21 gennaio 2019

Un bambino da insegnargli ad andare in bici

I genitori di lei erano usciti per andare a lavoro e lui, che era ospite, amichetto della figlia, era andato in camera di lei per svegliarla, ma poi non l'aveva fatto.
Se lei dormisse davvero, o facesse finta di, non si capiva.
Lui le si era accoccolato accanto al letto: finalmente poteva guardarla, poteva osservare non visto ogni frammento del suo viso.
Lei giaceva su un fianco, dai capelli addormentati faceva capolino un orecchio. Sapeva di sonno e primavera.
Lui le guardava il nasino perfetto con sulla punta il neo, centrato e preciso, come dipinto.
- Mi stai guardando? - gli chiese lei quando aprì gli occhi e si tirò su appoggiandosi a un gomito.
Sì, le avrebbe voluto rispondere lui. Sì, ti stavo guardando.
Ti stavo solo guardando.
Sì, stavo guardando il disegno rosa delle tue labbra, e stavo annusando il tuo respiro. Guardavo una strada da camminarci con te, un'onda che potesse portarci a riva, inzuppati di cose da fare insieme.
Sì, riuscivo a immaginare una vita di nostri incontri, di baci, di mani intrecciate.
Una vita di fare la spesa, di sole rubato al mare, di corse sull'argine di un fiume, una vita con un bambino da insegnargli ad andare in bici.
Vedevo il rincorrersi dei nostri destini di ragazzi in una vita sognata e vicinissima che la potevi toccare, come i tuoi capelli addormentati, eppure lontanissima come una terra di ghiacci e di sale.
- Eh, mi stavi guardando? - sorrideva, l'aveva sgamato.
- No - le fece lui, e abbassò gli occhi.

1 commento:

Ma dici a me? Ma dici a me? Ma dici a me? Ehi con chi stai parlando? Dici a me? Non ci sono che io qui...

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...