30 novembre 2011

Frasi Celibi - n. 1

(ovvero le tesi che nessuno ha mai sposato)

LA LEGGE DI MUFFIN
Se un soffice dolcetto può andar a male lo farà.
Preparate i muffin seguendo una ricetta che potete facilmente trovare in rete.
Una volta fatti gustateveli tutti, tranne uno che lascerete da una parte, fuori dal frigo.
Dopo qualche tempo diventerà immangiabile.
Allora vi sarà chiara anche l'origine del suo nome.

DUE PETI E DUE MISURE
Secondo la classificazione che Fibonacci, prima di occuparsi di stravaganti sequenze, volle applicare ai peti, questi si suddividono in tre Ordini primari, sulla base di udito, olfatto e misurabilità.
All'interno degli Ordini, le Classi: rumorosi e silenti; maleodoranti e neutri; lunghi e brevi.
Fibonacci provò anche che, riguardo alla misurabilità, a peto lungo segue quasi sistematicamente un peto breve, da qui il celebre modo di dire.

FARSI IN QUATTRO
Cinque amici blogger in partenza per l'Iran per un seminario dal titolo "come sbattere le persiane" si iscrivono a un corso per apprendere i primi rudimenti della lingua farsi. All'ultimo momento però, uno di loro preferisce optare per il creolo-haitiano, cosicché affronteranno il corso di farsi in quattro.

29 novembre 2011

Guido Catalano Poeta

Io sono l’ultimo che può parlare di poesia con cognizione di causa, ma potete pure andare avanti a leggere visto che sto per presentarvi qualcuno che di poesia ne sa a pacchi. Io penso di non capire la poesia, temo persino che non mi piaccia la poesia. Avrò comprato volontariamente tre o quattro libri di poesie in vita mia. E non mi hanno convinto, non così tanto da ricordare qualcosa, nemmeno tanto da soffermarsi sul mio comodino. Magari però hanno assolto ugualmente la loro funzione.
Poi capita che m’imbatta in poesie che mi consegnano una vista straliciata, versi che squartano il mondo, i suoi misteri e le sue carni e te li servono su un vassoio, sminuzzati e comprensibili oppure amalgamati in un succulento sformato.
E poi mi capita d’inciampare nella poesia, quella non scritta, la vedi in giro, la respiri, ne ascolti il fruscio o il tuono. Se solo ti fermi un attimo e ti lasci invadere la senti che, con un processo quasi chimico, inzuppa anima e cervello.
E sempre rischio di restare affascinato quando s’indugia su un filo d’erba, su una discussione, su una torta alle fragole o su poco più del nulla.
Riesco a proferirne di cazzate, eh?
Comunque il caso che mi ha portato sul blog di Guido Catalano, il titolo di una sua poesia (I bambini non baciano vengono baciati), è stata la frustata che serviva al mio incancrenito scetticismo verso le liriche.
Del maestro Guido Catalano, vorrei segnalare tutta l’opera: pigliatevi, quando avete voglia, cinque minuti e pescate a casaccio, non rimarrete delusi.
Intanto però potete conoscerlo meglio tramite questa: teniamoci stretti che c’è vento forte, che il maestro, che ho avuto il piacere di sentire e che straringrazio, ha scelto per noi.
E poi questa. Com’è questa?
Ah, e tra qualche giorno uscirà un suo nuovo libro, statevi in guardia.
Chiudiamo con il decalogo dettato da Guido, proprio sulla poesia, che riporto per intero.

non scrivere poesie

se ti viene da scrivere poesie non scrivere poesie
fai altro
tipo masturbazione, pesca, decespugliazione, gocard, guarda la tele, dormi

se proprio non ce la fai a non scrivere poesie
una volta scritta la poesia
cancellala subito dal compiuter
e se l’hai stampata
appallottolala e mangiala

se proprio non riesci a distruggerla
evita perlamordiddio
di andare in giro a leggere la tua poesia in giro
anche se ti invitano a farlo non farlo
mentono
ti pigliano per il culo
sono sadici o pazzi

se qualcuno ti dice, che bella questa poesia!
non credergli
ti piglia per il culo
oppure è sadico
oppure è pazzo

non fare amicizia con i poeti
i poeti non esistono
fare amicizia con qualcuno che non esiste
è sintomo di follia

se qualcuno ti si presenta dicendo, sono un poeta
colpiscilo con tutta la forza che hai sulla fronte
col palmo aperto della mano
urlando SUCA!

evita assolutamente i raduni di poeti
se per disgrazia ti trovi a un raduno di poeti
non andarci armato

uccidere un poeta a un raduno di poeti
sarà quasi certamente considerato dalla legge italiana
un eccesso colposo di legittima difesa

non usare mai una fiamma ossidrica
per accenderti una sigaretta

28 novembre 2011

La cella del povero Maffei ®

C'era questa tabella che era appannaggio del Maffei.
Non si seppe come fosse finita tra i suoi compiti, fatto sta che mensilmente lui la gestiva, lui ne curava l'input e lui la quadrava.
Considerate che quest'affare elaborato in excel era un vero e proprio rompicapo e non a caso era da tutto l'ufficio conosciuto come la Tabella delle tabelle.
Una roba che quadrarla era come fare tredici, al tempo in cui c'era il tredici, e si parla di quei tempi là.
La tabella incrociava dati a doppia entrata, tanto per spiegare un minimo senza stancare con i dettagli, da una parte dati di origine tecnica e dall'altra dati di origine amministrativa, organizzati per province e tipologia.
La sua quadratura sistematica, operazione non consona ai comuni mortali, aveva fruttato al buon Maffei, oltre alla stima dei capi e all'invidia dei colleghi, pure 3 o 4 categorie, che alla fine dei salmi son soldi.
Al rinfresco per la pensione il Maffei ci salutò con calore e glissò amabilmente, con sorrisetti intrisi di falsa modestia, sulle mozioni che alcuni di noi avanzarono riguardo alla famigerata quadratura tabellare.
Ci puntavamo con odio, noi superstiti, i nostri sguardi lampeggiavano frasi immaginarie del tipo "adesso me la cucco io la Tabella delle tabelle e rilancio la mia carriera alla grande".
Di fatto fummo accontentati tutti, per così dire, in quanto il capo ufficio la fece girare amabilmente tra di noi perché nessuno pareva in grado di risolvere il rebus della quadratura.
La figura del Maffei, che a vederlo un genio non era mai sembrato, assunse sempre più una valenza mistica, uno spirito da evocare nei momenti di crisi quando, nonostante l'impegno profuso ai massimi livelli, le due celle che dovevano riportare totalizzati i due importi identici fatalmente squadravano, se andava bene, di centinaia di migliaia di lire.
Ci arrendemmo tutti, uno a uno, sfiniti. Vinti per sempre dal ricordo del nostro collega e della sua infallibile opera di calcolo.
Il Maffei aveva dolorosamente raggiunto il mondo dei più da un paio d'anni, quando mettemmo casualmente le mani su un floppy blu da 3,5 pollici.
Come nelle migliori spy story lo cacciammo al volo nel primo piccì libero alla ricerca dei segreti dell'ormai povero Maffei.
Ci volle un bel po' per capire che a uno dei due importi veniva aggiunto un numero, all'apparenza frutto di un qualche calcolo empirico, a mano. Controllammo più mesi, era sempre così. Finché un file si aprì non sulla tabella ma su una porzione del foglio all'estrema destra, dove una cella solitaria e sperduta riportava in un grigio appena visibile l'inevitabile scarto che ogni mese i due totali accusavano.
E lui, con semplicità, lo ributtava dentro, sommandolo all'importo più piccolo e raggiungendo con facilità la quadratura cui tutti ambivano. Quello volevano e quello avevano.
Nessuno era stato in grado in tanti anni di sgamare l'ingegnoso artefizio del povero Maffei che giustamente non fu sputtanato, anzi divenne il vero mito, l'eroe che aveva sconfitto la Tabella delle tabelle e pure i suoi capi.
Ieri andava così ma, sarebbe inutile negarlo, la Cella del povero Maffei ® ci salva spesso il culo ancora oggi.

27 novembre 2011

La Coca Cola con la cannuccia

Per noi fiorentini sarebbe una goduria girare l'Italia, in ferie o per lavoro, se non finissimo fatalmente per incontrare dilettanti appassionati linguisti che ci chiedono, con l'originalità di una mosca sulla merda, di pronunciare la frase che campeggia nel titolo del post. E che io non voglio più ripetere, e nemmeno scrivere.
Comincia che hai sedici anni e alle ragazzine di Varese che trovi al campeggio di Orbetello, quando scoprono che sei di Firenze, s'illuminano gli occhi di una luce vivida e porcina. Qualche secondo di pia illusione che ci possa scappare una slinguazzata e poi la realtà dei fatti: si vogliono solo fare una risata godendo della tua "c" aspirata.
E tu le accontenti, e loro ridono, e pensi "ganzo". Non ti rendi conto che sei entrato in un vortice dal quale non uscirai forse più.
La C aspirata a noi non piace, non è che ce la portiamo appresso per esibirla come un trofeo, ce la siamo ritrovata sottopelle e non ce ne possiamo affrancare se non a costo di sacrifici di dizione intensi e spesso insostenibili.
Quando parliamo tra fiorentini non ci accorgiamo di usarla ma con gli altri, beh, la cosa può creare imbarazzo. Non è che dovete proprio ficcare giù il coltello nella ferita e ravanare con 'sta menata della bevanda di Atlanta e del suo tubicino atto a suggerla, spesso afflitto da scarsa lunghezza.
La C aspirata è una piaga della società fiorentina e come tale si cerca di limitarla, visto che debellarla appare improbo e che non un Sabin, non un Jenner s'è mai dedicato alla questione.
Alcuni non fiorentini sostengono che in fondo la nostra parlata è simpatica e che non dovremmo cercare di trattenerci, anzi, ci rende persone più interessanti.
La peggiore trovata dello straniero al cospetto d'un concittadino di Dante è quando il tipo cerca di proferire una qualsiasi frase in fiorentino. E dire che sembrerebbe facile, non è che il nostro non-dialetto ribolla di vocaboli strambi e intorcinati o tronchi o sbilenchi. Basta buttare lì un po' di parole e aspirare le cazzo di C. E no! E no che non va bene!
Ecco le frasi tipiche di chi tenta di parlare in fiorentino ma è nato a Tarvisio, o in altro loco fuor di Toscana per intendersi.
Che vai a hasa? Che è hotta la bistecca? Fa haldo, maremma fa haldissimo.
E no, e no: è una questione di C.
Le suddette frasi in bocca a un fiorentino verace suonano più o meno così: Che vai accasa? Che èccotta la bistecca? Faccaldo, maremma faccaldissimo.
La raddoppiamo la hazzo di C, quando ci va, altro che aspirarla. Non c'è una regola: quando l'aspiriamo, quando la mangiamo proprio, quando la raddoppiamo e quando la nascondiamo sotto il tappeto. Non c'è una regola, ma se anche ci fosse non è che la sappiamo.
La C aspirata ce la tramandano i nostri vecchi, assieme al pane sciocco, all'amore per il Cupolone e ai racconti sull'alluvione del '66 in una fisiologicità mendeliana che non richiede ulteriori spiegazioni.
Tempo fa avevamo sfiorato l'argomento qui nei commenti assieme a Viola (un nome una garanzia per noi), approfondire la tematica mi aggradava anche se magari non era la mia massima... aspirazione.

Il 50% del ricavato di questo post è devoluto all'ACCA (Associazione Contro la C Aspirata)

24 novembre 2011

Se sarei gay (*)

È un periodo che a casa capita di parlare di Ryan Gosling.
-    Chi? (mia moglie)
-    Quello di Drive.
-    Ah ok.
Fino a un mese fa vivevo in pace, all'oscuro della sua esistenza. Poi ho visto, per la prima volta, Ryan Gosling.
-    Chi? (mia moglie)
-    Quello di Drive.
-    Ah ok.
Ammetto la mia ignoranza, era in pigiama ed era qui.
Nella sua spettacolare recensione di Drive, Josef K. asserisce "è un attore talmente figo da farmi rimpiangere di non essermi ammalato di omosessualità all'età di undici anni".
Giusto, ma dirò di più, io sono contento di non essere gay perché sarebbe insostenibile la sofferenza per non poter stare con Ryan Gosling.
-    Chi? (mia moglie)
-    Quello di Drive.
-    Ah ok.
Perché, chiaro come la sambuca, che non toccherebbe a me il Ryan lì. Sempre ammesso che il ragazzo possa in qualche modo interessarsi a individui del suo stesso sesso.
Due settimane fa Drive passa in visione al mio paesello e io penso bene di trascinare mia moglie…
-    Chi? (Ryan Gosling)
-    Mia moglie.
-    Ah ok.
… a vedere la pellicola del regista danese Nicolas Winding Refn (altro nome da tenere a mente) e, al di là del film straordinario, ho potuto ammirare il ragazzo in tutto il suo splendore recitativo. Certo anche il ruolo, tenebroso assai, contribuisce non poco alla sua beatificazione immediata.
Ieri mi è capitato di vedere un altro film con Ryan Gosling…
-    Chi? (mia moglie)
-    Quello di Drive.
-    Ah ok.
… e precisamente Crazy Stupid Love, un film d'amore, sull'amore pazzo e stupido, manco a dirlo. Fortunatamente il titolo non è stato tradotto e ha mantenuto quella simil-dignità di default che un titolo straniero, per quanto banale, detiene.
In questo film Ryan Gosling…
-    Chi? (mia moglie)
-    Quello di Drive.
-    Ah ok.
… dà il meglio di sé da un punto di vista estetico, raggiungendo vette che nemmeno il mitico driver, nel suo incedere misterioso e pulp, aveva sfiorato.
Ma lasciamo stare il film, sto parlando SOLO di lui. A un certo punto in una scena il prode è invitato a togliersi la maglietta, rimane a torso nudo e qui la ragazza di turno non crede ai suoi occhi e, giustamente, esclama:
-    Ma sei ritoccato col Photoshop!?!
Sì, non bastava la sua faccia da angelo sporco, c'ha pure una cazzo di tartaruga scolpita, un bel torace largo e non so cos'altro.
Insomma, alla fine dei salmi, penso di essermi un po' innamorato di Ryan Gosling.
-    Chi? (mia moglie)
-    Quello di Drive.
-    Ah ok.

(*) Aut. Min. Conc.

23 novembre 2011

Quando il dito indica la luna

Quando il dito indica la luna lo sciocco guarda il dito.
Ho amato molto questo proverbio cinese, pur temendo in generale i Cinesi.
L'ho amato perché affetta il mondo in imbecilli e non, e tali semplicistiche suddivisioni, da sempre, esercitano su di me un consistente fascino.  Ultimamente ho cominciato a dubitare, però.
Facevo caso ai commenti che lasciamo ai vari post in giro per la blogosfera; spesso l'argomento trattato dal post viene ignorato ed entriamo in scivolata con un'osservazione su un dettaglio del testo, non dico insignificante, ma fine a se stesso sì. Io per primo.
Siccome ho la prova provata che non siamo tutti imbecilli - ho consultato la Captchomanzia - mi chiedo quale sia l'altra chiave di lettura, perché ce ne dev'essere un'altra per forza. O magari anche più di una.
E allora son salito sulla sedia, e poi sul banco e sulla cattedra nella speranza che gli insegnamenti del professor Keating mi tornassero in qualche modo utili.

Quando il dito indica la luna…
•    lo sciocco guarda il dito
•    l'astuto guarda la luna
•    il timido guarda per terra
•    il poeta guarda il quando
•    il finto timido guarda per terra la luna riflessa in una pozzanghera
•    il regista guarda l’indica
•    l'estroso guarda la luna fingendo di guardare il dito
•    il paroliere guarda la fortuna
•    lo scienziato guarda la distanza tra la luna e il dito
•    l'ottimista guarda la luna (crescente)
•    il pessimista guarda la luna (calante)
•    l'artista guarda la faccia nascosta della luna
•    il pignolo guarda l'unghia
•    lo strabico guarda la luna e il dito.

editing del 24/11 (contributi dai commenti)
Quando il dito indica la luna…





21 novembre 2011

Read Only Memory - n. 2

Ricordate il Read Only Memory n. 1? Beh, che vi piaccia o no, siamo al sequel.
Prendete il libro o qualsiasi altra cosa stiate leggendo (non sia mai che un buono spunto possa venire dai compiti di vostro figlio o dal volantino di Media World) cercate una frase che vi siete segnati oppure prendetene una a casaccio e trascrivetela in commento al post, indicando anche titolo dell'opera e autore.




E se un giorno uscirai di qui, vai da Van Gogh e digli: eccoti i soldi per una scatola di colori e una bottiglia di buon vino, sii felice oggi, non dipingere i Girasoli, i mercanti avranno un argomento in meno, nel museo ci sarà un vuoto nella parete e i miliardari non faranno l'asta per aggiudicarselo. Ma esisterà quel giorno di felicità, il vino e i colori. Il giorno splendido in cui il capolavoro non fu dipinto e il pittore fu felice.

(La traccia dell'angelo - Stefano Benni)

20 novembre 2011

I delfini, i delfini, i delfini... o i tonni?

Non fraintendetemi, io amo i delfini.
E non li mangio, in teoria. Però anche i tonni mica mi hanno fatto niente, però li mangio, in pratica.
Ora, ogni tanto ricorre la notizia che assieme ai tonni viene accidentalmente pescato un gran numero di delfini e che GreenPeace parte in quarta per difendere i mammiferoni per eccellenza.
Ok, ma perché uccidere i delfini dovrebbe essere amorale, mentre sterminare i tonni va bene? Tra l'altro non sembra che i delfini vengano solo uccisi ma che finiscano anche proprio nelle scatolette con i tonni. E mi sa che non sono molto distinguibili al sapore visto che non senti mai qualcuno che dice: "ma che cavolo, senti com'è stopposo, ecco, lo sapevo, m'è toccato il delfino!".
Mai visto un corteo o una protesta contro le scatolette del tonno da tagliare con un grissino o di quello insuperabile.
E non ditemi che non dobbiamo mangiare i delfini perché son mammiferi, maddài pensiamo ai milioni di mucche che scaraventiamo sui barbecue, mammifere per eccellenza.
Ah, non era per quello? Non dovremmo mangiarne perché sono intelligenti... Ah, adesso capisco. Già, perché sono intelligente anch'io (lo dico per non correre il rischio di essere divorato da qualcuno del MENSA).
Cioè, siccome che questi se li pigli e li ammaestri ti stanno nel delfinario di 10 m di diametro a zompettare, a schizzare acqua sul pubblico e ad acchiappare al volo delle sarde crude (la crociata a favore delle sarde si potrebbe fare anche quella intendiamoci, ma per stasera restiamo concentrati sui tonni) porti loro rispetto e non li sbafi?
Ma cosa credete che il tonno non sia in grado di fare un salto di due metri? O di nuotare in circolo per un'ora e mezzo o di pigliarsi un pesce al volo?
Certo che lo sa fare, il tonno, ma preferisce esibirsi in mare aperto per il gusto suo personale o per conquistare la tonna, o magari per sgranchirsi le pinne.
C'ha orgoglio da vendere il tonno, è selvaggio e non gli piace di andare al delfinario a fare la figura della letterina a PassaParola, a mostrare culo e tette per due sarde crude, magari pure surgelate.
È con dignità che il tonno rifiuta di farsi addestrare come un pony. Quindi è per questo che possiamo mangiarlo senza sensi di colpa?
Mentre quell'altro ruffiano del delfino siccome va a sbaciucchiarsi con la ragazza della piscina, quella in costume, lui non si può.
Dice ma i delfini soffrono... ma perché i tonni nella tonnara invece godono? Ma per favore...
C'ha fierezza il tonno, non si doma alla prima, e con compostezza si va a stipare inscatolato nei 125 gr sgocciolati, in olio d'oliva o al naturale.
Alla fine della fiera ti presenta pure una scelta, il tonno.
E sempre con dignità.

18 novembre 2011

Captchomanzia


Forse siete a conoscenza della posizione che La Linea d'Hombre ha assunto in merito ai captcha e al loro apparentemente inspiegabile proliferare nei blog, senza tornare in dettaglio sull’argomento riteniamo di dare un nuovo impulso al combattimento affrontando i cavalieri del Santo Kaptcha sul loro stesso campo e sfruttando al meglio la digitazione delle empiriche sequenze di lettere a cui siamo costretti.
 



Il Captchatore


Da oggi offriamo un servizio nuovo e gratuito: la Captchomanzia.
Per tutti coloro che vogliono un consiglio, magari anche solo una semplice indicazione o un flash sul futuro che li aspetta è attivo il widget qui di fianco a destra, nella finestra marrone.
Attenzione: non siete obbligati a consultare l’oracolo dei captcha, non richiedete una sentenza se poi non siete in grado di gestirla.
Agli scettici garantiamo la serietà assoluta di quanto predetto con la lettura dei captcha, serietà almeno pari a quella che accompagna la lettura della mano, dei fondi del caffè o delle interiora degli animali. Offriamo più serietà e stop ai cattivi odori.
I captcha che i  NOT- free-captcha-blog vi obbligano a comprendere e scrivere per poter apporre un commento ai loro post da oggi non sono da buttare, appuntateveli o copiateveli e venite a interrogare la sfera della captchomanzia.
Secondo recenti studi i captcha che i sistemi di sicurezza del verifica parola richiedono non sono sparati a caso ma, anzi, sono connaturati all’utente stesso che li riceve, alla sua esistenza e a quello che sta commentando e come.
È per questo che far decifrare i propri captcha assume una rilevanza strategica per le decisioni da prendere nella  nostra vita. Avete dubbi sul vostro partner, sul lavoro o su dove passare le prossime ferie?  Volete sapere se per gli stomachini dovete ringraziare la vostra nuova fiamma o la vostra vecchia gastrite?
Captchomanzia ha la risposta.

17 novembre 2011

Non esistono più le mezze stag

Per noi che aborriamo le frasi fatte quant’è vero Iddìo… ah, quant’è vero Iddìo si può connotare come una frase fatta? Ah, ok, riprovo.
Per noi che aborriamo le frasi fatte non ha molto senso andare a distinguerle affibbiando loro da 1 a 5 stellette di banalità, cercheremo comunque di evitarle come la peste. Ah, come la peste… ok, ok.
… di evitarle.
Epperò che in giro si continui a blaterare senza costrutto sul fatto che non esistano più le mezze stagioni a me mi urta, con l’a me mi rafforzativo.
Intanto le cosiddette mezze stagioni, sono stagioni vere, intere, intonse nella loro dignità. Hanno un nome, preciso, definito, noto a tutti e da tutti riconosciuto, sono la primavera e l’autunno e, quindi, già chiamarle mezze stagioni mi sembra offensivo.
Ma avete presente il ribollire dei campi in aprile, la forza prorompente delle nuove gemme o la straripante bellezza della campagna autunnale? Sì? Beh allora, come punto primo non le chiamerei mezze stagioni.
Sarebbe come dire che Mark Spitz è stato un mezzo nuotatore o che la Callas è stata un mezzo soprano o che moltiplicare i pani per i pesci è un mezzo miracolo o che se il cine è mezzo vuoto è perché sono venuti tutti con il mezzo pubblico o che Vivaldi ha scritto le 3 stagioni (*) o che io potrei smettere tra mezzo secolo di usare la parola mezzo.
Sì lo so cosa volete dirmi, che per mezze stagioni il pensiero comune si riferisce, più che alla primavera e all’autunno propriamente detti, ai periodi di clima intermedio quando non fa troppo caldo né troppo freddo.
Beh, mi spiace deludere gli amanti delle frasi fatte, ma adesso siamo esattamente in una cazzo di fottuta, dannata mezza stagione. Ergo, anche qualora per mezza stagione si voglia intendere questa medietà di clima, beh… la mezza stagione è viva e lotta insieme a noi.
Adesso, come un mese fa, come due mesi fa, non fanno 40 gradi all’ombra e se vi affacciate alla finestra scommetto che non vedete manco nevicate coi fiocchi. Nessuno che passa in autostrada cogli sci sul portapacchi o col gommone al seguito, vi siete chiesti perché?
Non fa caldo torrido e non fa freddo glaciale, ecco perché. Siamo in un periodo dell’anno temperato dove la gente non va in giro in bermuda e infradito (nemmeno Sandokan!) e non inizia ogni benedetta giornata smoccolando e grattando via il ghiaccio dal cristallo dell’automobile colle unghie.
Eviterò di pubblicare queste righe nuovamente ad aprile prossimo, magari mettetevi un post-it se vorrete rileggerle perché saranno attuali anche allora.

(*) 2 stagioni intere + 2 mezze stagioni = 3 stagioni

15 novembre 2011

La Mitica Agenda - n. 2

Abbiamo già parlato della Mitica Agenda come qualcuno probabilmente si ricorderà (io) e qualcun altro no (voi). Oggi su La Linea va in scena il secondo episodio incentrato sulla raccolta degli strafalcioni del mio collegame.

Tu mi hai aperto una lacuna. (gm)

Cosa vuoi, la botte piena e la moglie incinta? (ng)

Non si può dire le cose e poi levare il sasso. (fo)

Ho comprato un paio di jeans a zampa di leone. (ng)

Noi non si scherza mica coll'acqua. (ac)

Facesse il suo invece di andare a mettere le pulci nel culo agli altri. (lt)

Non lo voglio neppure offerto in un paiolo d'argento. (pb)

Lei cambia tutte le carte in regola. (mc)

Il mio computer ha un microbo. (br)

D'altra parte le mie frasi sono entrate negli albori. (mg)

14 novembre 2011

Io lo odio il lunedì ma un po' meno

Stasera vado a giocare a tennis. Una cosa piccola ma buona, per citare il titolo di uno dei più bei racconti scritti dal maestro, sempre se si possa arrischiarsi a ordinare per bellezza le opere d’arte.
Quest’ora di tennis settimanale, al di là del piacere che di per sé m'infonde, assume una rilevanza speciale nel susseguirsi dei giorni e nell’oscillazione del mio umore.
Il fatto di avere in qualche modo cementato quest’impegno al lunedì l’ha caricato di significati e meriti che vanno al di là di palle break, servizi vincenti e passanti incrociati.
Il pensiero di giocare riqualifica in toto il giorno. Le beghe d’inizio settimana mi s’inquadrano in una luce nuova, si staccano dal grigiore tipico del lunedì rimasterizzate in un prisma di terra rossa e palle gialle.
Non ho in odio particolarmente il lunedì, però, rimettere in moto la macchina organizzativa familiare, a partire da una sveglia puntata presto, richiede del sano impegno fisico e mentale. Perciò, drogare la malinconia post domenicale con l’idea di prendere a pallate qualcuno, mi corrobora più d'un bicchiere di fernet.
Sempre a proposito di tennis viene naturale citare, a beneficio di tutti i baricchiani e per gli amanti della lettura in genere, il primo dei 50 libri che Baricco, appunto, presenterà ogni domenica dalle pagine di Repubblica.
Ieri l'esordio parlando di Open, una biografia di Andre Agassi. C'è una citazione che da sola vale l'articolo e forse il libro, è una classificazione, una suddivisone bipolare di quelle che mi stanno tanto a cuore.
A pronunciarla è il preparatore atletico Gil Reyes ed è rivolta allo stesso Agassi, fa così:
Certe persone sono termometri, altre termostati. Tu sei un termostato. Non registri la temperatura in una stanza, la cambi.
Una bella iniezione di fiducia. Sia in campo per affrontare Pete Sampras sia fuori campo per affrontare Steffi Graf.
Leggendola, dopo la prima frase, per simpatia verso la parola, ho pensato che la miglior alternativa in cui incarnarsi doveva essere il termometro, perché termostato suonava male. Ma poi ho capito, eh.
Quindi stasera cercherò di essere un termostato, colpirò quella cazzo di pallina quando sale, che quando scende son buoni tutti e starò con i piedi ben dentro al campo.
Poi vi saprò dire.

13 novembre 2011

L'era l'ora

L'era l'ora - 1
Ormai l'aveva capito anche il cane che si doveva cavare dai coglioni.
Via! persino i suoi, quelli che l'hanno sempre difeso, che hanno sempre e comunque creduto o finto di credere in lui. Anche loro avevano compreso alla fine, anche chi gli aveva perdonato ogni errore. E ne aveva fatti un bel po' di errori da quando tutto ebbe inizio fino a qualche giorno fa.
Adesso si ricomincia, è un nuovo inizio, sicuramente un passo avanti perché peggiorare sarebbe stato impossibile.
Che torni ad occuparsi della sua famiglia, sarà un bene per tutti.
Ma non gliene voglio, basta che se ne vada e che non torni mai più.
Adesso pensiamo solo a ripartire con il piede giusto.
Addio a Mihajlovic e benvenuto a Delio Rossi.

L'era l'ora - 2

Il nano di hardcore: A tutti voi l'augurio di poter trasformare in realtà i sogni e i progetti che portate nel cuore.
(l'hai appena fatto tu)

Bersani - Per noi prima cosa l'Italia.
(allora togli Franceschini da lì dietro)

Rutelli - Noi...
(io, Francesco, io, c'hai lo 0,3% nei sondaggi, sei te)

Minzolini - Riprovevoli le manifestazioni di ieri.
(hai ragione, riproviamole anche domani)

Napolitano - Durata governo dipende da reazione mercati.
(col cavolo!)

Barroso e van Rompuy
- Da Roma segnale incoraggiante.
(già, la Lazio è prima in classifica)

Il nano di hardcore
- Da domani raddoppio sforzi.
Boniver - In piazza c'è odore di olio di ricino.
(incontratevi)

11 novembre 2011

Non è ancora il momento di cominciare...

Non vorrei risultare volgare e mi permetto di evocare l’immenso Tarantino, nello specifico Wolf, perché nel contesto del film la citazione completa "Non è ancora il momento di cominciare a farci i pompini a vicenda" non risulta pesante e, anzi, scivola via come una filastrocca di Gianni Rodari.
Mi ha fatto riflettere un commento del nobile Kisciotte, lasciato a questo mio post.
Con il suo eloquio forbito, quasi si scusava di non commentare anche se, delicatamente, aveva deciso di lasciare traccia del suo passaggio e, di fatto, commentava. E a tono.
Mai vorrei che qualcuno si sentisse, seppur in maniera larvata, in obbligo di lasciare un commento a un post. Magari per far presente che ha letto oppure perché mi ha visto transitare o scrivere sul suo blog. Mai.
E mi spiace se qualcuno lo fa. Dico sul serio, non è per falsa modestia o cosa.
Sono contrario al commento di scambio ecco. No commento di scambio, voglio che sia un mio motto e soprattutto una buona abitudine per chi frequenta la Linea.
Ne farò un adesivo da paraurti, poco ma sicuro.
Cioè dài non ha molto senso scambiarsi dei commenti che magari non sentiamo, giusto per marcare il territorio o per ricambiare un piacere (qui entra la citatio lupesca). Vade retro.
Come una pratica di sesso orale (estenderei il concetto al corrispondente femminile prima che s’ingenerino degli equivoci) un commento deve scattare perché sentito, insomma necessita di passione. Probabilmente anche di una certa tecnica, ma più di passione.
Te ne accorgi subito se la pratica (pompino o commento che sia) è espletata senza passione.
E poi, diciamolo, non tutti i post si prestano ad essere commentati, alcuni sono lì e fine. Non c'è bisogno d'altro, son compiuti.
Ecco, l'ho detto.
Adesso che la mia aspirazione idealistica è stata saziata, pigiate qui sotto e fatemi pure un... commento, commento, che diamine!

11.11.11 - 11:11:11

Oggi è l’11.11.11 è una data tautologica, dice.
Questo post è stato programmato per la pubblicazione alle 11:11:11.
Perché? Fondamentalmente per cazzeggio, non credo certo che questo mi porti soldi, ventura e amore anche perché, al riguardo, non mi posso lamentare, e non credo che porterà una riduzione dello spread del bund della macchina del capo col chewingum® (la donna camèl), non credo che tutta questa serie di 1 derivanti da convenzioni calendariali o orarie ci possa portare una pioggia di fiori fritti in pastella (non riesco a immaginare niente di più succulento che cade dall’alto come manna).
Certo manderò a scuola France con la maglia numero 11 di Gilardino, quello magari sì. Ma solo perché quella di Jovetic era finita.
Però credo che mi ricorderò di quando, alle superiori, col mio amico Leo ci inguattavamo sotto al banco a scrutare il suo Seiko digitale, costato 230 mila lire, per assistere ogni mattina in diretta allo scoccare delle 11:11:11. Che coglioni, eh? Beh, sì, l’ho fatto davvero. Oggi no, al polso avrò la cipolla che fu di mio nonno, e quella è grassa se segna i minuti.
Colgo l’occasione per salutare anche il grande Urlo che, padre di cotanto figlio (Leo), ha pensato di festeggiare una data tautologica con un tautogramma di tutto rispetto che è andato su Lessico e Nuvole.
Provare per presumere preciso.

9 novembre 2011

Parole che non vogliono dire niente

Con mio figlio grande (Goku), una ventina d'anni fa abbiamo inventato il Gioco delle parole che non vogliono dire niente ®.
Con mio figlio piccolo (Pikachu) l'abbiamo ripreso e lo facciamo spesso durante i viaggi in auto.
Funziona così, a turno dobbiamo pronunciare una parola che non esiste, perde il primo che dice una parola che ha un significato.
Direte, facile! Già, però la performance assume rilevanza se le parole proferite, pur prive di significato, sembrano vere.
Cioè... uno può sparare anche guzubbullufu o rasfarretegno o grizzicolaghino e vincerà magari, ma senza soddisfazione. Il gusto, quello vero, sta nel proferire parole che non significano nulla ma che sembrano vere, tipo: gastera, filigna, gretico, falossite, frando, stembari.
Il massimo proprio è buttare là una parola strana ma vera e sperare che l'altro non se n'accorga e non ti punti addosso l'indice urlando "pottiniccio esiste, è una parola vera!". A quel punto hai perso, senza discussione.
Poi, ci sono anche parole inesistenti che però, per qualcuno, un senso ce l'hanno, per esempio quelle che avete sempre usato come onomatopee personali o derivanti da nomi/cognomi propri di amici o conoscenti.
Una di queste, inventata dal mitico Leo (di lui se ne parla anche qui), e che abbiamo sempre usato tra noi, nella mia vita l'ho diffusa capillarmente tra i miei amici/colleghi/parenti, così, solo perché io la uso quando serve. Perché serve!
Quindi ve la propino, nel caso che vogliate adottare oltre alle belle parole in via di estinzione de La Dante, anche una parola in via di creazione. Va bene lottare contro l'impoverimento del lessico ma perché non tentare con l'arricchimento dello stesso?
Oggi nessun dizionario la riporta, ma un giorno chissà? Magari sarete ricordati tra i promotori di quest'iniziativa, magari vorrete essere accomunati tra i padri fondatori del verbo transitivo, di prima coniugazione, "scannagattare".
Il lemma è una derivazione alterata (doppia enne) del nome del giornalista Ubaldo Scanagatta (scempia enne - nella foto) e significa "scassare, rompere, fracassare" è utilizzato esclusivamente nella locuzione "scannagattare la minchia" solitamente in situazioni di alterazione emotiva in una proposizione sempre negativa e spesso imperativa.
"Non mi scannagattare la minchia!" "Non dovete scannagattarmi la minchia!"

E voi, ce l'avete una cazzo di non-parola da diffondere? Io sono pronto a fare la mia parte.

8 novembre 2011

Comodino condominio

Sul mio comodino ci sta una pila di dieci libri.
In basso, a piano terra, gli ultimi tre letti. Attraversano quel limbo temporale che va dal termine lettura fino alla libreria e sono a disposizione come diligenti soldatini pronti ad aprirsi alle pagine evidenziate o a quelle colle orecchiette per riflessioni postume e riletture a stralci.
Subito sopra, al primo piano, tre libri ammezzati. Sono quelli interrotti, sono in attesa di tempi migliori. Aspettano che la mia indole volubile o una nuova condizione mentale, una curiosità irrisolta, una spinta aliena, possa riportarli in vita, in mano mia. O che un vento di sconfitta li scaraventi in uno scaffale anonimo senza passare dal piano di sotto, quello dei libri letti.
All’ultimo piano ci sono i prossimi tre libri che leggerò, sono un perno imprescindibile della mia serenità, il pungolo a ingoiarsi più parole possibili ogni sera, per arrivare, un giorno, a loro. Mi rassicurano, li guardo e so che anche domani, anche tra un mese, avrò qualcosa di cui nutrire la mia pancia di lettore.
Infine l’attico dove ci sta il libro che sto leggendo. Lo leggo la sera, di solito a letto, ma è un angelo custode discreto che si muove piano con me anche durante il giorno. Le sue parole, il suo stile, le sue atmosfere e i caratteri dei suoi personaggi influenzano la mia vita anche solo accompagnandomi in ufficio o a comprare il pane.

I dieci oggi, dall’attico fino al piano terra:

Le Correzioni - Jonathan Franzen
La Traccia dell'Angelo - Stefano Benni
La Fortezza della Solitudine - Jonathan Lethem
Storia della Mia Gente - Edoardo Nesi
La Caduta dei Giganti – Ken Follett
Il Vangelo Secondo Gesù Cristo – José Saramago
Bella Vita e Guerre Altrui di mr. Pyle Gentiluomo – Alessandro Barbero
Trilogia della Città di K. - Agota Kristof - (2,8)*
Pastorale Americana - Philip Roth - (4,3)*
Aria Sottile – Jon Krakauer - (3,6)*

* - Votazioni espresse in Carver

7 novembre 2011

Per i miei 11001 lettori

Esistono due tipi di persone, quelli che classificano le persone in due tipi e gli altri.
Adoro le top five, le top ten, le top #numero a piacere#.
I decaloghi, le tre buone ragioni per, gli elenchi puntati le classificazioni di ogni genere e le suddivisioni di un insieme in due elementi.
Adoro queste semplificazioni in campo umoristico. Perché spesso, andare a esporre sinteticamente concetti complicati, ha già in sé un'anima comica legata a tutto quello che giocoforza resta fuori.
Indipendentemente poi dai punti descritti nel merito dal concetto.
Alcuni esempi più o meno famosi:
  • Gli uomini si dividono in due categorie: i geni e quelli che dicono di esserlo. Io sono un genio. (Enzo Costa)
  • Le donne si dividono in 2 categorie: quelle che amano le borse e quelle che amano le scarpe.  (Sex and the city) (Sì lo so, questa è vistosamente errata, esiste solo un tipo di donne, quello che ama le scarpe e le borse)
  • Le grandi storie d'amore si dividono in 2 categorie: quelle sfortunate e quelle infelici. (Max Greggio)
  • Le donne si dividono in due categorie: quelle che sono state a letto con me e quelle che dovrebbero farlo entro fine mese. (John Russell)
  • In Italia i pazzi si dividono in 2 categorie: quelli che si credono Napoleone e quelli che pensano che sia possibile risanare le Ferrovie dello Stato. (Giulio Andreotti)
  • I blog si dividono in 2 categorie: i free-captcha blog e quelli che saranno presi d'assalto dai black-blog (il braccio armato delle BACH).
Ma la più bella classificazione, quella che in campo umoristico mi commuove fino al midollo, quella che mi porto nel cuore come fosse una coppetta di gelato al pistacchio di Bronte e che ogni tanto tiro fuori per darle una leccata e godere - ad occhi chiusi - della sua meravigliosa genialità, è questa:

Ci sono solamente 10 tipi di persone nel mondo: chi comprende il sistema binario e chi no.

5 novembre 2011

Read Only Memory - n. 1

Ovvero la Memoria di Sola Lettura che mi piacerebbe impegnare con il contributo di chi vorrà farlo.
Vi lascio qui di seguito alcune semplici istruzioni che potete pedissequamente seguire oppure barbaramente infrangere.
Prendete il libro che state leggendo (forza, alzare il culo!), va bene anche se l'avete finito da poco, non va bene andare in libreria e tirare giù il vostro romanzo cult.
Se non perdete il vostro tempo sui libri, può andare bene un quotidiano, o l'ultimo Dylan Dog, o il bugiardino dell'aspirina pure.
Aprìtelo, cercate una frase sottolineata o evidenziata se siete lettori che sottolinenano o evidenziano, altrimenti sceglietene una così, epocale come banale, anche a caso volendo, ci piacerà leggerla comunque.
Quindi lasciate un vostro commento, riportando il pezzo che avete scelto, oltre al titolo e all'autore del libro.
Cosa ne uscirà? Forse niente, ma forse troveremo l'ispirazione per nuove letture.
Magari ci conosceremo un po' meglio, anche se questo non sarà necessariamente un bene.
Anche chi di solito legge e basta e non ha account come blogger, se ha voglia, può postare una frase dal suo libro in lettura usando il profilo anonimo (magari si firma lo stesso, a mano).

4 novembre 2011

Ti amo senz'apostrofo coll'apostrofo

T’amo coll’apostrofo e senza apostrofo
ti amo a braccio e t’abbraccio coll’apostrofo e senza apostrofo
ti amo senz’apostrofo coll’apostrofo
ti amo a corpo morto, e come corpo morto cade
caddi in amore per dirla con l’inglese
caddie in amore per dirla con il golf
ti amo e t’abbraccio
senz’apostrofo e coll’apostrofo
e caddi in te per abitarti
senza pagare affitto
e spese di manutenzione ordinaria
ti amo di tacco e di punta
di diritto e di rovescio
ti amo per diritto di abitazione
senz’apostrofo coll’apostrofo



3 novembre 2011

Tex & Drugs & Rock & Roll

Dove per Tex s'intende ogni fumetto sul quale fosse possibile mettere gli occhi, dove per Drugs s'intendono pepe, origano e zafferano e dove per Rock & Roll s'intende la Hit Parade radiofonica condotta da Lelio Luttazzi il venerdì alle 13 o, in surrogato, i Dischi Caldi di Giancarlo Guardabassi alla domenica.
La mia citazione del brano di Ian Dury è priva di Sex perché, a casa mia, quand'ero un citto, notizie sul sesso non ne filtravano. Una coltre omertosa e antipatica ricopriva parole e fatti che non avessero almeno 7 gradi di separazione dall'argomento ludico-riproduttivo.
Scordiamoci che qualcuno (la sorella maggiore), se solo affezionato un minimo alla propria incolumità fisica, potesse anche solo tentare d'introdurre in casa una rivista illuminata come DuePiù, con il suo inserto centrale prezioso e sigillato.
Per il Sex, la fonte più chiara alla quale potessi abbeverarmi era "La posta di Eva", una rubrica di domande/risposte coi lettori tenuta da una fantomatica signora sulla rivista Grand Hotel, che mia madre comprava regolarmente per il suo fabbisogno di fotoromanzi.
C'era pure una rubrica gemella, tenuta presumibilmente da un uomo, "La posta di Adamo", ma era di gran lunga meno sfiziosa e osé, anche perché il povero Adamo doveva rispondere una settimana su due alla domanda se fosse proprio lui il cantante Adamo. Non era lui.
Il Decamerone su Tele Capodistria - dove potevi vedere dopo mezz’ora di scene inutili un paio di tette da 200 metri e magari un movimento di lombi dietro un pagliaio - era ancora lontano, ma la mia fame di sapere andava soddisfatta. E allora mi succhiellavo proprio, parola per parola, La posta di Eva. Dovevo solo stare in campana e, qualora fosse passata mia madre, aprire alla pagina con la caricatura di Walter Molino, dove tenevo il dito.
Grazie quindi ai lettori di Grand Hotel e alle piccanti risposte di Eva sono entrato in contatto con quanto di più simile ci fosse a un abbozzo di educazione sessuale.
Così ho saputo da quelle righe di essere un portatore sano di testicoli, ho scoperto dell’esistenza di un numero impressionante di labbra, dalle variegate misure, disposte un po’ in giro sui corpi femminili (trovarle!). Da queste letture sono venuto a conoscenza che alle ragazze degli anni settanta i loro fidanzati andavano sempre chiedendo la prova d’amore, certo quando non chiedevano ad Adamo se fosse proprio lui il cantante Adamo, e che questa prova, niente aveva a che vedere con le gare d’equilibrio in mezzo ai tronchi galleggianti di Giochi Senza Frontiere.
Ho potuto arricchire il mio vocabolario affiancando ai nomi volgari di organi e azioni una definizione, se non proprio scientifica, almeno corretta e spendibile in pubblico e ho appreso il significato di tanti nuovi vocaboli.
Così, mentre attendevo inconsapevole l’avvento di Tele Capodistria.
È per questi insegnamenti che ringrazio La posta di Eva: una glande rubrica.

1 novembre 2011

Sarò bre

Uno dei primi link che ho inserito nel mio personalissimo blog-roll (dài è la lista qui a destra catalogata sotto "LEGGENDO") è Il mestiere di scrivere.
Per chi ama scrivere, per chi vuole migliorare la sua tecnica e anche per chi ama leggere o magari vuole solo inciampare in qualche notizia curiosa sulla tematica è l'ideale.
Ovviamente mi sono appuntato un post di qualche giorno fa in cui si disquisiva sulla disciplina della brevità. Se avete voglia leggetelo, altrimenti anche in rispettoso omaggio all'argomento, ne fo un bignamino io (parti in corsivo qui sotto). E tiro l'acqua al mulino mio prima che il signore della Mancia attacchi lancia in resta in sella a Ronzinante.

Secondo Kinsley la lunghezza è “uno dei motivi per cui le persone abbandonano i giornali per internet: l’informazione online va dritta al punto”.
Secondo Hombre se la lunghezza permane sul web è lecito attendersi che le persone abbandonino anche internet per buttarsi, chessò, sui librottini della Disney o - e non sarebbe male - sull'informazione diffusa con gli haiku.

Il 14 ottobre il direttore del New York Times Magazine, Hugo Lindgren, ha chiesto ai suoi giornalisti di riassumere i loro articoli in un tweet. Matt Bai aveva scritto 7.300 parole sulla strategia dei repubblicani in vista delle elezioni: “Partito repubblicano. Tea party. #Matrimonio riparatore”.
Non è fantastico?
Ci proviamo anche noi? Mettiamo alla prova le nostre capacità di sintesi. Mi rivolgo ai blogger ma anche ai lettori che vogliano cimentarsi utilizzando come base il post di un blog a loro scelta.
Dunque scegliamo un post, anche lungo, che magari vogliamo riproporre e conferirgli nuova visibilità lo sintetizziamo in un haiku (*) o in un tweet (**) e magari linkiamo anche l'originale.

Questo è il mio (tento l'haihu):
Paola Paola Pa', Paola maledetta
   Provato provo
   Delusione da tom-tom
   Son nomade rom


(*) - Componimento poetico di 3 versi di 5+7+5 sillabe.
(**) - 140 caratteri spazi inclusi.


p.s. Ho già inoltrato al Ministro dell'Istruzione giapponese Tatsuo Kawabata apposita richiesta per l'approvazione di un nuovo componimento a nome Kaiku composto sempre da 3 versi di 575+757+575 sillabe. Riporto il testo della richiesta:
 達夫は、私は音節から成る575757575 Kaikuを呼び出すことによって、新しい詩の入力を頼む優秀。
感謝
彼の献身的やつ

(nella speranza che non usino la controtraduzione da Gugòl Transleit perché non ce la fa)


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