5 marzo 2017

Rosita

Continuava a guardare gli orecchini appoggiati sulla mensola in bagno, a un palmo dal suo naso. Piccola che era. Ma non guardava quei due avanzi di chincaglieria, che pure amava, non quelli reali, puntava la loro immagine nello specchio.
Era un gioco che aveva imparato a fare da un po' di tempo, in un estremo tentativo di difesa, nella speranza di erigere un muro oltre il quale confinare fiati alcolici e dita spudorate.
Guardava le perline opache fissate sui cerchietti in finto argento e si ricordava di quando sua madre glieli aveva regalati, quel giorno in cui era cominciato tutto. E tutto era finito.
- Rositaaa... - lui aveva fretta.
Rosita, piccola rosa che era.
Guardava gli orecchini oltre la superficie riflettente e vi costruiva un mondo attorno, senza profumi e senza dolore, un luogo quasi fisico dove rifugiarsi per una mezz'ora, risucchiata dal vuoto incomprimibile dell'universo specchiato.
Era un po' come quando da bambina chiudeva gli occhi per non fare accadere le cose.
Ma poi quelle accadevano lo stesso.
Le cose non ce l'hanno il rispetto degli occhi chiusi dei bimbi.

1 commento:

Ma dici a me? Ma dici a me? Ma dici a me? Ehi con chi stai parlando? Dici a me? Non ci sono che io qui...