31 gennaio 2012

Corsi e Ricorsi

Questa chicca sulla felicità mi ha riportato alla mente un episodio della mia vita che ho ricordato per anni interi addebitando a mio padre colpe estreme. Mi scuso con Lo Scorfano ma, come diceva Bramieri, il problema con le barzellette è che quando ne racconti una, per quanto buona sia, ne farà venire in mente una tremenda a qualcuno dei presenti. Per le storie mi sa che è uguale.

Andavamo a piedi da mia cugina, io avrò avuto 6 anni circa e da qualche giorno mi ero dato alla corsa. Correvo, e correvo fortissimo. Muovevo quelle gamberelle secche che mi ritrovavo a una velocità frenetica e macinavo la strada con facilità, mi sentivo un campione.
- Facciamo una corsa? – buttai lì a mio padre
- Dai! – E partimmo.
Andavo forte, via veloce sulla stradina in leggera salita, sgambettavo vento in faccia e felicità a portata di mano. Solo che mio padre, pur appesantito nei chili e nei suoi innumerevoli anni  (40), mi stracciò di brutto. Cioè, nemmeno fece finta di starmi vicino o di arrancare, magari restando un po’ indietro e poi sprintando all’ultimo, no, partì proprio a razzo e mi lasciò irrimediabilmente indietro. Sconfitto, abbattuto e allibito. Nella mia testolina di bimbo ricordo la netta sensazione di stupore. Ero convinto che mio padre, foss’anche stato Pietro Mennea, non avrebbe dovuto comportarsi così.
Io non lo farei oggi, non lo faccio. Non mi sono comportato e non mi comporto così con i miei figli. Ma magari sbaglio.
È una riflessione che non mi porta da nessuna parte, non ce l’ho una cartina di tornasole che mi diventa azzurra o rossa a certificare che la mia vita ha preso una deriva basica o acida a seguito del comportamento di mio padre quel giorno. Non lo so se sono una persona migliore o peggiore di quella che sarei diventato se mi avesse lasciato primeggiare nella gara.
Posso soltanto dire che ho sofferto per quella batosta, questo è innegabile ma non è decisivo a classificare l’episodio come negativo in assoluto per la mia crescita, per la mia esistenza.
Magari mi ha insegnato a elaborare una sconfitta, prima rispetto ad altri bambini. Forse mi ha preparato, con una delusione oggettivamente non enorme, ad affrontare quelle eventuali e toste che si sarebbero snocciolate sul mio cammino. Mi ha reso cosciente di non essere imbattibile.
O, chissà, mi ha insegnato a lottare per migliorare, a non dare per scontato un successo, ad arrivare preparato alle battaglie dello sport e della vita.
A capire che Vincere non è tutto, ma lo è il provare a vincere (Vince Lombardi).

30 gennaio 2012

Ma quanto mi pensi?

Dimmi un numero, mi fischia un orecchio.
Immancabile il simpatico di turno dice “8” e tu “A, B, C, D, E, F, G, H… acca!”. Acca, valla a trovare una che ti pensa in quel momento con un nome che inizia per “H”. Il simpatico ride e tu abbozzi, nessuna che ti pensa, che ti fila, nemmeno questa volta. E un altro fischio va sprecato.
Fortuna che a vent’anni conobbi una tedeschina di nome Helene che mi risolse il problema dell'acca.
Invecchiando, e anche a seguito di una fastidiosa otite, ho acquisito a titolo definitivo le prestazioni di un fischio auricolare continuo che ha spazzato via d’un botto tutte le speranze di essere pensato da questa o da quella inglobando sul nascere, nella sua acustica di base, ogni e qualsivoglia altro tipo di fischio.
C’è poi la storia della mela: prima di mangiarla la tieni con una mano e ne giri il picciolo con l’altra, e a ogni giro una lettera “A, B, C…” eccetera, fino a che il picciolo non ti si rompe in mano e ti resta solo di abbinare il nome della tipa - che ti tiene nella mente e magari nel cuore - all’iniziale così definita. G Giulia, L Lorella, M Melania, si casca sempre in quella zona alfabetica, e va di lusso se non si becca l’acca. Una su mille le probabilità che s’arrivi alla V di Veronica, l’unica che era davvero necessario che ti pensasse, quand'era il momento.
L’aspetto positivo da considerare è quello nutrizionale dato l’esponenziale sviluppo fatto registrare dal tuo consumo di mele.
Un tempo si poteva contare anche sui treni, tanti e di svariate lunghezze, alcuni lanciati fin nel profondo degli alfabeti verso le Tamare, le Veroniche e le Zaire. Cominciavi ad abbinare le lettere dal locomotore, una via l'altra, finché finiva il treno. Al mare, per esempio, era pieno di rotaie e di passaggi a livello e niente c’era di meglio, tornando abbrustolito dalla spiaggia, che contare un bel convoglio dalla “A” fino chessò alla “P” e sorridere come un cretino perché Patrizia, in fondo in fondo, stava ancora pensando un poco a te. Pareva.
Poi sono arrivati gli ETR500, monotoni, con le loro fetenti 11 carrozze + due motrici, che fanno 13. Sempre e comunque 13 pezzi che ti portano immancabilmente a un’insulsa lettera “O”, e lì prega il Cielo di conoscere una crista di nome Orietta, perché altrimenti risulterai ancora una volta solo, dimenticato da Dio e da Trenitalia.

28 gennaio 2012

A domanda rispondi - n. 4

Là dove c'è una domanda inevasa arriva la Linea. Continua la proficua collaborazione con Yahoo Answers.

Che cosa succede se un padre facesse questo al figlio? Un bambino di cinque anni che il padre insegna a scrivere, prima di andare a scuola così si trova già preparato in prima elementare, le maestre o i maestri che potranno dire?
LASCIA FARE, PECCARITADIDDIO, LASCIA FARE!

Perché l’FBI ha chiuso Megavideo e non ha chiuso siti come Stormfront o Pontifex?
Vuoi dar loro altri suggerimenti o ti stai un po’ zitto?

Mi condigliate come fare il mio curriculum?
Con il correttore ortografico attivo.

Nel vostro parlato colloquiale dite: butta la pasta, cala la pasta o altro?
Altro la pasta.

Come funziona l'assistenza iPhone?
Li chiami quando iProblema.

Volevo chiedere agli utenti esperti di dottrina cattolica chi sono i 144.000 dell'Apocalisse?
È un vecchio debito, non è la fine del mondo.

Ciao, sono Isabella, ho i capelli Castano scuro, vorrei schiarirli molto ma senza usare tonta, mi potete aiutare?
Ma sei la figlia dell’Ispettore Clouseau?

Secondo voi è meglio prima spolverare e poi passare l' aspirapolvere o vicevarsa?
Chiedi alla polvere.

Ciao a tutti da quando ho iniziato a studiare intensamente x gli esami in università (i miei primi),ovvero da un mesetto,ho problemi a livello di consistenza delle feci (che sono molli). Subito dopo gli esami ovvero 2 giorni fa la situazione è migliorata fino a stamattina quando tutto è ricomminciato. Cosa può essere?
La riforma Gelmini.

Come nascondere la droga nell’esame dell’urina?
Nascondendo anche l’urina.

È peccato uccidere un insetto? Il comandamento non uccidere è riferito solo ai tuoi simili o a tutte le specie?
Se il tuo obiettivo è Vespa, ti saranno riconosciute le attenuanti generiche.

Per i sammarinesi: quali motivazioni etniche, religiose o culturali vi impediscono di unirvi all'Italia?
Le motivazioni sono varie, non siamo così fiscali.

Come convincere i miei a fammi iscrivere a facebook?
Con un tweet.

Perché i miei genitori quando lo fanno dopo sono sempre nervosi?
Beh, una volta sei nato tu, se ragioni ci arrivi.

Secondo voi i maski tradiscono solo quando non sono veramente innamorati?
No, tradiscono solo se hanno l’occasione.

Che si deve fare per essere simpatico a qualcuno secondo voi? Lo stò chiedendo per curiosità.
Comincia studiando gli accenti.

Link per trovare il video hard della Seredova?
Ok, prova qui.

Come li trovate i ragazzi con gli orecchini?
Con il metal detector.

Uomini : Come siete soliti dichiararvi ad una donna?
Già sposati.

Bonifico o assegno con accredito immediato?
Guarda, accetto entrambi.
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Qui trovi le sessioni precedenti:   1  2  3

Nota: le domande sono vere in ogni loro parte, non ci sono strafalcioni aggiunti e/o corretti ad arte. 

26 gennaio 2012

Darsi alle macchie

Da più parti mi spinsero ad andare dallo strizzacervelli e io, per farla breve, visto che ancora seguivo i consigli altrui, mi sparai una decina di sedute.
Si stava lì, parlando del più del meno, dei secoli scorsi della mia vita, e di cosa stessi combinando che ero un po’ frastornato.
Tirate le somme il tipo concluse che non aveva tempo da perdere con me, che aveva in cura drogati e depressi all’ultimo stadio e che mi levassi un po’ dalle palle. Detto un po' meglio.
Il momento più significativo della nostra frequentazione si sviluppò attorno al noto Test di Rorschach. Quello delle macchie, per intendersi.
Ci sono queste 10 carte che ti danno e tu, dal momento che le prendi in consegna, sei sotto esame e vale tutto.
Vale se le giri, vale se le appoggi e le prendi in mano una per volta, vale se chiedi cosa devi fare o no, vale se le stringi, se le sfiori appena, se le tieni con due mani o con una, vale se guardi anche dietro, vale se rispondi subito o dopo un po’. Vale tutto. Ma anche nulla. Soprattutto vale ciò che ci vedi o dichiari di vederci.
Si vocifera esista un poderoso archivio mondiale implementato con tutte le descrizioni affibbiate alle 10 macchie, in ogni tempo e in ogni luogo.
Ora, detto a voi, in quelle macchie io ci ho visto solo roba sessuosa. Secondo me, anzi, sono proprio studiate apposta.
Il malato grave è quello che ci vede un tizio che porta a spasso il cane, una nuvola del cielo o un cappellino coi fiori di Elisabetta II Windsor.
Epperò, considerato che del tutto andato non ero, pensai bene di edulcorare il mio risultato e di descrivere alcuni soggetti prettamente erotici con banalità iconografiche poco riconducibili al profilo del maniaco sessuale o del serial killer.
Però non potevo nemmeno ignorarle tutte tutte, pensai, perché mi avrebbero sgamato subito.
Quindi alcune le spiegai proprio come le vedevo.

Su questa (macchia n. 1) dichiarai:
- Una vagina in sezione.
Datemi torto! Lo strizza saltò sulla sedia: ritenne d’aver risolto il caso del mostro di Firenze.
- In sezione, come in sezione?
- Sì, come si vede nei libri di educazione sessuale.

E su quest’altra (macchia n. 3):
- Due travestiti.
Doppio balzo carpiato raggruppato avvitato sulla sedia.
- Travestiti? E perché?
- Come perché? Hanno le tette, i tacchi e il pisello, che altro possono essere?
- Uhm...
Qui cominciò a guardarmi storto, ma io avevo ancora 7 carte per riconvertire il mio profilo psicologico sui parametri del bravo bambino e, nonostante mi capitassero in mano solo orge, scene di fellatio e enormi mammelle, io vidi, fortissimamente vidi, gente a chiacchiera, gelati alla fragola e morbide colline in fiore.
Era chiaro che se c’era uno in malafede là dentro era lui. Porco maniaco mentitore. Mi liquidò informandomi che non riscontrava alcuna patologia in me.
Poi si chiuse in bagno con la macchia numero 3.

25 gennaio 2012

Scrittura d'evasione

Non so se i dizionari del T9 sono tutti uguali, ad ogni modo il mio non dovrebbe essere uno dei peggiori: ho un Sony Ericsson di un paio d'anni fa.
Detto a voi, non ho mai sbavato per questo sistema di composizione facilitata di SMS, però non l’ho disabilitato perché mi ci sono abituato e qualche granello di tempo me lo fa risparmiare. Considerate che non mi avvicino certo alla frequenza battitoria dei pischelli che ne fanno a meno spesso e volentieri.
L'altro giorno sono rimasto allibito quando, andando a digitare la parola “notula”, il mio telefono, come sua migliore proposta, mi scrive “mottlc”.
Siamo un Paese in cui la parola “notula” è così fuori moda da non rientrare in un’adeguata statistica d’uso che la porti a essere presa in considerazione dagli sviluppatori del T9.
Provate a digitare “nero”, il T9 non ha dubbi.

Le due Antonelle

Io sono contrario ai nomi originali, troppo originali, tipo il mio, insomma.
Possono segnare la vita, specie se verso i tuoi 15 anni va spopolando un telefilm con uno stallone nero che beve solo caffè, e si chiama quasi uguale a te.
Insomma, può dare noia.
Però ha i suoi vantaggi, nessuno che mi chiami per cognome per esempio: per parenti, conoscenti, amici io sono sempre e solo il mio nome di battesimo e non c'è rischio di far confusione.
Ma se ti chiami Carla, Fabio, Antonella, Massimo, Alessandro, Alessandra e mi telefoni una volta l'anno sotto Natale, dimmi come cavolo dovrei fare io a riconoscerti al volo.
- Ciao, sono Carla, come va?
- Uhm, bene... - (Carla chi?)
- E quindi questo Natale...?
E via con discorsi generici e buoni per tutte le occasioni e per tutte le carle del mondo. Fino a che un dettaglio ti rivela la vera identità del chiamante.
- E voi dove lo passate?
- A casa perché i bambini hanno la febbre, Agilulfo 38,2 e Dulcinea quasi 39.
(ah, quella Carla!)
Anche gli SMS, cristosanto, se cambiate scheda (e ce ne sono 3 o 4 che cambiano scheda ogni benedettissimo anno) e mandate un messaggino di "Buon Natale", se avete un nome comune scrivete pure qualcosa che possa identificarvi.
Chessò "Buon Natale a tutti - Rossana, quella zoccola" o "Auguri - Mario, quello pelato col doppiomento" potrebbero già aiutare a capire.
Ma ho divagato, veniamo al titolo.
Due amiche di mia moglie hanno lo stesso nome e quando lei mi parla di una di loro non precisa mai se si tratta dell'Antonella C, o dell'Antonella S. Mai.
Io per un po' ho chiesto (anni) poi mi sono sdato.
E quindi non domando più nulla e vado un po' a intuito, archiviando le info nel file dell'Anto C o dell'Anto S a piacer mio.
- L'Anto ha fatto parapendio domenica. (Ci penso e poi archivio come Anto C)
- L'Anto ha preso la scarlattina. (Uhm... Anto S)
- L'Anto si è sposata. (Anto C)
- L'Anto si è lasciata. (Anto S)
- L'Anto ha avuto la promozione. (Anto C)
- L'Anto ha visto la mostra dei Macchiaioli. (Anto S)
- L'Anto si è messa con il tale. (cestino)
- L'Anto ha cambiato la macchina. (Anto *)
- L'Anto qui. (Anto C)
- L'Anto là. (Anto S)
Alla fine ne ricavo un quadro composito e sicuramente inesatto, dell'Anto C e dell'Anto S, ma almeno non son più lì che chiedo:
- Quale Anto?
Tra le altre cose i miei gusti cinematografici sono simili a quelli dell'Anto S, mentre differiscono piuttosto dall'Anto C.
- L'Anto è stata a vedere Le Idi di Marzo, molto bello, dice.
Capite che così, io non so se andarci o no a vederlo (ok, in questo caso ci vado comunque, c'è Ryanello mio).
- Ottimo, andiamo a vederlo anche noi? C'è Ryan Gosling.
- Chi?
- Quello di Drive.
- Ah ok.


p.s. Le due Antonelle vere, so' meglio di 'ste due della foto!

23 gennaio 2012

Il peposo dei Fornaciai

Siamo invitati per il pranzo domenicale dai Fornaciai  (alias Giacomo & family). Arriviamo col Berlucchi e un dolce di cioccolato fuso e poi colato in una forma siliconica a fiorellin del prato. Andiamo preparati perché dai Fornaciai si viene solitamente rimpinzati come porcelli e quando si esce da quella casa ci abbiamo tutti la nostra bella mela in bocca.
Tanto per cominciare, un prosecchino accompagna le mani danzanti sulle arachidi, sui capperi formato XXL, sul tris di olive, sul pecorino di Pienza e sui tocchi d’un salame toscano doc; una crema di gorgonzola fa da scialuppa alla zuppiera col pinzimonio. Qui, sedanini, carotine, carciofini, cipolline, finocchini e ogni altro ortaggio passibile di diminutivo è nettato e composto in un delizioso e arruffato arcimboldo.
Per primo piatto ci viene spacciata una ricetta di Cotto e Mangiato, devo dire senza tentare di venderla per una dell’Artusi. I maccheroncini rigati sono fatti saltare in un soffritto di cipolla e pomodoro e il tutto viene addensato con una vellutata di peperoni. Di più non so, semmai chiedete direttamente a Benedetta Parodi.
Fa un po’ specie ingurgitare un piatto testato su Fabio Caressa, questo sì, però quando Giacomo mi fa notare che probabilmente anche lo zio Bergomi avrà assaggiato il manicaretto capita che, insomma, lo zio ti faccia venire in mente i mondiali ’82, la 500 tricolore di Pievepelago,  il gol di Tardelli, Zoff che alza la coppa e il turbinio di bandiere italiane; a quel punto sei così ben disposto verso il mondo che mangeresti pure la cacca della Parodi.
Il piatto forte era il secondo: il peposo dei fornaciai (nomen omen). La carne è quella del bollito, la scaraventi a freddo in un pentolone assieme ad aglio, vino e manco a dirlo pepe, fai cuocere per 5/6 ore et voila la ricetta è servita. La Parodi potrà inserirla nella sua nuova raccolta: Stracotto e mangiato.
Il piatto merita davvero. Si chiama così (o anche Peposo all’imprunetina) perché veniva cotto dai fornaciai (quelli con la "f" minuscola) nei forni utilizzati appunto per il famoso Cotto dell’Impruneta, sfruttandone il calore.
Un delicato purè di patate attenua la forte speziatura della carne e l’accompagna con discrezione durante tutto il viaggio del bolo alimentare.
E laddove non arriva il purè, è un eccellente Chianti Ruffino che si presta ad alleviare i rimanenti focolai sulle papille impepate.
Chiudono il pranzo: il dolce, i cenci della Gabriella, lo schiumante, una portentosa discesa di Christian Deville (nella foto), l’ananasso, un proficuo scambio figu Panini, il caffè, svariate sfide nell’arena Pokémon tra le MasterBall di Zekrom e Reshiram, un grappino e la più brutta partita di calcio mai disputata nella storia di tutta la serie A (Cagliari-Fiorentina n.d.a.).
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Questa testo partecipa al Volta La Carta, una raccolta di recensioni accazzo, come anche:

Regole che potete rispettare o anche no, come da statuto promulgato da La Carta, che potete rispettare o anche no:
  1. Non si può cambiare nome al gioco (Volta La Carta);
  2. Nel testo non si possono usare le parole problematica, simpatico/a, serenità;

22 gennaio 2012

La Mitica Agenda - n. 3

Eccoci giunti al 3° episodio della raccolta degli strafalcioni dei miei colleghi.


È successo al fratello di mia sorella. (ga)

Questa riunione non è una rondine a ciel sereno. (ac)

Cosa si crede questo qui... Dio in cielo? (br)

Quattro e mezzo euro quanti euro sono in tutto? (pm)

L'ha tenuto troppo sotto una capanna di vetro. (sb)

Ma Stalin è morto? (pr)

Oggi ho lavorato come una negriera. (ng)

Ho bisogno di un mucolitico, sono tutto costernato. (mc)

Ho molta carne in ponte. (lt)

Mi ripaga con la stessa focaccia. (fo)

Si parla del lupo e spuntano le corna. (mc)

Mezze maniche hai broccoli. (menu mensa)
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Qui il riassunto delle puntate precedenti: 1 e 2.

20 gennaio 2012

Cinemah

Quando si prospetta una serata tutti presenti, io, mia moglie, nostro figlio piccolo (6), più l’altro mio figlio grande (22) e non c’è un programma preciso da onorare può succedere che mia moglie butti là:
-       C’è l’abbiamo un film che si può guardare tutti e quattro?
Il destinatario della domanda sono io, ma preferirei mi avesse chiesto la progettazione di un razzo per Marte o anche la ricetta della Coca-Cola, tanto è difficile da soddisfare l’apparente banalità di una simile esigenza.
4 Personaggi in cerca di un film loro-compatibile. Durissima.
·       P1 – donna, adulta, decisa ad attuare il progetto;
·       P2 – uomo, adulto ma di quell’adulto che bambini si nasce;
·       P3 – maschio, giovane, generalmente sfavato e poco incline ad adagiare le chiappe sul divano in compagnia di matusa e/o poppanti;
·       P4 – maschio, infante, pokémon/bear grylls-dipendente.

Partiamo da P1 e tiriamo via i film troppo dell’orrore, i troppo pulp, i troppo western, i troppo cinepanettone, i troppo arti marziali e i troppo fantascienza.  E quelli già visti (cosa per P2 incomprensibile).
Poi P2 che tira via, oltre a quelli già esclusi, i film troppo lunghi. Caro regista, se mi vai sui film di due ore e passa voglio una sorta di capolavoro, altrimenti, se mi propini una pellicola di media bellezza, un’ora e mezza ti deve bastare.
P3 cassa via i film italiani, tutti, senza una ragione precisa, semplicemente storcendo il naso e rifiutando di dar loro una chance. È giovane.
P4 a priori non eliminerebbe nulla, gli basta di sedersi accanto a P3 e strusciarsi di tanto in tanto al fratellone, ma P1 e P2 tendono ovviamente a precludergli la visione di pellicole inadatte all’età. P2 qualche anno fa gli permise di vedere Jurassik Park e ne paga ancora le conseguenze, P2 non P4.
La videoteca è piuttosto fornita ma nonostante ciò l’impresa si conferma ardua.
P2 spara titoli a raffica, ma senza una vera speranza di riuscita, infatti vengono regolarmente stroncati dai vari Pn in bazzica.
Alla fine ce ne sarebbe uno, soltanto uno, che potremmo vedere e che incarnerebbe a modo anche l'autoreferenzialità della serata. È Mission Impossible.

18 gennaio 2012

Ho giocato a calcio

Abbiamo tutti le nostre macchine del tempo:
quelle che ci riportano indietro chiamate ricordi e 
quelle che ci spingono avanti chiamate sogni.

(H.G. Wells – The time machine)




In perfetto accordo all’ancestrale bisogno dell’uomo di pigliare a pedate oggetti tendenzialmente inanimati e rotondeggianti, io gioco, e ho giocato, a calcio. Ho cominciato che avevo tre anni e ancora non ho smesso.
Ho giocato a calcio nello spiazzo davanti casa, in strada, sulla terra bianca dietro la chiesa. Ho giocato a calcio a scuola, al campino tra le viti alle case nuove, ai giardini. Ho giocato a calcio al campo sportivo, in spiaggia, allo stadio, nel bosco, sul greto del fiume, in un campo in salita. Ho giocato a calcio in casa, in giardino, ho giocato fuori dall’Italia e fuori dall’Europa. Ho giocato sull’erba sintetica e sulle pietre di Piazza Santa Croce.
Ho giocato a calcio in porta e sulla fascia. Ho fatto il terzino e l’ala, ho giocato da mediano, ho fatto il libero e la mezzala quando ancora c’erano il libero e la mezzala, ho giocato centravanti e anche trequartista. Ho giocato coll’uno sulla schiena, oppure col due, ma anche con il quattro, con il sei e con l’otto, ho giocato col dieci e con l’undici. Ho giocato a calcio con la maglia della Fiorentina, con quella dell’Argentina, con la maglia del Brasile e con quella del Cagliari di Gigi Riva, ho giocato con la fruit bianca o con un’anonima maglietta blu, ho giocato con una maglia granata, con la tuta grigia tipo Rocky, ho giocato indossando il costume. Ho giocato a calcio con la maglia della nazionale, con la maglia del dopolavoro. Ho giocato con la fascia di capitano, con il cappello per il sole e con i guanti per il freddo.
Ho giocato a calcio a undici, calcio a otto, a sette, ho giocato a calcetto cinque contro cinque ma spesso anche cinque contro quattro, ho giocato a scartini due contro due, ho giocato a calcio con mio figlio, con l’altro mio figlio e ho giocato a calcio da solo in giardino. Ho giocato con mio padre. Ho giocato a calcio a porticine, a buca entra, a testa e rovescio, ho giocato a calcio coi portieri volanti e con i giubbotti al posto dei pali, ho giocato a calcio a sedere.
Ho giocato perché avevo voglia, per stare in forma, ho giocato perché ero in vacanza e non c’era di meglio da fare, ho giocato a calcio da militare per volere del tenente, ho giocato per i tre punti, ma ho giocato anche per i due punti, per una medaglia, ho giocato aspettando che venisse l’ora di cena e ho giocato a calcio perché mancava uno.
Ho giocato bene, ho giocato da schifo, ho segnato, ho fatto autoreti e falli di mano, sono stato ammonito ed espulso, ho colpito duro e ho preso calcioni negli stinchi e gomiti tra le costole, ho fatto assist, ho scartato e perso palla, ho protestato e ho applaudito l’arbitro, ho urlato e imprecato. Ho giocato trotterellando e uccidendomi di fatica. Ho giocato a calcio e mi sono rotto un braccio e una gamba e ancora un braccio, e mi sono rotto un piede e ho continuato a giocare col piede rotto. Ho giocato a calcio e mi sono rotto due costole, mi sono stirato il sovraspinato e poi un muscolo e un altro ancora.
Ho giocato a calcio con un supertele, col pallone di cuoio dono per la Comunione, ho giocato a calcio col pallone ad esagoni neri, col tango e con lo jabulani, ho giocato a calcio con palline da tennis e con palle da pallavolo, ho giocato a calcio con una lattina vuota di Coca Cola e ho giocato a calcio senza palla imitando Jacques Tati.
Ho giocato a calcio con le Diadora di Roberto Baggio, con i tasselli in gomma dura e con quelli in alluminio svitabili, ho giocato con la suola liscia delle Superga bianche e coi mocassini della domenica, ho giocato a calcio con le All Star, ho giocato  con i calzini antiscivolo e anche scalzo. Ho giocato a calcio con gli stivaletti col tacco fine anni settanta.
Ho giocato a calcio con gli amici, con le amiche, con perfetti sconosciuti e con professionisti. Ho giocato coi grandi quand’ero piccolo e coi piccoli quando son cresciuto. Ho giocato con i compagni di vacanza, con i genitori degli amici di mio figlio, con i colleghi e con i ragazzi del paese vicino.
Ho giocato a calcio pensando a una donna, e sono stato con una donna dicendo che ero a calcio.
Ho giocato a calcio in un campo ghiacciato, ho giocato con cinque centimetri di fango, con trenta gradi e col vento di Trieste.
Ho preso a calci centomila palloni e li ho presi a calci per cinquant’anni, e ho sempre avuto paura di sbagliare un calcio di rigore.

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Questa session di musica e parole partecipa al Premio Gigi Reder
come anche:
Sembrava un gioco - by lillina
California Dreamin'  - by melusina
We take care of our own  - by giodoc
Poi - by la donna camel
Emozioni - by melusina
Il disadorno arredo dell'amore - by dario
Il cielo sopra Milano - by rory
La banda degli ifoughthelaw  - by cielo

17 gennaio 2012

E che Cassius!

Prima fu la Luna, e poi fu Ali-Frazier.
Mi riferisco all'Attesa , con la A maiuscola, quella che precede gli eventi che fanno la storia.
L'Attesa che s'intrufola nei discorsi. Di tutti. L'Attesa che si respira fin giù nei polmoni e che canalizza i pensieri. Di tutti.
Zompettavamo verso la scuola e si affrontava l'unico argomento possibile, io e Aletto.
- Stanotte il mi' babbo si alza.
- Anche il mio. Ma a che ora è di preciso?
- Alle 4.
- E ti chiama?
- Certo che mi chiama. E il tuo?
- Anche il mio mi chiama.
L'avrei costretto, pensai, l'avrei implorato e lui non avrebbe potuto esimersi dal tirarmi giù dal letto. Sì, avrebbe fatto delle storie per la scuola, ma che cavolo, non succedeva tutti i giorni!
Ore 4 a.m. io e mio padre, quattro occhi sbottonati, a puntare i due colossi pigliarsi a pugni dentro allo storico Radio Allocchio Bacchini da 26 pollici, in rigoroso bianco e nero. Così sarebbe andata.
- Cassius Clay è fortissimo.
- Sì, fortissimo.
Anche su questo non avevamo dubbi, io e Aletto: era il nostro eroe.
Nel 1971 la boxe era un signor sport, una passione capace di coinvolgere un'intera nazione, una roba popolare. Menarsi andava ancora di gran moda. C'era il calcio, quello sempre, poi c'erano il ciclismo e la boxe, fine. Gli altri sport erano per fighette. Potevi anche provare a parlargli di Thoeni e di Meneghin ai nostri vecchi, magari conoscevano i nomi, ma se la tivù avesse trasmesso uno slalom notturno da Sapporo, manco il babbo di Gustavo Thoeni si sarebbe svegliato a buttarci un occhio.
Ali-Frazier è stato definito il combattimento del secolo ed era una cosa sulla quale avremmo potuto scommettere già quella mattina. Io e Aletto.
Poi, negli anni, la boxe è morta. Così, senza un granché avvisare, prima frazionando le categorie di peso in decine di sigle di federazioni e di campioni e poi non so bene com'è andata. Forse è solo passata di moda, forse ha ceduto ai detrattori che l'additavano come stimolo di violenza, forse altro.
Fatto sta che non lo so chi è il campione dei massimi, adesso, se non vado a leggerlo da qualche parte sul web. E non lo farò perché mica mi frega. E la macchietta del povero Mike Tyson che si esibisce, come il peggior delfino di Rimini, in Notte da Leoni (1 e 2) rivaluta fino al culto assoluto la notte in cui Frazier sconfisse Ali e anche l'Attesa che precedette il match.
No, non vinse Cassius Clay/Muhammad Ali: la storia non aveva previsto un finale hollywoodiano.
E mio padre non mi chiamò quella notte, o forse sì, lui sosteneva che io, in preda al sonno, mi fossi rifiutato di alzarmi. Niente di più facile.
Mi resta il sapore forte di quell'Attesa.
Auguri campione.

16 gennaio 2012

Dislessico famigliare

Non ci sono più gli zucconi d'una volta, a scuola.
I somari, i ciuchi, spariti! Spazzati via dall'ortodossia linguistica.
Là dove c'era lo zuccone ora c'è un dislessico.
La principale manifestazione della dislessia consiste nella difficoltà che hanno i soggetti colpiti a leggere velocemente e correttamente ad alta voce, o così dice Kiwidepia. E va bene.
La famiglia del 21° secolo non registra zucconi tra i componenti, o son geni o son dislessici.
La bambina non riconosce le doppie? Lo fa, è dislessica. Non sa qual è la capitale dell'Inghilterra? È dislessica.
Vorrebbe tanto studiare, ma poi finisce che sta sempre sdraiata su Cioè. Perdinci, è da capire, dislessia di primo grado!
Il citto non sa fare 3+2? Lo fa, è dislessico. Non si ricorda come si chiamava il condottiero Cartaginese? È dislessico. Studia l'Infinito a memoria ma poi sa snocciolare solo la formazione del Milan? Che volete, è dislessico.
Ma gli zucconi, i veri, sani, massicci zucconi d'una volta dove son finiti?
Ma c'erano solo a scuola mia?
Per carità, massimo rispetto per ogni alunno zuccone, perché poi nella vita finisce che spesso ti fa il culo. Ce n'era uno da me che i profe nemmeno interrogavano più, gli facevano le domande e lui li guardava sorridendo, ma non era ebete era solo zuccone: non studiava, in classe dormiva e il pomeriggio era fisso al campino a spedatare il supertele blu. Per completare la scuola media c'ha messo 5 anni, anche se lui pensa che siano stati 6. Poi è andata che poco ci manca me lo ritrovo sindaco, e comunque è andato al ballottaggio. È uno che s'è sistemato, ma se gli chiedi come andava a scuola, sarà lui stesso a dirti ch'era un perfetto zuccone.
Uno zuccone, punto. Non un dislessico. Se ti provi a dirgli che forse era dislessico, capace che ti tira pure un frontino.
Zuccone, con orgoglio e convinzione. E dopo si vedrà.
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Se poi volete (e consiglio fortemente che vogliate) approfondire sulla  dislessia, quella vera, il nobile Kisciotte vi ha reso un servizio impagabile.
Andate e commentate. E visto che siete lì rammentategli che ha ancora il captcha attivo.

15 gennaio 2012

Sottoposti

La ditta non sta andando bene.
Il nostro datore di lavoro, che è anche il nostro diretto superiore, è una testa di cazzo.
Non siamo avvezzi a usare il turpiloquio, non è nel nostro stile, ma con lui non si può fare diversamente, credeteci.
Noi ci sbattiamo per il titolare, da sempre. Siamo un’impresa di produzione e il nostro prodotto è uno soltanto, il lavoro è lo stesso da quando abbiamo cominciato, ed è palloso all'inverosimile, ma continuiamo a farlo col massimo impegno anche se nessuno pare che ci voglia gratificare per questo.
Il capo è un istintivo e, diciamocelo, non è facile anche andar dietro a tutte le sue alzate di testa.  Noi facciamo il lavoro oscuro ed è lui che si prende i meriti. Come da copione lui ci gode e noi patiamo. Pene dell’inferno.
Lavoriamo a coppia e siamo praticamente indivisibili. Nel nome il presagio s’insegna, e noi che ci chiamiamo Giacomo e Giovanni, proprio come i figli di Zebedeo, siamo destinati a stare insieme. Né abbiamo mai pensato che uno potesse abbandonare l’altro, a onor del vero.
Succede pure che il boss ci faccia lavorare per nulla o magari ci tenga lì a candire, giornate intere senza uno stimolo, senza ordini da evadere.
Siamo come due gemelli dello stesso sacco. C’è però una cosa per cui ci distinguiamo: è lo schieramento, siamo uno di destra e uno di sinistra. Per la verità uno di noi è anche un po' più basso, ma non ama sentirselo dire, ecco.
All’ultimo controllo di qualità il prodotto è risultato scadente con evidenti problemi di morfologia, ma vaglielo a dire, al capo, che aveva personalmente preparato gli schizzi del nuovo modello buttato fuori.
Se glielo facciamo notare, va a finire che s’incazza, urla, sbraita e poi conclude, come sempre, e ci accusa di non capire una sega.
Ma forse ha ragione lui, in fondo non siamo altro che due coglioni.

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Il testo partecipa a EDS ideato da La Donna Camèl insieme a:

- Ho visto un re - di Melusina - blog Poco mossi gli altri mari
- Factory - di Dario D'Angelo - blog Solo testo
- Le voci nel silenzio - di Lillina - blog Ora e qui
- Addicted to love - di Cielo sopra Milano - il blog di Vasco Pausini
- Quelli dell'EDS - di Mai Maturo -  blog Mai maturo
My Sharona - di Giodoc - blog La via per Shambhala
- Cronache dell'anno mille - di Mai Maturo -  blog Mai maturo
- E quando suonano le sirene ti sembra quasi che canti il gallo - blog La Donna Camèl

13 gennaio 2012

Com'è profondo il mare

La storia triste, ma non del tutto (forse), di chi mi ha insegnato a leggere.
Mia cugina Fiorella è morta nel 1991, a 31 anni. Leucemia fulminante, due mesi da quando l’ha scoperto. Aveva una bimba di 5 anni che adesso è una splendida ragazza, intelligente, istintiva e brillante. E poi indipendente, come Fiorella era e come mi ha spinto a essere.
Fiorella mi ha insegnato come coltivare il libero pensiero senza inculcarmi nulla, mi ha guardato andare a messa per trent’anni senza mai un commento diretto negativo. Con l’esempio mi ha mostrato come prendere una decisione, come riconoscere un impulso vero, mio, da un condizionamento esterno, come esporre una riflessione. Fiorella mi ha aiutato a diventare me stesso.
Mi ha guardato e si è lasciata guardare negli occhi. Mi ha fatto ascoltare i suoi dischi e mi ha prestato i suoi libri. I libri. È così che ho imparato davvero a leggere. Non so, forse sarebbe successo comunque, o forse no, ma se adesso considero i libri elementi necessari alla mia stessa esistenza lo devo a un tardo pomeriggio d’estate in cui Fiorella passava Com'è profondo il mare al suo stereo, mentre dagli scaffali sceglieva i libri che mi avrebbe prestato. Anche l'inequivocabile messaggio che si trattasse di un prestito e non di un omaggio ha contribuito non poco alla formazione della mia opinione sui libri, sul loro valore e sulle dinamiche che ne regolano acquisti, prestiti e restituzioni.
Avevo 15 anni e potevo annoverare tra le mie letture solo fumetti (miei), fotoromanzi (mia sorella) e qualche libro (imposto dalla scuola); a casa mia non si leggeva.
Non ricordo tutti i volumi con i quali mia cugina stipò una borsa per me. Un paio di Luca Goldoni, La casa in collina di Pavese, Il grillo parlante di Gervaso, Bar Sport di Benni, questi sicuramente c’erano, ma l’elenco titoli non è significativo.
Decisiva fu l’aria carbonara di quel pomeriggio seduti sul suo letto, una gamba a terra e l’altra sotto il culo, la finestra spalancata sui campi e sul cicaleccio, lame di sole a straliciarsi nella stanza e Lucio Dalla in sottofondo. In un pomeriggio che non è finito mai.

È inutile
Non c'è più lavoro
Non c'è più decoro
Dio o chi per lui
Sta cercando di dividerci
Di farci del male
Di farci annegare
Com'è profondo il mare
Com'è profondo il mare 


---------------------------------- edit del 26 marzo 2012 ----------------------------------------

Ecco, oggi ci son passato davanti alla casa dove abitava Fiorella, e l'ho fotografata la finestra:
Casa Fiorella - via Rimaggina

12 gennaio 2012

Terapia di Groupon

Tu e la tua metà vi siete chiesti perché state insieme, perché vi siete piaciuti?
Forse perché amate entrambi il cinema, il sesso estremo, le passeggiate nel bosco, lo snorkeling e le torte al cioccolato? Ci può stare, infatti, chi si somiglia si piglia.
Oppure perché siete agli antipodi e vi compensate, uno è istintivo e l'altro ragiona, uno mangia la coscia e l'altro il petto, uno ama il calcio e l'altro ama stirare? Ci può stare, infatti, gli opposti si attraggono.
O forse nella vostra storia c'è un giusto mix, un po' vi somigliate e un po' v'incastrate perché diversi. Può essere anche questo.
Io so esattamente perché io e mia moglie siamo fatti l'uno per l'altra: ognuno di noi ha un ruolo preciso. In cucina, a letto, nell'educazione della prole, nella spartizione dei giochi su La Settimana Enigmistica, nell'elaborazione e nell'attuazione dei programmi nel tempo libero.
Quest'attribuzione di mansioni dall'equilibrio jenghiano trova la sua sublimazione in quella mezz'ora quotidiana in cui lei, davanti alla sua posta elettronica, passa in rassegna le offerte dei vari Groupon, Groupalia, Poinx e compagnia cantando.
Lei legge a voce alta, quasi indifferente, ma di fatto propone. Io stronco. Il mio ruolo è quello, è la mia natura direbbe il cazzo di scorpione.
Il nostro rapporto si rinsalda se riusciamo a varare un perfetto mix tra offerte acquistate e bocciate.
Per far ciò serve della classe, non pensiate di agire a cuor leggero, magari distrattamente mentre state affettando le zucchine a julienne o spippolate col telecomando tra Bear Grylls e Gordon Ramsay. Occorre attenzione perché non potete bocciargliele tutte tutte, altrimenti, a un certo punto, lei s'innervosirà e finirà per accettare le prime 3 che gli capitano a tiro, chessò trascinandovi in un trekking di due giorni a Cesano Maderno, in un ristorante macrobiotico sui Monti Erei o portandovi a casa un'iguana verde dell'Amazzonia.
Ed ecco in esclusiva uno stralcio dei dialoghi che potreste ascoltare se solo aveste piazzato delle cimici da noi:
- Apriamo un conto WeBank?
- Conto? Con quali soldi?

- C'è un corso di lingua inglese online, l'inglese of course. Un mese 9 euro.
- A quest'età se non l'abbiamo ancora imparato non l'impariamo più.

- Piacere: Love kit con massaggiatore, manette, gel, palline da geisha e anello.
- Manette? Manette?
- C'è scritto Manette.
- Ah, beh, se c'è scritto. Anche anello poi, anello di che?

- E una poltrona-sacco BigBoy Giant Beanbag a scelta tra 10 colori?
- Uhm, però, solo dieci colori, ne aveva 16 il mio monitor Amstrad del 1985.
- Ma che c'entra?
- Sedici. (faccio sedici con le dita mostrandone prima dieci e poi sei)

- E un orologio con cardiofrequenzimetro?
- Non abbiamo manco il tempo di andarci a correre...

- Menu toscano per due a 35 euro?
- Più 30 alla babysitter, dimmi te dove sta il risparmio?

- 5 cavitazioni?
- Cavitaché?

- Biscottiera La Smilza (vedi foto) a solo 29,90?
- Ma dove la mettiamo?
- Ma è smilza, dice...
- Comunque siamo a dieta, compriamo una biscottiera?

- E abbonamento in palestra 10 ingressi 19 euro?
- Ecco sì, vai in palestra vai.

10 gennaio 2012

Panini assortiti

Da quando è uscito Non di solo pane vive l'uomo mi sento un po' in colpa.
Nel senso che mi arrivano sul blog un fiotto di contatti direttamente da Gugol, una fonte che prima era calma come il mare della sera. Son paniniani, suppongo, e non cercano La Linea nello specifico, ma proprio notizie su figurine e album di calciatori Panini. Come biasimarli?
Per ripagare i membri del flusso che, pur non essendo dei commentoni, alla fine stanno nelle mie statistiche, volevo dedicare loro alcuni pezzi tratti dai miei primi album.
Considerando che il primissimo (1969-70) l'ho perduto; nessuno è perfetto.
Sono esempi a campione (peraltro mirato), non voglio sostituirmi alla Panini nel raccontare la loro epopea. Ma, in ogni caso, sono brandelli della mia storia.




Questo, lo riconoscerete, è Gianni Rivera, la raccolta è del 1970-71, c'è il Cagliari scudettato.
La figu di Rivera era rarissima, ma io ce l'avevo.
E ricordo di aver rifiutato un pacchetto di figu alto due dita per tenermela.
C'erano dei fantastici scudetti di raso, straordinariamente belli e rarissimi, non come oggi che ne trovi uno in ogni bustina, o quasi.







Ancora le figu adesive non c'erano e nel rettangolo destinato alla figu da attaccare campeggiava la scritta "Spazio per la colla o per la CELLINA" (La “cellina”, introdotta nella stagione 1967-68, era un triangolino e in quelle successive un rettangolino di materiale biadesivo che la Panini creò per facilitare l’applicazione delle figurine sull’album - dal sito ufficiale Panini)












Con quest'uomo invece vi ho già stressato abbastanza, non andrò oltre.
Siamo nella stagione 1971-72, il calciatore ha acquisito il nome di battesimo, e la figu è ancora bella cartonata.












1972-73: arrivano le figurine adesive ed è un vero e proprio evento per noi collezionisti.
Questa raccolta mi ha visto arrivare sul podio, infatti, associato a due compagni di scuola, abbiamo completato l'album come terzi nel paese. Alle spalle dei fratelli Smercia e dei fratelli Sferrazzi.
Nella foto Roberto Vieri, il vero Bobo.
Eh sì, è proprio il padre del vecchio Christian.









Stesso anno, eccoci al Franchi di Firenze, sullo sfondo s'intravede la torre di maratona.
Formazione: Merlo, X, Brizi, Orlandini, Clerici, Galdiolo, Superchi. Perego, De Sisti, Saltutti, Longoni, Scala, Caso.
Nella foto anche il portiere di riserva (Favaro?) e il tredicesimo, che aveva la sua importanza quando la sostituzione era una sola.
L'allenatore era Nils Liedholm e tra le riserve figurava pure un giovanotto di Marsciano: Giancarlo Antognoni, che compare la prima volta tra le figu Panini proprio in quest'album.

p.s. mi scuso per la qualità e per la stortitudine delle scansioni, non è Rivera che pende, ecco...

Pippo, un coniglio e la strega Nocciola

C'è un buco nella lingua, senza scomodare il piercing estremo.
Mi riferisco a una domanda che mi pose mio figlio grande tempo addietro, quando ancora se ne andava per licei.
- Ma se uso glielo al maschile, perché non esiste un lelo per il femminile?
Me la cavai con stridore di unghie su specchi, proprio come quando mi aveva chiesto lumi sulla questione irlandese.
Beh, è pacifico per tutti che gli=a lui e le=a lei, ma il lelo pare proprio che non sia stato varato.
Evidentemente Dante, o chi come lui ha avuto la possibilità di formare la nostra lingua, non l’ha ritenuto necessario, o non gli (a lui) è servito. Perciò adesso non c’è.
Io però non vedo cause ostative alla sua esistenza, anzi.


        - Rendi il libro a Giulio!
        - Ora glielo rendo.

        - Rendi il libro a Michela!
        - Ora lelo rendo.

È chiaro che se mi togliete il "lelo" non so più rispondere e va a finire che il libro me lo tengo, con buona pace di Michela.
C’è un buco nella lingua, prendiamone atto e colmiamolo. Ehi, della Crusca, muoversi. Linguisti anonimi, sveglia!

La cosa mi ricorda uno storico episodio di Topolino, in cui la Strega Nocciola era, come spesso accade, impegnata a convincere Pippo di essere davvero dotata di magici poteri.
Nocciola aveva, allo scopo, regalato a Pippo un cappello a cilindro, di quelli che usano i prestigiatori, che era stato stregato da lei stessa grazie al contenuto di una sorta di dizionario enciclopedico mondiale, tipo Treccani ma versione Disney. In soldoni, tutto ciò che era definito nell’enciclopedia scelta dalla strega Nocciola si sarebbe potuto estrarre dal cilindro in questione, al semplice pronunciare della parola.
Non c'era oggetto o animale che Pippo decidesse d'estrarre, pensato o suggerito dal pubblico, che non sbucasse fuori dal cappello magico. Pippo cominciava a riscuotere un discreto successo e tendeva a credere che Nocciola avesse davvero "i poteri".
Solo che, per un errore dei curatori, la versione di quell’opera linguistica colossale era stata pubblicata priva della parola coniglio, né si era voluto reintegrarla immaginando che nessuno avrebbe avuto la necessità di cercare il vocabolo sull’enciclopedia.
E così, dopo che tutti i desideri più assurdi degli spettatori erano stati esauditi da Pippo che estraeva dal cilindro l’oggettistica più svariata, ecco cadere il nostro eroe su una richiesta all’apparenza innocua: un classico coniglio.
Uno fetente del pubblico ha la malaugurata idea di chiedere un coniglio e, beh, potete immaginare la fine con Pippo che rincorre Nocciola per gonfiarla di botte (o almeno mi pare).

C'è da dire che lo Zingarelli spiana la questione riportando alla voce "glielo": forma pronominale composta dal pronome gli (come compl. di termine con i significati di a lui, a lei, a loro) e dal pronome personale maschile singolare lo. 
E potevo immaginarmelo, ma se fossi andato a controllare prima, mi sarebbe passata la voglia di scrivere.

8 gennaio 2012

Quando sarai grande

- France, ma tu da grande che lavoro vorresti fare?
Ritenevo che ci pensasse un po' su, e invece lo sapeva, era pronto.
- Allenatore...
E qui, come percorrendo l'istante prima della propria morte, quando filmografia vuole che ci ricompaia davanti agli occhi tutta la nostra vita, o almeno, i fotogrammi salienti, sono sprofondato in uno squarcio temporale, dilatato e in bilico sull'orlo di un buco nero. Stranamente, in una valanga di pensieri frenetici e flemmatici insieme, mi sono visto in tribuna su qualche campetto di periferia, poi sulle gradinate di una palestra, e anche sugli spalti di uno stadio a guardare giù mille e mille partite tra una squadra nemica e la squadra nostra, quella allenata da mio figlio che così presto, a sei anni, aveva già capito quale fosse la sua fottuta strada nella vita e con chiarezza e decisione l'aveva imboccata e perseguìta. Due, tre decimi di secondo in cui ho sentito l'odore del fango, del sudore, le grida dei tifosi, le incazzature e il fuoco dell'orgoglio dentro al mio cuore. Due, tre decimi di secondo infiniti e scardinati dalle convenzioni temporali. Due, tre decimi di secondo in cui mi son figurato interviste in tivù, coppe alzate al cielo e camminate a testa bassa verso un esonero.
Due, tre decimi di secondo prima che sentissi il resto:
- ... di Pokémon.
Chiusura del cerchio. Fine. Due, tre decimi di secondo che mi hanno adulato, illuso, irretito fino a portarmi alla compiutezza di una frase che trafigge come uno stiletto.
Allenatore di Pokémon, signori miei.
Al ché avrei voluto dirgli che è un lavoro che non esiste, un lavoro che non è retribuito, un lavoro che non ti darà mai un diritto a pensione. Un lavoro che tu, figlio mio, non avrai la minima possibilità d'intraprendere.
Poi è bastato ripensare alla situazione che viviamo, al mondo del lavoro in Italia, per valutare che forse non è poi così utopistico un mestiere come quello.
E allora sono stato zitto.
Ma zitto.

5 gennaio 2012

A domanda rispondi - n. 3

In Yahoo Answers ci sono migliaia di domande affamate, in attesa e sole. La Linea d'Hombre lotta per i diritti alla risposta e prosegue nel suo progetto di sostegno a distanza.


Ma perché in francese deve essere tutto così difficile?
Non con Gugol Translate: Voulez Vous Coucher Avec Moi?

Io sono 1 ragazza etero, non sono visibilmente brutta, e non so ke scusa inventarmi x liberarmi da 1 ragazzo etero insopportabile da tanti anni. Che scusa posso usare come ragazza etero?
Digli che sei una ragazza etero, non una ragazza utero.

Perché gli atei si drogano?
Gli altri hanno già l'oppio nello statuto.

Qualcuno a comprato su questo sito?
Io non c'ho comprato un'acca.

Devo trovare l'area di un poligono nel piano cartesiano?
Di solito sta nel primo posto dove l'hai cercata.

Quando indosso una minigonna mi sento osservata da tutti perchè?

La domanda non è perché, ma Quant?

Cosa visitare in un giorno a milano? considerando che ci sono i saldi?

Fai un saldo al Cenacolo.

Mi consigliate uno shampoo?

Sì se è passata una settimana da quello precedente.

Gli voglio preparare un cartellone ma non so cosa scriverci?

I numeri di telefono delle tue amiche.

Digitando il tuo nome su google immagini qual è la prima immagine che si vede?
Quella di tua madre.

Quanto sarà traumatico tornare a scuola lunedì?
Sempre meno che tornare a lavoro lunedì.

Non credo nelle superstizioni ma se vedo un gatto nero mi tocco i còglioni?
C'hai messo l'accento còglione!

Difficilmente ho sentito disloquire voi eruditi di Airs e Thy Catafalque..why?
Di solito siamo impegnati a disloquire sulla dislessia.

Quanto è importante per te essere l'Unico di qualcuno?
Sempre meglio che essere il 730 di qualcuno.

Come si distingue un vero intellettuale da uno che si crede tale ma non lo è?
Quello che si crede tale pone queste domande perché teme che lo sgamino.

Il capolavoro house di tutti i tempi?
La Steak-House.

Xchè le cose più interessanti accadono sempre in mia assenza?
Perché ci stai sui còglioni.

Secondo voi perché la mia ex suocera chiama mio figlio per chiedergli se gli dò da mangiare?
Perché l'hai lasciata in vita.

Senza dire bugie. Dopo l'esposizione della vostra foto, sono aumentati i fan?
No. Solo i fanculo.

Donne, come vi sentite quando vi fanno capire che non siete belle?
Simpatiche.

Quand'eri piccolo chi ti raccontava le favole?
I politici. Anche allora.

Quando immergete un biscotto nel tè caldo quale tecnica usate per far si che non si sciolga nel liquido fumante?
Lo togliamo prima: è la tecnica del biscoitus interruptus.

Nota: le domande sono vere in ogni loro parte, non ci sono strafalcioni aggiunti e/o corretti ad arte. 

Read Only Memory - n. 4

Va così che viene l'Anto a cena e tra una cazza e l'altra mi fa:
- E te, te... qual è l'ultimo libro che hai letto?
È una domanda che mi piace sempre. È una domanda che mi piace ancora di più se ho terminato un libro da poco cosicché me lo ricordo ancora bene e ne posso parlare compiutamente. È una domanda che mi manda in sollucchero se a tutto questo aggiungiamo che il libro appena finito è pure un ottimo libro.
- Open, di Andre Agassi.
E poi mi sono lasciato trasportare. Prima lentamente, ho sondato il terreno raccontando gli episodi forti, dell'odio di Agassi per il tennis, di suo padre, del drago sparapalle, di Connors agli Usa Open, di Brooke e di Steffi, ho parlato insomma della polpa della mela.
Poi, visto che l'auditorio reggeva bene e che l'argomento, seppur esposto a femmine pressoché digiune di tennis (l'Anto e mia moglie) non pareva suscitare sbadigli, son passato agli episodi meno forti, ma comunque pregnanti della storia, i pantaloncini di jeans, la Bollettieri Academy, i capelli dell'Andre, le sue cadute e le sue risalite, l'entourage, esponendo così le bucce.
Ma negli occhi del mio pubblico la fame non accennava a placarsi e allora ho proposto pure i torsoli, tirando giù tutto quello che mi ricordavo del libro, dall'acqua di Gyl alle auto sportive, dalla collina dei serpenti ai ratti da fango, dagli slam vinti alle ricorrenti batoste inflittegli da Sampras, dal borsone portato da solo al cortisone, da Boris Becker a Benjamin Becker.
Ero in trance, parevo Tim Roth in Reservoir Dogs quando prova il monologo, avete presente? Son sicuro che avevo pure quella faccia lì, sapete, quella un po' ebete che hanno gli innamorati quando si guardano.
Quasi quasi mi viene la voglia di andare ad alzargli il voto a Open.
Alla fine son dovuto andare a prendere il libro perché volevamo vedere/rivedere le peraltro poche foto pubblicate e dopo ancora ci siamo pure sparati mezzora di Youtube sul nostro uomo.

La rivalità con Sampras è stata uno dei punti di riferimento della mia carriera. Perdere con Pete mi ha provocato un dolore enorme, ma alla lunga mi ha reso anche più forte. Se lo avessi battuto più spesso, se fosse comparso in una generazione diversa, il mio palmares sarebbe migliore e potrei essere ricordato come un tennista migliore, ma varrei meno.
.....
(parla di una vittoria qualunque)
Lo sconfiggo in sessantanove minuti. I giornalisti lo definiscono un massacro. Mi chiedono se mi dispiace averlo battuto in quel modo.
Rispondo: Non priverei mai nessuno dell'esperienza istruttiva di perdere.
Ridono.
Ma io sono serio.

(Open - Andre Agassi - J. R. Moehringer)

E voi che state leggendo?

3 gennaio 2012

Obiettivi 2012 - do i numeri


1 - arrivare al 2013;
2 - leggere almeno 24 libri;
3 - finire la 1a stesura del "raccontone";
4 - trombare la Cucinotta;
5 - ampliare la casa di 1 vano;
6 - giocare almeno 48 ore di tennis;
7 - uscire almeno 12 volte con gli amici;
8 - cucinare almeno 24 nuove ricette;
9 - scrivere almeno 120 nuovi post sul blog;
10 - dire almeno 12 volte "ti amo" in giorni diversi, la donna va bene anche la stessa;
11 - riuscire a vedere sulla bilancia almeno una volta i 79,9 e chiudere l'anno max a 82 kg.

Deformazione professionale m'impone di ragionare in termini più numerici che aulici. Per spunti più poetici citofonare Bianca.
In caso di involontario fallimento del primo obiettivo, pregherei Giacomo, di consuntivare gli altri  riparametrando i target ai dodicesimi di vita vissuta (considera comunque che la Cucinotta non l'avrò trombata), come puoi notare ho utilizzato i multipli di 12 per non renderti troppo complicato il calcolo. Nel caso fatti aiutare dalla mia figlioccia adorata.
Ovviamente la base 12 è molto utile anche a me per i monitor in corso d’anno così posso impormi e misurarmi con periodici microobiettivi di riferimento.
I punti sono 11 perché nel 2011, avendone 10, sono incappato in uno sbiadito pareggio e non sono stato capace di capire se ho chiuso l’anno in attivo o no.
Si accettano pronostici.

2 gennaio 2012

La Serenità non è star sopra un albero

Mi prendo la Libertà di citare un po' a capocchia Giorgio Gaber mentre osservo l'incedere a grandi falcate della Serenità come soggetto protagonista degli auspici scambiati per queste feste.
La vecchia, classica, augurata felicità da qualche anno segna il passo e - con un colpo a sorpresa che ricorda quello sui cognomi italiani, quando c'informarono del sorpasso dei Russo sui Rossi - viene surclassata dalla Serenità, appunto.
Come piace augurare la Serenità (spesso anche la pace), e come piace inserirla tra i desiderata per il nuovo anno. Eh, no! Troppo facile.
Chi domanda per sé la Serenità tipicamente fonda la richiesta su una serie di postille scritte in piccolo che qualunque avvocato potrebbe indicarvi come causa di non applicabilità, se non addirittura di nullità, del contratto stesso. Come una letterina a Babbo Natale in cui il bambino chiedesse "tutti i giochi che vorrei" la richiesta della Serenità è una malcelata summa di benefici personali tipo: tre settimane alle Maldive, tanta salute per me e i miei familiari, una bella vincita a qualche lotteria, una promozione a lavoro, tanti nuovi amici e un tot di buon sesso.
Suona quindi come una presa in giro per l'Esauditore dei desideri sia esso Santa Claus, un qualche Dio, Giove Pluvio o l'anima santa del vostro trisnonno beato.
Devo dire... tutta 'sta Serenità augurata o pretesa suona proprio male. La partecipazione, al fin della fiera, manca.
È un troppo pieno che ha la stessa utilità di un vuoto abissale, come una mail troppo lunga e fatalmente illeggibile. Fossi io l'Esauditore, sarebbero le prime richieste cestinate.
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