26 febbraio 2014

Nespole acerbe

Stavo sulle tracce di questo coglione ormai da millemila cazzo di giorni.
Settimana scorsa la svolta, grazie a una soffiata facciamo irruzione nel suo nascondiglio nella Grande Mela, un seminterrato sulla 52esima dove rinveniamo un vero e proprio arsenale.
Oltre alle armi un'agendina, un cellulare e un nome falso ci consegnano finalmente una pista nella quale ci buttiamo a capofitto.
E così gli facciamo sentire il fiato sul collo, da Pittsburgh a Cleveland inseguendo una strisciata di carta di credito, fino a Syracuse agganciati a una cellula telefonica, piuttosto che a Boston dove spunta fuori il noleggio di una Chevrolet.
Ad ogni buon conto eccomi qua, traghettato a Portland, nel Maine, asserragliato in auto al freddo e pervaso da una vaga sensazione d'inutilità, sui vetri appannati ho disegnato giusto due tondi, un improbabile binocolo per tenere d'occhio la palazzina sotto alla quale il coglione ha parcheggiato la sua vettura avis marrone, che giusto a noleggio ti puoi pigliare un'auto marrone.
La neve fa il suo sporco lavoro: stempera la vista sfumando al bianco e ficca giù i suoni di quell'alba dentro a un imbuto di silenzio assordante.
Il sole fa capolino da dietro i palazzoni di un'impopolare edilizia popolare e li rende quasi appetibili all'uso avvolti come sono nell'atmosfera rossastra del primo mattino. Va così che ti salta su un'insana voglia di abitarli quei palazzoni, di svegliarti in una stanza straliciata dal sole dove sorbirci un tè al latte coi biscottini di pastafrolla, sempreché ci sia ancora un folle disposto a venire ad abitare nel Maine.
Butto un po' giù il seggiolino nella ricerca plastica di un riposo che sarebbe meritato quant'è vero iddìo. Nell'attesa, e anche per non cedere alle lusinghe di Morfeo, frugo nello sportellino sotto al cruscotto, ne scappa fuori una vecchia lista della spesa e una manciata di scontrini accartocciati in una squallida testimonianza d'acquisto di hamburger, pasticche, ancora hamburger, diet coke, libri del cazzo, e poi sempre hamburger, hamburger a palate.
Il panorama mozzafiato viene disturbato, deturpato e disintegrato dal lento incedere del camion della nettezza che, nonostante la stazza e i meccanismi in funzione, pare ancora riuscire a muoversi in una bolla di sapone silenziata. O forse sono soltanto io, ormai bollito, in un gorgo invelenito e castrante da dove diventa epocale anche solo percepire un suono o mettere a fuoco un portone d'ingresso. Passa anche lei, o almeno credo di vederla, lo zaino portato su una spalla sola, un fiume di capelli dorati e lisci, lisci all'inverosimile, addormentati su un loden blu canaglia, non sembra camminare, piuttosto è il mondo che si muove sotto ai suoi piedi portandola in ogni buco di posto voglia andare. Me ne innamoro perdutamente e già metto in cantiere il mio terzo matrimonio pregustando il sottile piacere del contatto con la sua liscia pelle di pesca e la sublime visione dell'albicocca, emozionato e confuso come uno scrittore alla presentazione del suo romanzo d'esordio.
Passo una bella fetta di tempo così, a guardare il tetto dell'auto. Non me la sento di fare nulla. L'unica soluzione è rimanersene lì a guardare in alto. Non che lassù ci sia nulla di interessante. I tettucci delle macchine non sono costruiti per intrattenere le persone.
E alla fine dei salmi mi tiro su, giusto il tempo per rendermi conto che il cazzo d'insonorizzato Maine s'è inghiottito la fottuta Chevrolet marrone.
Merda! _________________________________________________________________ Questo testo partecipa all'Eds fuffa beata mai bandito da La donna Camèl.

24 febbraio 2014

RunEnergy [Filippidea]

C'è che a lavorare da me abbiamo questa sorta di bacheca digitale delle idee grazie alla quale possiamo proporre le nostre. Bon, io ci ho appeso questa... non è geniale?

Progettazione di piste di atletica o tratti di strada pedonale a pressione dove ogni passo sviluppa e produce energia grazie all'installazione di generatori sotto il manto della pista stessa (tecnologia esistente). Energia eventualmente immagazzinabile in batterie da riutilizzare, ad esempio, per l'illuminazione pubblica.
L'idea tende a sfruttare anche l'enorme crescita del fenomeno della corsa amatoriale in questo periodo e può essere promossa adeguatamente incentivando le società podistiche ad allenarsi in tali impianti.
Potrebbero poi essere organizzate gare ad hoc, tipo maratona su pista, in grado di produrre energia "pulitissima" e di pubblicizzare il progetto con un bel ritorno d'immagine per chi la promuove e la mette in atto.

Il runner può scegliere se donare l'energia prodotta oppure, grazie all'applicazione di un chip alla scarpa in grado di quantificare passi e conseguentemente energia prodotta, può recuperare parte dell'energia sviluppata dalla sua corsa con l'assegnazione di Certificati RunEnergy, tali Certificati possono essere convertiti comodamente in sconti sulla bolletta elettrica o sulla bolletta del gas, o anche in sconti sui carburanti presso marche convenzionate o per il pagamento dei ticket sanitari.

Chiaramente da voi non è che mi aspetto un sostegno all'idea ma, volendo, dei consigli o delle critiche costruttive per migliorarla. Grazie.

21 febbraio 2014

Twittura mista: #cinefuturi

Prendete un titolo di film e proiettatelo in avanti nel tempo di un anno, un secolo, un'era geologica, ed ecco quello che può saltare fuori:

Arancia digitale

Quasi trombamici

Edward mani di Miracle Blade

Tagghi a spillo

Se mi lasci ti disinstallo

L'uomo che mandava i DM ai cavalli

La gatta sui pannelli solari che scottano

E da altri twitteri:

Il Talent show di mr Ripley
@LaVale8

Non aprite quella porta usb
@albertoena88

Startrekking
@myrtlejuice

I Fantastici 4.0
@mikydefra

Il tempo delle email
@giusyoni

Mery nel continuum spazio-tempo
@Zu_Janu

Lo spritz nel deserto
@Ornellapan

Clonato il 4 Luglio
@mirianagrassi1

L'uccello dalle piume di cristalli liquidi
@caro_viola

12 febbraio 2014

Mettersi le scarpe col NoLeSciNeSeMiPa (*)

Su quanto siano tristi le scarpe con lo strap stendiamo un vello pietroso. Sono solo uno degli effetti di una generazione di sfaticati che ha visto il suo apice qualche decennio fa, nell'inarrestabile proliferare di auto col cambio automatico, di dischi suonabili senza una puntina, di motorini che s'accendono con un pulsante e di cibi pronti che ti saltano nella padella e manca poco pure in bocca.
Così capita che a tuo figlio, in una risacca di nostalgia, gli compri delle scarpe vere, delle scarpe coi lacci, come le scarpe dei cristi di ragazzi negli anni '70.
Ma lui che fa, il bimbo di oggi? Le usa a modo suo e non potendole trattare da scarpe con lo strap ricerca una modalità semplificata trattandole da mocassini.
Se le infila così, a modo suo, e possono volerci 10 secondi come 10 minuti perché il metodo che usa, il NoLeSciNeSeMiPa (*) non è stimabile in alcun modo nella sua tempistica, molto dipende da quanto strette sono state allacciate l'ultima volta (che poi è anche la prima) e da quale surrogato di calzascarpe gli può capitare a tiro, sia esso il dito indice, una penna, un mestolo o un blocco di post-it rettangolari ammezzato.

(*) Non Le Sciolgo Neanche Se Mi Pagano

________________________________________________________
edit
Quest'indolenza, questa pigrizia, quest'avversione all'appropriato utilizzo dei lacci che i giovani manifestano, vuoi perché i piccoli non li sciolgono mai o perché gli adolescenti non li legano proprio, bene ha fatto la chiesa cattolica a inserirla tra i sette vizi capitali: laccidia.

9 febbraio 2014

o' nipote mascalzone


Stavo al verde quant'è vero iddìo.
E sì che avrei potuto cercare un cesso di lavoro, ma lavorare è al primo posto nella mia personale lista degli status esistenziali da evitare, peggiore anche di stare al verde.
Così andai da zia, che era pomeriggio e sapevo dove trovarla, con la sua stampella e i suoi capelli radi che non coprivano manco per il cazzo le chiazze marroni da vecchia sulla sua testa. Cionondimeno giocava a tombola con i fagioli e le cartellette e poteva spacciarsi per la donna più felice del mondo seppure con tutte le chiazze.
Certo c'era da sperare che infilasse una cinquina o una tombola, almeno, che la mettessero di buonumore predisponendola a sganciare qualche centone.
27 e' zampe e' gallina
Il coglione che tirava su i numeri cercava di fare l'accento napoletano, ma era di Compiobbi e si sentiva.
Io fingevo d'interessarmi alla tombola nel rispetto del ritratto familiare del buon nipote, zia fingeva di non capire che fingevo e le altre vecchie fingevano di non capire che zia fingeva di non capire che io fingevo.
E non so se alla fine il moltiplicarsi di quelle finzioni portasse a un risultato positivo, in un algebrico ribaltarsi di segni, sul fronte della verità.
86 o' cane morto e' stenti
Che poi di smorfia il tizio di Compiobbi ne svendeva una sua, e a ogni giro differente, in barba a Napoli e alla coerenza. Del resto alle vecchie piaceva di più così.
5 o' gobbo e' Nottreddàm
Sorridevo a destra e a manca e ripetevo i numeri estratti a una nonnetta sorda spaccata che sedeva di fronte a me e aiutavo zia coi fagioli anche se era vispa più di me per quello.
77 e' gambe re' spose e' Pontassieve
E così ti lasciava intendere che le aveva bazzicate le spose di Pontassieve, ma quello ci sta.
41 o' sureciello 'nguattato aret o'friggidèr
In due ore di tombolata andò che zia fece un terno e alla fine mi disse che capace le portavo pure merda e mi allungò giusto un cinquantone, ma che faticata.
A ogni modo l'esperienza mi servì per inserire la tombolata al circolo anziani al terzo posto tra gli status esistenziali di vita da evitare, un podio meritato.
Comprai dieci gratta e vinci, che grattai vincendo 20 euro che rigrattai vincendo 5 che rigrattai vincendo zero.
Valutai se tornare da zia e svuotarle la borsetta ma il pensiero d'incontrare magari lo speaker di Compiobbi mi fece passare la voglia: 65 o' nipote mascalzone.
Finii a casa del Benda che era ora di cena e certo non il momento migliore per parlargli dei progetti strafichi che avevo per noi.
La moglie - ché s'era sposato nel frattempo - mi guardava straliciando dalla cucina manco le avessi pisciato sulle rose, sputato che il maritino le avesse raccontato dell'affare che ci aveva visto protagonisti defilati qualche anno prima; si sa che quando si sposano perdono il capo.
Si vedeva lontano un miglio che c'aveva bisogno di soldi: la casa era uno scatolotto da sardine, una creatura era ficcata nel seggiolone, faceva ba-bba ba-bba e sbatteva un cucchiaio nella minestra di verdura con esiti esplosivi, inoltre, a giudicare dalle curve della moglie, un'altra pagnotta stava nel forno.
Non le faccio più quelle robe, mi disse, ho una famiglia adesso, aggiunse, sono un padre responsabile, chiuse.
Bon, dissi, se le cose stanno così buonappetito e saluti alla signora che per come mi guardava l'avrei mandata volentieri affanculo, ma che volete è più forte di me, son galantuomo.
Stavo in fondo al vialetto, avevo appena finito d'innaffiare le rose alla signora quando mi sento chiamare. Ripassa domani sera, mi fa, che sono solo metto a letto la bimba e si fanno due chiacchiere, aggiunse, se hai un piano se ne parla, mi strizzò l'occhio.
La creatura indemoniata era una femmina, dunque, molto bene. Non che questo cambiasse qualcosa.
La serata volgeva al bello quant'è vero iddìo avevo 24 lunghe ore per buttare giù uno straccio di piano un pelo meglio di quello che s'inventò il povero Sandrino pace all'anima sua. Si svoltava, altro che gratta e vinci!
Tornando a casa passai a prendere le paste avanzate al bar della Rosa, te le pago domani le dissi, e allungai solo un po' ripassando dalle case del Comune.
Suonai da zia che saranno state le nove sperando che non stesse già dormendo.
65 e' pastarelle.
_____________________________________
EDS Verde by La Donna Camel:

6 febbraio 2014

Una risposta esauriente

Esauriente viene dall'ebraico, da Esaù nello specifico che rispose in modo talmente preciso e circostanziato a una domanda di suo fratello da originare addirittura un eponimo.
Giacobbe: Fratello, le vuoi le lenticchie?
Esaù: Orpo, sì.
(cfr. Genesi 25,29-34)

Ora tu ti chiederai che accorgimenti devi adottare per dare una risposta esauriente al tuo interlocutore, a parte infarcirla di orpo ovviamente... bon, te lo dico io.
Se ti faccio una domanda, e io lo so che tu sei il massimo esperto in materia e magari meriteresti il Nobel o anche un centinaio di lauree honoris causa, ma se io ti faccio una domanda non puoi rispondermi sempre iniziando dal Big Bang, giù giù con la Pangea per seguitare con la deriva dei continenti e poi blabblà e poi blabblà e mi sforni la risposta che mi serviva dopo 5 minuti, vale a dire dopo 4 minuti e 50 da quando io mi sono scollegato.
Al mio quanto fa tre per tre? non puoi partire argomentando a tuo piacere sui palucci, sui numeri arabi, su Fibonacci e sulla figliolanza della smorfia napoletana.
Scusa, rispondimi nove e poi recitami pure a memoria il Nuovo prontuario per calcoli attuariali e finanziari e se sarai in grado di tenere desta la mia attenzione io ti ascolterò, ma se sarai incapace di incollarmi alle tue parole, per una mancanza che è solo tua, io comunque avrò avuto la mia risposta, tu avrai blaterato e stiamo apposto entrambi.
E se alla terza volta che ti chiedo se fuori piove tu mi parti ancora dal cazzoso Big Bang allora vattene pure affanculo con tutti i continenti derivati.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...