In libreria sono fatalmente attratto dalle fascette sui libri. Lamelle di carta patinata e non che, abbarbicate alla copertina davanti e dietro, attraggono irrimediabilmente lo sguardo dei frequentatori del luogo sulle diciture sopra impresse. Come velivoli della domenica di passaggio sulle coste della Versilia, al posto dei romantici “Valeria mi vuoi sposare” o degli anche meno “Bevete Coca-Cola”, le fascette sbandierano ai quattro venti quando i premi vinti o i milioni di copie vendute, quando le numerose edizioni di ristampa o il fatto che l’autore ha pure scritto un poderoso bestseller che si presume abbiate già divorato.
E così si passano in rassegna tomi pensati e scritti per noi da “l’autore del Codice da Vinci”, oppure sconosciuti libercoli alla loro però ennesima riedizione, o magari si viene predisposti all’acquisto dall’informazione che già altre 300.000 persone hanno comprato una copia di quel romanzo, e questo quando era addirittura un comune libro tra i libri senza fascetta. Le più accattivanti, però, sono le fascette legate ai vari premi letterari che informano sul vincitore del Pulitzer, dello Strega, del Bancarella o del Campiello.
Ma i vincitori degli ambìti e succitati premi sono, al fin della fiera, un numero limitato. E allora come intortare l’animale da libreria come me con più affinate e numerose esche? Da qualche tempo, strategie finissime di marketing realizzan fascette in grado di far acquistare un libro persino a Fabrizio Ravanelli (“Ho un solo libro in casa, la biografia di Alba Parietti. Perché me l’ha regalato lei”, testuale). E anche a me.
Così mi son ritrovato in casa – io, inconsapevole compratore di libri fascettati – un “Finalista al premio Strega 2010”, un “In concorso al premio Campiello” e persino un “Avrebbe voluto partecipare al Bancarella ma col cazzo che l’hanno preso”.
Se il libro si vende male, quindi, non è che è brutto, noioso o banalmente illeggibile, solo non ha avuto in sorte di fregiarsi di una qualsivoglia fascetta.
Non uscirà mai un libro mio ma, nel caso, imporrò una clausola nel contratto con l’editore e, potete starne certi, riguarderà l’apposizione obbligata di una fottuta fascetta al libro, foss’anche con su scritto “fa cagare”.
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Ma dici a me? Ma dici a me? Ma dici a me? Ehi con chi stai parlando? Dici a me? Non ci sono che io qui...