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10 dicembre 2012

Delle virgolette fatte con le dita

Non c'è riunione alla quale partecipi da un paio d'anni a questa parte in cui il relatore non citi una frase, una parola, una locuzione virgolettandola a dovere con l'arcinoto gesto di doppio piegamento di dito indice e medio di entrambe le mani.
Spesso a sproposito, senza alcuna correlazione sintattica a motivare la mimica enfatizzante. Spesso abusando di un gesto volatile che non avrebbe tale frequenza se il testo fosse scritto invece che recitato. Spesso credendosi stevejobs.
Pare che se non le usi 'ste virgolette digitali (da dito) non sei nessuno.
Devo dirlo, è una cazzata. Anzi, è proprio passato di moda, siete out con quei ditini flessi ai lati del vostro faccione.
Forse un tempo, nel Pleistocene magari, è stato fico andare in giro a vantarsi: Ehi, Grunf, oggi ho acceso (virgolette con le dita) il fuoco. Ma dopo no, la pratica s'è talmente diffusa che ha incarnato il dozzinale e il prevedibile.
Pure la badante boliviana di mia mamma si pavoneggiava non poco con l'entre comillas, in quello che a me appariva soltanto come un allarmante segno di degrado dei tempi.
Sembra che senza il corsivo, le virgolette, le sottolineature o le parentesi (io son malato di parentisi) non siamo più in grado nemmeno di scrivere, non completiamo l'opera rendendoci ridicoli nel (virgolette con le dita) parlare.
La semplicità è il marchio di chi è forte, di chi non deve ricorrere a mezzucci o a trucchi da quattro soldi e quelle virgolette mimate a chi vi ascolta ricordano tanto le opinabili colorazioni degli scarpini dei calciatori moderni laddove, spesso, si tenta di supplire alla carenza di classe con un accessorio da fighetto.

11 settembre 2012

Apple figlio d'Apollo

Apple prenota lo special event con un discreto anticipo, e poi non si sa bene che esce fuori. Sarà iPhone5 o iPad4?
Diciamolo, con 'sti numeri ormai siamo arrivati ai livelli di Rambo e Rocky! Saranno cazzotti o smitragliate?
Stallone puntualmente metteva in cantiere la pellicola, la girava, un +1 al titolo e via andare.
Grande delusione l'evento scorso quando, al posto dell'iPhone5, quelli di Cupertino hanno rifilato ai fan sbrodolanti un iPhone4s. Manco a Sly gli era mai venuto in mente di buttare in pasto al suo pubblico un Rocky3 Special.
Vi ricordate l'epica sfida con Apollo Creed, mi son sempre chiesto ma perché Rocky s'è dovuto fare tutta la trafila con Rocky 2, poi il 3 ecc. mentre Creed ha fatto direttamente Apollo 13?
Dopo questa mi metto in punizione e in ginocchio sui ceci per 33 minuti.
Eccomi, sono tornato.
Proseguendo, mentre i primi film erano innovativi, arditi, appassionanti, poi l'interesse è andato scemando, anzi, a dirla tutta, hanno pure un po' rotto.
La regola che se ne trae è che quando il numero si fa troppo alto il prodotto non va più e diventa magari oggetto per il pubblico ludibrio.
Conviene quindi cambiare film (o nome al dispositivo) e così arrivano i Mercenari, che comunque stanno già al 2 (mi sono perso qualcosa, ma forse no).
La vera sorpresa per domani, e cosa non impossibile per Apple, sarebbe se ci scodellassero uno Steve Jobs 2.0.

2 dicembre 2011

Cicero pro domo sua

Diciamo subito che il titolo non c'entra un cazzo.
Volevo solo avallare gli studi sul fenomeno di riverberazione dei post.
Si dice che se uno tira un sasso nello stagno, un sasso che parla, chessò, di Belen Rodriguez, ecco che l'argomento si promana come i cerchi nell'acqua e contamina cento, mille blogger che di colpo si mettono a dire la loro sulla stangona argentina. Direte con Belen è facile, ma pare che funzioni allo stesso modo anche con argomenti meno strafighi. Parli della ribollita, del levriero Greyhound, del grano saraceno o dei preraffaelliti ed ecco che entro qualche giorno fioriranno post a raffica nella blogosfera.
Ora, se leggo in giro di gutta cavat lapidem o di libera nos, beh allora mi butto anch'io, che cavolus!
Poi però parlo d'un'altra cosa anche se, visto che col latinismo cerco di attirare dei gonzi che pensano di venire qui ad acculturarsi sull'ennesima citatio latina da spendere a cena dai cugini della moglie, alla fine il titolo è pure azzeccato. Ma senza volere. O_o
Faccio del metablogging come dice la mia mentoressa di riferimento.
Come trovano il mio blog quelli che vengono da Gugòl? Quali sono le parole più gettonate che portano degli sconosciuti a battere il capo su un testo de La Linea?
Al 5° posto "crema spalmabile" che porta al decalogo per difendersi da TuSaiCosa®; "Cinesi / gruppi di Cinesi"  al 4° posto che porta più o meno qui; al 3° "logo Apple"; al 2° posto "anti captcha" a supporto e incentivazione della lotta intrapresa dalle BACH.
Ma al 1° posto ci sta "Grugnino / maialino Grugnino" che duce al post su Damia'.
Che dire affinché in questo sproloquio egocentrico possa trovare una lisca d'utilità anche qualcun altro che non son io?
Non vi affannate a scrivere sui massimi sistemi, su Scarlett Johansson, su Obama, su X Factor, sull'iPhone 4s, sull'ultimo disco dei Coldplay o sul nuovo romanzo di Camilleri. Prima che il motore di ricerca venga a pescare il vostro post, tra i milioni di altri taggati uguale, mostrerà decine di altre pagine.
Invece, se dedicate i vostri scritti all'Amaro Cora, alla moglie zoppa di Giampagolo, a Spadino di Happy days, al Bruno Cirino di "Diario di un maestro" o, magari, a  maialino Grugnino, ecco che i pazzi scriteriati che lanciano queste ricerche cadranno dritti dritti nelle vostre fauci statistiche.
oink oink

(nella foto ansa-autogrill suino non griffato - no Grugnino)

31 ottobre 2011

Post Mortem

Svolgimento dell'Esercizio di Scrittura di Halloween, come proposto da La Donna Camèl.
 
Tutti in coda per l’iPond, l’ultimo ritrovato tecnologico della Eppòl.
I primi sono arrivati la notte precedente con sacchi a pelo e provviste, hanno bivaccato sul marciapiede. C’è chi giura di aver sentito sfrigolare le salsicce. Altri hanno aperto le Moretti da 66 cl coi denti.
Hanno passato la giornata così, appoggiati alla grande vetrata e distribuendo i numeri, vergati con un tratto-pen nero punta fine, di un artigianale turn-o-matic.
Alle 10 del mattino la fila scompariva dietro l’angolo dell’isolato, a mezzogiorno erano già stati distribuiti 1723 numeri. Alle 16 la coda è sbucata dall’altra parte affiancando e doppiando i ragazzi della mattina. L’idea della Eppòl di lanciare un prodotto rivoluzionario grazie a un messaggio post mortem del buon Stiv Giòbs ha colto tutti di sorpresa. Certo qualcuno ha dubitato, ma il video non sembrava certo taroccato.
Il buon Stiv, ancora in discreta forma spiegava: «Siate affamati!». E qui ci stiamo dentro, infatti non tutti avevano avuto la lungimiranza di portarsi dietro le salsicce.
«Siate folli!». E qui pure, visto che la spirale di 14.658 persone in coda la diceva lunga su quanto il popolo Mac seguisse fino alla follia i consigli del guru riconosciuto.
Pezzi contati, si diceva, pochi dannati pezzi contati si temeva.
Ci s’interrogava su quali fossero le funzioni di quest’iPond perché Stiv certo non l’aveva spiegato, e nessun esemplare - stranamente – era stato dimenticato al bar dal solito progettista distratto, quello con la testa nell’iCloud.
Nel gruppo di quelli in coda dalla prima ora ci stava Don Cielo, un calciofilo della Milano bene, o di quella da bere, o di una qualche cazzo di Milano, fate voi.
«Con l’iPond, ho sentito dire che ci vedi le partite in diretta, quelle della tua squadra…».
«Sai che spasso! Mica è una novità!».
«Già, ma con il touch potrai sospingere i calciatori della tua squadra oppure rallentare gli avversari, tutto in diretta. Roba da pazzi, anzi da Pazzini!».
«Sarebbe la fine del calcio, lasciatevelo dire da chi lo insegna… no no, io ho altre notizie su questa macchina infernale…» disse, sussurrando Don Kappa, un nobile dalle maniere gentili, non foss’altro per il fatto che si girava di lato quando doveva ruttare a Moretti.
Proseguì: «So per certo che l’attrezzo, questo aipond o come diamine s’appella, contiene un software sbalorditivo dove tu immetti una frase di poche parole e lui ti sputa fuori una perifrasi di sei volumi scritti in piccolo: immane godimento».
La contestazione arrivò da un tipo che stava dal lato dove Don Kappa si voltava per ruttare. Forse per vendicarsi delle fetide arie e forse per bastianismo innato, quest’uomo, Don Acca fece risentito:
«Tutt’altro, invece, io so del contrario. Il software sintetizza i concetti, pare che a Cupertino ci abbiano buttato dentro l’intera Divina Commedia e sia uscita solo questa frase: Viaggi dell’altro mondo. Citofonare Dante».
Don Never, che fingeva un’artrosi bilaterale in fase di maturazione avanzata e che invece stava pronto a scattare dentro, con una falsa partenza in perfetto stile Bolt, per accaparrarsi il primo iPond, nonostante avesse il numero 50, disse: «Ragazzi non scherziamo, l’iPond ha su un videogioco del menga, cioè del manga, volevo dire:  Yu-Gi-Oh in 3d che ti immedesimi a tal punto che quando hai finito ti vai a mangiare i pesci rossi crudi al luna park. E poi, comunque, questo numero 50 che cazzo è? Probabilmente è Fahrenheit, io dovrei avere il 10, il 10!»
Don José, che aveva uno zainetto con gli effetti personali e collaterali precisò che l’iPond per quanto ne sapeva lui era in grado di fare dei fotomontaggi vocali, dicevi “monitor” e dicevi “Napolitano” e lui scaricava dalla rete quello che gli serviva e ti sparava il jpg cotto e mangiato. Tempo di elaborazione 0,3 secondi.
Gli altri lo guardarono strabuzzando gli occhi, un tizio del secondo giro della coda, al sentire queste voci se li strappò via proprio e li diede a Don José che disse: «Questa cosa non ha senso. Mi piace».
Ormai era quasi mezzanotte, l’ora prevista per la straordinaria apertura del Supemercamél quando, nel cielo si vide un bagliore e un lampo frastagliato si conficcò proprio davanti all’ingresso lasciando lapilli e una nuvoletta di fumo dalla quale emerse una figura umana, magra e scura.
«Ehi, dolcezza, c’eravamo prima noi, non è che qui siamo a San Siro coi biglietti omaggio!».
Poi lo guardarono meglio e lo videro… anzi lo iVidero. Era proprio lui, un angelico e redivivo Stiv Giòbs.
«Seguitemi» disse Stiv. E lo seguirono, solo in cinque però, tutti gli altri non parevano vederlo.
Don Cielo, Don Acca, Don José, Don Never e Don Kappa presero a seguire il re della Eppòl che li rassicurò:
«Venite ragazzi, venite. In realtà mi potete vedere solo voi perché siete uguali a me».
E qui Don Kappa, che era sicuramente il più scafato chiese:
«Vuoi forse dirci che abbiamo un tumore al pancreas?».
«Mannò, mi riferivo al maglioncino nero».
In effetti, togliendosi le mani dalle tasche e abbandonando gli sfrucugliamenti testicolari, si accorsero solo in quel momento d’indossare praticamente una divisa, blujeans e maglioncino nero.
Poco più in là Stiv tirò fuori 6 iPond nuovi di pacca, ne elargì uno per ciascuno ai cinque Don e prese ad illustrarne le funzionalità grazie a quello che tenne per sé.
«Avevate tutte le ragioni a pensare che il prodotto fosse rivoluzionario. Lo è. Lo è a tal punto che oggi sarà ricordato come il giorno del non ritorno. Vedete Google? Lanciatelo… Non va. E wiki? andate su wiki… niente, morto stecchito».
«Forse non c’è uaifai…» azzardò Don Never.
«Uaifai lo dici a tu’ sorella» lo rimbrottò Don Kappa.
«No, la rete c’è, è proprio l’iPond che è progettato per funzionare così» continuò Stiv «vedete? Andate su quella straordinaria enciclopedia che avete, la ThreeDogs, non va nemmeno questa. E i database sul cinema? Sulla musica? Inaccessibili. Ma, badate bene, tutto questo bendiddìo sarà NON consultabile solo sull’iPond».
«Qui ci starebbe un “porco cazzo”, se non fosse un marchio registrato» chiosò Don José.
Qualcuno stava cominciando a capire.
«Quindi, su quest’affare non ci sarà niente di consultabile, nessun motore di ricerca funzionante, non un help in linea, né un forum, né un blog?»
«No, i blog non sono riuscito a tirarli via, quelli ve li dovete ciucciare, almeno fino all’uscita dell’iPond 2, mi spiace…».
Stiv a questo punto guardò i cinque negli occhi: «Era l’unico modo, ragazzi, per costringervi di nuovo a pensare, a ragionare, a usare la vostra testa, ad essere attivi, a ponderare… a ponderare…»
Poi se ne andò, scivolando via dentro a un alone lumiscente e addentando una pera.
«In verità in verità vi dico: le mele mi hanno sempre fatto schifo!»
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