15 maggio 2015

Il magico potere del caccio via tutto

No, non l'ho letto il libro della tipa nippo, la Kondo che voi tutti conoscerete. E nemmeno lo leggerò, perché mi riporta alla mente testi dal grande spessore teorico che rifuggo come peste, tipo quelli per smettere di fumare (del resto mai fumato) o il famigerato "Fate la nanna" che figurati!
La pratica soggettiva è troppo un altro sport per affidarsi ai rigidi schemi attuativi della teoria, questo è il mio credo a cui tento di affiancare la diligenza del buon padre di famiglia nell'agire.
Epperò l'ha letto dolcemetà il manuale della nippo, dopodiché ha iniziato a riempire dei gran sacchetti blu da portare alla monnezza, o più o meno riciclarli a seconda della loro valenza fashion.
Nei prossimi giorni è alle viste un cambio dell'armadio dall'epocale portata storica. Ebbene mi libererò di più cose di quelle che terrò e andrò ben oltre la regola dell'armuà. L'obiettivo è chiaro e anche la vergatura di questo post mi aiuterà a raggiungerlo per non essere esposto al pubblico ludibrio.
Non sarà un'impresa semplice, il valore delle cose a casa mia è un messaggio che è stato trasmesso in maniera forte e il non buttarle, seppur non usandole ma legandole mentalmente al principio universale del può sempre tornare utile, ha sempre incarnato una sorta di rispetto verso i ricordi di miseria vissuta e i soldi spesi nell'acquisto delle cose stesse.
Questo è il mio manifesto per il fine settimana. Ce la farò?
Ai poster l'ardua sentenza.

1 maggio 2015

Lisbon story 2.0

Lisbona è la ragazza che impasta i pasteis de bacalhau al Museu da Cerveja nella Praça do Comércio. La giovinetta è imprigionata dentro a una teca di legno e vetro dal vago richiamo marinaro ed è perennemente alle prese con queste tipiche polpette. Nessun cliente o passante, ai quali peraltro ella elargisce generosi sorrisi attraverso il vetro, può parlarle o interagire con lei. Lavora il suo prodotto con maestria assoluta avvalendosi di due cucchiai e nient'altro, in uno tiene la polpetta e con l'altro accarezza l'impasto, lo rimpingua, lo lima, lo modella, lo liscia e quando sembra che abbia finito riparte daccapo in un'operazione talmente di fino che gli altri pastel de bacalhau del Portogallo e del globo terracqueo tutto retrocedono d'un colpo tre categorie sotto. E per quanto la guardi, mai la vedi posare una polpetta completa nella teglia di quelle finite da mandare in cottura.
Lisbona è i suoi sanpietrini - non so se hanno un nome proprio - bianchi e lisci che contribuiscono a rendere originale e affascinante ogni marciapiede, ogni corso, ogni piazza. Ma quando piove barricatevi in casa! La superficie del sanpietrino lisbonese si fa scivolosa come un lastrone di ghiaccio su una pista nera e camminare su e giù per i colli diventa impresa improba.
Lisbona è Sostiene Pereira, è una limonata, è un labirinto di vicoli, è la vigliaccheria che si fa coraggio.
Lisbona è la Casa do Alentejo, dal profumo un po' cubano: uno sventaglio di piastrelle incastonate in un tempo passato e mai passato davvero, un tassello di città che ha energia propria ed è ravvivato da una compagnia danzante di coppie attempate e felici, protette nelle loro vesti da sera indossate alle tre della domenica pomeriggio da un buttafuori baffuto e rognoso.
Lisbona è l'Alfama, quartiere intrico di ripide scale e vicoli bui dove risuona il fado da una finestra, da un vecchio giradischi sull'uscio di un locale o magari dalla voce diretta di due innamorati seduti sul sagrato di una chiesa sconosciuta, lui con la sua chitarra e lei con le sue labbra vermiglie.
Lisbona è l'Alfama con le sue vecchie a spazzare davanti casa e con i suoi cani sciolti che non guardarli mica negli occhi.
Lisbona è la copia di un ponte, la copia di un cristo e la copia di un lungomare.
Lisbona è l'Única Fábrica Pastéis de Belém che non si spiega perché un posto così non sia ancora dichiarato fuorilegge visto la droga che spaccia a quintalate ogni giorno. Mangia qui la tua pastéis de nata ma poi non venirci a chiedere un centro di disintossicazione.
Lisbona è il Tago, un fiume che è una carezza, un utero caldo e un cancello che si apre al mondo.
Lisbona è il paradiso dei tranvai, gialli sì ma anche rossi, verdi o cocacolati.
Lisbona è un mucchio di fragole svendute per strada.
Lisbona è un esercito di pavoni strillanti, liberi e spavaldi.
Lisbona è il sorriso puro di Massud capace di raccontarti in due minuti, sempre sorridendo, quanto sia dura la vita lì quando si arriva da fuori e come sia riuscito a farcela lui, anche grazie ai soldi che gli mandava la mamma dal Bangladesh. E Massud è così gentile che ti viene voglia davvero di andarci a mangiare al suo ristorante in rua das portas de santo Antão, ma poi anche no.
Lisbona è la mamma di Massud.
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