del vostro avvocato. Non vale assoldare avvocati obesi
· Selezionare il contenuto di questo post, ctrl+c aprire word ctrl+v e stampare su carta pergamenata, incorniciare e appendere in cucina.
11 ottobre 2011
La buca dell'istrice
Anche mio padre mi aveva portato a vedere la buca
dell’istrice.
Sull’argine di un torrentello, tra le radici fuori terra di un albero e sotto una fitta macchia d’erba verde c’era quest’incavo di circa trenta centimetri di diametro che mio padre vendeva come tana dell’istrice. E non parlava di un istrice, diceva proprio l’istrice come se fosse il solo e unico istrice del mondo conosciuto e l’avessimo beccato noi.
Trovammo un aculeo, integro e appuntito da fare male, stava per terra e mio padre mi spiegò che probabilmente l’animale l’aveva scagliato per difendersi da qualche predatore. Ero affascinato da questa bestia invisibile, conosciuta a stento sull’enciclopedia, che scagliava le sue penne come fossero frecce. Poi l’ho saputo, crescendo, che gli istrici non li scagliano affatto i loro puntuti aculei, ma è una notizia che non ho ritenuto di fornire a mio figlio.
Anzi, l’ho portato a vedere la buca di un istrice anch’io. Andando nella zona dove avevo notato sotto un ulivo una sorta di galleria della quale ignoravo assolutamente l’origine, ho cercato di spiegargli anche la storia delle penne lanciate proponendola come leggenda in parte favola e in parte realtà. E alla fine sono riuscito a fargli trovare pure la penna, proprio lì all’ingresso del buco nella terra. La prova che certificava l’anfratto come tana d’istrice e, pertanto, estremamente pericolosa, conferendo un che di memorabile alla nostra passeggiata. Tornando abbiamo fantasticato su come eroici istrici potessero difendere la loro tana infilzando ogni animale che osasse metterci il naso.
Una volta a casa, con mio figlio abbiamo cercato un buon posto per conservare la preziosa penna e l’abbiamo presto individuato infilando l’aculeo dell’istrice nel portapenne di cuoio marrone dello studio, insieme alle stilografiche e al tagliacarte.
Proprio lì, dov’era sempre stato.
Sull’argine di un torrentello, tra le radici fuori terra di un albero e sotto una fitta macchia d’erba verde c’era quest’incavo di circa trenta centimetri di diametro che mio padre vendeva come tana dell’istrice. E non parlava di un istrice, diceva proprio l’istrice come se fosse il solo e unico istrice del mondo conosciuto e l’avessimo beccato noi.
Trovammo un aculeo, integro e appuntito da fare male, stava per terra e mio padre mi spiegò che probabilmente l’animale l’aveva scagliato per difendersi da qualche predatore. Ero affascinato da questa bestia invisibile, conosciuta a stento sull’enciclopedia, che scagliava le sue penne come fossero frecce. Poi l’ho saputo, crescendo, che gli istrici non li scagliano affatto i loro puntuti aculei, ma è una notizia che non ho ritenuto di fornire a mio figlio.
Anzi, l’ho portato a vedere la buca di un istrice anch’io. Andando nella zona dove avevo notato sotto un ulivo una sorta di galleria della quale ignoravo assolutamente l’origine, ho cercato di spiegargli anche la storia delle penne lanciate proponendola come leggenda in parte favola e in parte realtà. E alla fine sono riuscito a fargli trovare pure la penna, proprio lì all’ingresso del buco nella terra. La prova che certificava l’anfratto come tana d’istrice e, pertanto, estremamente pericolosa, conferendo un che di memorabile alla nostra passeggiata. Tornando abbiamo fantasticato su come eroici istrici potessero difendere la loro tana infilzando ogni animale che osasse metterci il naso.
Una volta a casa, con mio figlio abbiamo cercato un buon posto per conservare la preziosa penna e l’abbiamo presto individuato infilando l’aculeo dell’istrice nel portapenne di cuoio marrone dello studio, insieme alle stilografiche e al tagliacarte.
Proprio lì, dov’era sempre stato.
10 ottobre 2011
La mitica agenda - n. 1
Se avete un collega stronzo capace che abbia raccolto le castronerie che vi sarà certamente capitato di dire negli anni, ma se è un filino onesto ha magari tenuto pure le sue.
Io ho riempito un'agenda -la mitica!- con gli strafalcioni miei, degli amici e dei colleghi.
Sono tutte perle vere, catalogate per data e nome anche se qui saranno firmate, per ovvi motivi legati ad un mio non auspicabile linciaggio, solo con le iniziali.
Ecco un piccolo estratto:
Tutti i nodi vengono a galla.
(gf)
C'ho male al menisco, quasi quasi mi faccio operare in astroscopia. (ff)
È come arrampicarsi nei labirinti. (fo)
È uno che spacca il pelo di passera in centottanta. (lt)
Gli uomini che chiacchierano non pigliano pesci. (mg)
Cosa usi, due metri e due misure? (br)
La mia canzone preferita di Baglioni? Manifesto. (pn)
Mi hai detto di non stare a cercare i puntini nell'uovo. (ng)
Per ora non è una gravidanza da prendere sotto tacco. (gf)
Ho fatto un refrain del cervello. (mg)
Io non faccio mai le scale in ascensore. (lm)
Io ho riempito un'agenda -la mitica!- con gli strafalcioni miei, degli amici e dei colleghi.
Sono tutte perle vere, catalogate per data e nome anche se qui saranno firmate, per ovvi motivi legati ad un mio non auspicabile linciaggio, solo con le iniziali.
Ecco un piccolo estratto:
Tutti i nodi vengono a galla.
(gf)
C'ho male al menisco, quasi quasi mi faccio operare in astroscopia. (ff)
È come arrampicarsi nei labirinti. (fo)
È uno che spacca il pelo di passera in centottanta. (lt)
Gli uomini che chiacchierano non pigliano pesci. (mg)
Cosa usi, due metri e due misure? (br)
La mia canzone preferita di Baglioni? Manifesto. (pn)
Mi hai detto di non stare a cercare i puntini nell'uovo. (ng)
Per ora non è una gravidanza da prendere sotto tacco. (gf)
Ho fatto un refrain del cervello. (mg)
Io non faccio mai le scale in ascensore. (lm)
9 ottobre 2011
Il tempo di morire
Serve tempismo nella vita. Per nascere, per esempio. O per sposarsi. Sicuramente per morire.
Voglio dire, siete liberi di nascere quando vi pare, ma se per caso vedete la luce il 10 gennaio 1980, il giorno dopo nessuno parlerà più di voi. Nemmeno i vostri parenti stretti si ricorderanno che siete nati, perché il giorno dopo, a Bibbiena, nascono i 6 gemelli Giannini. Pure vostra madre se le chiederanno com'è andato il parto dirà "penso lungo, erano in sei!"
E io che mi son sposato la settimana prima di Felipe di Spagna -un cazzo di Borbone-? Nessuna speranza che il mio potesse diventare il matrimonio dell'anno.
Ma pure a morire, cristosanto, è meglio se stiamo attenti.
Te ti puoi pure chiamare Guido Pancaldi, avere fatto la storia della televisione, esserti piegato per un milione di volte su un microfono gridando "Attention: Trois, deux, un" per poi fischiare assieme a Gennaro, puoi avere lanciato seimila fil rouge e pronunciato all'infinito l'epocale frase "Il Belgio gioca il Jolly" ma, che diamine, se vai a crepare il giorno prima di Steve Jobs, beh un po' te la sei cercata.
Chi vuoi che ti ricordi, Guidino? Chi cavolo ti degnerà d'un misero coccodrillo?
Tutti dietro al mister Apple, chi penserà a te?
Giusto io. Io che rammento quelle sere dei giovedì di giugno, fatte di pizza e pasta fritta, fatte di lucciole, di Freccia Nera e di Giochi Senza Frontiere, come gli stralci di un anticipato Paradiso. Giusto io.
Voglio dire, siete liberi di nascere quando vi pare, ma se per caso vedete la luce il 10 gennaio 1980, il giorno dopo nessuno parlerà più di voi. Nemmeno i vostri parenti stretti si ricorderanno che siete nati, perché il giorno dopo, a Bibbiena, nascono i 6 gemelli Giannini. Pure vostra madre se le chiederanno com'è andato il parto dirà "penso lungo, erano in sei!"
E io che mi son sposato la settimana prima di Felipe di Spagna -un cazzo di Borbone-? Nessuna speranza che il mio potesse diventare il matrimonio dell'anno.
Ma pure a morire, cristosanto, è meglio se stiamo attenti.
Te ti puoi pure chiamare Guido Pancaldi, avere fatto la storia della televisione, esserti piegato per un milione di volte su un microfono gridando "Attention: Trois, deux, un" per poi fischiare assieme a Gennaro, puoi avere lanciato seimila fil rouge e pronunciato all'infinito l'epocale frase "Il Belgio gioca il Jolly" ma, che diamine, se vai a crepare il giorno prima di Steve Jobs, beh un po' te la sei cercata.
Chi vuoi che ti ricordi, Guidino? Chi cavolo ti degnerà d'un misero coccodrillo?
Tutti dietro al mister Apple, chi penserà a te?
Giusto io. Io che rammento quelle sere dei giovedì di giugno, fatte di pizza e pasta fritta, fatte di lucciole, di Freccia Nera e di Giochi Senza Frontiere, come gli stralci di un anticipato Paradiso. Giusto io.
7 ottobre 2011
Moglie e blog 2: Cineserie
SCENA 1 - Interno - Cucina - Mattino
Appena alzati, lei armeggia con la moka e il prontocaffè, è spettinata, forse ha sognato male. Lui dispone le tovagliette, scalda il pane e cava fuori il burro e la marmellata di lamponi dal frigo.
- No perché tu scrivi quelle cose sul blog, anche le nostre faccende private e poi se qualcuno le legge e ci arresta e ci dice "Ah, tu fai questo?"
- Ma chi?
- Che ne so, qualcuno, tipo i Cinesi.
- I Cinesi?
- I Cinesi sì, leggono quello che facciamo noi, poi arrivano e mi torturano, e la mia paura sai qual è? Che mi chiedano di fare i nomi e io i nomi non li so perché se li sapessi li direi subito, ché ho terrore del dolore fisico, ma sono innocente e non li so i nomi.
- Ma i nomi di chi?
- I nomi, i nomi, che ne so quali nomi? E così loro continuano a torturarmi.
- Ma chi?
- I Cinesi.
Lui riesce solo a pensare: "Uhm, Cinesi... i contatti non mancheranno!"
Tutto questo la mattina, prima del caffè.
Appena alzati, lei armeggia con la moka e il prontocaffè, è spettinata, forse ha sognato male. Lui dispone le tovagliette, scalda il pane e cava fuori il burro e la marmellata di lamponi dal frigo.
- No perché tu scrivi quelle cose sul blog, anche le nostre faccende private e poi se qualcuno le legge e ci arresta e ci dice "Ah, tu fai questo?"
- Ma chi?
- Che ne so, qualcuno, tipo i Cinesi.
- I Cinesi?
- I Cinesi sì, leggono quello che facciamo noi, poi arrivano e mi torturano, e la mia paura sai qual è? Che mi chiedano di fare i nomi e io i nomi non li so perché se li sapessi li direi subito, ché ho terrore del dolore fisico, ma sono innocente e non li so i nomi.
- Ma i nomi di chi?
- I nomi, i nomi, che ne so quali nomi? E così loro continuano a torturarmi.
- Ma chi?
- I Cinesi.
Lui riesce solo a pensare: "Uhm, Cinesi... i contatti non mancheranno!"
Tutto questo la mattina, prima del caffè.
6 ottobre 2011
Cronache dall'Autogrill: Grugnino
Il posto più prossimo dove posso pigliarmi un caffè (peraltro pessimo) è l'Autogrill. Diciamo che è come se fosse il mio bar.
Stavo nel reparto giochi cercando di distogliere France dal gormitame e dalle piste elettriche.
In mezzo al passaggio, ancorato a terra, una sorta di ring zeppo di maialini rosa e maialini grigi.
Nello specifico ho verificato trattarsi di Maialino Grugnino ® - un robo in gomma, vuoto dentro e strizzabile, per la gioia dei bimbi piccoli. Lo strizzi e lui grugnisce. Strizzi il rosa, grugnito acuto. Strizzi il grigio, grugnito grave. Ingegnoso.
Bon, France, ne piglia uno, gli dà due o tre strizzate e poi lo ributta nel mucchio. Lo fa e finisce lì.
Poi arriva un tizio, sui 35 anni, alto, grosso, pelato, testa a pera, si ferma e osserva i Grugnino. Quindi ne prende su uno per mano e li strizza in alternanza. E urla:
- Aho, Damia', senti qua... questa cosa è troppa 'na figata, aho!
E ride a profusione. E ride. Damia', se Dio vuole, non si presenta. Non subito almeno.
Gli guardo quella sua testa a pera, per vuota pare vuota, chissà se è anche strizzabile.
Stavo nel reparto giochi cercando di distogliere France dal gormitame e dalle piste elettriche.
In mezzo al passaggio, ancorato a terra, una sorta di ring zeppo di maialini rosa e maialini grigi.
Nello specifico ho verificato trattarsi di Maialino Grugnino ® - un robo in gomma, vuoto dentro e strizzabile, per la gioia dei bimbi piccoli. Lo strizzi e lui grugnisce. Strizzi il rosa, grugnito acuto. Strizzi il grigio, grugnito grave. Ingegnoso.
Bon, France, ne piglia uno, gli dà due o tre strizzate e poi lo ributta nel mucchio. Lo fa e finisce lì.
Poi arriva un tizio, sui 35 anni, alto, grosso, pelato, testa a pera, si ferma e osserva i Grugnino. Quindi ne prende su uno per mano e li strizza in alternanza. E urla:
- Aho, Damia', senti qua... questa cosa è troppa 'na figata, aho!
E ride a profusione. E ride. Damia', se Dio vuole, non si presenta. Non subito almeno.
Gli guardo quella sua testa a pera, per vuota pare vuota, chissà se è anche strizzabile.
4 ottobre 2011
amore - sinfonia n. 1
amo wikipedia
amo il turn-o-matic
amo il prontocaffè
amo le storie
amo le figurine Panini
amo il maalox
amo i pagamenti online
amo il dizionario dei film
amo i cuscini di piume
amo il vino buono
amo il turn-o-matic
amo il prontocaffè
amo le storie
amo le figurine Panini
amo il maalox
amo i pagamenti online
amo il dizionario dei film
amo i cuscini di piume
amo il vino buono
3 ottobre 2011
E più non dimandare
Le riconosci tra mille, sono le donne che lottano da sempre contro gli uomini stravaccati sul divano e fatalmente rapiti dallo sport in tivù. Fateci caso, si nascondono tra le mamme, le sorelle, le fidanzate, le mogli.
Le riconosci perché nonostante abbiano sviluppato una repulsione viscerale verso lo sport in ogni sua forma, in specie quella televisiva, per non sentirsi proprio tagliate fuori, o anche solo per marcare il territorio, loro, che commentare non possono perché ignorano la differenza tra una gomma slick e una gomma per cancellare, loro, pongono una domanda. Anzi pongono La Domanda, sempre la stessa.
- Dove sono?
Io sto alle prese con le mie unghie e con un Valentino mai così attardato nel gruppo - ma sarebbe lo stesso se ci fosse una Ferrari sulla griglia o una Pellegrini alla virata dei 350 metri - e quello che non voglio ancora sentire è proprio La Domanda.
Non ha importanza, “dove sono”!
Mi viene davvero voglia di prendere la donna in questione da una parte per spiegare. Voglio farla sedere e accoccolarmi davanti a lei, voglio finalmente renderla edotta. Anche se sono convinto di averci già provato. Le parlerò con la voce bassa e pacata, quella che fa più presa. La informerò di quanto magari sia importante sapere quale moto cavalca Valentino o con che tipo di gomme parte Alonso. Le parlerò della rivoluzione dei supercostumi nel nuoto e di quanto incidessero sui record mondiali. Le farò capire che persino il tempo, sì il tanto vituperato argomento tempo, ha una sua valenza, che sapere se piove o se ci sono 60 gradi sull’asfalto può essere fondamentale.
Questi sono gli argomenti che hanno titolo a scheggiare l’aurea mistica dell’uomo sportivo stravaccato sul divano. Sarà mio dovere renderglieli comprensibili, servirà pazienza, sarà come insegnare a un bimbo a colorare dentro ai margini, servirà amore.
- Dove sono?
- A Donington.
Le riconosci perché nonostante abbiano sviluppato una repulsione viscerale verso lo sport in ogni sua forma, in specie quella televisiva, per non sentirsi proprio tagliate fuori, o anche solo per marcare il territorio, loro, che commentare non possono perché ignorano la differenza tra una gomma slick e una gomma per cancellare, loro, pongono una domanda. Anzi pongono La Domanda, sempre la stessa.
- Dove sono?
Io sto alle prese con le mie unghie e con un Valentino mai così attardato nel gruppo - ma sarebbe lo stesso se ci fosse una Ferrari sulla griglia o una Pellegrini alla virata dei 350 metri - e quello che non voglio ancora sentire è proprio La Domanda.
Non ha importanza, “dove sono”!
Mi viene davvero voglia di prendere la donna in questione da una parte per spiegare. Voglio farla sedere e accoccolarmi davanti a lei, voglio finalmente renderla edotta. Anche se sono convinto di averci già provato. Le parlerò con la voce bassa e pacata, quella che fa più presa. La informerò di quanto magari sia importante sapere quale moto cavalca Valentino o con che tipo di gomme parte Alonso. Le parlerò della rivoluzione dei supercostumi nel nuoto e di quanto incidessero sui record mondiali. Le farò capire che persino il tempo, sì il tanto vituperato argomento tempo, ha una sua valenza, che sapere se piove o se ci sono 60 gradi sull’asfalto può essere fondamentale.
Questi sono gli argomenti che hanno titolo a scheggiare l’aurea mistica dell’uomo sportivo stravaccato sul divano. Sarà mio dovere renderglieli comprensibili, servirà pazienza, sarà come insegnare a un bimbo a colorare dentro ai margini, servirà amore.
- Dove sono?
- A Donington.
La regola dell'armuà
Ho una regola che recepisce l'ultima direttiva UE sul cambio di stagione: quando metto via gli indumenti li sottopongo a un rapido esame e quelli che nei sei mesi non ho indossato nemmeno una volta li butto.
Adottatela pure o imponetela ai vostri partner se si sono accaparrati la parte più ampia dell'armadio.
È fatto divieto riporre, per esempio, una maglietta che in tutta la primavera/estate non ho mai degnato d'uno sguardo. Evidentemente non mi piace, oppure ne ho troppe o quello che vogliamo, fatto sta che impegnarsi per archiviarla e poi tirarla di nuovo fuori la primavera prossima... non vale la pena.
In questi giorni, con il cambio dell'armadio alle porte, può capitare che mi vediate in giro vestito un po' strano: non sono impazzito, sto solo cercando di salvare dallo smaltimento coatto alcuni capi che non ho avuto la voglia di mettere, ma che mi dispiace buttare.
Adottatela pure o imponetela ai vostri partner se si sono accaparrati la parte più ampia dell'armadio.
È fatto divieto riporre, per esempio, una maglietta che in tutta la primavera/estate non ho mai degnato d'uno sguardo. Evidentemente non mi piace, oppure ne ho troppe o quello che vogliamo, fatto sta che impegnarsi per archiviarla e poi tirarla di nuovo fuori la primavera prossima... non vale la pena.
In questi giorni, con il cambio dell'armadio alle porte, può capitare che mi vediate in giro vestito un po' strano: non sono impazzito, sto solo cercando di salvare dallo smaltimento coatto alcuni capi che non ho avuto la voglia di mettere, ma che mi dispiace buttare.
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