31 maggio 2013

Incarto non ancora riciclabile

Ebbasta. I biscotti della nota azienda del mulino riportano ancora questa sgradevole scritta.
Propongo di catalogarli, per chi non l'avesse già fatto, tra i biscotti "non ancora acquistabili".
Già perché l'impegno e la sensibilizzazione per la raccolta differenziata ha ormai raggiunto e coinvolto gran parte di noi e non è più tollerabile che un'azienda di tale rilievo adotti queste confezioni. Non è tollerabile neppure che la normativa consideri ancora lecito questo tipo d'impacchettamento. E non è più tollerabile nemmeno che grandi magazzini, persino quelli che siamo noi, si approvvigionino di e vendano prodotti con incarto non riciclabile.
Certo non sono i fumi dell'ILVA, a ogni cosa il giusto peso, però non è che la questione di coscienza debba essere sempre posta al consumatore finale. Ok, noi differenziamo ma chi produce non può esimersi dal partecipare alla rivoluzione civica.
E poi sono anni che c'è "ancora" sulla confezione, quasi a dirci che sì, finiamo le scorte che abbiamo in magazzino di questi incarti e poi vedrete... sono anni. A questo punto si ravvisa perfino il dolo in un messaggio così architettato.
Sperando che questa non si riveli una battaglia contro i mulini a vento (bianchi).

A onor del vero ho trovato anche questo in fase d'istruttoria, resto in attesa dell'effettiva adozione dei nuovi incarti e intanto mi sfondo di pane burro e marmellata, che è anche meglio.

27 maggio 2013

Dove una madre


Il grido si diffuse nell'aria cavalcò schegge impazzite di dolore e trafisse l'anima di un milione di milioni di madri disperse per il mondo ma unite in un sodalizio mesto e rabbioso violento e conclamato svegliando pizzicando graffiando strappando accarezzando cuori e vite altrimenti liberi di pulsare e snodarsi dentro e attorno a un tutto ma adesso solo in questo vuoto in questo buco buio e sfrangiato dalla morte di un bambino in questo riconoscibile attimo si dibatteva il grido sovvertendo scienza e natura per come doveva essere ma non era.
Le altre donne le altre madri quelle fisicamente lì la cercarono e la strinsero la baciarono e le spolverarono via di dosso le lacrime e le grida la schiaffeggiarono la chiamarono la cinsero e la fecero sedere le portarono acqua e compassione le presero le mani le offrirono fisicità e profumi tenerezze e braccia capienti nell'alba ancora fresca e scura di un giorno comune nell'universo però disgraziato e maledetto nei sentieri delle madri tutte.
Lei dalla grotta del nulla che la stava inghiottendo e alla quale voleva tutto tranne resistere un battito d'ali prima d'essere trascinata via nella melassa nera del mondo senza senso lei vide sullo sfondo la figura maschile altera che senza dire una parola esprimeva un cordoglio vero e consolatorio che le restituì un granello di speranza granello che s'innalzò in balia di una tempesta violenta e incontrollabile quando vide l'altra sé l'altra madre forse l'unica di certo l'unica che s'era tirata fuori da ogni rimbalzo di dolore abbrancando un fagottino di stracci e un esserino stringendolo al petto e nascondendolo alla vista con gli occhi della ladra.
E quando il sole tranciò finalmente via la notte la madre dolente capì cha sì l'involucro privo di vita era il suo sue le bende gli odori le fasce ma il corpicino senza respiro quello no quello era il frutto di un inganno di una mistificazione di una manovra notturna infida e dolosa e allora pianse di un altro dolore di un altro livore pianse della miseria umana e della follia alimentata dall'amore cieco e senza coscienza.
Ci sarebbe stata un'altra notte e poi ancora una e un infinito susseguirsi in cui la veglia e la guardia si sarebbero rese necessarie alla difesa estrema della deriva eretica dell'amore e poi ci sarebbe stata un'ultima notte in cui il sonno avrebbe reso di nuovo vulnerabile l'ingiusto restituendo nel sangue un nuovo sollievo e una nuova ineludibile pena al respiro di una madre.
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Il testo germoglia da un semino della perfida Donna Camèl.
Come anche:
Trasposizione di un amore - Lillina
Cuncittina - Dario

21 maggio 2013

Il cetriolino di McDonald

Le persone vanno prese per quello che sono. Oppure non vanno prese proprio.
Prenderle, come amici o come partner, e passare la vita lottando ogni giorno cercando di cambiarle, di riffa o di raffa, è una roba che non va bene.
Una persona è come un Big Mac.
Arriva ad essere quello che è davvero dopo un percorso lungo, a seguito di studi, esperimenti e tentativi ma, alla fine, risponde a una ricetta determinata e immutabile. E la sua positività come persona, la sua affidabilità, la deve al rispetto infin pedissequo della ricetta.
Certo ogni persona, anche se all'inizio non lo vedi, c'ha dentro il fetido cetriolino.
La fettina di cetriolo è la magagna, il difettuccio, il lato del carattere che urterà con il vostro ma che, dovete sapere da subito, non potrà non esserci.
E non sporcatevi le mani per cavarlo via. Volete passare una vita a decontaminare il vostro panino o il vostro partner? Potete farlo una volta, due volte, ma poi? O smettete di mangiare l'hamburger di McDonald's o dovrete accettarlo così com'è, perché ogni volta che ne ordinerete uno sarà guarnito, proprio al centro, da lui: il sempre fetido cetriolino.
La rivelazione, per me, è stata proprio accettare questo fatto, seraficamente.
Ho smesso di togliere il cetriolino, ho chiuso gli occhi e ho tirato giù il Big Mac senza pregiudizi. Non ci crederete, mi è piaciuto.
Mi è piaciuto di più con il cetriolino che senza.
Tutto questo dove ci porta? Magari solo verso il frigo vista la fame che l'allegoria può stimolare.

Ah, e non pensate che andare da Burger King a prendervi il Whopper risolva la questione, c'è un vero cartello dei cetriolini, altroché Medellín!

20 maggio 2013

Pura lana vergine di Norimberga

Evidentemente è questo il materiale utilizzato per la maglia dei giocatori del Milan o, almeno, per quella di Mario Balotelli. Se capita che un difensore ti allunghi la maglia da dietro ti si piantano nella carne del torace gli infidi aculei che la maglia deve avere rivolti verso l'interno.
Dài, è l'unica spiegazione logica per l'urlo agghiacciante che il buon Mario lancia a seguito della vaga strattonata di Felipe.
E non ne faccio una questione di razza, no, Mario appartiene alla stessa identica razza di un milione di altri calciatori: quella dei finti.
Vedremo se Balotelli uscirà dal campo in segno di protesta la prossima volta che verrà a giocare a Firenze e magari un gruppo di tifosi lo infamerà chiamandolo simulatore.
A parti invertite, con la Fiorentina obbligata a vincere, uno buono a svenire in aria l'avremmo trovato anche tra le file viola - che non lo so? - ma certo poi ci vuole anche l'arbitro compiacente.
Aspetto pareri di milanisti illuminati perché io, si sa, son di parte.
p.s. e lasciamo perdere il fallo di Ambrosini, per i pesi e le misure, ché ho finito il maalox.

16 maggio 2013

Tennis - Roma 2013

Notate la straordinaria bellezza, l'eleganza del gesto, la passione, la forza, persino l'amore per lo strumento.
E notate l'attenzione al particolare, acché niente sfugga.
Notate il posizionamento perfetto, strategico e armonioso degli arti, la delicata e potente presa della mano. E potete immaginare infine anche lo sgorgare deciso di ogni fascio di nervi fino alla confluenza di pensieri e azioni sulla punta del singolo dito.
Ah, sì, ovviamente sto parlando dell'hombre in seconda fila lì (click to enlarge), occhiale alla Squitieri accanto al suo inseparabile zaino giallo, mentre amoreggia con il suo smartfooooooooon (tra l'altro apprendendo la ferale notizia del ritiro di Stanislas Wawrinka, mannaggiallui!).
Certo, anche Sara Errani, lì sotto, non è male.

12 maggio 2013

Piccole nipoti crescono

madonna fiorentina
Ovvero del perché Botticelli non sarebbe potuto nascere in un'altra città.
Lontani i tempi in cui lei qui si guadagnò sul campo il soprannome non certo glorioso di iMbrahimovic, capace com'era, in un'ora poco più, di rovesciare una macchinetta del caffè, perdere le chiavi della casamobile e ribaltare negli aghi di pino gli accappatoi stesi ad asciugare.
Poi succede che te la ritrovi davanti un giorno a sorpresa, al matrimonio del lontano cugino, su un tacco 15, e sì vabbè forse te lo potevi anche immaginare, insomma i segnali c'erano tutti, epperò ti fa guasi pigliare un coccolone.
Da iMbrahimovic a madonna fiorentina in un'escalation inarrestabile di bellezza, vai così principessa Ilana!

9 maggio 2013

Circolare, gente, circolare!

Quello che mi salva è il materiale circolante.
Sto parlando degli spazi nell’armadio e nei pensili della cucina. L’accumulo di beni materiali nel guardaroba sotto forma di camicie, magliette, pantaloni e quello sotto forma di piatti, tazze e bicchieri  negli scomparti deputati ha superato il livello di guardia (bicchieri, moltitudini di bicchieri nei miei peggiori incubi). Ormai la naturale archiviazione dei suddetti accessori è subordinata all’esistenza in circolo di una cospicua quantità degli stessi.
A scongiurare l’esplosione dell’armadio è il circolo virtuoso del paramento vestiario: panni sporchi nella cesta, in lavatrice, da stirare, da mettere a posto. A salvaguardare gli incastri di cristalli e porcellane in cucina è la lavastoviglie carica, sporca o pulita fa lo stesso, con l’aiuto della tavola apparecchiata o dell’acquaio.
Se il materiale circolante, di botto e per il concretarsi di situazioni esistenziali al momento non prevedibili,  cessasse di circolare sarebbe la fine.
E sentireste parlare di me come di colui perito nella battaglia a seguito dell’invasione degli ultrabicchieri.

p.s. chi dovesse ritenere il post troppo breve può approfittare per dare una rispolverata alla sua memoria riguardo ai baccelloni.

6 maggio 2013

Ma che vi ha fatto il lievito di birra?

Impazza 'sta mania d'impastare dalle mie parti. Son tutti lì che si danno un gran daffare con pizze e focacce, almeno, quand'anche non si son buttati pure sul pane fatto in casa.
Ora, massimo rispetto per i cultori della pasta madre, che sono i professionisti del campo e con loro non mi ci metto, ma gli altri, i comuni mortali, quelli che impastano una volta a settimana per sfornare due pizze ai figlioli e ai loro amici, ma mi dite cosa vi ha fatto il lievito?
Ne sento parlare come del diavolo, manco fosse l'ultimo ritrovato chimico sviluppato in laboratorio.
Dove sta la soddisfazione, o l'utilità, o la necessità di predisporre un'impasto SENZA il lievito, ma volendolo comunque far lievitare.
Non ci arrivo, scusate, magari qualcuno s'offenderà pure, scusate, ma io-non-ci-arrivo.
E da ex-fornaio ci arrivo ancora meno.
Non è un artefizio avvalersi del lievito, non è la bombola d'ossigeno per raggiungere la vetta del K2 tanto per intendersi.
Impastare il giorno prima, aspettare un botto d'ore, poi rimpastare con la forza di venti braccia, poi aspettare ancora enne ore e tutto per tirare fuori dal forno una pizza croccantina, proprio come piace a te? Non è croccantina, è solo non lievitata, è diverso. Te lo dico.
Una volta faceva pure bene il lievito, consigliavano di farsene una piccola dose tutti i giorni e i dietologi della nazionale di sci l'avevano pure inserito nella dieta della colazione del mattino della gara.
Facile che senza il lievito manco la valanga azzurra ci sarebbe stata.
I demonizzatori del lievito di birra mi ricordano quei motociclisti che negli anni '80 facevano a gara per cambiare marcia senza usare la frizione. Passavano guidando la moto con la sola mano destra, quella che alla manopola ha il freno, e intanto cambiavano marcia con il piede. Ma non è che non ce l'avessero la frizione, stava lì, sarebbe bastato tirare la leva, ma niente. Pare che così era più figo.
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