16 giugno 2012

Soco soco bate bate soco soco vira vira

Ho mangiato talmente tanto che mi hanno recensito su TrippaAdvisor.
Una settimana al meeting sportivo in cui mi sono distinto soltanto a tavola (e non era quella a vela!).
Tanto tennis, un fiume di mojito e bagni ripetuti tra la piscina e lo Ionio, insomma tutto il pacchetto villaggio. Compresi i balli di gruppo.
E per ogni cosa che ti servisse, dovevi presentarti colle mossette del Soco Soco, altrimenti non ti cagava nessuno. Se non ti picchiavi i pugnetti, i palmi e il petto non mangiavi, non entravi in piscina e non ti pulivano manco la stanza.
E allora ci siamo adeguati e lasciati travolgere dall'animazione anche se tutto quel battersi il petto ricordava piuttosto un massaggio cardiaco e una più appropriata rianimazione.
Tre chili ho tirato su, ma se Dukan pensa di veder passare il mio cadavere sotto al fiume dei suoi milioni si sbaglia di grosso.
E ringraziate che non vi parlerò dei personaggi conosciuti nella settimana: La Singol, il Tabarino, Ray Andreotti Charles, Cicciopeloso, il Fornax arabo, la famiglia Grasso è Bello, la Strafi, Basettone, Zambrotta anziano, Ginger e Fred, Alberto Castagna vivo, Ce l'ho solo io e la signora Carmela.

Comunicazione di servizio: il pane di Altamura causa dipendenza.

8 giugno 2012

Incrocio pericoloso

No, non sto parlando dell'incrocio magico Criss Cross (la foto mi serve solo per attirare gli schiavi della ghiandola mammaria) altrimenti avrei detto incrocio pericolosissimo, bensì di un quadrivio da cui transito ogni mattina venendo in ufficio. Passo da lì, sosto al semaforo, e riparto cantando una canzone, sempre la solita. Nello specifico, Pescatore, quella di Bertoli e della Mannoia, ma non riesco a capire perché, e mi arrovello.
Qualcosa che leggo probabilmente, un cartello, una via, un'indicazione stradale... ma non riesco a venirne a capo. O forse un giorno l'ho cantata (perché io in scooter canto, e c'ho quel casco lì) iniziandola in quei pressi e adesso mi riparte in automatico, non so.
Mi sembra di attaccare da Pesca forza tira pescatore, ma non ci giurerei.
Svariati anni fa mi capitava di ritrovarmi sempre in testa La sera dei miracoli del buon Lucio Dalla e, dio o chi per lui m'accecasse se sapevo da dove veniva (o anche solo come utilizzare i tempi verbali giusti in questa frase).
Ad ogni buon conto (ed è la migliore perifrasi che ho trovato al posto di comunque che è una parola che odio ma che comunque non riesco a non usare) alla fine l'ho scoperto: era colpa della videoteca dove andavo a noleggiare e a restituire i film, a fine delle operazioni c'era uno sportelletto in plexiglas che si chiudeva calando dall'alto e una frase sullo schermo che avvisava: "Fai attenzione".
Qualcuno nei vicoli di Roma con la bocca fa a pezzi una canzone...

p.s. sono cosciente che questo post (come altri del resto) esprime più parentesi tonde che concetti.

7 giugno 2012

Cose che non stanno zitte mai

Non bastava la sveglia, cazzo, che di quella non ne puoi fare a meno.
La lavastoviglie se ha finito, il televisore se si spegne, il forno a microonde se ha scaldato, l'auto se lasci accesi i fari, il televisore se si accende, il telefono se si scarica, ma vi volete chetare un attimo?
Lasciatemi in pace, non li gradisco i rumori aggiuntivi.
Elettrodomestico che devi lavare le stoviglie? Fallo, tira l'acqua, butta il sapone, sbrillanta, sciacqua, asciuga e poi stop. Basta. Che ti metti a suonare, ma chi te l'ha chiesto? Quando vorrò sapere se hai finito il ciclo vengo a vedere. Hai mai visto una donna che quando le termina il ciclo si mette a suonare? No, e impara da loro!
Se spengo il televisore è perché non voglio vedere o sentire più niente, è inutile che dopo due secondi ti fai un PeeePè, televisore, anzi è dannoso, e mi viene pure voglia di darti un calcio.
Lasciatemi la libertà di svuotare una lavastoviglie dopo tre giorni, di dimenticare nel microonde le zucchine riscaldate e di stare qualche ora con un telefono scarico in tasca che non riceve e non chiama nessuno.
Insomma, statevi zitte cose.

5 giugno 2012

Cronache dall'autogrill: Coco Phone

A me dovete darmi il nome - uno solo, me ne basta uno! - di quel sant'uomo che spende 20 euri in quest'aggeggio. Una cornetta telefonica vecchio stile, con tanto di filo a spirale, da collegare a dispositivi ultrapiatti e proiettati nel futuro. Un irragionevole balzo nella preistoria che intende propinarci un catafalco al posto del BlueTooth.
Non serve un uomo sano di mente, ne basta uno così così, per capire che dovrebbe essere un prodotto invendibile, eppure... eppure il fatto che sia lì, esposta a mo' di gioiello della corona, negli angusti passaggi del relax autostradale, fa pensare il contrario.
E allora, se per strada vi capiterà di vedere un daft prick (*) che usa la cornettona anni settanta di Coco Phone, vi preeego, chiedetegli come si chiama e fatemelo sapere.

In appendice, a qualcuno interesserà sapere che Grugnino non demorde, ne hanno sfornati addirittura due modelli nuovi. Il primo enorme, probabilmente una misura da alano. Il secondo, in accordo alla giornata mondiale dell'ambiente, con erba e fiorellini stampigliati sulla panciotta gommosa.
Ero coi miei figli e, come contrappasso impone, ho dovuto tirarli via a forza dalle mandrie ammaliatrici dei maialino Grugnino.

(*) cazzone avariato (grazie singlemama)

4 giugno 2012

Il perdurare dell'amore

Se lo chiede Tom Robbins in Natura morta con picchio, come me lo chiese tanti anni fa Graziano, che sembrava ossessionato da questo dilemma e che poi, alla luce dei fatti, immagino abbia risolto.
Come far perdurare l’amore?
Un quesito da niente e al tempo stesso irrisolvibile. Io non so come si possa far perdurare l’amore, ma da una settimana a questa parte ho le idee più chiare.
Eravamo a Riccione, un bel gruppo di atleti, pseudo-tennisti, essenzialmente colleghi, più o meno della mia età. In albergo, oltre a noi, era ospitato un altro gruppo numeroso. Noi eravamo quelli giovani.
Gli altri, i nonnini, erano i classici anziani di maggio in riviera. Camminavano lenti, si muovevano con accortezza e cercavano di limitare i tempi non trascorsi a sedere nella hall o in sala da pranzo.
Ero in piedi che guardavo Alonso inseguire gli altri indemoniati per le vie del Principato quando dall’ascensore è spuntata una coppia. Anzi, non si capiva ch’era una coppia, erano solo due anziani signori, di sesso opposto. Camminavano in silenzio, ondeggiando, lui due passi avanti e lei dietro usando la borsa per i delicati meccanismi del suo equilibrio.
Non avevano una vita davanti, a guardarli, anzi sembrava che ce l’avessero ripiegata dentro. Per arrivare al piano della hall c’era un gradino da scendere. Ed è qui che i due vecchietti, in prossimità del dislivello, sono diventati una cosa sola, incarnando ai miei occhi quel perdurare dell’amore che tanto avevo cercato e mai veduto.
Lui si è fermato voltandosi alla ricerca della sua lei e le ha offerto una mano, e lei gliel’ha afferrata, con naturalezza, senza dover ringraziare, sorridere o schermirsi, e senza dire una parola.
Poi lui ha sceso il gradino con gambe incerte, accompagnando il movimento di una coscia con la mano libera e ha atteso che lei fluisse verso di lui, con i suoi tempi, scendendo quei venti centimetri di pericolo stretta al braccio sicuro del suo amore, nel perdurare tenero e semplice di un attimo infinito.
E che questo non v’illuda sulla facilità della cosa perché, a dispetto dell’azione compiuta, per certi versi consumata e banale, altri vecchiarelli son venuti giù dall’inquietante scalino, ma con il solo desiderio di far perdurare la propria posizione eretta.

3 giugno 2012

Don Mario, parroco illuminato

Immaginatevi Hannibal Lecter, però buono. Così don Mario.
Finito il vangelo faceva quel verso con la bocca, come un Hannibal ante litteram, quella specie di richiamo per serpenti a sonagli.
Poi diceva: "Beh, le letture e il vangelo di oggi, son così chiari, così limpidi, che non necessitano di spiegazione (pausa) Credo in un solo Dio..."
E così in meno di mezz'ora la messa era finita, in barba all'omelia e, chi in pace e chi no, s'andava tutti.
Don Mario, soprannomen omen, era detto scheggia per via di un trancio di granata che si portava conficcato in testa dai tempi della guerra, ma aveva rafforzato il nomignolo scheggiando via nel cantar messa, dall'antifona d'ingresso fino all'andate in pace in una corsa senza respiro.
Mia madre mi aveva forgiato a modino, tra messe, dottrine, comunioni e confessioni non riparavo. Pure capo chierichetto sono stato.
Don Mario da noi era cappellano, prete in seconda, e diceva le messe d'avanzo, quelle più sfigate, tra cui alle 7 la mattina in chiesa e alle 9 al cimitero.
Io andavo alle 9 al cimitero e davo una mano, servivo messa, e leggevo tutto quello che c'era da leggere, dalle letture al salmo responsoriale, dall'ascoltaci o Signore agli avvisi.
Una domenica s'è fatto il record: venti minuti; dopo di che lui è andato alla casa del popolo a far due chiacchiere coi comunisti e io a casa a guardarmi lo sci.
E quando c'era da confessarsi era auspicabile scansare il pievano e cercare direttamente don Mario che, come ministro di Dio, era sicuramente più moderno.
In confessione riuscii a dirgli che avevo visto un giornalino con le donne nude e lui mi spiegò che se Dio ci aveva fatti così, nudi e belli, era perché potessimo guardarci e che quindi non avevo niente da farmi perdonare.
Un'altra volta confessai che spesso pregavo per l'ottenimento di cose materiali tipo bei voti o promozioni a scuola, tipo che non m'interrogassero quando ero impreparato, che Gigi Riva segnasse dei gol, che Thoeni vincesse a Campiglio e che la Veronica s'innamorasse di me. Qui non solo mi assolse dalle colpe, ma proprio si esaltò commosso perché tutta questa fiducia verso Gesù (io pregavo Gesù) non ce l'aveva manco lui.


1 giugno 2012

Noia credevamo

Raccolgo al volo l'appello alle liste di v. e butto giù la lista di cose che mi annoiano:
  • i sogni raccontati
  • le persone monotematiche
  • i libri di De Carlo
  • gli oroscopi
  • i viaggi in macchina
  • la tivù prima delle 23
  • le riunioni
  • i corsi di formazione
  • le recite / i saggi
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