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27 maggio 2013

Dove una madre


Il grido si diffuse nell'aria cavalcò schegge impazzite di dolore e trafisse l'anima di un milione di milioni di madri disperse per il mondo ma unite in un sodalizio mesto e rabbioso violento e conclamato svegliando pizzicando graffiando strappando accarezzando cuori e vite altrimenti liberi di pulsare e snodarsi dentro e attorno a un tutto ma adesso solo in questo vuoto in questo buco buio e sfrangiato dalla morte di un bambino in questo riconoscibile attimo si dibatteva il grido sovvertendo scienza e natura per come doveva essere ma non era.
Le altre donne le altre madri quelle fisicamente lì la cercarono e la strinsero la baciarono e le spolverarono via di dosso le lacrime e le grida la schiaffeggiarono la chiamarono la cinsero e la fecero sedere le portarono acqua e compassione le presero le mani le offrirono fisicità e profumi tenerezze e braccia capienti nell'alba ancora fresca e scura di un giorno comune nell'universo però disgraziato e maledetto nei sentieri delle madri tutte.
Lei dalla grotta del nulla che la stava inghiottendo e alla quale voleva tutto tranne resistere un battito d'ali prima d'essere trascinata via nella melassa nera del mondo senza senso lei vide sullo sfondo la figura maschile altera che senza dire una parola esprimeva un cordoglio vero e consolatorio che le restituì un granello di speranza granello che s'innalzò in balia di una tempesta violenta e incontrollabile quando vide l'altra sé l'altra madre forse l'unica di certo l'unica che s'era tirata fuori da ogni rimbalzo di dolore abbrancando un fagottino di stracci e un esserino stringendolo al petto e nascondendolo alla vista con gli occhi della ladra.
E quando il sole tranciò finalmente via la notte la madre dolente capì cha sì l'involucro privo di vita era il suo sue le bende gli odori le fasce ma il corpicino senza respiro quello no quello era il frutto di un inganno di una mistificazione di una manovra notturna infida e dolosa e allora pianse di un altro dolore di un altro livore pianse della miseria umana e della follia alimentata dall'amore cieco e senza coscienza.
Ci sarebbe stata un'altra notte e poi ancora una e un infinito susseguirsi in cui la veglia e la guardia si sarebbero rese necessarie alla difesa estrema della deriva eretica dell'amore e poi ci sarebbe stata un'ultima notte in cui il sonno avrebbe reso di nuovo vulnerabile l'ingiusto restituendo nel sangue un nuovo sollievo e una nuova ineludibile pena al respiro di una madre.
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Il testo germoglia da un semino della perfida Donna Camèl.
Come anche:
Trasposizione di un amore - Lillina
Cuncittina - Dario

14 maggio 2012

Error imprinting

Càpita che devo spostare il pupo perché s’è appisolato nel lettone o per depositarlo in bagno per l’ultima pipì. Insomma, se devo prenderlo in collo mentre dorme sodo, succede che mi chiedo, in una deriva paranoica ma nemmeno poi tanto, e se fosse un altro a tirarlo su, uno sconosciuto, lui sarebbe comunque così tranquillo?
C’è un momento, appena percettibile, quando lo alzo per caricarmelo addosso, in cui sento che sta in un limbo dal quale il suo inconscio e il suo sentire non hanno ancora preso posizione verso la mia invadente presenza.
Potrebbe urlare, picchiarmi, staccarmi le orecchie a morsi o scalciare, ma invece accade qualcosa, una piccola cosa della quale io non riesco a focalizzare né il nucleo né i confini, ma sento che accade, ne percepisco la vibrazione. È l’attimo in cui il suo sonar interno scandaglia le mie braccia, il mio corpo e la mia pelle e riconsegna al comando centrale una risposta.
Un esito per niente scontato, elaborato dai suoi ricettori olfattivi (forse), uditivi (forse), e tattili (forse).
Anche se quello che mi piace pensare è che la decisione di mollare gli ormeggi e abbandonarsi al mio abbraccio confortante e sicuro, la decisione di stringermi forte pur non aprendo gli occhi, altro non sia che il moto di un istinto, di un’identità genetica e di una comprensione che va oltre il babbo compagno di giochi e si avvicina con un’iperbole al riconoscimento della propria madre.
Ecco, è quello il momento che riesco a immaginare più vicino a sentirsi mamma.

8 marzo 2012

Volevo la sottana

Il mio desiderio più grande? Io volevo solo diventare mamma.
Quello mi manca. Più che diventare calciatore professionista.
Lo dico oggi, ma è un caso, chi mi conosce lo sa già.
È stato con la release diventare padre che ho scoperto le limitazioni rispetto al pacchetto diventare madre.
Non fraintendetemi, non si tratta della mia passione per Ryan Gosling, la questio è ben più seria.
In realtà sto bene uomo, mica mi lamento per quello, però avrei partorito volentieri, pur non aspirando al dolore fisico.
Giocare il ruolo decisivo nella sopravvivenza della specie, non l'avrei mica schifato.
Ma il nocciolo della faccenda risiede nel portarsi un cucciolo in pancia e nutrirlo di te. Ecco, magari un uomo difficilmente ci pensa a quanto sia poderoso questo passaggio, ma io, di fronte a una pancia embarazada, provo la stessa sensazione di quando sto sotto la Torre Eiffel e guardo su: ammiro impotente un fenomeno di straordinaria bellezza.
Il babbo, lo si sa, è un compagno di giochi per i suoi figli, mentre la componente biologica che sta nel vivere la stessa vita, respirare la stessa aria e alimentarsi l'uno nell’altro connota, invece, il rapporto madre/figlio di una incontrovertibile unicità.
Queste mie esternazioni generano incredulità nelle femmine (coi maschi non ci parlo di 'ste robe ché loro riconducono tutto a se tu se'  buco dillo!), esse non sono in grado di comprendere appieno la fortuna che hanno, figuriamoci se possono accettare che un uomo gliela invidi. Ma non è ottusità, è natura. Neppure io comprendo l'invidia del pene, essendone dotato da sempre (Ce lo tramandiamo di padre in figlio - Altan).
Lo so che c’hanno fatto su pure un film, con Mastroianni e la Deneuve (Niente di grave, suo marito è incinto), film che non ho visto, se non a spizzichi, ma mi par di ricordare che lui non la prenda bene.
Ma se la genetica farà questo passo avanti (indietro?) mi troverà pronto: io sto già respirando Lamaze.

p.s. mi scuso con tutti per la quantità di parentesi tonde ficcate nel post, ma frequento ancora da troppo poco tempo l’associazione Parentesisti Anonimi.
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(nella foto: Uomo incinta - Marta Fresneda Gutierrez)
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