Dai Battilani ci vanno il brigadiere Lepore e il carabiniere Palmieri, con l’intento di occuparsi in primo luogo delle auto di famiglia, vi avrebbero cercato capelli, resti di corde o magari scaglie di pino, il maresciallo li aveva istruiti a dovere.
Spataro e Squizzi, invece, se ne vanno al Bar La Piazza, ufficialmente per parlare un po’ di calcio e magari guardarsi un po’ di partita.
Alla finale del mondiale di Spagna mancano un paio d’ore e in strada e in paese si respira un’aria gonfia. Gente in giro ancora ce n’è, ma si muovono in modo strano. L’attesa rende le camminate sincopate e le frasi smozzicate. Tutto finirà nello stesso imbuto: la partita contro la Germania delle venti.
Oggi tutto si riconduce a Madrid, tutto si compone, si sdogana e si compie a Madrid e tutti saranno lì, davanti alle tivù, aspettando un gol di Rossi.
«Possiamo dare un’occhiata al retro del bar? »
Il mandato di perquisizione non serve, basta la voce del maresciallo Spataro per attivare tutti i permessi.
«Certo, sì, maresciallo».
«Cosa cerchiamo, maresciallo?» chiede Squizzi.
«Niente di che, in realtà penso che il colpevole canterà, non ha alternative. Certo, se si riuscisse a trovare un rasoio o una bella confezione di crema da barba, non è che si buttano via».
È Squizzi che recupera dal fondo di un armadietto una confezione aperta di lamarasoio Bic, li conta e sono nove. E anche la mancanza di un elemento può divenire prova a carico.
Quando Lepore e Palmieri arrivano al bar, alla televisione impazza il collegamento con Madrid, manca un’ora ed è orgia di bandiere e di tifosi.
I due si riuniscono al Maresciallo Spataro e a Squizzi sedendosi a un tavolo del bar.
«Dunque l’auto di Pietro è pulita ma, colpo di scena, quella di Simone ha bisogno di un buon carrozziere» fa Lepore con un risolino amaro.
«Fammi indovinare, ha delle fitte sul tetto» butta là Spataro.
«Porca zozza» fa Palmieri, strabuzza gli occhi e guarda Lepore, il quale allarga le braccia:
«Marescialli si nasce, mica per nulla».
«Maresciallo, ma perché secondo lei, la tipa l’ha rasata sotto?» anche Squizzi ha le sue curiosità.
«Chi lo sa? Magari gli piace così, ce n’è di gente malata in giro, oppure è uno spregio, se ne sentono di tutti i colori ormai».
Poi arriva Simone per l’ordinazione.
«Che prendete?» chiede.
«Te» fa Spataro.
«Limone o pesca?»
«No, prendiamo proprio te. Te, Simone».
Il ragazzo realizza, incassa e barcolla mentre assume la consistenza e il colore di uno straccio. Palmieri gli allarga una sedia e lo fa accomodare.
I carabinieri adesso sono in pace con il mondo, si permettono pure un filo di compassione per il ragazzo che ha la testa poggiata su un braccio e s’è mezzo steso sul tavolino.
«Ma come?» farfuglia.
«Come, ce lo devi dire te. E anche perché, anche se un’idea ce la siamo fatta».
Il ragazzo si piglia la testa tra le mani e manda fuori simmetria la scucchiaiata di capelli predisposta dai tricologi di Cetrin, se la ritrova in mano e, a quel punto, la tira via e la scaraventa in un cestino a due metri da lì. La chioma artificiale resta appollaiata sul bordo, come un macabro scalpo.
«Le hai chiesto che fuggisse con te, vero? Solo che lei forse aveva altri progetti».
«Fuggire? Ma che fuggire! Non c’è voluta venire a letto con me, e basta».
«Cazzo, Simone, ma l’hai ammazzata per questo? Sai quante ragazze ci stanno là fuori?»
Dicendo così, butta un occhio all’esterno, sul paese ovattato e ridotto a landa desertica come ogni paese italiano in quel giorno e in quell’ora.
Magari non stasera, pensa Spataro, ma non lo dice.
«È che mi ha chiamato pelato».
Niente fuga mancata, allora, cazzo. Non ci si può più fidare nemmeno delle canzonette!
«Vuoi che andiamo dopo la partita?».
Simone li guarda, con gli occhi acquosi di chi non è lì, ma non apre bocca.
Allora lo portano via, a malincuore, nel movimento immobile di una serata mundial che va a cominciare.
Diretti alla caserma costeggiano anche il cimitero.
C’è un tizio in tuta che si appresta a ritinteggiare il muro per coprire la scritta Italia-Brasile e tutto il resto.
«Accosta, Squizzi» fa il maresciallo e poi si rivolge gridando all’uomo in tuta:
«Scusi, ma non sarà meglio aspettare almeno domani prima di cancellare questa roba? Che niente niente portasse sfiga!»
L’uomo si stringe nelle spalle. L’Alfetta blu si allontana e lui resta lì, con il pennello in mano e una decisione non facile da prendere.
Occhieggiando il pino, il maresciallo Spataro rivede per un attimo Gloria, appesa al vento. Rivede quella bambola, canticchia la sua melodia e forse capisce. Gli è balenato in mente un verso grazie al quale, alle canzonette, potrà concedere altro e incondizionato credito.
(Da stasera la mia vita / nelle mani di un ragazzo no / non la lascerò più)
Il ragazzo era già lì, dall’inizio, sarebbe stato tutto più semplice, pensa il maresciallo Spataro, se solo avesse fischiettato il motivo giusto da subito.
«E comunque, Squizzi, se stasera si vince il mondiale, me li taglio i baffi».
FINE
Abbiamo un'estate di racconti :-)
RispondiEliminaLetto con piacere, mi ha fatto venire in mente una deliziosa granita :-)
Bello. Bravo Hombre. Lo so, sono monotona..la colpa é tua. E del caldo..
RispondiEliminaBello Hombre! Estivo, un po' nostalgico e coi personaggi giusti. Peccato sia finito
RispondiEliminaGrazie a chi ha avuto la pazienza di leggerlo.
RispondiElimina