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10 novembre 2012

Destra Sinistra Allegria Macarena

Essere di sinistra è per connotazione naturale essere contro.
Anche a livello di mano/piede di prioritario uso, chi preferisce servirsi dei suoi arti mancini sta nella minoranza, in un'elite, peraltro, di cui si dice un gran bene a livello intellettivo, per esempio, o anche sportivo.
E non vi ammorberò con le gesta di Leonardo da Vinci, di Gigi Riva o di John McEnroe.
Anche a livello di pensiero, essere di sinistra è sempre stato un po' contro, per quanto il significato del concetto sia molto discusso è discutibile negli ultimi anni. E Rokko Smithersons l'aveva ampiamente preconizzato.
Ad ogni buon conto, a sinistra si è alternativi per storia, alla DC, alla destra, a Berlusconi.
Ma quando l’alternativa cessa di essere il frutto di un'ispirazione alta da opporre alla stupidità, alla grettezza e alla prepotenza, quando l'alternativa diventa un dogma, una sorta di autoimposizione, un pensiero di cui si è quasi schiavi, in quel momento a sinistra ci si perde.
Quando c'è qualcosa di chiaro e definito cui opporsi la sinistra si oppone, come da suo DNA; anche se non sempre con la stessa efficacia, ma è in grado di fare da contrappeso. Quando il nemico sfuma, però, disperso nel nebbione, quando a sinistra ci si trova improvvisamente a fare l'andatura in quel gruppo che per anni ci ha visto inseguire, quando la stessa ragion d'essere dell'alternativa non è sul campo di battaglia la sinistra riesce, con un'evoluzione acrobatica, a restare alternativa, nella peggior deriva che il termine incarna: alternativa a se stessa.
Per l'uomo che si crogiola nell'illusione della minoranza che ha ragione, un fenomeno è carino, perseguibile, amabile e esemplare solo se appartiene a pochi, ma quando l'apprezzamento di molti (di troppi) lo massifica, perde d'un colpo rilevanza e nasce l'esigenza di un'ulteriore è più potente alternativa.
Finché non riusciremo a comprendere che c’è una stategia da applicare per rincorrere e inseguire e un’altra molto differente per guidare, non andremo da nessuna parte.
La parabola bertinottiana, in tal senso, è illuminante.
La sinistra è snob, irrimediabilmente.
Tutta 'sta pappardella fuori dai canoni Lineari di fuffa e brevità, per dire che sul Ground Zero della destra politica italiana di questo periodo svetta una sinistra apparentemente forte. C'è un collaudato Bersani, che però è un po' troppo classico diciamolo, fin troppo moderato e carino, ma potrebbe bastare. Eppure no, comincia a piacere a troppi e allora si punta Vendola, che è più nuovo, sarà più puro, di sicuro è più alternativo.
Ma la strada è ancora lunga perché all'orizzonte spunta Laura Puppato, massimo rispetto, bravissima persona, ma chi se la cagava fino a due mesi fa? Dove stava? Però adesso c'è, ha tutto il diritto per esserci, poi è donna, è intelligente, ed è di nicchia! E allora tutti a guardare verso la Puppato. Peccarità, va bene, che non va bene?
Finché arriverà l'ennesimo signor nessuno che farà capolino dall'angolo sinistro e, basterà che alzi la mano, sarà investito come fresca alternativa alla Puppato.
Alternativi a noi stessi. Hasta la muerte.

17 settembre 2012

Doris Day

Ho portato France a fare una prova di tennis, ché con qualcosa vanno fatti sfogare e forse, dopo due anni passati sotto canestro, vale la pena provare qualcosa di diverso.
Già ai centri estivi aveva tirato qualche dritto e rovescio, ma sempre sul sintetico.
Oggi terra rossa.
E la superficie l'ha distratto. Diciamo che l'organizzazione valeva poco più di zero e i tempi morti tra un colpo e l'altro erano dilatati verso l'infinito, quindi è anche normale che un bambino, piuttosto che starsene composto in coda aspettando il suo turno, qualcosa s'inventi.
E France s'è messo lì, in mezzo al campo, quando non toccava a lui, a fare dei gran cerchi girando su se stesso, disegnandoli con la racchetta.
E la mente non poteva che andare dritta alla banca costruita intorno a te, quella del biscione e del famigerato Ennio Doris.
Oggi poteva essere ricordato come il giorno di un giovane Federer, come esperienza religiosa, e invece mi son chiesto se stavo nel posto giusto o se avrei dovuto spostarmi in filiale.

Foto: Doris Day con il campione di tennis statunitense Pancho Gonzales, cognato di Andre Agassi.

20 febbraio 2012

Libri da scrivere - n. 2

Ecco la seconda infornata di Libri da Scrivere, i testi che nessuno ha pensato e i titoli che sono ancora utilizzabili.


OPEL
Andre Agassi, dopo la splendida autobiografia, ci regala un'altra perla parlandoci della passione di sua moglie per le auto tedesche.

ReBibbia
Galeotto fu il Libro e chi lo riscrisse. Un gruppo di detenuti decide di stendere una nuova versione delle Sacre Scritture. Ne esce fuori un testo che, francamente, fa pena.

Questo cacio vada al mondo intero
Un pecoraio di Pienza si butta sul web per l'esportazione del suo formaggio pecorino. Lancerà così il doggy style cheese.

Iliache
Vi si narra l'epopea della guerra dei Greci alla città di Troia e dei dieci anni necessari per far sì che i Troiani abbassassero le loro creste.

Hanno tutti cagione
Nevicate 2012: un prezioso documento nel quale si fa la conta dei danni.

La donna che sbatteva nelle potte
Intrigante storia d'amore saffico e violenza ambientata a Livorno.

5 febbraio 2012

La seconda palla di McEnroe

Sarei disposto ad avere 37 e 2 tutta la vita in cambio della seconda palla di servizio di McEnroe.
(Beppe Viola)
Anch'io vorrei avere la seconda palla di McEnroe, anche quella che John tira adesso - che diamine! - ma mi sa che, in questo scellerato patto faustiano, non potrei barattarla con una mia temperatura corporea oltre il 36,8.
Sì, lo so che con quest'offerta di 4 decimi di grado in meno al massimo mi rifilano la seconda di Gianni Ocleppo, ma di più proprio non potrei.
Perché a me la febbre mi ammazza proprio.
A me bastano 2 giorni di febbre alta più altrettanti di strascichino attorno al 37 per ridurmi a una specie di larva catatonica.
All'inizio pensi, cavolo, febbre! Ottimo, niente lavoro, mi chiudo in casa (se fuori nevica, la gioia triplica) e mi dedico a tutta una serie d'attività che magari vado trascurando: leggere, scrivere, videogiocare, montare vecchi filmini, salutare, spray, starnuto, superman in un crescendo fantasticato di GiocaJoueriana memoria.
E invece nulla, mi piglia una tale apatia, che ogni progetto se ne va in un lampo così com'era stato pensato.
E quindi non leggo, non scrivo, non videogioco, non ho voglia di far conversazione, non mi rado, non mi lavo, indosso la stessa mise sia di giorno che di notte, insomma, imbocco una stradicciola dalle forti derive depressive.
Poi la febbre passa e piano piano riemergo.
Perciò quei 4 decimi di grado in più, proprio non posso metterli sul piatto della bilancia, ne va della mia dignità.

5 gennaio 2012

Read Only Memory - n. 4

Va così che viene l'Anto a cena e tra una cazza e l'altra mi fa:
- E te, te... qual è l'ultimo libro che hai letto?
È una domanda che mi piace sempre. È una domanda che mi piace ancora di più se ho terminato un libro da poco cosicché me lo ricordo ancora bene e ne posso parlare compiutamente. È una domanda che mi manda in sollucchero se a tutto questo aggiungiamo che il libro appena finito è pure un ottimo libro.
- Open, di Andre Agassi.
E poi mi sono lasciato trasportare. Prima lentamente, ho sondato il terreno raccontando gli episodi forti, dell'odio di Agassi per il tennis, di suo padre, del drago sparapalle, di Connors agli Usa Open, di Brooke e di Steffi, ho parlato insomma della polpa della mela.
Poi, visto che l'auditorio reggeva bene e che l'argomento, seppur esposto a femmine pressoché digiune di tennis (l'Anto e mia moglie) non pareva suscitare sbadigli, son passato agli episodi meno forti, ma comunque pregnanti della storia, i pantaloncini di jeans, la Bollettieri Academy, i capelli dell'Andre, le sue cadute e le sue risalite, l'entourage, esponendo così le bucce.
Ma negli occhi del mio pubblico la fame non accennava a placarsi e allora ho proposto pure i torsoli, tirando giù tutto quello che mi ricordavo del libro, dall'acqua di Gyl alle auto sportive, dalla collina dei serpenti ai ratti da fango, dagli slam vinti alle ricorrenti batoste inflittegli da Sampras, dal borsone portato da solo al cortisone, da Boris Becker a Benjamin Becker.
Ero in trance, parevo Tim Roth in Reservoir Dogs quando prova il monologo, avete presente? Son sicuro che avevo pure quella faccia lì, sapete, quella un po' ebete che hanno gli innamorati quando si guardano.
Quasi quasi mi viene la voglia di andare ad alzargli il voto a Open.
Alla fine son dovuto andare a prendere il libro perché volevamo vedere/rivedere le peraltro poche foto pubblicate e dopo ancora ci siamo pure sparati mezzora di Youtube sul nostro uomo.

La rivalità con Sampras è stata uno dei punti di riferimento della mia carriera. Perdere con Pete mi ha provocato un dolore enorme, ma alla lunga mi ha reso anche più forte. Se lo avessi battuto più spesso, se fosse comparso in una generazione diversa, il mio palmares sarebbe migliore e potrei essere ricordato come un tennista migliore, ma varrei meno.
.....
(parla di una vittoria qualunque)
Lo sconfiggo in sessantanove minuti. I giornalisti lo definiscono un massacro. Mi chiedono se mi dispiace averlo battuto in quel modo.
Rispondo: Non priverei mai nessuno dell'esperienza istruttiva di perdere.
Ridono.
Ma io sono serio.

(Open - Andre Agassi - J. R. Moehringer)

E voi che state leggendo?

14 novembre 2011

Io lo odio il lunedì ma un po' meno

Stasera vado a giocare a tennis. Una cosa piccola ma buona, per citare il titolo di uno dei più bei racconti scritti dal maestro, sempre se si possa arrischiarsi a ordinare per bellezza le opere d’arte.
Quest’ora di tennis settimanale, al di là del piacere che di per sé m'infonde, assume una rilevanza speciale nel susseguirsi dei giorni e nell’oscillazione del mio umore.
Il fatto di avere in qualche modo cementato quest’impegno al lunedì l’ha caricato di significati e meriti che vanno al di là di palle break, servizi vincenti e passanti incrociati.
Il pensiero di giocare riqualifica in toto il giorno. Le beghe d’inizio settimana mi s’inquadrano in una luce nuova, si staccano dal grigiore tipico del lunedì rimasterizzate in un prisma di terra rossa e palle gialle.
Non ho in odio particolarmente il lunedì, però, rimettere in moto la macchina organizzativa familiare, a partire da una sveglia puntata presto, richiede del sano impegno fisico e mentale. Perciò, drogare la malinconia post domenicale con l’idea di prendere a pallate qualcuno, mi corrobora più d'un bicchiere di fernet.
Sempre a proposito di tennis viene naturale citare, a beneficio di tutti i baricchiani e per gli amanti della lettura in genere, il primo dei 50 libri che Baricco, appunto, presenterà ogni domenica dalle pagine di Repubblica.
Ieri l'esordio parlando di Open, una biografia di Andre Agassi. C'è una citazione che da sola vale l'articolo e forse il libro, è una classificazione, una suddivisone bipolare di quelle che mi stanno tanto a cuore.
A pronunciarla è il preparatore atletico Gil Reyes ed è rivolta allo stesso Agassi, fa così:
Certe persone sono termometri, altre termostati. Tu sei un termostato. Non registri la temperatura in una stanza, la cambi.
Una bella iniezione di fiducia. Sia in campo per affrontare Pete Sampras sia fuori campo per affrontare Steffi Graf.
Leggendola, dopo la prima frase, per simpatia verso la parola, ho pensato che la miglior alternativa in cui incarnarsi doveva essere il termometro, perché termostato suonava male. Ma poi ho capito, eh.
Quindi stasera cercherò di essere un termostato, colpirò quella cazzo di pallina quando sale, che quando scende son buoni tutti e starò con i piedi ben dentro al campo.
Poi vi saprò dire.
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