27 ottobre 2014

Tre uomini in barca (per tacer dell'Effetto Tutto Qui?)

L'effetto te ne parlo talmente bene che va a finire ti aspetti troppo e resti deluso, classificato in psicologia come Effetto Tutto Qui? ® (o ETQ) è il rischio che si corre quando ci si decide ad affrontare un elemento - sia esso di natura umana, artistica o puramente materiale - del quale tutti coloro che te ne hanno parlato lo hanno fatto in termini entusiastici.
L'Effetto Tutto Qui? è la deriva fisiologica, sul piano del riscontro di gradevolezza, della ben nota spinta uguale e contraria fisicamente individuata e definita da Archimede, e si misura su base della Scala Jagger in gradi Satisfaction.
L'ETQ opera fatalmente in riduzione sulla probabilità che tu rimanga soddisfatto dall'esperienza. Ma ricordiamoci anche che:
Felicità = Realtà - Aspettative
pertanto, meno aspettative si creano più facilmente la realtà dei fatti le potrà superare, realizzando un saldo attivo, un utile, di felicità.
Va da sé che la conoscenza della teoria stessa e la crescente consapevolezza che l'Effetto Tutto Qui? sia applicabile al rapporto specifico che intendi valutare (tipo quanto ti piaccia davvero quel film o quella persona o quel libro) ne attenua sensibilmente la spinta originaria fino a tenderla allo zero.
Tutta 'sta sbobinatura per dirvi che dedicandomi al libro di Jerome Klapka Jerome, Tre uomini in barca (per tacer del cane), era logico che potessi cadere vittima dell'ETQ a valle di una serie indefinita di personaggi più o meno noti e/o raccomandabili che ne consigliavano spassionatamente la lettura.
Ma conoscendo bene, io, la teoria dell'Effetto, essendo uno dei firmatari dell'enciclica che lo ha sancito, ho potuto annullarne il moto repulsorio e apprezzare l'opera, anziché no (3,2 carver).

Jerome/Gerolamo risale il Tamigi su un barcone con il suo cane e due amici realmente esistiti e traslati più o meno fedelmente nel romanzo, Giorgio e Harris. Questo in soldoni.
Commentare un classico, o tentare di farlo, è difficile, quindi non lo farò, non questa volta.
Ma un estratto sì, mi piace sempre riportare qualche riga che possa indurre nei non lettori residuali la voglia di prenderselo in ebook (0,89 centesimi), o di ravanare nella libreria di casa (dovrebbe esserci) o di scaricarlo in pidieffe (si trova).
Non è semplice neppure appuntarsi le righe da proporre perché le situazioni brillanti, così mirabilmente elaborate in puro stile english, hanno spesso un respiro ampio che mal si addice alla brevità di un post. Quindi, al di là di due lampi...

Il lavoro mi piace, mi affascina. Potrei starmene seduto per ore a guardarlo.

George va a dormire in una banca tutti i giorni dalle 10 alle 16, tranne il sabato quando lo cacciano fuori alle 14.

...peraltro molto noti, sono costretto a scegliere un solo brano, per non arrecarvi tedio e per non sminuire in voi il gaudio di assaporare poi di persona l'intiero tomo.

Questo è tutto Harris — così pronto ad assumersi l’onere di ogni cosa e poi di addossarlo agli altri.
Egli mi fa venire sempre in mente il mio povero zio Podger. In vita mia non avevo visto mai tanto trambusto in una casa, come nel momento che mio zio Podger si accingeva a far qualche cosa. Un quadro era ritornato dal negoziante di cornici, ed era stato lasciato ritto contro una parete della sala da pranzo aspettando d’essere appeso.
La zia domandava che cosa si doveva farne, e lo zio diceva:
— Lascia fare a me. Nessuno di voi s’impicci del quadro. Farò tutto io.
E allora si cavava la giacca, e cominciava. Mandava, la fantesca a comprare cinquanta centesimi di chiodi, e poi uno dei bambini che la raggiungesse per dirle di che dimensione dovevano essere, e dopo imprendeva gradatamente a mettere in moto tutta la casa.
— Ora, tu, Guglielmo, va a pigliarmi il martello — gridava — e tu Tommasino, va a pigliarmi la squadra; e m’occorrerà anche la scaletta, e forse sarà meglio una sedia di cucina. Tu, Gianni, fa due salti dal signor Goggles; digli: — Tanti saluti da parte di papà, e come state con le gambe? — e se mi vuol prestare il livello. E tu, Maria, non te ne andare, perchè ho bisogno che qualcuno mi tenga la candela; e quando ritorna la fantesca, deve andare a comprare un pezzo di cordone; e, Tommasino!... dov’è Tommasino?... Tommasino, vieni qui; piglia il quadro e dammelo!
E allora il quadro sollevato gli cadeva di mano, e saltava dalla cornice, ed egli, per salvare il vetro, si tagliava un dito; e allora si metteva a saltare per la stanza, cercando il fazzoletto. Non poteva trovare il fazzoletto, perchè l’aveva nella tasca della giacca, e non sapeva dove aveva lasciata la giacca, e tutti di casa dovevano interrompere la ricerca degli strumenti e cominciare a cercar la giacca, mentr’egli intanto seguitava a saltare in giro, impacciandoli.
— Sa nessuno in tutta la casa dov’è la mia giacca? Non m’è capitato mai di vedere gente simile! Siete in sei!... e non siete capaci di trovare una giacca che mi son cavata, cinque minuti fa!...
Quant’è vero... In quel momento era seduto, e scoprendo di star sopra la giacca, gridava:
— È inutile che andiate in giro. L’ho trovata da me. Rivolgermi a voi perchè troviate qualche cosa, è come dirlo al gatto.
E, dopo ch’aveva impiegato mezz’ora a legarsi l’indice, ed era stato trovato un altro vetro, e gli strumenti, e la scala, e la sedia e la candela erano lì pronti, cominciava un altro divertimento: chè tutta la famiglia, compresa la fantesca e la donna a giornata, doveva assistere in semicerchio, pronta a dare una mano. Due persone dovevano reggere la sedia, una terza doveva consegnargli un chiodo, una quarta passargli il martello; e lui, pigliando in consegna il chiodo, lo lasciava cadere.
— Ecco — diceva, in tono d’offesa — è caduto il chiodo!
E tutti dovevamo inginocchiarci a cercarlo, mentr’egli se ne stava ritto sulla sedia a brontolare, e a domandarsi se doveva rimaner lì tutta la sera. Il chiodo veniva finalmente scovato, ma intanto lui aveva perduto il martello.
— Dov’è il martello? Che n’ho fatto del martello? Giusto cielo! Ve ne state lì in sette a bocca aperta, e non sapete che cosa n’ho fatto del martello!
Gli trovavamo il martello; e intanto aveva perso di vista il segno da lui fatto sulla parete, per configgervi il chiodo; e ciascuno doveva a turno salire accanto a lui sulla sedia per cercar di trovare il segno; e ciascuno lo scopriva in un punto diverso; e lui ci chiamava stupidi, l’uno dopo l’altro, ordinandoci di scendere. E prendeva la squadra, per prender le misure un’altra volta, e trovando che gli occorreva la metà di ottantuno centimetri e tre settimi di centimetro dall’angolo, tentava di fare il calcolo a memoria e gli pareva d’impazzire. E tutti tentavamo a memoria, e tutti giungevamo a risultati diversi, e ci davamo l’un l’altro la beffa. Nel trambusto generale, era dimenticato il numero originale e zio Podger doveva rimettersi a prender le misure. Questa volta egli usava un pezzo di corda, e, nel momento critico che lo zio era inclinato sulla sedia a un angolo di quarantacinque, provando di raggiungere un punto un decimetro più di quanto si potesse sporgere, gli scappava la corda, ed egli s’abbatteva sul pianoforte, con un effetto musicale veramente bello, prodotto dalla velocità con cui la testa e il corpo avevano colpito contemporaneamente tutte le note. E zia Maria esclamava che non voleva che i bambini stessero lì presenti a sentire le espressioni di mio zio. Finalmente, zio Podger fissava di nuovo il punto, mettendovi su l’estremità aguzza del chiodo con la sinistra, e prendeva il martello nella destra. E, al primo colpo, si schiacciava il pollice, e con un urlo, lasciava cascare il martello sui piedi del più vicino. Zia Maria osservava con dolcezza che la prossima volta che zio Podger avrebbe dovuto ficcare un chiodo nel muro, le facesse la finezza di avvertirla in tempo, perchè essa potesse disporre le cose in modo da andare nel frattempo a passare una settimana con la madre.
— Oh! le donne fanno sempre un mondo di difficoltà per niente — rispondeva zio Podger, riprendendosi.
— Ebbene, a me piace di lavorare un po’ a questo modo.
E allora ci si provava di nuovo, e, al secondo colpo, il chiodo entrava tutto quanto nell’intonaco, trascinandosi dietro mezzo martello, mentre zio Podger veniva proiettato contro la parete con forza quasi sufficiente da appiattirgli il naso. Allora gli dovevamo trovar di nuovo la squadra e la corda, e si doveva fare un buco nuovo; e, verso mezzanotte, il quadro era appeso — storto e alquanto instabile, con la parete che per dei metri in giro sembrava grattata da un rastrello, e tutti stanchi morti e infelici — tranne lo zio Podger.
— Ecco qui — diceva, balzando pesantemente dalla sedia sui calli della donna a giornata, e dando uno sguardo a tutta quella confusione in giro con orgoglio evidente.
— Molti avrebbero avuto bisogno d’un operaio per fare un lavoretto come questo.

2 commenti:

  1. Divertente?
    Sarebbe uno sminuitivo del piacere che questo 'assaggino' mi ha dato.
    Mi ha fatto seguire tutta l'operazione con l'ansia del finale, che se non fosse stato la constatazione della 'semplicità' dell'attaccare un quadro senza bisogno di ricorrere a un mercenario, mi avrebbe deluso.
    Non so quanto valga un carver in una votazione ma, bando all'avarizia, ci aggiungerei un +0,3, così da fare cifra tonda e premiare un testo che se lo merita.
    Buona serata.

    RispondiElimina

Ma dici a me? Ma dici a me? Ma dici a me? Ehi con chi stai parlando? Dici a me? Non ci sono che io qui...

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...