30 giugno 2015
Comix 2016
Tornando a casa, troverete i bambini. Comprate un'agenda di Comix ai vostri bambini e dite: questa è l'agenda di Comix dove c'è Hombre. Troverete qualche domanda da rispondere, dite una parola buona: Hombre è tra i collaboratori, e viene prima degli One Direction.
25 giugno 2015
Come va?
Se alla domanda Come va? vi risponderò Da lunedì, uccidetemi.
Il comevaismo impera ma purtroppo la varietà risponditoria si è appiattita e il senso è spesso nullo, quando non anche logoro o superficiale.
Da uno studio dei comevaisti del MIT risulta che le risposte più utilizzate al Come va? sono:
- Benissimo - È il misantropo per eccellenza, odia tutti e non vuole dare soddisfazione a nessuno, magari ha contratto la tigna e gli è fallita la ditta ma non te lo dirà mai.
- Benino - È lo scaramantico, in realtà sta alla grande ma non lo vuole manifestare per non urtare la sensibilità degli dei.
- Potrebbe andare meglio - Questo è pericoloso, questo ti vuole raccontare i suoi mille guai, lo devi scansare come la peste bubbonica. La sua risposta è solo un invito a un tuo approfondimento.
- Di merda - È il solito che pensa di poter dare risalto a una situazione, ad un'emozione, a un discorso solo facendo uso di turpiloquio. Coglione!
- Da lunedì - (variante Da Venerdì) - È quello che si sente superiore e figurati se te lo dice direttamente come va, pensaci da te come si sta il lunedì (o il venerdì) e falle tu le valutazioni.
- Da martedì - È il parrucchiere.
Ma Da giovedì? Cosa vuol dire Da giovedì?
È così che ho sentito un collega rispondere a un altro stamattina.
Il giovedì al paese mio ci sta il mercato, forse si riferiva a quello, alla sua scanzonata allegria?
O forse al fatto che ieri qui era il santo patrono e che quindi oggi giovedì=lunedì?
O al fatto che il giovedì è pur sempre un pre-venerdì e quindi siamo sulla fatale via che duce al weekend?
O magari agli gnocchi?
E son qui che cerco d'immaginarmi Al Bano e Romina in un Come va? Come va? Da giovedì! Da giovedì!
22 giugno 2015
Volare ma senza oh oh
Era l'estate dell'86, o giù di lì, e tutti giravano con un assegno da un milione in tasca.
Aveva preso piede questo giochino azzardoso da dopocena subito in cui ti trovavi per volare con un aereo virtualissimo.
Li vedevi 'sti assembramenti di persone davanti al bar Tizio piuttosto che al bar Caio, nella piazzetta del cimitero piuttosto che al capolinea del 23.
Andava che ti chiamava a casa un tizio, quasi sempre un vecchio amico di scuola, d'infanzia o di qualcos'altro, e dopo due stronzate di saluto veniva al dunque.
Ecco che ti proponeva un modo facile facile di buscare un bel po' di quattrini senza fare un cazzo e con un minimo, ma molto redditizio, investimento.
Ti dovevi solo preoccupare di portare un milioncino tondo tondo su un bell'assegno al portatore firmato e girato per salire come passeggero a bordo di un bell'aereo.
Poi stava te: abbindolavi due tizi (era il tuo turno di ravanare nella vecchia rubrica telefonica accanto al telefono grigio con la ruzzola) e prospettavi loro questa splendida occasione così anch'essi avrebbero consegnato un milione a capoccia per salire sull'aereo.
Tu così diventavi steward.
Poi il giochino proseguiva - se proseguiva - i due ne portavano due a testa e tu diventavi copilota. Al giro dopo eri finalmente a capo della struttura piramidale a base otto e da pilota prendevi il famigerato volo con gli otto milioni degli ultimi otto passeggeri saliti a bordo.
E via andare.
Solo che la matematica, non essendo un pignone mai, ha garantito alla fine dei salmi che per xmila milioni volati ci fossero xmila milioni persi da disgraziati rimasti a bordo senza poter né volare né tentare un atterraggio di fortuna.
Alla fine io non l'ho perso il milione perché, cincischia cincischia, volevo troppe rassicurazioni e non ne ho fatto di nulla.
Ma la cosa che mi fa stare ancora male è ripensare a quella telefonata, così falsa, in cui la mia cara amica Daria si fece beffe di me approfittando della mia mai troppo nascosta e consolidata passione per lei, facendomi credere che la chiamata fosse disinteressata e che magari saremmo potuti anche uscire una sera e che magari chissà cos'altro.
Stronza che volevi solo un milione.
p.s. girava voce che a Milano la quota fosse di dieci milioni, era vero?
Aveva preso piede questo giochino azzardoso da dopocena subito in cui ti trovavi per volare con un aereo virtualissimo.
Li vedevi 'sti assembramenti di persone davanti al bar Tizio piuttosto che al bar Caio, nella piazzetta del cimitero piuttosto che al capolinea del 23.
Andava che ti chiamava a casa un tizio, quasi sempre un vecchio amico di scuola, d'infanzia o di qualcos'altro, e dopo due stronzate di saluto veniva al dunque.
Ecco che ti proponeva un modo facile facile di buscare un bel po' di quattrini senza fare un cazzo e con un minimo, ma molto redditizio, investimento.
Ti dovevi solo preoccupare di portare un milioncino tondo tondo su un bell'assegno al portatore firmato e girato per salire come passeggero a bordo di un bell'aereo.
Poi stava te: abbindolavi due tizi (era il tuo turno di ravanare nella vecchia rubrica telefonica accanto al telefono grigio con la ruzzola) e prospettavi loro questa splendida occasione così anch'essi avrebbero consegnato un milione a capoccia per salire sull'aereo.
Tu così diventavi steward.
Poi il giochino proseguiva - se proseguiva - i due ne portavano due a testa e tu diventavi copilota. Al giro dopo eri finalmente a capo della struttura piramidale a base otto e da pilota prendevi il famigerato volo con gli otto milioni degli ultimi otto passeggeri saliti a bordo.
E via andare.
Solo che la matematica, non essendo un pignone mai, ha garantito alla fine dei salmi che per xmila milioni volati ci fossero xmila milioni persi da disgraziati rimasti a bordo senza poter né volare né tentare un atterraggio di fortuna.
Alla fine io non l'ho perso il milione perché, cincischia cincischia, volevo troppe rassicurazioni e non ne ho fatto di nulla.
Ma la cosa che mi fa stare ancora male è ripensare a quella telefonata, così falsa, in cui la mia cara amica Daria si fece beffe di me approfittando della mia mai troppo nascosta e consolidata passione per lei, facendomi credere che la chiamata fosse disinteressata e che magari saremmo potuti anche uscire una sera e che magari chissà cos'altro.
Stronza che volevi solo un milione.
p.s. girava voce che a Milano la quota fosse di dieci milioni, era vero?
18 giugno 2015
Birkirkara Football Club
No che non è un remake del film d'Albertone.
È una squadra di calcio che esiste davvero, di Malta.
Maglia a strisce verticali giallorosse, allenata da Giovanni Tedesco (47 presenze e 2 reti nella Fiorentina), 4 titoli maltesi in bacheca, il Birkirkara ha chiuso il campionato nazionale al terzo posto a -13 dall'Hibernians campione, vincendo la Coppa nazionale e per questo qualificandosi al primo turno preliminare di Europa League.
Ora 'sti cristi, che pare - non sto scherzando! - sian lì lì per ingaggiare Fabrizio Miccoli, Davide Moscardelli e Mauro German Camoranesi, dove sono ad allenarsi?
Sull'erbetta fresca del campo di Roccaporena, da quelle parti là dove in questa settimana è segregato figlio due.
E quindi niente sono lì, si vedono, i maltesi occupano sempre le docce al centro sportivo, insomma ci son delle interazioni tra i giovani cestisti e i calciatori isolani.
È un po' morbosamente che ho trovato sul solo sito, qualche foto degli allenamenti, poche invero, e che quindi vado a scrutare nella speranza che tra le figure di sfondo compaia qualche pargolo di mia conoscenza.
Ma pensa te come son messo.
Questo anche per dire che nella prossima Europa League, viola a parte, 'gna tifare i giallorossi: Birkirkara alè alè.
È una squadra di calcio che esiste davvero, di Malta.
Maglia a strisce verticali giallorosse, allenata da Giovanni Tedesco (47 presenze e 2 reti nella Fiorentina), 4 titoli maltesi in bacheca, il Birkirkara ha chiuso il campionato nazionale al terzo posto a -13 dall'Hibernians campione, vincendo la Coppa nazionale e per questo qualificandosi al primo turno preliminare di Europa League.
Ora 'sti cristi, che pare - non sto scherzando! - sian lì lì per ingaggiare Fabrizio Miccoli, Davide Moscardelli e Mauro German Camoranesi, dove sono ad allenarsi?
Sull'erbetta fresca del campo di Roccaporena, da quelle parti là dove in questa settimana è segregato figlio due.
E quindi niente sono lì, si vedono, i maltesi occupano sempre le docce al centro sportivo, insomma ci son delle interazioni tra i giovani cestisti e i calciatori isolani.
È un po' morbosamente che ho trovato sul solo sito, qualche foto degli allenamenti, poche invero, e che quindi vado a scrutare nella speranza che tra le figure di sfondo compaia qualche pargolo di mia conoscenza.
Ma pensa te come son messo.
Questo anche per dire che nella prossima Europa League, viola a parte, 'gna tifare i giallorossi: Birkirkara alè alè.
16 giugno 2015
Notte prima degli esami al Piazzale
Va così che figlio piccolo è a un campus di basket, via per una settimana, e noi ce la sganziamo.
Il cucciolo è a Roccaporena, un posto sperduto in Umbria dove ci portano in ritiro le squadre di calcio perché non ci sono distrazioni, tanto che la cosa sessualmente più appetibile è la statua in bronzo di Santa Rita da Cascia.
Una settimana da soli... vi giuro che è dura.
Provateci voi: sette interi giorni senza i Dalton e Doraemon Doraemon il gatto spaziale!
Va così che tra un panino dall'Antico Vinaio (*) e un gelato bio siamo finiti al Piazzale a gustarsi un tramonto screziato (la foto non è mia, io l'ho fatta col mio tristo smartcoso faceva onco e allora l'ho presa dal web).
È stato lì che a bivacco su una marmorea panchina e su paio di scooter se ne stavano ciaccolando un bel gruppetto di giovincelli alla vigilia dell'esame. Belli come il sole.
Ed è stato lì che dopo tre episodi para-alzheimeriani registrati nella giornata (uno, non mi veniva il verbo "concordare". Due, a seguito di ciò non mi veniva il titolo del libro "La versione di Barney" dove quando a lui non gli viene la parola "mestolo" a me ricordava quando non mi veniva "concordare" e lo volevo appunto citare. Tre, un'altro fatto pomeridiano del quale però mi sono già dimenticato ogni dettaglio, solo che c'è stato mi ricordo) ho finalmente potuto rivalutare la mia performance mnemonica del dì.
I ragazzi discorrevano riguardo all'esame in generale e a Dante in particolare.
Uno fa: a un mio amico la profe d'Italiano all'esame gli ha chiesto "il magnetismo nell'opera di Dante". (**)
Un'altra fa: E i tre fiumi che Dante attraversa quali sono? (***)
Un'altra ancora: Lo Stige e il Lete, il Lete me lo ricordo per via dell'acqua. Ma il terzo? Speriamo che non me li chiedano!
Indossavo già il casco - questo casco - e avevo messo in moto il motorino, mi volto e grido: L'Acheronte (anche se quei venti secondi ci ho dovuto pensare)!
Grande - mi fa uno - perché non ci va lei domani all'esame al posto mio?
Magari, ragazzo mio che te ne stai sdraiato sullo scooter come un patrizio sul triclinio, magari.
(*) Vacci e prendi "La favolosa", un trancio di schiacciata con sbriciolona e altre prelibatezze che non mi devi nemmeno ringraziare.
(**) Non gugolerò, non so cos'è e non lo voglio manco sapere.
(***) Poi 'sti fiumi son tre son quattro, li ha attraversati non li ha attraversati, questo c'interessa il giusto.
15 giugno 2015
Tre cose tre che ti salvano il culo
No, davvero, procura di non fartele mai mancare, o ricordati di averle a disposizione, e la massima parte dei tuoi problemi andrà risolta.
Nello specifico in tre campi: i lavori di casa, in cucina e davanti a un piccì.
Cominciamo dall'informatica... quando cerchi una funzione, una soluzione a un problema, una scorciatoia, basta che ti ricordi che esiste il tasto destro del mouse, sta tutto lì.
In cucina? L'acqua di cottura della pasta, tienine sempre almeno un bicchiere, qualunque cena tu stia preparando. Tienila per la stessa pasta che stai per saltare, per dare nuova vigoria a un coccio di fagiolini... al limite a fine cena, quando è fredda, la dai a una pianta e male non le fa.
Per chiudere, il bricolage, comprati tutta l'attrezzistica che vuoi, fatti l'assortimento mondiale globale di viti e rondelle ma se non c'hai le cacchio di fascette da elettricista non partire nemmeno. Con quelle fascette plastiche a cui non daresti una lira puoi davvero risolvere tutta una serie di guai meccanici o di stabilità. Scoprirai che ogni riparazione provvisoria che andrai a fare si rivelerà, col tempo, più duratura, salda e definitiva del tuo stesso matrimonio.
Nello specifico in tre campi: i lavori di casa, in cucina e davanti a un piccì.
Cominciamo dall'informatica... quando cerchi una funzione, una soluzione a un problema, una scorciatoia, basta che ti ricordi che esiste il tasto destro del mouse, sta tutto lì.
In cucina? L'acqua di cottura della pasta, tienine sempre almeno un bicchiere, qualunque cena tu stia preparando. Tienila per la stessa pasta che stai per saltare, per dare nuova vigoria a un coccio di fagiolini... al limite a fine cena, quando è fredda, la dai a una pianta e male non le fa.
Per chiudere, il bricolage, comprati tutta l'attrezzistica che vuoi, fatti l'assortimento mondiale globale di viti e rondelle ma se non c'hai le cacchio di fascette da elettricista non partire nemmeno. Con quelle fascette plastiche a cui non daresti una lira puoi davvero risolvere tutta una serie di guai meccanici o di stabilità. Scoprirai che ogni riparazione provvisoria che andrai a fare si rivelerà, col tempo, più duratura, salda e definitiva del tuo stesso matrimonio.
8 giugno 2015
Cosa resta di Cosa resta di noi
Il punto è che resta qualcosa.
Spesso negli ultimi anni mi sono ritrovato a leggere romanzi che non mi hanno lasciato nulla.
Anche la memoria piena - per amor di verità - incide su questo e non posso più pretendere di ricordarmi intere frasi da libri come in gioventù mi è capitato con Stephen King o con Il Nome della Rosa.
Ma incide anche il fatto che, più spesso, non c’è molto che valga la pena tenere a mente.
Beh, della storia di Edo, bagnino a Viareggio, sì.
È una storia che si snoda al mare e come una giornata di mare ti lascia cose.
Alla sera, ti ritrovi la sabbia tra le dita dei piedi, o una scottatura sulla pelle da lenire con la crema, ti ritrovi gli occhi rossi bruciati dal sale e ti ritrovi anche quella sensazione di soddisfazione al fresco di un portico con una bibita ghiacciata in mano.
Anche il romanzo precedente di Simi mi era piaciuto assai, ma con Cosa Resta di Noi (3,5 carver) l’autore ha salito altri gradini sulla scala del suo percorso.
La tensione che cresce palpabile nello sviluppo della trama è la cosa a mio parere più riuscita, in termini generali. Per i dettagli vi lascio alla lettura che ritengo di potervi davvero consigliare.
Simi non cerca di arruffianarsi il lettore con mezzucci poco chiari, gioca a carte scoperte con lui, sicuramente in segno di rispetto ma soprattutto di sfida, e la vince.
Le frasi che riporto non spoilerano la trama, ve le potete pigliare così, sono stuzzichini.
==========
La donna raggiunse l’ospedale in tempo per partorire soltanto grazie all’intervento di un veicolo spazzaneve. La cosa non mancò di suscitare una polemica furibonda sulla sanità pubblica e, risvolto ancora più grave, il neonato venne chiamato Maicol.
==========
E chi fa lo scrittore non vorrebbe sentirsi dire frasi che non metterebbe in un suo romanzo.
==========
«Perché?» chiede Guia, come una che deve piantare un chiodo con una sola martellata.
==========
Il giorno che spariranno le api, l’umanità avrà i giorni contati. Sulle api non mi sbilancio, ma il giorno che spariscono i baci, la fine dell’amore non è lontana.
==========
L’anno scorso sono affogati un tunisino, un cinese e un bulgaro. Una polacca l’abbiamo agguantata giusto in tempo Diego e io. E per forza: gli italiani non si spingono a più di cinque metri dalla riva. Anche affogare è uno di quei lavori che hanno lasciato agli immigrati.
==========
La fica è sopravvalutata solo dalle donne che non hanno altro da offrire. Tenersela stretta è l’unica maniera per avere qualche maschio attorno.
==========
Ne ho visti, di maschi, sventrare matrimoni per l’amante che li attendeva in un motel, vicino a uno svincolo autostradale, in un pomeriggio lavorativo d’inverno. In quei grigiori ogni dolciastra banalità sembra scintillare, ma è solo il riflesso ingannevole della clandestinità, contrapposta ai bicchieri opachi nella lavastoviglie, ai sabato sera in cui si è rinunciato a uscire senza un vero motivo, a quando si sono appena messe in forno due pizze congelate e alla tele l’unica cosa guardabile è Pretty woman.
==========
La risata aveva il timbro secco della ghiaia polverosa, o della grandine cattiva sopra i tetti traballanti.
==========
la sua pelle mandava sempre l’odore della sabbia dopo la pioggia e di un agrume sconosciuto
==========
Spesso negli ultimi anni mi sono ritrovato a leggere romanzi che non mi hanno lasciato nulla.
Anche la memoria piena - per amor di verità - incide su questo e non posso più pretendere di ricordarmi intere frasi da libri come in gioventù mi è capitato con Stephen King o con Il Nome della Rosa.
Ma incide anche il fatto che, più spesso, non c’è molto che valga la pena tenere a mente.
Beh, della storia di Edo, bagnino a Viareggio, sì.
È una storia che si snoda al mare e come una giornata di mare ti lascia cose.
Alla sera, ti ritrovi la sabbia tra le dita dei piedi, o una scottatura sulla pelle da lenire con la crema, ti ritrovi gli occhi rossi bruciati dal sale e ti ritrovi anche quella sensazione di soddisfazione al fresco di un portico con una bibita ghiacciata in mano.
Anche il romanzo precedente di Simi mi era piaciuto assai, ma con Cosa Resta di Noi (3,5 carver) l’autore ha salito altri gradini sulla scala del suo percorso.
La tensione che cresce palpabile nello sviluppo della trama è la cosa a mio parere più riuscita, in termini generali. Per i dettagli vi lascio alla lettura che ritengo di potervi davvero consigliare.
Simi non cerca di arruffianarsi il lettore con mezzucci poco chiari, gioca a carte scoperte con lui, sicuramente in segno di rispetto ma soprattutto di sfida, e la vince.
Le frasi che riporto non spoilerano la trama, ve le potete pigliare così, sono stuzzichini.
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La donna raggiunse l’ospedale in tempo per partorire soltanto grazie all’intervento di un veicolo spazzaneve. La cosa non mancò di suscitare una polemica furibonda sulla sanità pubblica e, risvolto ancora più grave, il neonato venne chiamato Maicol.
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E chi fa lo scrittore non vorrebbe sentirsi dire frasi che non metterebbe in un suo romanzo.
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«Perché?» chiede Guia, come una che deve piantare un chiodo con una sola martellata.
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Il giorno che spariranno le api, l’umanità avrà i giorni contati. Sulle api non mi sbilancio, ma il giorno che spariscono i baci, la fine dell’amore non è lontana.
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L’anno scorso sono affogati un tunisino, un cinese e un bulgaro. Una polacca l’abbiamo agguantata giusto in tempo Diego e io. E per forza: gli italiani non si spingono a più di cinque metri dalla riva. Anche affogare è uno di quei lavori che hanno lasciato agli immigrati.
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La fica è sopravvalutata solo dalle donne che non hanno altro da offrire. Tenersela stretta è l’unica maniera per avere qualche maschio attorno.
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Ne ho visti, di maschi, sventrare matrimoni per l’amante che li attendeva in un motel, vicino a uno svincolo autostradale, in un pomeriggio lavorativo d’inverno. In quei grigiori ogni dolciastra banalità sembra scintillare, ma è solo il riflesso ingannevole della clandestinità, contrapposta ai bicchieri opachi nella lavastoviglie, ai sabato sera in cui si è rinunciato a uscire senza un vero motivo, a quando si sono appena messe in forno due pizze congelate e alla tele l’unica cosa guardabile è Pretty woman.
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La risata aveva il timbro secco della ghiaia polverosa, o della grandine cattiva sopra i tetti traballanti.
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la sua pelle mandava sempre l’odore della sabbia dopo la pioggia e di un agrume sconosciuto
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1 giugno 2015
Rebus a scuola
Da piccolo, quando mi ammalavo, mia mamma mi comprava La Settimana Enigmistica.
Per mia fortuna mi ammalavo spesso e da un po' più grande ho ritrovato una pila di Settimane in cantina.
È da quel mucchio di riviste che nasce la mia passione per l'enigmistica e, più nello specifico, per il rebus.
Li portavo a scuola i rebus che non riuscivo a risolvere, ritagliati, dentro a una busta incollata al diario, per prendermene cura nelle ore di lezione più pallose.
Ed è da qui che partiva la storia che sono andato a raccontare a quattro classi della scuola elementare che è di figlio 2, che fu di figlio 1, e prima ancora mia e di mia mamma.
L'iniziativa è nata quasi per caso e origina anche della cronica carenza di fondi in cui versa la scuola pubblica italiana che, non avendo risorse per avvalersi di progetti didattici integrativi seri, si appoggia, dove può, alla collaborazione di volontari.
Sono stati incontri di una valenza assoluta dal punto di vista formativo, e sto parlando per me, naturalmente.
Il sacrificio fatto per recuperare il materiale, renderlo fruibile ed esporlo ai ragazzi è stato ripagato con tanto di interessi. I fotorebus, sceneggiati e realizzati con loro al termine degli incontri, un successone!
E se fare l'astronauta era l'utopia, il maestro elementare era davvero il mio lavoro da sogno, ma poi le cose sono andate diversamente. Sarà per la prossima vita.
E voi lo sapete com'è strutturato un rebus?
La vignetta: Zio Paperone e zio Paperino.
Le lettere (grafemi): NA e NTI
Il diagramma: (7 7)
La chiave (prima lettura): NA zio; nipote NTI.
La soluzione: Nazioni potenti.
Per mia fortuna mi ammalavo spesso e da un po' più grande ho ritrovato una pila di Settimane in cantina.
È da quel mucchio di riviste che nasce la mia passione per l'enigmistica e, più nello specifico, per il rebus.
Li portavo a scuola i rebus che non riuscivo a risolvere, ritagliati, dentro a una busta incollata al diario, per prendermene cura nelle ore di lezione più pallose.
Ed è da qui che partiva la storia che sono andato a raccontare a quattro classi della scuola elementare che è di figlio 2, che fu di figlio 1, e prima ancora mia e di mia mamma.
L'iniziativa è nata quasi per caso e origina anche della cronica carenza di fondi in cui versa la scuola pubblica italiana che, non avendo risorse per avvalersi di progetti didattici integrativi seri, si appoggia, dove può, alla collaborazione di volontari.
Sono stati incontri di una valenza assoluta dal punto di vista formativo, e sto parlando per me, naturalmente.
Il sacrificio fatto per recuperare il materiale, renderlo fruibile ed esporlo ai ragazzi è stato ripagato con tanto di interessi. I fotorebus, sceneggiati e realizzati con loro al termine degli incontri, un successone!
E se fare l'astronauta era l'utopia, il maestro elementare era davvero il mio lavoro da sogno, ma poi le cose sono andate diversamente. Sarà per la prossima vita.
E voi lo sapete com'è strutturato un rebus?
La vignetta: Zio Paperone e zio Paperino.
Le lettere (grafemi): NA e NTI
Il diagramma: (7 7)
La chiave (prima lettura): NA zio; nipote NTI.
La soluzione: Nazioni potenti.
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