Tutti volevano essere Johan Cruijff al campino, quando si scontravano fino ad ammazzarsi nella tradizionale partitella amichevole. Ma quando quelli del campino, bici sotto al culo, si buttavano giù per il discesone per andare a sfidare quelli della draga, il Cruijff lì, il fenomeno dell'Ajax e dell'Olanda del calcio totale, ce l'avevano gli altri.
Giù alla draga, appoggiato sull'ansa del fiume, era stato tirato su qualche anno prima uno stabile condominiale enorme a forma di una esse lunga che accarezzava il profilo della sponda, proprio là
dove si dragava da sempre la migliore rena da calce dello stato. Un tale di nome Renzo era passato dalla trattoria di piazza e, non avendo soldi, s'era inteso di pagare tratteggiando il progetto d'un edificio sulla mappa del paese stampata sulla tovaglietta, c'aveva messo ben sette ore e così era girata voce che l'aveva disegnato Renzo, piano. L'ambiguità dovuta al tramando orale aveva fatto il resto e l'edilizia impopolare aveva avuto il suo totem.
Tra le mila famiglie che ci stavano giù alla draga, stipate nel condomino esselunga, era tutto un pullulare di ragazzi in età calciatoriale e, mentre al campino si dovevano sdoppiare per arrivare a undici, alla draga c'era l'imbarazzo della scelta.
C'era Zuff il portierone, noto attaccabrighe dalle mani a padella aderente.
C'erano i fratelli Robiola, una sorta di Sussi e Biribissi ma con un sano disinteresse per il centro della Terra. Robiolone troneggiava al centro della difesa nel ruolo di libero, in un anticipato contrappasso di ciò che sarebbe stato il suo rapporto con la giustizia negli anni a venire, mentre Robiolino sgusciava sulla fascia a mo' d'anguilla imburrata.
C'era Bonimba al centro dell'attacco, un tabarino tutto gomiti sputato col Boninsegna quello vero, solo un pelo meglio.
C'era pure uno straniero, il mediano, un certo Washosky, o forse Pachosky, insomma un polacco qualcosa osky in grado di mollarti un calcione e centrarti lo stinco pure se stavi in tribuna stampa.
Poi c'erano sei o sette comprimari bravi a correre e a tirar pedate, ma a orchestrarli tutti quanti c'era lui, Giova, più noto come il Johan Cruijff della draga. Bravo a stoppare, dribblare, liberare, contrare, passaggiofiltrare, intercettare, smarcare, crossare, segnare e, soprattutto, sempre in tiro con la sgargiante maglia arancione numero quattordici, sempre lei, sempre bellissima e invidiata su gran parte del globo terracqueo: dal campino al Manzanarre e dalla draga al Reno.
Tra il fiume e il condominio, giù alla draga, erano stati tirati a esse anche una serie di fili da panni, a guisa d'un pentagramma surrealista, dove le mamme draghiane stendevano i panni al sole e al vento come fossero crome o semibiscrome. Fu a quei fili che Marco e Massimo videro sventolare il numero 14 nero in campo arancio, steso nell'asciugatura preparatoria alla partita dell'indomani. Marco e Massimo, due del campino per i quali manco un soprannome era andato sprecato.
E nottetempo, con la scusa di portare fuori Birillo, il barboncino di Marco, i due si spinsero giù fino in riva al fiume, lo costeggiarono e, quando furono sicuri che nessuno li stava osservando, inzupparono ben bene la maglia di Cruijff nella varechina, nella speranza che Giova potesse perdere assieme all'orange della sua maglia, come un Sansone rapato a zero, tutte le sue abilità pallonare.
E in fondo al loro cuore lo sapevano che non c'era da preoccuparsi di nessuna piccola cosa, perché ogni piccola cosa sarebbe andata per il verso giusto.
E il 18 a 18 maturato nella partita campino vs draga del giorno successivo sarebbe stato immortalato con una foto in bianco e nero appesa nella sede della società sportiva del campino, se qualcuno avesse fatto una foto, se fosse esistita una società sportiva del campino o anche solo una scalcinata sede.
Quel giorno i ragazzi del campino scrissero la storia pareggiando la loro unica partita dentro a una striscia di oltre trenta gare tutte comodamente dominate dalla draga, ma quella no.
Quella, con uno spaurito Giova Cruijff, dall'estro imprigionato dentro a un'irriconoscibile maglia candeggiata, quella no.
______________________________________________
Eds arancione del grande coccomero
In compagnia di:
Melusina 1
Dario
La Donna Camel 1
Lillina
Pendolante
Melusina 2
Angela
Cielo
Calikanto
Singlemama
Leuconoe
Fulvia
La Donna Camel 2
...
Giù alla draga, appoggiato sull'ansa del fiume, era stato tirato su qualche anno prima uno stabile condominiale enorme a forma di una esse lunga che accarezzava il profilo della sponda, proprio là
dove si dragava da sempre la migliore rena da calce dello stato. Un tale di nome Renzo era passato dalla trattoria di piazza e, non avendo soldi, s'era inteso di pagare tratteggiando il progetto d'un edificio sulla mappa del paese stampata sulla tovaglietta, c'aveva messo ben sette ore e così era girata voce che l'aveva disegnato Renzo, piano. L'ambiguità dovuta al tramando orale aveva fatto il resto e l'edilizia impopolare aveva avuto il suo totem.
Tra le mila famiglie che ci stavano giù alla draga, stipate nel condomino esselunga, era tutto un pullulare di ragazzi in età calciatoriale e, mentre al campino si dovevano sdoppiare per arrivare a undici, alla draga c'era l'imbarazzo della scelta.
C'era Zuff il portierone, noto attaccabrighe dalle mani a padella aderente.
C'erano i fratelli Robiola, una sorta di Sussi e Biribissi ma con un sano disinteresse per il centro della Terra. Robiolone troneggiava al centro della difesa nel ruolo di libero, in un anticipato contrappasso di ciò che sarebbe stato il suo rapporto con la giustizia negli anni a venire, mentre Robiolino sgusciava sulla fascia a mo' d'anguilla imburrata.
C'era Bonimba al centro dell'attacco, un tabarino tutto gomiti sputato col Boninsegna quello vero, solo un pelo meglio.
C'era pure uno straniero, il mediano, un certo Washosky, o forse Pachosky, insomma un polacco qualcosa osky in grado di mollarti un calcione e centrarti lo stinco pure se stavi in tribuna stampa.
Poi c'erano sei o sette comprimari bravi a correre e a tirar pedate, ma a orchestrarli tutti quanti c'era lui, Giova, più noto come il Johan Cruijff della draga. Bravo a stoppare, dribblare, liberare, contrare, passaggiofiltrare, intercettare, smarcare, crossare, segnare e, soprattutto, sempre in tiro con la sgargiante maglia arancione numero quattordici, sempre lei, sempre bellissima e invidiata su gran parte del globo terracqueo: dal campino al Manzanarre e dalla draga al Reno.
Tra il fiume e il condominio, giù alla draga, erano stati tirati a esse anche una serie di fili da panni, a guisa d'un pentagramma surrealista, dove le mamme draghiane stendevano i panni al sole e al vento come fossero crome o semibiscrome. Fu a quei fili che Marco e Massimo videro sventolare il numero 14 nero in campo arancio, steso nell'asciugatura preparatoria alla partita dell'indomani. Marco e Massimo, due del campino per i quali manco un soprannome era andato sprecato.
E nottetempo, con la scusa di portare fuori Birillo, il barboncino di Marco, i due si spinsero giù fino in riva al fiume, lo costeggiarono e, quando furono sicuri che nessuno li stava osservando, inzupparono ben bene la maglia di Cruijff nella varechina, nella speranza che Giova potesse perdere assieme all'orange della sua maglia, come un Sansone rapato a zero, tutte le sue abilità pallonare.
E in fondo al loro cuore lo sapevano che non c'era da preoccuparsi di nessuna piccola cosa, perché ogni piccola cosa sarebbe andata per il verso giusto.
E il 18 a 18 maturato nella partita campino vs draga del giorno successivo sarebbe stato immortalato con una foto in bianco e nero appesa nella sede della società sportiva del campino, se qualcuno avesse fatto una foto, se fosse esistita una società sportiva del campino o anche solo una scalcinata sede.
Quel giorno i ragazzi del campino scrissero la storia pareggiando la loro unica partita dentro a una striscia di oltre trenta gare tutte comodamente dominate dalla draga, ma quella no.
Quella, con uno spaurito Giova Cruijff, dall'estro imprigionato dentro a un'irriconoscibile maglia candeggiata, quella no.
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Eds arancione del grande coccomero
In compagnia di:
Melusina 1
Dario
La Donna Camel 1
Lillina
Pendolante
Melusina 2
Angela
Cielo
Calikanto
Singlemama
Leuconoe
Fulvia
La Donna Camel 2
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Mi rifiuto di commentare stasera un post in cui si parla di pallone con l'audio di Juve- real che mi giunge dalla sala.
RispondiEliminaPasso domani
a "l'aveva disegnata Renzo, piano" è partito l'applauso. .
RispondiEliminaTu giochi in casa, t'ho favorito dabbestia e si sghignazza. Ma non ti crogiolare troppo, la prossima volta col cavolo!
RispondiEliminaFavorito? Era stradifficilerrimo star dentro a tutti i paletti. La prossima volta ne affilo uno.
EliminaMi piace che si parli di calcio, che si prenda a calci una palla, anche se non è il momento per me.
RispondiEliminaNon ricordo molti momenti in cui fosse il momento; poteva andar peggio: potevo essere del Catanzaro.
Non parlar di Catanzaro a casa d'un meglio secondi che ladri.
EliminaRieccomi, ieri sera avevo la casa invasa da ragazzi e uomini persi dietro ad un pallone,
RispondiEliminaNon volevo correre il rischio di trasformare l'arancio candeggiato in verde ramarro, Ti faccio i complimenti anche non volendo mi hai strappato più di un sorriso, ammiro la tua capacità narrativa e non da meno la tua sorprendente memoria dei giorni n cui eri fanciullo. Forza draga! Ops forza campino!
E con questa hai sbaragliato pure stavolta.
RispondiEliminahai messo un "ra" di troppo, mi sa.
Eliminache dire, me la sto godendo a leggere tutti gli EDS anche io plaudo per il Renzo, piano
RispondiEliminaA leggere il tuo racconto è' venuta voglia anche a me di giocare in quei "campini"... :-)
RispondiEliminaavevo visto pure un film su di lui al cinema, era e rimane il mio preferito anche se io con il calcio proprio
RispondiEliminaEh, beh... il profeta del gol, immagino.
EliminaBello, intenso, come un film di Mazzacurati...
RispondiEliminauau
Eliminamemorativo
RispondiEliminaEcco, sono questi i casi in cui mi rode un cicinìn non essere nemmeno un po' tifosa di calcio. Mi godo il racconto, ma sicuramente mi perdo le sfumature, uff. E comunque sei proprio bravo.
RispondiEliminama grazie... un nome che mi è caro, il tuo, oltretutto.
Eliminami tocca bissare un commento.
RispondiEliminaera girata voce che l'aveva disegnato Renzo, piano. per me vale tutto il racconto (se non altro perché, lì ho cappottato)