22 novembre 2013

Chi s'è fregato le barzellette?

C'era una volta un mondo antico in cui si raccontavano le barzellette. Al bar, a scuola, in bus, ma soprattutto nei dopo cena scoppiettanti quando la cibaria era a fine ma nessuno aveva ancora voglia d'alzarsi da tavola.
Da noi cominciava Benito, era il Bramieri di noantri, tra una nocciolina e un ammazzacaffè, ne aveva sempre una o due nuove e le raccontava con innegabile maestria. Era un'arte innata la sua, gli veniva da dentro, niente di studiato o di costruito, solo tanta memoria e spontaneità. E poi a cascata, il giorno dopo, quelli che avevano assistito e riso, perché si rideva sempre alle barzellette di Benito, provavano a raccontarle nei loro luoghi e alle loro cerchie.
E bene o male, in ogni sessione, c'era uno scambio di materiale notevole e chi riusciva a tenerle a mente le faceva girare, così, pigliandosi in pagamento solo qualche risata. Eravamo piccoli e le barze di Benito, quelle zozze, hanno pure contribuito alla nostra educazione sessuale, che non ce n'erano mica tanti altri di modi. E quelle irriverenti nei confronti della Chiesa, quelle di fronte alle quali mia madre storceva la bocca, quelle magari ci hanno aperto un po' gli occhi sul bigottismo paesano che impregnava le nostre case.
I barzellettieri son morti probabilmente con La sai l'ultima, prosciugando la materia e riciclando e inflazionando ogni battuta, ogni smorfia, ma le barzellette invece, quelle che fine hanno fatto?
Chi se l'è rubate? Forse un Grinch barzellettofilo?
Pareva un materiale da chiacchiera inossidabile, duraturo e indistruttibile mentre adesso se in un momento di calma provi a dire a uno "La sai la barzelletta su..." ecco che ti guarda come se gli avessi proposto di unirsi a te per andare a grattugiare una lastra d'amianto.
La rete non credo che sia responsabile della loro scomparsa (voglio dire, c'è qualcosa di più deprimente di andarsi a leggere un sito di barzellette?) però della loro omologazione sì.
Il barzellettiere una volta teneva gli appunti criptati in simil cirillico e vergati a mano su un foglietto di bloc notes che gelosamente custodiva piegato in quattro nel portafoglio, mentre adesso san gugol motore martire ti porta alla barza intera basta che digiti "scimmietta che si sciacqua" per esempio, e la collezione segreta ha poco senso d'esistere.
Piuttosto gli usi moderni, quelli sì che incidono. Si cena con lo smartcoso sul tavolo pronti a scattare al primo bip sociale o uozzappico e a fine cena quelli che sono rimasti ancora a sedere sono un paio di sfigati che devono pure sparecchiare, figuriamoci se hanno poi voglia di scambiarsi le barze.
O forse, chissà, noi abbiamo smesso di raccontarle da quando ha cominciato TuSaiChi, oppure è soltanto crepato il tizio che le inventava le barzellette.
Quanto ai miei personali ricordi, la prima barzelletta che mi hanno raccontato è quella dei pazzi che giocano a pallone in aereo, mentre quella che mi ha fatto più ridere in assoluto è quella del pappagallo che chiede a Gesù, crocefisso da duemila anni: "Cavolo, ma quanto gasolio t'hai ordinato?"

12 commenti:

  1. Sarà che sono di una generazione abbisognante di tagliandi a ripetizione ormai, ma tra di noi barzellette e storielle a fine cena, ad esempio, ancora ne girano a josa.. certo la battuta fetente ha preso il sopravvento (io adoro Spinoza ad esempio, che puoi trovare anche nel mio blogroll sempre aggiornato...) ma la vecchia, cara, storiella che ti prepara alla battuta finale, gode ancora di un certo fascino... a proposito, sarà che ancora dormo... ma nella barzelletta del pappagallo, gesu e il gasolio manca qualcosa?! perché io mica l'ho capita... eh eh

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    1. Eh ma io mica l'ho raccontata, mi sa che dovrai cercartela su un deprimente sito, oppure fartela raccontare alla prossima cena.

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    2. L'ho cercata sul web ed in effetti, se queste sono le barzellette che ti hanno fatto ridere di più.. meglio che spariscano del tutto... ahahah

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  2. Io sono la peggior raccontatrice di barzellette del-mon-do. Ne dimentico pezzi, le confondo, non mi ricordo la fine, torno indietro e dico no, aspetta. Pero' qualche mese fa ho avuto come una scossa, mi sono accorta improvvisamente di aver dimenticato qualcosa di importante da fare, negli ultimi anni, con mia figlia. Qualcosa da tramandarle. Miii, le barzellette!! Allora si', ho scoperto la tristezza infinita dei siti di barzellette, ma sono passata sul loro cadavere ed ho scelto le piu' stupide. Proprio quelle che ci raccontavamo noi da piccoli. Le stesse. I colmi. Il colmo di un falegname. Quello di un idraulico. E lei ridevaaaa (certo, dopo averle spiegato il significato di alcune parole in italiano che lei non conosceva). E appena arrivato a casa suo padre ha iniziato a bombardarlo di colmi e pierini (cazzarola, quella dell' "avendo avuto" e' stata durissima, da spiegarle, per via del dialetto veneto). Peraltro, in casa nostra esiste una strana selezione naturale. Dopo due cene in cui un ospite smanetta col cellulare per motivi non urgenti, come e' come non e' si smaterializza e non si vede piu'.
    Scusa la lunghezza, ma storie vere di vita vissuta di una madre espatriata, e ancora calde. Ti voglio quasi bene per avermi dato la possibilita' di metabolizzarle. ;-)

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    1. È vero, i bambini le adorano, dobbiamo impegnarci di più nel tramando. Grazie per le tue sempre preziose esperienze. Penso che mettendo insieme i tuoi commenti su La Linea viene fuori un blog dentro un blog e sono onorato che lo tieni (anche) qui.

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    2. Ehm... *solo* qui (a parte la mia pagina facebook).

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  3. ho sempre invidiato un po' chi sapeva raccontare (e ricordare..) le barzellette. oggi se vogliamo far sorridere qualcuno il massimo che ci viene è consigliargli un link. E' qui che l'arte del raccontarle è morta!

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  4. Per me hai ragione, è tutta colpa di quello là che ha smerdato ogni cosa su cui ha messo le mani.
    Però adesso, visto anche il commento di Claudia, non posso fare a meno di raccontare una piccola storia vera, una cosa che non posso mettere nel mio blog perché è frequentato anche dalla protagonista, ehm... mia figlia. Aveva sì e no quattro anni, era la prima volta che stava via da casa, infatti ci eravamo decisi a lasciarla andare una settimana al mare con la zia. La prima cosa che ci ha detto quando siamo andati a prenderla è stato se volevamo sentire una barzelletta. Tutti contenti ci prepariamo ad ascoltare la barza, che lei tra l'altro ha raccontato benissimo. Abbiamo riso e battuto le mani, commossi: un'emozione che non si può capire se non si hanno avuto figli piccoli: la piccina aveva imparato qualcosa che non eravamo stati noi a insegnarle!
    Lei, tutta fiera della nostra reazione, si sente grande, c'è da capirla.
    "Vi è piaciuta?" ci dice gongolando.
    Noi, entusiasti: "sì, sì, bellissima! Brava!"
    E lei: "ve la racconto ancora?".

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  5. In effetti la barzelletta è scomparsa all'improvviso, come le sagome davanti ai ristornati ... sembra qualcosa del passato, come la spuma, e certi bar vecchio stampo.

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  6. io non so raccontare le barzellette, ma d'altra parte non potrei visto che non ne ricordo nessuna, a parte 2-3 tipo quella delle parole arcane di shakespeare, quella della corsa del secolo tra kennedy e krushov, e quella dell'ebreo osservante che trova un tesoro di shabbat...
    ma a me non piacciono le barzellette, a meno che non siano "storielle" raccontate da moni ovadia e pochi altri
    però ringrazio dio, ogni santo giorno, perché ha sterminato i programmi tivvù di barzellette

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  7. Son quelle situazioni li', stupide e semplici e grandi e piene di amore allo stesso tempo, che pero' son troppo piccole per piangerci sopra dalla gioia, ma a ridere sembrerebbe quasi di romperle. E allora te ne stai li', un poco commossa un poco no, e pensi solo che in fondo sei felice.

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Ma dici a me? Ma dici a me? Ma dici a me? Ehi con chi stai parlando? Dici a me? Non ci sono che io qui...

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