17 agosto 2015

La vita a GR

(Malù - Silvio Zanchi)
Metti una sera a merenda di andare da Malù a far due chiacchiere con una coppa di buontalenti d'accompagno.
E lì non devi fare niente, solo ascoltare la nostra.
La ragazza, che va per i 94, originaria di Grosseto, ha frequentato il Liceo in compagnia di Luciano Bianciardi del quale fatalmente abbiamo finito per parlare tutta la sera. Da La vita agra a La vita a GR il passo è breve.
Dopo quattro anni di buongiorno e buonasera Luciano va dalla compagna di classe Malù e le chiede di poter incontrare sua mamma che, caso voleva, fosse la vicepreside del Liceo che frequentavano.
E lì, il buon Luciano chiese alla mamma di Malù di poter anticipare di un anno l'esame di maturità ché comunque era il primo della classe e aveva tutti nove, perché in odore di chiamata alle armi e puntava a intrupparsi come allievo ufficiale.
Solo che il buon Luciano, figlio di una maestra molto esigente, in greco aveva solo sei perché sua madre non ci arrivava col greco. Per il resto era in grado di svolgere tre temi e di fare altrettante versioni dal latino in una mattina.
La madre gli aveva sempre risentito la lezione anche al mattino mentre lo lavava e lo preparava per la scuola. L'assillo della madre era tale che Luciano spargeva dei chicchi di sale in corridoio nei lunghi pomeriggi di studio, giusto per sentire in anticipo quando arrivava la madre in ispezione e mettere via il giornalino che ogni tanto si concedeva di leggere.
Va che l'esame in qualche modo riesce ad anticiparlo, seppure a valle di diverse ripetizioni di greco fruite a casa di Malù, per l'appunto.
Ma anche a Malù, in uno di questi incontri nello studio della mamma vicepreside - uno studio con tre pareti scaffalate e stipate di libri - chiese una cosa:
- Me lo presteresti un libro?
- Sì va bene, ma quale?
- Dammi il primo da sinistra, tanto li voglio leggere tutti.
E poi la nostra e Luciano si son scambiati delle gran lettere mentre lui studiava alla Normale di Pisa e lei a Firenze. Lettere che la nostra (quelle che Luciano aveva mandato a lei) ha poi donato alla figlia dell'amico (Luciana), molti anni dopo, quando questa è venuta a cercarle e che adesso stanno in un museo a Grosseto (forse alla fondazione che porta il suo nome).
Le lettere di Malù erano attese da Luciano e dai compagni di Università perché troppo divertenti, questi contavano i giorni che mancavano all'arrivo della nuova epistola e Luciano raccontandole queste cose la consigliava così:
- Tu scrivi troppo bene, dovresti scrivere un libro.
- Un libro? Ma un c'ho mica voglia.

13 agosto 2015

BIUMOR 2015 - Tolentino

Non s'è vinto ma però ci si loda e ci s'imbroda.
Pare proprio che uno dei nostri lavori sia stato selezionato dalla prestigiosa giuria e sia entrato a far parte della prestigiosa short list per l’esposizione della 28a Biennale Internazionale dell’Umorismo nell’Arte.
Il prestigio cola a fiotti in quel di Tolentino.
E quindi dal 28 agosto al 27 settembre 2015 siamo esposti (noi come FurFra con l'opera Election Dei) e pure pubblicati sul catalogo della mostra.
La suddetta opera, scelta tra le tre da noi inviate, non è ancora pubblicabile qui, vi mostro pertanto l'altra su cui puntavamo: considerate che era realizzata a terra con una nastratura adesiva a formare la sagoma bidimensionale e con i cartellini gialli e le patatine reali in 3d.
Il titolo è: Rocco morto sul lavoro.
Ah, il tema a cui ispirarsi quest'anno era: Morire dal Ridere.
E se il 28 agosto passate da Tolentino venite a salutare, magari ci scappa un selfie con Rocco.
(Fur di Furfra)

p.s. C'eravamo anche nel 2011 con il Mucche di Piet Mandrian.

7 agosto 2015

Dieci anni sfruttati al massimo

(dove la s è privativa)
Sono dunque già passati 10 (dieci) anni da quando un gruppo di biologi nutrizionisti dell'Università di Stanford in California elaborò una dieta assolutamente priva di frutta.
Per la sperimentazione del progetto fu scelto un bambino italiano che nasceva in quei giorni e che, per dieci lunghissimi anni, si sarebbe nutrito senza ingerire l'ombra di una frutta una: PAZZESCO!1!!!!11!
Ma di più, manco ne avrebbe toccata una con mano, per non rischiare d'inficiare l'esperimento e per evitare le seppure accidentali contaminazioni.
Ora, trascorso questo decennio sfruttato, la famiglia del piccolo si sarebbe anche rotta un po' i coglioni.
Ergo, biologi nutrizionisti del cavolo, vedete di riportare il soggetto sulla retta via di una dieta completa ché l'esperimento è bello quando dura poco.
Ai suoi genitori, anch'essi sofferenti nel vedere il loro piccolo privato dai piaceri della frutta, piacerebbe davvero che da ora in poi il ragazzino se ne andasse a rubare un po' di ciliege come fan tutti, s'ingozzasse d'albicocche ancorché transgeniche, si spremesse le arance direttamente in gola o si tuffasse di faccia in un cocomero.
E poco male se al Louvre dovessero vietargli l'ingresso per paura che si mangi un Arcimboldo.

4 agosto 2015

La tribù dei Cefaloni

Ovvero 10 cose da sapere se andate a Κεφαλονιά

(e sullo sfondo Itaca)
  • Cefalonia è in Grecia e fate conto che vige la grecitudine (*). Non è facile da spiegare la grecitudine, ma proviamoci. Per prima cosa il ritmo è rallentato, la gente non si affanna diciamo, si sorride spesso e volentieri anche per cose che vanno meno bene. La grecitudine è una scarpa in mezzo a una strada che dopo una settimana è ancora lì, la grecitudine è un caffè che per berlo ci devi mettere un'ora altrimenti prendi un'altra cosa. La grecitudine è il parcheggio selvaggio ma inconsapevole. La grecitudine è che tutto può succedere ma dopo tre giorni che sei lì lo sai anche tu e va bene così. La grecitudine è svoltare a destra senza freccia ma segnalando semplicemente con la preventiva invasione della corsia opposta, e va bene così. La grecitudine è la gioia di stare a tavola fino a mezzanotte ad aspettare un conto che non arriva e a rimpinzarsi invece di cocomero e dolci offerti a profusione;
  • Lo spettacolo di Itaca dalla collina che sovrasta Antisamos (dove sorge il monastero della Madonna di Agrilia) ti fa sentire davvero il signor Nessuno di ritorno da Troia. Fai un respirone e ti viene voglia di andare a prendere i Proci a calcinculo;
  • Cefalonia ha una trentina di spiagge tutte meritevoli e dalle caratteristiche più diverse, tra queste almeno dieci sono di straordinaria bellezza;
  • Le spiagge più affini al paradiso forse non sono le più note, ma toccherà a voi scoprirle, non è che dobbiamo scrivere tutto qui, teniamole ancora un po' per noi (in pvt volendo sì);
  • Se c'è una strada a Cefalonia considerate che è franata, sta franando oppure franerà;
  • A Cefalonia puoi parlare a una capra pure se non sei Saba;
  • Se hai culo culo ti puoi trovare a fare un bagno bagno con una caretta caretta che ti nuota accanto accanto;
  • La storia della brigata Acqui andrebbe un po' saputa anche senza scomodare Corelli e il suo mandolino scordato;
  • Il Retzina, i dolcetti canditi, il caffè greco, l'ouzo... diciamocelo, non son proprio questa delizia, ma se ti lasci permeare dalla grecitudine ne potrai apprezzare il gusto vero;
  • La sicurezza è l'unico vero neo da me riscontrato. Cioè, Cefaloniti che non siete altro, non si possono vedere i lampioni fissati con dei bulloni che sporgono rugginosi di 20 cm, per di più sul marciapiede. Non più. Per quest'aspetto l'isola ricorda molto l'Italia anni settanta, quella delle note mail che periodicamente girano e in cui ci chiediamo come abbiamo fatto a cavarcela.
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(*) La Grecitudine è rigorosamente intonata sulle note de La Solitudine di Laura Pausini.

3 agosto 2015

Tre generazioni in Uno

(Uno Neno 1993 - 2015)

In principio fu il Neno, che la comprò e sì che era la sua macchina con la targa che riportava l'iniziale del suo nome + giorno e mese di nascita. Ci andò un po' al lavoro (poco) un po' in vacanza (pochissimo) e un po' scorrazzando moglie e nipoti in giro (di più).
Al massimo mi sa che sia stato a Passignano sul Lago a mangiarsi una frittura o forse a Bologna dagli amici storici.
Poi, nelle vicissitudini della vita, toccò a me portare in giro l'auto dell'anno millenovecentoerrotti. Si andò a Gardaland ed ella, la Uno, cercò di abbandonarci a Carpi, ma per quanto bella (Carpi) la riparammo e via.
La performance più di livello fu una ricca vacanza a Palau nel 2002 quando, sempre ella, ci portò tra le altre cose in quel di Porto Rotondo e Porto Cervo.
Poi in un cantiere, abbandonata a se stessa per anni, in attesa dell'età guidereccia di figlio uno - uno dei nipoti scorrazzati da i' Neno - che, come da programma, se l'è pigliata sotto l'ala anche se ragione voleva non fosse così prudente allontanarsi molto da casa.
E così il suo servizio più lungo negli ultimi anni è stato un bel Firenze-Lucca Comics e ritorno.
Infine niente, è arrivato il suo momento e dispiace un po', sì, sono uno che si affeziona anche alle cose.
L'unica consolazione è il fatto che l'autodemolizione si chiama "Paradiso" e mi sa che non è un caso.

9 luglio 2015

Chiudi gli occhi e vedrai


(Occhi chiusi - Kira)





Se insegni, insegna anche a dubitare di ciò che insegni.
(José Ortega y Gasset)







C’era questa profe cieca. Arrivò un mattino di settembre da chissà dove e venne a sedersi proprio alla cattedra della quarta B, come se nulla fosse.
Violetta, profe d’italiano, storia e quant’altro. Traviata dalla vita e cieca come la morte, arrivava senza un preavviso.
La prima lezione ce la impartì sedendosi da noi, per il semplice fatto che era lì, testimonianza e risultato di una volontà indomita, anche se noi l’abbiamo capito solo molto tempo dopo.
Sottobraccio, un paio di libroni in braille che solo portarli in giro era un’impresa, una voce che ricordava vagamente una papera, capelli neri lunghi, leggermente crespi. Un paio d’occhialoni, nemmeno troppo scuri, cercavano di nascondere i globi oculari inquietanti e bianchi come il culo di due uova sode.
Si sedette, si presentò e comincio a spiegare. Non una parola sulla sua situazione di non vedente.
Noi ragazzi ci fregavamo le mani come pazzi, tutto quello che ci serviva per passare un’annata tranquilla nelle materie letterarie era una sorta di professoressa cieca. Cristo, era il cielo che la mandava!
Le prime ore di lezione non furono certo tranquille. Una volta accertato che la profe non vedeva nemmeno le sagome che le si paravano davanti, come invece si era vociferato in giro subito dopo il suo arrivo, in classe si scatenò il putiferio vero.
Durante le sue ore, ho visto con i miei occhi volare intere fette di mortadella da una parte all’altra dell’aula, ho assistito a battaglie di cancellini zuppi di gesso e di proiettili di carta scagliati da elastici. Ho partecipato ad ogni tipo di gioco immaginabile e realizzabile sui banchi di fondo, dall’utilizzo improprio di cerini alle interminabili sfide a briscola, dagli scacchi alla battaglia navale.
Ci parve rassegnazione o tolleranza il modo in cui inizialmente sopportò la chiassosa anarchia. Ciò che la profe non poteva vedere, ma sentiva benissimo, sembrava non la scalfisse. Fingeva di non udire e, a volte, addirittura, di non essere lì.
Stava solo studiandoci. Già prima di Natale, la profe era in grado di abbinare ad ogni nostro nome la relativa voce e di rifilare dei cazziatoni mirati e disarmanti.
-    Mannucci, quando poi hai affondato la portaerei del Frilli, vedi se puoi farci l’onore di raccontare cosa sai di Pia de’ Tolomei.
La restituzione del primo compito scritto mi vide protagonista, e ci speravo, visto che avevo approfittato biecamente della situazione, svolgendo il tema letterario e riportando fedelmente i commenti dal libro di testo.
-    Ombri, 6. Il tema è preso pari pari dal Salinari, è una fedele trascrizione del pensiero del De Sanctis, però è copiato bene, è corretto. Diciamo che l’avrebbe potuto fare tranquillamente anche il bidello. O la vicepreside.
E l’affondo non avrebbe potuto farmi più male. Tiriamo via il bidello, del quale poco si sapeva, ma il riferimento all’odiata vicepreside Cocchi, insegnante di matematica e incarnazione scolastica della perfidia, fu una stilettata letale.
La cieca sapeva il fatto suo, non c’erano discussioni, e in capo a un paio di mesi il rapporto tra lei e la classe mutò ancora. Noi imparammo a stimarla, a comprenderla e, senza che lei ce lo chiedesse mai, a rispettarla in classe. Proprio come se potesse vederci. E di fatto, ci vedeva.
E lei imparò a fidarsi di noi. Nelle mattine in cui la trovavamo verso l’ingresso della scuola, o poco più là, e le offrivamo il nostro braccio per guidarla su alle aule, lei ci si aggrappava e, dopo qualche passo, la sentivi ammorbidirsi e abbandonarsi, confidando che l’avremmo condotta in porto senza farla sfracellare su qualche gradino.  E se la prima volta ci era sembrato strano, quasi ruffiano, dopo diventò la cosa più naturale del mondo.
-    Profe, buongiorno, dove va stamani?
-    Terza B, grazie. Stamani comincio dai bambini.
E si andava su, nel dedalo di corridoi e gradini: se c’era una scuola che faceva delle barriere architettoniche un vero e proprio vanto, era la nostra.
Da una sua lezione su illuminismo e romanticismo ancora oggi traggo ispirazione per le mie riflessioni, per le mie decisioni, per i miei credi e per il modo di mettere in discussione le cose che appaiono scontate e anche me stesso.
Parlandoci di Rousseau e di Victor Hugo e di come avessero rappresentato agli occhi del mondo l’illuminismo l’uno e il romanticismo l’altro, la cieca riuscì in venti minuti a ribaltare completamente il concetto e a convincerci che in fondo la forza, la passione e l’arte, con cui Rousseau perorava la causa illuminista altro non fossero che l’espressione della sua anima romantica, e che il buon vecchio Hugo avesse sì voluto distaccare e proiettare la sua opera così lontano dall’universo illuminista, ma che l’avesse fatto armato da una tale volontà e da un tale raziocinio che, beh, se non era illuminato lui!
Era una teoria nuova e rivoluzionaria? Oppure una solenne stronzata? Penso che a nessuno di noi, certo non a me, importasse determinare se fosse l’una o l’altra cosa.
Il concetto era chiaro ed eravamo pronti, all’occorrenza, a trasformare Kant in uno stilnovista o Marx in un futurista. O, quantomeno, a provarci.
Da allora ho imparato a dubitare. Dubito della tivù e dubito di un giornale solo. Dubito delle convenzioni, dei luoghi comuni e degli usi consolidati. Dubito di ciò che appare facile e di ciò che gli altri si aspettano che io faccia.
E mi piace dubitare se è la ragione illuminata che mi porta a farlo, ma anche se è la mia passione di sapere, di capire, o se è semplicemente il mio sogno individuale.
Ma se penso ancora oggi a Violetta, mi piace immaginarla bambina. Penso a sua madre quando, con una pena nel cuore, le avrà descritto i colori del sole e, con lo stesso amore, la forma dei gradini da scavalcare, quando le avrà accarezzato i capelli e magari le avrà fatto toccare i suoi. Quando l’avrà portata in un parco e le avrà fatto odorare i fiori o quando le avrà spiegato che tutto quel correre degli altri bambini, a pensarci bene, non era così importante e che, davvero, non era buono per lei.
E poi la penso di sera, a letto, nel buio della sua cameretta, con gli occhi spenti e chiusi, finalmente uguale a tutti gli altri bambini del mondo, cullata dalle parole sussurrate di sua madre che le racconta una storia.

1 luglio 2015

A domanda rispondi - n. 11


Può una canzone farti viaggiare nel tempo? 
Certo, ma solo in avanti, di 3 o 4 minuti circa.

Perché i ragazzi non mi chiedono mai di uscire?
Forse non ti hanno visto entrare.

Vorrei essere vegetariana ma i miei non me lo permettono, che fare?
Mangiali.

Ho sempre le orecchie tappate e per sentire meglio devo compensare. Non ho tappi di cerume o altro, cosa devo fare?
Hai provato a uscire dall'acqua?

Come si porta avanti una relazione?
Con estrema difficoltà.

Cosa succede facendo reagire 2-bromo-1-fenil-propanolo con KCN e poi idrolizzandolo?
Alla fine arriva Polly.

Come allontanarci da persone che ci fanno del male?
Velocemente.

A cosa è dovuto l'arrossamento dell'occhio per l'uso di lenti a contatto?
All'uso di lenti a contatto.

Il veleno per topi può uccidere un cane?
Sì, se il cane mangia il gatto che mangia il topo che mangia il veleno che alla fiera mio padre comprò.

Placche in gola ma senza dolore, qualcuno sa dirmi qualcosa?
Probabilmente è la gola di un altro.

Quali sono le cose che fanno ingrassare di più?
Quelle che si mangiano.

Piercing lingua a Catania, dove farlo?
Sulla lingua.
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p.s. e queste son quelle scartate... PAZZESCO!!!11!!111!!111

Ah, ne volete ancora? Qui le vecchie edizioni:
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