Entrare in libreria e vedere LA MORTE SOSPESA di Joe Simpson è stata una stilettata al mio povero cuore di lettore.
Lo dico subito, è un libro che non ho ancora letto, ma che ho sul mio virtuale comodino da quindici anni, da quando cioè, una collega, Patrizia, me lo raccomandò caldamente.
Fino a ieri era un libro piuttosto di nicchia, tanto per essere chiari una volta l’ho chiesto in una libreria top e 1 – non sapevano se ce l’avevano 2 – hanno dovuto consultare l’archivio digitale per dirmelo e per indicarmi dov’era.
Okay, non l’ho comprato poi, per questo non l’ho letto. Ma lo leggerò, o meglio, l’avrei letto sicuramente. Adesso non lo so, davvero. Ho sempre pensato in cuor mio che sarebbe venuto un momento in cui io e La morte sospesa saremmo entrati in simbiosi.
È diventato un libro popolare, per tutti. Così è stato deliberato. Ha la sua bella fascetta rossa, adesso, con lo strillo che lo definisce Indimenticabile come “Aria Sottile” di Krakauer, ha la sua copertina rigida e la sovraccoperta patinata, una bella foto, un editore serio, ha il suo accattivante espositore personale con non so quante copie impilate e pronte ad essere accarezzate, agguantate, pagate e portate via. E suppongo lette.
Ha il suo posto riservato nella libreria, entrando ci vai quasi a sbattere, te lo puoi ritrovare in mano non volendo. Potresti finire per acquistarlo anche se sei entrato alla ricerca del libro di cucina di Julie Child, perché è lì, ad altezza comoda e studiata, praticamente ti salta in mano lui.
Si vende da solo. Io ho dovuto scansarmi per evitarlo.
Poi però sono tornato indietro e l’ho tenuto un po’ su, come si fa col bambino piccolo di una coppia di amici, ne ho letta la prima pagina, come da mia consolidata abitudine e, a malincuore, l’ho posato.
E’ un libro sulla montagna, anche, e ne ho letti parecchi sul genere, anzi, è forse il genere di cui ne ho letti di più.
Però, adesso che milioni di copie finiranno nelle tasche di altrettanti lettori sparsi in giro per l’Italia e per il mondo, lo vedo che, piano piano, sta svanendo dalla mia lista d’attesa, come scompaiono certi personaggi nei film sui paradossi temporali, quando un evento modificato nel passato ne compromette l’esistenza nel presente.
Hanno distrutto il mio sogno segreto di potere in ogni momento prenderlo, leggerlo e goderne, alla faccia di tutti gli sprovveduti ignorantoni del pianeta.
Come quando il mondo dei ragazzi nel 1977 scoprì Renato Zero rendendolo un fenomeno di massa e acquistando milioni di copie dei suoi dischi. E a noi, sorcini della prima ora, noi di No mamma no e di Inventi, chi ci tutelò? Nessuno, manco le paillettes sbrilluccicose di Renatino. L’unica soluzione fu uscirne e abbandonare Renato ai suoi nuovi milioni di fans. La nicchia era crollata a colpi di “Mi Vendo”.
Sì, è un atteggiamento un po’ snob, ma ci si resta male quando tutti si accorgono e iniziano ad apprezzare o – peggio – ammattiscono proprio appresso a un fenomeno che prima era per pochi e tu stavi tra quelli.
A questo punto l’ultima speranza per rimanere nell’aristocratico club della minoranza, di quelli che qualche volta hanno ragione, è cedere alla strategia di marketing, comprarsi una copia deluxe de La morte sospesa, leggerla e farsela rigorosamente NON piacere.
E a chi, dopo l’inevitabile successo planetario, ci chiederà se ci è piaciuto il libro di Simpson, mostreremo una faccia stupita, sgraneremo gli occhi e diremo “Ma chi, Homer?”.
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